120 resultados para pheromones


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In mammals, olfactory stimuli are detected by sensory neurons at two distinct sites: the olfactory epithelium (OE) of the nasal cavity and the neuroepithelium of the vomeronasal organ (VNO). While the OE can detect volatile chemicals released from numerous sources, the VNO appears to be specialized to detect pheromones that are emitted by other animals and that convey information of behavioral or physiological importance. The mechanisms underlying sensory transduction in the OE have been well studied and a number of components of the transduction cascade have been cloned. Here, we investigated sensory transduction in the VNO by asking whether VNO neurons express molecules that have been implicated in sensory transduction in the OE. Using in situ hybridization and Northern blot analyses, we found that most of the olfactory transduction components examined, including the guanine nucleotide binding protein alpha subunit (G-alpha-olf), adenylyl cyclase type III, and an olfactory cyclic nucleotide-gated (CNG) channel subunit (oCNC1), are not expressed by VNO sensory neurons. In contrast, VNO neurons do express a second olfactory CNG channel subunit (oCNC2). These results indicate that VNO sensory transduction is distinct from that in the OE but raise the possibility that, like OE sensory transduction, sensory transduction in the VNO might involve cyclic nucleotide-gated ion channels.

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Drosophila melanogaster is sexually dimorphic for cuticular hydrocarbons, with males and females having strikingly different profiles of the long-chain compounds that act as contact pheromones. Gas-chromatographic analysis of sexual mosaics reveals that the sex specificity of hydrocarbons is located in the abdomen. This explains previous observations that D. melanogaster males display the strongest courtship toward mosaics with female abdomens. We also show that males of the sibling species Drosophila simulans preferentially court D. melanogaster mosaics with male abdomens. Because the primary male hydrocarbon in D. melanogaster is also the primary female hydrocarbon in D. simulans, this supports the idea that interspecific differences in cuticular hydrocarbons contribute to sexual isolation.

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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione

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Fundamental to many theories of sexual selection is the expectation that sexual traits, which males use in an attempt to increase mating success, confer costs as well as benefits to individual males. Although evolution of exaggerated male traits is predicted to be halted, by costs applied by natural selection, there is a lack of empirical work devoted to quantitatively establishing whether natural selection opposes sexual selection generated by the preferences of females. In this study, we quantified natural and sexual selection gradients on breeding values for cuticular hydrocarbon (CHC) components of male contact pheromones in Drosophila serrata. As male sexual traits may often be environmentally condition dependent, breeding values were used in the selection analysis to remove the possibility of environmental correlations between the measured trait and fitness biasing estimates of selection. The direction of natural selection was found to oppose sexual selection on a subset of CHCs examined. Opposing natural and sexual selection suggests that further evolution of the male pheromone may in part be limited by costs associated with attractive male CHC blends.

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Male Nezara viridula produce sex pheromones from many independent single cells, each with a duct that opens onto the ventral abdominal surface. Despite the presence of along duct and an associated end complex (in the form of a cupule and microvillus saccule), the structural organization of the cells that comprise the gland conform to Class 1 epidermal gland cell classification : a single cell surrounds the entire secretory complex. Each cuticular cupule contains a central bed of filaments and opens into a narrow tubular ductule that leads from the base of the cupule through the epidermis to the cuticle to open externally as a pore. The cuticle of the cupule is continuous with that of the ductule and has the appearance of three layers, although the inner (middle) layer may be a gap formed during construction of the complex. In young adult males, just molted, the ultrastructure of the cells and their inclusions indicate that they are not active. The region of the cell that is distal to the abdominal cuticle is reduced and the proximal region, surrounding the duct, is enlarged when compared with sexually mature (3-4 weeks old) adult males. At maturity the pheromone cells are enlarged distally around the cupule, but are reduced to a narrow sleeve proximally, around the ductule. Two characteristic cell profiles are evident, based on the shape of the cupule and the organelle content. Type A shows a broad opening to the cupule, an abundance of mitochondria, and few vesicular bodies. Type B has an elongated, narrow, vase-like opening to the cupule, few mitochondria, and numerous vesicular bodies. Type B cells are smaller and more abundant than Type A. Distribution within the epidermal layer also differs. It is likely that the different types represent cells producing different secretion profiles. However, the secretions retained by the standard fixation protocol within mature cells of both types look similar and appear to collect as crystalline bodies within the lumen. This may represent a common storage mechanism.

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The Multiple Pheromone Ant Clustering Algorithm (MPACA) models the collective behaviour of ants to find clusters in data and to assign objects to the most appropriate class. It is an ant colony optimisation approach that uses pheromones to mark paths linking objects that are similar and potentially members of the same cluster or class. Its novelty is in the way it uses separate pheromones for each descriptive attribute of the object rather than a single pheromone representing the whole object. Ants that encounter other ants frequently enough can combine the attribute values they are detecting, which enables the MPACA to learn influential variable interactions. This paper applies the model to real-world data from two domains. One is logistics, focusing on resource allocation rather than the more traditional vehicle-routing problem. The other is mental-health risk assessment. The task for the MPACA in each domain was to predict class membership where the classes for the logistics domain were the levels of demand on haulage company resources and the mental-health classes were levels of suicide risk. Results on these noisy real-world data were promising, demonstrating the ability of the MPACA to find patterns in the data with accuracy comparable to more traditional linear regression models. © 2013 Polish Information Processing Society.

