1000 resultados para diffusives viskoelastisches Modell, globale schwache Lösung, Fehlerabschätzung


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Ovako Steel AB i Hofors tillverkar varmvalsade rör. Ett av de sista stegen i tillverkningsprocessen är en konventionell valsning i ett antal valspar kallad reducervalsning. De valsade rören uppvisar ibland en ojämn väggtjocklek längs rörlängden på grund av att det uppstår drag- och tryckspänningar i rören mellan valsparen. Syftet med examensarbetet är att öka kunskapen om dessa spänningars inverkan på det färdiga röret samt ge förslag på hur processen kan förbättras. I examensarbetet har undersökts vilka parametrar som påverkar spänningarna i valsningsprocessen. Detta har utförts genom att skapa en teoretisk modell för valsning utan drag- och tryckspänningar som sedan jämförs med uppmätta data från sju provade rör med olika mått och materialtyper. Försök har även utförts genom att variera valsmotorernas hastigheter för att inducera drag- och tryckspänningar i rören. Resultatet visar att spänningarna påverkas av rörens reduktion, valsarnas hastighetsökning, materialtyp och antal valsar i valsserien. Valsarnas styrning medför att spänningsfri valsning endast kan erhållas genom att förändra rörets reduktion i valsarna. Resultaten visar även att valsarnas motorhastighet kan användas för att motverka de spänningar som uppstår under valsningsprocessen.

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I dagens samhälle är det allt viktigare för företag att behålla sina existerande kunder då konkurrensen blir allt hårdare. Detta medför att företag försöker vidta åtgärder för att vårda relationer med sina kunder. Detta problem är även högst relevant inom IT-branschen. Inom IT-branschen är det vanligt att arbeta agilt i IT-projekt. Vår samarbetspartner har sett ett ökat behov av att mäta servicekvalitet på ett återkommande sätt inom IT-projekt, detta för att mäta relevanta variabler som sträcker sig utanför kravspecifikationen. För att mäta framgång gällande detta arbetssätt vill man kunna mäta Nöjd Kund Index (NKI) för att kunna jämföra IT-projekt internt i företaget. Då tidigare forskning visat avsaknad av modeller innehållande både mätning av servicekvalitet samt NKI har lämplig litteratur studerats där det framkommit att modellen SERVQUAL är vedertagen för mätning av servicekvalitet och modellen American Customer Satisfaction Index (ACSI) är vedertagen för mätning av NKI. Detta har legat till grund för arbetets problemformulering och syfte. Syftet med arbetet är att skapa en vidareutvecklad modell för mätning av NKI för att jämföra IT-projekt internt samt återkommande mätning av servicekvalitet inom IT-projekt. Framtagande av denna modell har sedan skett genom forskningsstrategin Design and Creation. Intervjuer har genomförts för kravfångst till den vidareutvecklade modellen. Resultatet av denna forskningsstrategi blev sedan en vidareutvecklad modell baserad på ovan nämnda modeller med återkommande förhållningssätt för mätning av servicekvalitet inom IT-projekt och mätning av NKI för att jämföra IT-projekt internt i företaget. Den framtagna modellen har sedan verifierats genom ytterligare intervjuer med respondenter som innehar god erfarenhet från kundsidan av IT-projekt. Från dessa intervjuer kunde sedan slutsats dras att denna modell är att anse som applicerbar i empirin gällande IT-projekt.

