156 resultados para Transitivité verbale
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La ‘dottrina stoica dell’oikeiosis’ viene comunemente rappresentata come una teoria unitaria – una dottrina, appunto – che farebbe derivare l’oikeiosis sociale (in latino, communis hominum inter homines commendatio) da quella riflessiva o personale. Tale derivazione solleva però numerosi interrogativi e sarà fatta oggetto di una valutazione critica nella seconda parte del presente lavoro (corrisponde ai capitoli secondo e terzo). Nel primo capitolo, in mancanza di una definizione concettuale di oikeiosis, cercheremo di stabilire il significato dell’espressione complessa oikeiosis pros heautó. Si noti che il termine ‘oikeiosis’ non è un neologismo stoico; gli Stoici, però, nell’adottarlo come termine tecnico, ne modificano la sintassi e quindi il significato. Per apprezzare la portata di tale cambiamento è necessario procedere a un esame preliminare delle occorrenze non filosofiche più significative, sia del nome ‘oikeiosis’ sia della forma verbale corrispondente.
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Nelle attuali organizzazioni sanitarie non è raro trovare operatori sanitari i quali ritengono che la relazione con il paziente consista nell'avere adeguate competenze tecniche inerenti la professione e nell'applicarle con attenzione e diligenza. Peraltro si tende ad invocare il “fattore umano”, ma si lamenta poi che l’operatore si rapporti col paziente in modo asettico e spersonalizzato. Da un punto di vista scientifico il termine “relazione” in psicologia si riferisce essenzialmente ai significati impliciti e quasi sempre non consapevoli veicolati da qualunque relazione: dipende pertanto dalla struttura psichica dei due interlocutori investendo in particolare la sfera dell’affettività e procede per processi comunicativi che travalicano il linguaggio verbale e con esso le intenzioni razionali e coscienti. La relazione interpersonale quindi rientra nel più ampio quadro dei processi di comunicazione: sono questi o meglio i relativi veicoli comunicazionali, che ci dicono della qualità delle relazioni e non viceversa e cioè che i processi comunicazionali vengano regolati in funzione della relazione che si vuole avere (Imbasciati, Margiotta, 2005). Molti studi in materia hanno dimostrato come, oltre alle competenze tecnicamente caratterizzanti la figura dell’infermiere, altre competenze, di natura squisitamente relazionale, giochino un ruolo fondamentale nel processo di ospedalizzazione e nella massimizzazione dell’aderenza al trattamento da parte del paziente, la cui non osservanza è spesso causa di fallimenti terapeutici e origine di aumentati costi sanitari e sociali. Questo aspetto è però spesso messo in discussione a favore di un maggiore accento sugli aspetti tecnico professionali. Da un “modello delle competenze” inteso tecnicisticamente prende origine infatti un protocollo di assistenza infermieristica basato sull’applicazione sistematica del problem solving method: un protocollo preciso (diagnosi e pianificazione) guida l’interazione professionale fra infermiere e la persona assistita. A lato di questa procedura il processo di assistenza infermieristica riconosce però anche un versante relazionale, spesso a torto detto umanistico riferendosi alla soggettività dei protagonisti interagenti: il professionista e il beneficiario dell’assistenza intesi nella loro globalità bio-fisiologica, psicologica e socio culturale. Nel pensiero infermieristico il significato della parola relazione viene però in genere tradotto come corrispondenza continua infermiere-paziente, basata sulle dimensioni personali del bisogno di assistenza infermieristica e caratterizzata da un modo di procedere dialogico e personalizzato centrato però sugli aspetti assistenziali, in cui dall’incontro degli interlocutori si determinerebbe la natura delle cure da fornire ed i mezzi con cui metterle in opera (Colliere, 1992; Motta, 2000). Nell’orientamento infermieristico viene affermata dunque la presenza di una relazione. Ma di che relazione si tratta? Quali sono le capacità necessarie per avere una buona relazione? E cosa si intende per “bisogni personali”? Innanzitutto occorre stabilire cosa sia la buona relazione. La buona o cattiva relazione è il prodotto della modalità con cui l’operatore entra comunque in interazione con il proprio paziente ed è modulata essenzialmente dalle capacità che la sua struttura, consapevole o no, mette in campo. DISEGNO DELLA LA RICERCA – 1° STUDIO Obiettivo del primo studio della presente ricerca, è un’osservazione delle capacità relazionali rilevabili nel rapporto infermiere/paziente, rapporto che si presume essere un caring. Si è voluto fissare l’attenzione principalmente su quelle dimensioni che possono costituire le capacità relazionali dell’infermiere. Questo basandoci anche su un confronto con le aspettative di relazione del paziente e cercando di esplorare quali collegamenti vi siano tra le une e le altre. La relazione e soprattutto la buona relazione non la si può stabilire con la buona volontà, né con la cosiddetta sensibilità umana, ma necessita di capacità che non tutti hanno e che per essere acquisite necessitano di un tipo di formazione che incida sulle strutture profonde della personalità. E’ possibile ipotizzare che la personalità e le sue dimensioni siano il contenitore e gli elementi di base sui quali fare crescere e sviluppare capacità relazionali mature. Le dimensioni di personalità risultano quindi lo snodo principale da cui la ricerca può produrre i suoi risultati e da cui si è orientata per individuare gli strumenti di misura. La motivazione della nostra scelta dello strumento è da ricercare quindi nel tentativo di esplorare l’incidenza delle dimensioni e sottodimensioni di personalità. Tra queste si è ritenuto importante il costrutto dell’Alessitimia, caratteristico nel possesso e quindi nell’utilizzo, più o meno adeguato, di capacità relazionali nel processo di caring,