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Ant colony optimisation algorithms model the way ants use pheromones for marking paths to important locations in their environment. Pheromone traces are picked up, followed, and reinforced by other ants but also evaporate over time. Optimal paths attract more pheromone and less useful paths fade away. The main innovation of the proposed Multiple Pheromone Ant Clustering Algorithm (MPACA) is to mark objects using many pheromones, one for each value of each attribute describing the objects in multidimensional space. Every object has one or more ants assigned to each attribute value and the ants then try to find other objects with matching values, depositing pheromone traces that link them. Encounters between ants are used to determine when ants should combine their features to look for conjunctions and whether they should belong to the same colony. This paper explains the algorithm and explores its potential effectiveness for cluster analysis. © 2014 Springer International Publishing Switzerland.

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Ant Colony Optimisation algorithms mimic the way ants use pheromones for marking paths to important locations. Pheromone traces are followed and reinforced by other ants, but also evaporate over time. As a consequence, optimal paths attract more pheromone, whilst the less useful paths fade away. In the Multiple Pheromone Ant Clustering Algorithm (MPACA), ants detect features of objects represented as nodes within graph space. Each node has one or more ants assigned to each feature. Ants attempt to locate nodes with matching feature values, depositing pheromone traces on the way. This use of multiple pheromone values is a key innovation. Ants record other ant encounters, keeping a record of the features and colony membership of ants. The recorded values determine when ants should combine their features to look for conjunctions and whether they should merge into colonies. This ability to detect and deposit pheromone representative of feature combinations, and the resulting colony formation, renders the algorithm a powerful clustering tool. The MPACA operates as follows: (i) initially each node has ants assigned to each feature; (ii) ants roam the graph space searching for nodes with matching features; (iii) when departing matching nodes, ants deposit pheromones to inform other ants that the path goes to a node with the associated feature values; (iv) ant feature encounters are counted each time an ant arrives at a node; (v) if the feature encounters exceed a threshold value, feature combination occurs; (vi) a similar mechanism is used for colony merging. The model varies from traditional ACO in that: (i) a modified pheromone-driven movement mechanism is used; (ii) ants learn feature combinations and deposit multiple pheromone scents accordingly; (iii) ants merge into colonies, the basis of cluster formation. The MPACA is evaluated over synthetic and real-world datasets and its performance compares favourably with alternative approaches.

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Prenyltransferase enzymes promote the membrane localization of their target proteins by directing the attachment of a hydrophobic lipid group at a conserved C-terminal CAAX motif. Subsequently, the prenylated protein is further modified by postprenylation processing enzymes that cleave the terminal 3 amino acids and carboxymethylate the prenylated cysteine residue. Many prenylated proteins, including Ras1 and Ras-like proteins, require this multistep membrane localization process in order to function properly. In the human fungal pathogen Cryptococcus neoformans, previous studies have demonstrated that two distinct forms of protein prenylation, farnesylation and geranylgeranylation, are both required for cellular adaptation to stress, as well as full virulence in animal infection models. Here, we establish that the C. neoformans RAM1 gene encoding the farnesyltransferase β-subunit, though not strictly essential for growth under permissive in vitro conditions, is absolutely required for cryptococcal pathogenesis. We also identify and characterize postprenylation protease and carboxyl methyltransferase enzymes in C. neoformans. In contrast to the prenyltransferases, deletion of the genes encoding the Rce1 protease and Ste14 carboxyl methyltransferase results in subtle defects in stress response and only partial reductions in virulence. These postprenylation modifications, as well as the prenylation events themselves, do play important roles in mating and hyphal transitions, likely due to their regulation of peptide pheromones and other proteins involved in development. IMPORTANCE Cryptococcus neoformans is an important human fungal pathogen that causes disease and death in immunocompromised individuals. The growth and morphogenesis of this fungus are controlled by conserved Ras-like GTPases, which are also important for its pathogenicity. Many of these proteins require proper subcellular localization for full function, and they are directed to cellular membranes through a posttranslational modification process known as prenylation. These studies investigate the roles of one of the prenylation enzymes, farnesyltransferase, as well as the postprenylation processing enzymes in C. neoformans. We demonstrate that the postprenylation processing steps are dispensable for the localization of certain substrate proteins. However, both protein farnesylation and the subsequent postprenylation processing steps are required for full pathogenesis of this fungus.