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La ricerca svolta ha individuato fra i suoi elementi promotori l’orientamento determinato da parte della comunità europea di dare vita e sostegno ad ambiti territoriali intermedi sub nazionali di tipo regionale all’interno dei quali i sistemi di città potessero raggiungere le massime prestazioni tecnologiche per cogliere gli effetti positivi delle innovazioni. L’orientamento europeo si è confrontato con una realtà storica e geografica molto variata in quanto accanto a stati membri, nei quali le gerarchie fra città sono storicamente radicate e funzionalmente differenziate secondo un ordine che vede la città capitale dominante su città subalterne nelle quali la cultura di dominio del territorio non è né continua né gerarchizzata sussistono invece territori nazionali compositi con una città capitale di riconosciuto potere ma con città di minor dimensione che da secoli esprimono una radicata incisività nella organizzazione del territorio di appartenenza. Alla prima tipologia di stati appartengono ad esempio i Paesi del Nord Europa e l’Inghilterra, esprimendo nella Francia una situazione emblematica, alla seconda tipologia appartengono invece i Paesi dell’aera mediterranea, Italia in primis, con la grande eccezione della Germania. Applicando gli intendimenti comunitari alla realtà locale nazionale, questa tesi ha avviato un approfondimento di tipo metodologico e procedurale sulla possibile organizzazione a sistema di una regione fortemente policentrica nel suo sviluppo e “artificiosamente” rinata ad unità, dopo le vicende del XIX secolo: l’Emilia-Romagna. Anche nelle regioni che si presentano come storicamente organizzate sulla pluralità di centri emergenti, il rapporto col territorio è mediato da centri urbani minori che governano il tessuto cellulare delle aggregazioni di servizi di chiara origine agraria. Questo stato di cose comporta a livello politico -istituzionale una dialettica vivace fra territori voluti dalle istituzioni e territori legittimati dal consolidamento delle tradizioni confermato dall’uso attuale. La crescente domanda di capacità di governo dello sviluppo formulata dagli operatori economici locali e sostenuta dalle istituzioni europee si confronta con la scarsa capacità degli enti territoriali attuali: Regioni, Comuni e Province di raggiungere un livello di efficienza sufficiente ad organizzare sistemi di servizi adeguati a sostegno della crescita economica. Nel primo capitolo, dopo un breve approfondimento sulle “figure retoriche comunitarie”, quali il policentrismo, la governance, la coesione territoriale, utilizzate per descrivere questi fenomeni in atto, si analizzano gli strumenti programmatici europei e lo S.S.S.E,. in primis, che recita “Per garantire uno sviluppo regionale equilibrato nella piena integrazione anche nell’economia mondiale, va perseguito un modello di sviluppo policentrico, al fine di impedire un’ulteriore eccessiva concentrazione della forza economica e della popolazione nei territori centrali dell’UE. Solo sviluppando ulteriormente la struttura, relativamente decentrata, degli insediamenti è possibile sfruttare il potenziale economico di tutte le regioni europee.” La tesi si inserisce nella fase storica in cui si tenta di definire quali siano i nuovi territori funzionali e su quali criteri si basa la loro riconoscibilità; nel tentativo di adeguare ad essi, riformandoli, i territori istituzionali. Ai territori funzionali occorre riportare la futura fiscalità, ed è la scala adeguata per l'impostazione della maggior parte delle politiche, tutti aspetti che richiederanno anche la necessità di avere una traduzione in termini di rappresentanza/sanzionabilità politica da parte dei cittadini. Il nuovo governo auspicato dalla Comunità Europea prevede una gestione attraverso Sistemi Locali Territoriali (S.Lo.t.) definiti dalla combinazione di milieu locale e reti di attori che si comportano come un attore collettivo. Infatti il secondo capitolo parte con l’indagare il concetto di “regione funzionale”, definito sulla base della presenza di un nucleo e di una corrispondente area di influenza; che interagisce con altre realtà territoriali in base a relazioni di tipo funzionale, per poi arrivare alla definizione di un Sistema Locale territoriale, modello evoluto di regione funzionale che può essere pensato come una rete