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La vera identità di un individuo è un'informazione molto preziosa. In generale le persone non hanno particolari remore a rivelare la propria identità e il riconoscimento non rappresenta un problema; l'unica motivazione che può portare un individuo a nascondere la propria identità è l'elusione dei rilevamenti delle forze dell'ordine per un certo tipo di attività criminale. In questi casi, risulta difficile procedere al riconoscimento attraverso caratteristiche biometriche come iride o impronte digitali, in quanto la loro acquisizione presuppone un certo grado di collaborazione da parte del soggetto. Il volto, invece, può essere ottenuto in modo segreto, non solo attraverso le ben note telecamere di videosorveglianza ma anche attraverso la ricostruzione fornita da un eventuale testimone oculare che assiste all'evento criminoso. Quest'ultimo, attraverso la descrizione verbale del sospettato e con l'ausilio delle capacità di un disegnatore, fornisce un contributo per la costruzione di un identikit o sketch del soggetto, favorendo quindi il processo di individuazione dell'identità del malvivente. Solitamente, una volta prodotto lo sketch, si effettua un confronto visivo con le fotografie segnaletiche già in possesso degli inquirenti e memorizzate all'interno di un'ipotetica banca dati. Tale confronto viene eseguito 'manualmente' da persone incaricate, comportando un inevitabile spreco di tempo; dotarsi di un sistema automatico in grado di ricercare la foto del sospettato più somigliante allo sketch a partire da quelle presenti all'interno di un database potrebbe aiutare le forze di polizia in una più celere individuazione del colpevole. Purtroppo, i metodi presenti allo stato dell'arte sul riconoscimento facciale non consentono un confronto diretto: fotografia e disegno sono due rappresentazioni del volto molto differenti in termini di ricchezza di dettagli e tessitura e pertanto non direttamente confrontabili. L'obiettivo del progetto di tesi è quello di esplorare una nuova strategia di valutazione automatica della similarità tra uno sketch e una fotografia consistente principalmente in un'analisi della conformazione dei volti, mediante estrazione dei contorni e calcolo di apposite feature.
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L’attività fisica produce effetti benefici a livello mentale (Biddle et al.,2004) e sembra agire sull’emozione modificando attitudini e motivazioni verso la pratica motoria (Digelidis et al., 2003) a partire da sensazioni come il piacere o la noia del fare (Spray et al., 1999). Da questi presupposti il progetto che comprendeva l’analisi di due studi volti a verificare gli effetti dell’attività motoria e sportiva in ambito scolastico, sui comportamenti di adattamento sociale e self efficacy dei bambini. Un terzo studio, di analisi qualitativa, in ambito calcistico, per verificare correlazioni tra orientamento motivazionale genitoriale e comportamenti di adattamento sociale dei figli. Gli strumenti di rilevazione dei livelli di adattamento sociale (Caprara et al, 1992) e self efficacy (Colella, 2008), sono stati somministrati prima e dopo il trattamento delle relative attività motorie mentre, l’orientamento motivazionale dei genitori (Borgogni et al, 2004) è stato rilevato una volta e confrontato con l’adattamento sociale dei figli. Il modulatore del primo studio, l’attività ad alto contenuto emotivo o aggressivo, ha mostrato variazioni significative (p<.05) nei livelli di aggressività fisica-verbale e di comportamento pro sociale tra i 2 gruppi, confermando la letteratura sull’argomento (Pellegrini, in Storch e Roth, 2005; Vaughn, 2005; Tappern e Boulton, 2005). Il modulatore del secondo studio, rappresentato dal giocosport rugby, sempre realizzato nelle ore curricolari di educazione fisica, ha evidenziato differenze significative (p<.05) nell’aumentata self efficacy da parte del gruppo sperimentale, con effetto preponderante sulle femmine rispetto ai maschi. Il terzo studio, descrittivo, ha evidenziato la correlazione tra orientamento motivazionale dei genitori e instabilità emotiva dei figli in risposta a profili genitoriali tendenti alla leadership o al successo nell’ambito lavorativo. I risultati evidenziati mostrano effetti significativi (p<.05), successivi al trattamento, sui comportamenti di adattamento sociale, aggressivo e sulla self efficacy a conferma, della letteratura, sull’importanza di determinate esperienze motorie in età scolare.