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The aim of this study was to test the sediment preference of L. vannamei shrimp. It was observed shrimp visit frequency, swimming and burying behaviour at different sediment compositions for 24h. Juvenile (0.93 ± 0.29g) and sub-adult shrimps (10.0 ± 1.18g) were obtained from the aquaculture station at Universidade Federal Rural do Semi-Árido UFERSA, and held in a plastic tank (water volume 500 L) supplied with aerated water and kept at constant temperature, pH, and salinity. Shrimp was fed by commercial shrimp dry food. The experimental substrates were composed by A: medium sand + thick sand + very thick sand + gravel; B: very fine sand + fine sand; and C: silt + clay. Thus, six different substrate combinations were tested: A, B, C, A+B, A+C, B+C. To test preference, it was used a cylindrical tank (40 l) divided into six differently substrate compartments. A single shrimp was introduced each tank and the frequency at which this shrimp visited each compartment was recorded over a 24h study period. It was tested 54 shrimp (18 sub-adult males, 18 subadult females and 18 juveniles). For each trial, sediment and water were changed to avoid pheromones and residues influence. Shrimp were weighted and sub-adults were divided by sex: males present petasma and females present thelycum. Data were collected on the experimental day at 19:30; 20:30; 00:30; 1:30; 05:30; 06:30; 13:30 and 14:30 h. At each time point, shrimp were observed for 20-min periods, in which we noted down which compartment the shrimp was occupying at 2-min intervals. Thus, for each period we had eleven observations (88 observations per day). For observations at night, it was used dim red light that did not affect shrimp behaviour. At each 20-min period, it was observed visit frequency in each substrate, if shrimp was burred or not or if it was swimming. There was not significant difference between light and dark burry activity for females. Swimming activity was significantly higher at night, mainly at 00:30 and 01:30 h. All L. vannamei shrimp showed preference for sediment B. This animal presents cyclic activity, spends the day light period buried and swims at night

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The aim of this study was to test the sediment preference of L. vannamei shrimp. It was observed shrimp visit frequency, swimming and burying behaviour at different sediment compositions for 24h. Juvenile (0.93 ± 0.29g) and sub-adult shrimps (10.0 ± 1.18g) were obtained from the aquaculture station at Universidade Federal Rural do Semi-Árido UFERSA, and held in a plastic tank (water volume 500 L) supplied with aerated water and kept at constant temperature, pH, and salinity. Shrimp was fed by commercial shrimp dry food. The experimental substrates were composed by A: medium sand + thick sand + very thick sand + gravel; B: very fine sand + fine sand; and C: silt + clay. Thus, six different substrate combinations were tested: A, B, C, A+B, A+C, B+C. To test preference, it was used a cylindrical tank (40 l) divided into six differently substrate compartments. A single shrimp was introduced each tank and the frequency at which this shrimp visited each compartment was recorded over a 24h study period. It was tested 54 shrimp (18 sub-adult males, 18 subadult females and 18 juveniles). For each trial, sediment and water were changed to avoid pheromones and residues influence. Shrimp were weighted and sub-adults were divided by sex: males present petasma and females present thelycum. Data were collected on the experimental day at 19:30; 20:30; 00:30; 1:30; 05:30; 06:30; 13:30 and 14:30 h. At each time point, shrimp were observed for 20-min periods, in which we noted down which compartment the shrimp was occupying at 2-min intervals. Thus, for each period we had eleven observations (88 observations per day). For observations at night, it was used dim red light that did not affect shrimp behaviour. At each 20-min period, it was observed visit frequency in each substrate, if shrimp was burred or not or if it was swimming. There was not significant difference between light and dark burry activity for females. Swimming activity was significantly higher at night, mainly at 00:30 and 01:30 h. All L. vannamei shrimp showed preference for sediment B. This animal presents cyclic activity, spends the day light period buried and swims at night

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The Orchidaceae is characterised by the repeated evolution of sexual deception, one of the most specialised pollination strategies. In orchids, sexual deception involves long-range pollinator attraction via mimicry of female insect sex pheromones. At close range, visual signals involving colour mimicry, contrast to the background, and exploitation of pollinator sensory biases could attract pollinators, but remain largely untested. Here we focus on a remarkable system in which species from two only distantly related sexually deceptive orchid genera with strikingly different flowers (Drakaea livida and three species of Caladenia) share the same pollinator, males of the thynnine wasp Zaspilothynnus nigripes. We used spectral reflectance measurements and modelling to investigate pollinator perception of colour, including the first examination of overall colour patterns in flowers via colour pattern geometry analyses. Rather than closely matching the colours of female Z. nigripes, these orchids had strong chromatic and achromatic contrast against their backgrounds. For Caladenia, the sepals and petals show high contrast, while in D. livida, which has diminutive petals and sepals, it is the labellum that contrasts strongly against the background. Despite varying in colour, the Caladenia species all had strong within-flower contrast between a UV-bright central target (column and labellum) and a corolla of radiating stripes (petals and sepals). The colour pattern geometry analyses also indicated that the orchids’ overall colour patterns are highly conspicuous against their backgrounds. Contrast, UV, and target patterns could all enhance detection, and exploit pollinators’ innate preferences. Since colour contrast may function with a range of colours and floral forms, attracting pollinators via contrast rather than visual mimicry may be a critical but previously overlooked process facilitating the evolution of sexual deception.