locale di soggetti i quali, in funzione degli specifici rapporti che intrattengono fra loro e con le specificità territoriali del milieu locale in cui operano e agiscono, si comportano come un soggetto collettivo. Identificare un sistema territoriale, è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per definire qualsiasi forma di pianificazione o governance territoriale, perchè si deve soprattutto tener conto dei processi di integrazione funzionale e di networking che si vengono a generare tra i diversi sistemi urbani e che sono specchio di come il territorio viene realmente fruito., perciò solo un approccio metodologico capace di sfumare e di sovrapporre le diverse perimetrazioni territoriali riesce a definire delle aree sulle quali definire un’azione di governo del territorio. Sin dall’inizio del 2000 il Servizio Sviluppo Territoriale dell’OCSE ha condotto un’indagine per capire come i diversi paesi identificavano empiricamente le regioni funzionali. La stragrande maggioranza dei paesi adotta una definizione di regione funzionale basata sul pendolarismo. I confini delle regioni funzionali sono stati definiti infatti sulla base di “contorni” determinati dai mercati locali del lavoro, a loro volta identificati sulla base di indicatori relativi alla mobilità del lavoro. In Italia, la definizione di area urbana funzionale viene a coincidere di fatto con quella di Sistema Locale del Lavoro (SLL). Il fatto di scegliere dati statistici legati a caratteristiche demografiche è un elemento fondamentale che determina l’ubicazione di alcuni servizi ed attrezzature e una mappa per gli investimenti nel settore sia pubblico che privato. Nell’ambito dei programmi europei aventi come obiettivo lo sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio fatto di aree funzionali in relazione fra loro, uno degli studi di maggior rilievo è stato condotto da ESPON (European Spatial Planning Observation Network) e riguarda l’adeguamento delle politiche alle caratteristiche dei territori d’Europa, creando un sistema permanente di monitoraggio del territorio europeo. Sulla base di tali indicatori vengono costruiti i ranking dei diversi FUA e quelli che presentano punteggi (medi) elevati vengono classificati come MEGA. In questo senso, i MEGA sono FUA/SLL particolarmente performanti. In Italia ve ne sono complessivamente sei, di cui uno nella regione Emilia-Romagna (Bologna). Le FUA sono spazialmente interconnesse ed è possibile sovrapporre le loro aree di influenza. Tuttavia, occorre considerare il fatto che la prossimità spaziale è solo uno degli aspetti di interazione tra le città, l’altro aspetto importante è quello delle reti. Per capire quanto siano policentrici o monocentrici i paesi europei, il Progetto Espon ha esaminato per ogni FUA tre differenti parametri: la grandezza, la posizione ed i collegamenti fra i centri. La fase di analisi della tesi ricostruisce l’evoluzione storica degli strumenti della pianificazione regionale analizzandone gli aspetti organizzativi del livello intermedio, evidenziando motivazioni e criteri adottati nella suddivisione del territorio emilianoromagnolo (i comprensori, i distretti industriali, i sistemi locali del lavoro…). La fase comprensoriale e quella dei distretti, anche se per certi versi effimere, hanno avuto comunque il merito di confermare l’esigenza di avere un forte organismo intermedio di programmazione e pianificazione. Nel 2007 la Regione Emilia Romagna, nell’interpretare le proprie articolazioni territoriali interne, ha adeguato le proprie tecniche analitiche interpretative alle direttive contenute nel Progetto E.S.P.O.N. del 2001, ciò ha permesso di individuare sei S.Lo.T ( Sistemi Territoriali ad alta polarizzazione urbana; Sistemi Urbani Metropolitani; Sistemi Città – Territorio; Sistemi a media polarizzazione urbana; Sistemi a bassa polarizzazione urbana; Reti di centri urbani di piccole dimensioni). Altra linea di lavoro della tesi di dottorato ha riguardato la controriprova empirica degli effettivi confini degli S.Lo.T del PTR 2007 . Dal punto di vista metodologico si è utilizzato lo strumento delle Cluster Analisys per impiegare il singolo comune come polo di partenza dei movimenti per la mia analisi, eliminare inevitabili approssimazioni introdotte dalle perimetrazioni legate agli SLL e soprattutto cogliere al meglio le sfumature dei confini amministrativi dei diversi comuni e province spesso sovrapposti fra loro. La novità è costituita dal fatto che fino al 2001 la regione aveva definito sullo stesso territorio una pluralità di ambiti intermedi non univocamente circoscritti per tutte le funzioni ma definiti secondo un criterio analitico matematico dipendente dall’attività settoriale dominante. In contemporanea col processo di rinnovamento della politica locale in atto nei principali Paesi dell’Europa Comunitaria si va delineando una significativa evoluzione per adeguare le istituzioni pubbliche che in Italia comporta l’attuazione del Titolo V della Costituzione. In tale titolo si disegna un nuovo assetto dei vari livelli Istituzionali, assumendo come criteri di riferimento la semplificazione dell’assetto amministrativo e la razionalizzazione della spesa pubblica complessiva. In questa prospettiva la dimensione provinciale parrebbe essere quella tecnicamente più idonea per il minimo livello di pianificazione territoriale decentrata ma nel contempo la provincia come ente amministrativo intermedio palesa forti carenze motivazionali in quanto l’ente storico di riferimento della pianificazione è il comune e l’ente di gestione delegato dallo stato è la regione: in generale troppo piccolo il comune per fare una programmazione di sviluppo, troppo grande la regione per cogliere gli impulsi alla crescita dei territori e delle realtà locali. Questa considerazione poi deve trovare elementi di compatibilità con la piccola dimensione territoriale delle regioni italiane se confrontate con le regioni europee ed i Laender tedeschi. L'individuazione di criteri oggettivi (funzionali e non formali) per l'individuazione/delimitazione di territori funzionali e lo scambio di prestazioni tra di essi sono la condizione necessaria per superare l'attuale natura opzionale dei processi di cooperazione interistituzionale (tra comuni, ad esempio appartenenti allo stesso territorio funzionale). A questo riguardo molto utile è l'esperienza delle associazioni, ma anche delle unioni di comuni. Le esigenze della pianificazione nel riordino delle istituzioni politico territoriali decentrate, costituiscono il punto finale della ricerca svolta, che vede confermato il livello intermedio come ottimale per la pianificazione. Tale livello è da intendere come dimensione geografica di riferimento e non come ambito di decisioni amministrative, di governance e potrebbe essere validamente gestito attraverso un’agenzia privato-pubblica dello sviluppo, alla quale affidare la formulazione del piano e la sua gestione. E perché ciò avvenga è necessario che il piano regionale formulato da organi politici autonomi, coordinati dall’attività dello stato abbia caratteri definiti e fattibilità economico concreta.

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Poröse Medien spielen in der Hydrosphäre eine wesentliche Rolle bei der Strömung und beim Transport von Stoffen. In diesem Raum finden komplexe Prozesse statt: Advektion, Kon-vektion, Diffusion, hydromechanische Dispersion, Sorption, Komplexierung, Ionenaustausch und Abbau. Die strömungsmechanischen- und die Transportverhältnisse in porösen Medien werden direkt durch die Geometrie des Porenraumes selbst und durch die Eigenschaften der transportierten (oder strömenden) Medien bestimmt. In der Praxis wird eine Vielzahl von empirischen Modellen verwendet, die die Eigenschaften des porösen Mediums in repräsentativen Elementarvolumen wiedergeben. Die Ermittlung der in empirischen Modellen verwendeten Materialparameter erfolgt über Labor- oder Feldbestimmungsmethoden. Im Rahmen dieser Arbeit wurde das Computer-modell PoreFlow entwickelt, welches die hydraulischen Eigenschaften eines korngestützten porösen Mediums aus der mikroskopischen Modellierung des Fluidflusses und Transportes ableitet. Das poröse Modellmedium wird durch ein dreidimensionales Kugelpackungsmodell, zusam-mengesetzt aus einer beliebigen Kornverteilung, dargestellt. Im Modellporenraum wird die Strömung eines Fluids basierend auf einer stationären Lösung der Navier-Stokes-Gleichung simuliert. Die Ergebnisse der Modellsimulationen an verschiedenen Modellmedien werden mit den Ergebnissen von Säulenversuchen verglichen. Es zeigt sich eine deutliche Abhängigkeit der Strömungs- und Transportparameter von der Porenraumgeometrie sowohl in den Modell-simulationen als auch in den Säulenexperimenten.

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Oberflächengebundene flüssigkristalline Polymere innematischer Lösung - eine Monte Carlo-Untersuchung In der vorliegenden Arbeit wurde ein System vonoberflächengebundenen flüssigkristallinen Polymeren innematischer Lösung mittels Monte Carlo-Simulationen imNpT-Ensemble untersucht. Dabei wurden die Lösungsmittelteilchen und Polymerteilchen durchweiche abstoßende Ellipsoide des Durchmessers sigma_s undder Länge sigma_l modelliert. Darüber hinaus wirktenzwischen Teilchen innerhalb einer Kette zusätzliche Bondlängen- und Bondwinkelpotentiale. Die Kopfenden der Ketten waren mit ihren Mittelpunkten auf einen kubischen Gitter in der Oberfläche fixiert und wechselwirkten nicht mit den übrigen Teilchen. Für die Simulation kam ein neuartiger 'Configurationalbiased Monte Carlo'-Algorithmus zum Einsatz, mit dem esmöglich war, die Simulation stark zu beschleunigen. Dieswurde erreicht, indem die Bindungen einer Polymerkette entfernt und die ehemaligen Kettenteilchen somit zu Lösungsmittelteilchen werden. Aus den Lösungsmittelteilchen wurde dann durch das Ziehen neuer Bindungen eine neue Kette generiert, über deren Annahme dann eine Metropolisabfrage entschied. In den Simulationen sollte untersucht werden, inwieweit esmöglich ist durch Variation der Pfropfdichte einer auf eineglatte Wand aufgebrachten Polymerbürste die Richtung derOrientierung des sie quellenden Lösungsmittels zu einflussen. Neben Systemen ohne Ketten wurden Systeme mit Pfropfdichtenbis zu sigma = 0.84/sigma_s^2 über mehrere Millionen MonteCarlo-Schritte simuliert. Mit den durchgeführten Simulationen konnte gezeigt werden,daß ein Phasenübergang zwischen einer Phase mit flachentlang den Wänden ausgerichteten Teilchen und einer Phasemit Teilchen, deren Orientierung nicht parallel zur Wand ist, existiert.Dieser Phasenübergang tritt im hier betrachteten System beieiner Pfropfdichte von sigma = 0.13/sigma_s^2 auf. Weiterhin konnte bei hohen Pfropfdichten (sigma >=0.8/sigma_s^2) eine Phase mit einer Ausrichtung derLösungsmittelteilchen senkrecht zur Grundfläche gefundenwerden, obwohl die Ketten auch bei diesen Pfropfdichten nicht senkrecht stehen und die Bürste und das Lösungsmittel entkoppeln.

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Zusammenfassung Ein 3-dimensionales globales Modell der unterenAtmosphäre wurde für die Untersuchung derOzonchemie, sowie der Chemie des Hydroxylradikals (OH) undwichtiger Vorläufersubstanzen, wie reaktiverStickstoffverbindungen und Kohlenwasserstoffe, verwendet.Hierfür wurde die Behandlung vonNicht-Methan-Kohlenwasserstoffen (NMKW) hinzugefügt,was auch die Entwicklung einer vereinfachten Beschreibungihrer Chemie, sowie die Erfassung von Depositionsprozessenund Emissionen erforderte. Zur Lösung der steifengewöhnlichen Differentialgleichungen der Chemie wurdeeine schnelles Rosenbrock-Verfahren eingesetzt, das soimplementiert wurde, dass die Modell-Chemie fürzukünftige Studien leicht abgeändert werden kann. Zur Evaluierung des Modells wurde ein umfangreicherVergleich der Modellergebnisse mit Bodenmessungen, sowieFlugzeug-, Sonden- und Satelliten-Daten durchgeführt.Das Modell kann viele Aspekte der Beobachtungen derverschieden Substanzen realistisch wiedergeben. Es wurdenjedoch auch einige Diskrepanzen festgestellt, die Hinweiseauf fehlerhafte Emissionsfelder oder auf die Modell-Dynamikund auch auf fehlende Modell-Chemie liefern. Zur weiteren Untersuchung des Einflusses verschiedenerStoffgruppen wurden drei Läufe mit unterschiedlichkomplexer Chemie analysiert. Durch das Berücksichtigender NMKW wird die Verteilung mehrerer wichtiger Substanzensignifikant beeinflusst, darunter z.B. ein Anstieg desglobalen Ozons. Es wurde gezeigt, dass die biogene SubstanzIsopren etwa die Hälfte des Gesamteffekts der NMKWausmachte (mehr in den Tropen, weniger anderswo). In einer Sensitivitätsstudie wurden die Unsicherheitenbei der Modellierung von Isopren weitergehend untersucht.Dabei konnte gezeigt werden, dass die Unsicherheit beiphysikalischen Aspekten (Deposition und heterogene Prozesse)ebenso groß sein kann, wie die aus dem chemischenGasphasen-Mechanismus stammende, welche zu globalbedeutsamen Abweichungen führte. Lokal können sichnoch größere Abweichungen ergeben. Zusammenfassend kann gesagt werden, dass die numerischenStudien dieser Arbeit neue Einblicke in wichtige Aspekte derPhotochemieder Troposphäre ergaben und in Vorschläge fürweiter Studien mündeten, die die wichtigsten gefundenenUnsicherheiten weiter verringern könnten.

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In dieser Arbeit wurde ein biomimetisches Modell für ein pflanzliches Photosystem bestehend aus dem rekombinanten Hauptlichtsammlerkomplex (LHCII) als Absorptions- und Energietransfereinheit und einem N-terminal an das Protein gebundenen Farbstoff als Energieakzeptor hergestellt. Mehrere LHCII-Farbstoff-Konstrukte wurden getestet, die höchste Energietransfereffizienz von komplexgebundenem Chlorophyll-a zum Energieakzeptor konnte an einem LHCII-Benzoylterrylendicarboximid-Konstrukt gemessen werden. Bei Raumtemperatur wurde hier 70% der Chlorophyll-a-Anregungsenergie auf den Farbstoff übertragen, bei 77 K sogar 85%. LHCII-Farbstoffkonstrukte können helfen, strukturelle und funktionelle Eigenschaften des LHCII näher zu beleuchten. So konnte bereits in dieser Arbeit gezeigt werden, daß der N-Terminus des Komplexes im zeitlichen Mittel in eine größere Annäherung zum pigmentierten Teil des LHCII kommen muß, sonst sind Energietransfereffizienzen obiger Größenordnung nicht möglich. Weitere Erkenntnisse werden von einzelmolekülspektroskopischen Untersuchungen erwartet. Voraussetzung hierfür ist jedoch eine orientierte Immobilisierung des LHCII auf einer Glasoberfläche. Es gelang, den Komplex über eine auf molekularer Ebene eingeführte Aminosäuresequenz aus sechs Histidinen an die Nickelchelatgruppe einer auf Glas immobilisierten Meerrettich-Peroxidase zu binden. Einzelmolekülspektroskopisch konnte eine LHCII-Immobilisation senkrecht zur Proteinsymmetrieachse nachgewiesen werden. Mittelfristig wird angestrebt, LHCII-Farbstoffkonstrukte auch für photovoltaische Anwendungen nutzbar zu machen. Ein erster Meilenstein wurde in dieser Arbeit erreicht, indem es gelang, LHCII an Titandioxid, Halbleiter der sog. Grätzelzelle, zu binden.

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Die vorliegende Arbeit beschäftigt sich mit demAdsorptionsverhalten von Homo- und Blockopolymeren anglatten Wänden im guten Lösungsmittel. Zur Modellierung wirddabei ein vergröbertes Kugel-Feder-Modell benutzt, das diePolymere als Kette von effektiven Monomeren auffasst.Benachbarte Monomere einer Kette werden durch einBindungspotential aneinander gekoppelt; zusätzlich wird eineVolumenausschlusswechselwirkung zwischen allen Monomeren derLösung berücksichtigt. Das Lösungsmittel wird dabei implizitdurch diese effektiven Potentiale berücksichtigt, wobei dieLösungsmittelqualität über die Temperatur geregelt wird.Während das System in z-Richtung durch zwei ebene Wändebegrenzt wird, von denen eine attraktiv mit den Monomerenwechselwirkt, werden in x- und y-Richtung periodischeRandbedingungen vorgegeben. Die Bewegung der Polymereerfolgt durch Monte Carlo-Simulationen im räumlichenKontinuum, welche auf (großkanonischen) Configurational BiasMonte Carlo-Algorithmen sowie lokalen Monomerverschiebungenund Reptationsbewegungen basieren.Über verschiedene Auswertemethoden werden anhand vonEinzelkettensimulationen die (modellabhängige)Adsorptionsschwelle - welche durch Simualtionen derAdsorption aus der Lösung bestätigt wird - sowie der(universelle) Crossoverexponent - dessen gefundener Wertsehr gut mit den neusten analytischen Berechnungenübereinstimmt - bestimmt. Bei der Simulation derBlockcopolymere bilden sich bei niedrigerOberflächenbelegungsdichte pilzartige Konformationen('mushroom'-Bereich), bei hoher OberflächenbelegungsdichtePolymerbürsten ('brush'-Bereich). Die theoretischenVorhersagen für den jeweiligen Bereich werden von denSimulationen im Wesentlichen gut wiedergegeben.