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La tesi sviluppa le proposte teoriche della Linguistica Cognitiva a proposito della metafora e propone una loro possibile applicazione in ambito didattico. La linguistica cognitiva costituisce la cornice interpretativa della ricerca, a partire dai suoi concetti principali: la prospettiva integrata, l’embodiment, la centralità della semantica, l’attenzione per la psicolinguistica e le neuroscienze. All’interno di questo panorama, prende vigore un’idea di metafora come punto d’incontro tra lingua e pensiero, come criterio organizzatore delle conoscenze, strumento conoscitivo fondamentale nei processi di apprendimento. A livello didattico, la metafora si rivela imprescindibile sia come strumento operativo che come oggetto di riflessione. L’approccio cognitivista può fornire utili indicazioni su come impostare un percorso didattico sulla metafora. Nel presente lavoro, si indaga in particolare l’uso didattico di stimoli non verbali nel rafforzamento delle competenze metaforiche di studenti di scuola media. Si è scelto come materiale di partenza la pubblicità, per due motivi: il diffuso impiego di strategie retoriche in ambito pubblicitario e la specificità comunicativa del genere, che permette una chiara disambiguazione di fenomeni che, in altri contesti, non potrebbero essere analizzati con la stessa univocità. Si presenta dunque un laboratorio finalizzato al miglioramento della competenza metaforica degli studenti che si avvale di due strategie complementari: da una parte, una spiegazione ispirata ai modelli cognitivisti, sia nella terminologia impiegata che nella modalità di analisi (di tipo usage-based); dall’altra un training con metafore visive in pubblicità, che comprende una fase di analisi e una fase di produzione. È stato usato un test, suddiviso in compiti specifici, per oggettivare il più possibile i progressi degli studenti alla fine del training, ma anche per rilevare le difficoltà e i punti di forza nell’analisi rispetto sia ai contesti d’uso (letterario e convenzionale) sia alle forme linguistiche assunte dalla metafora (nominale, verbale, aggettivale).
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La relazione interdisciplinare tra letteratura e fotografia, nella rilettura della storia recente del Mozambico, è l’oggetto di studio della presente tesi. Il presupposto coincide in primo luogo con la disamina interna della dialettica esistente tra archivio coloniale e oralità, modalità narrativa in parte transitata nella estória, declinazione lusofona della forma breve che permette di recuperare l’eredità popolare del racconto tradizionale. Il dialogo tra verbale e visuale consente a sua volta di stabilire nuovi paradigmi interpretativi nel dibattito postcoloniale tra memoria, trauma e rappresentazione. L’analisi comparativa tra la narrativa di João Paulo Borges Coelho e la fotografia di Ricardo Rangel rivela sguardi diversi sul mondo circostante, ma anche convergenze contemplative che si completano nell’incorporazione reciproca delle “omologie strutturali” comuni alle due modalità espressive. La fotografia colma delle lacune fornendoci delle visioni del passato, ma, in quanto “rappresentazione”, ci mostra il mondo per come appare e non per come funziona. Il testo letterario, grazie al suo approccio dialogico-narrativo, consente la rielaborazione museologica della complessa pletora di interferenze semantiche e culturali racchiuse nelle immagini, in altre parole fornisce degli “indizi di verità” da cui (ri)partire per l’elaborazione di nuovi archetipi narrativi tra l’evento rappresentato e la Storia di cui fa parte. Il punto di tangenza tra i due linguaggi è la cornice, espediente fotografico e narrativo che permette di tracciare i confini tra l’indicibile e l’invisibile, ma anche tra ciò che si narra e ciò che sta fuori dalla narrazione, ovvero fuori dalla storia. La tensione dialettica che si instaura tra questi due universi è seminale per stabilire le ragioni della specificità letteraria mozambicana perché, come afferma Luandino Vieira, “nel contesto postcoloniale gli scrittori sono dei satelliti che ruotano intorno ai «buchi neri della storia» la cui forza di attrazione permette la riorganizzazione dell’intero universo letterario.
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Nella maggior parte dei casi, i soggetti affetti da Disturbo dello Spettro Autistico hanno un deficit di comunicazione, sia esso verbale o non verbale. Nonostante, ad oggi, non esista una cura per questo disturbo, una diagnosi precoce entro il terzo anno di vita del soggetto e un programma educativo coerente con le necessità del paziente, permettono al bambino con autismo di raggiungere quantomeno le abilità comunicative di base. Recenti studi hanno dimostrato che l’utilizzo di Information and Communication Technology (ICT) nel trattamento di soggetti affetti da Disturbo dello Spettro Autistico può portare molti benefici, dato che, da un lato, computer, tablet e smartphone sono strumenti strutturati e prevedibili e, dall’altro, i sintetizzatori vocali, se presenti, sono privi di inflessioni verbali. A questo proposito, durante il mio tirocinio di tesi magistrale presso l’azienda “CSP – Innovazioni nelle ICT” di Torino, ho sviluppato un’applicazione per tablet Android che permette a psicologi, educatori, logopedisti, insegnanti e genitori di creare tabelle comunicative circostanziate alle esigenze del soggetto e che consente a quest’ultimo di utilizzare questo strumento come efficace mediatore sociale. Questo software si va a inserire in un progetto più ampio, denominato “tools4Autism”, nato dalla collaborazione tra il centro di ricerca di cui sopra, la “Fondazione ASPHI Onlus – ICT per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità” e il “Centro Autismo e Sindrome di Asperger” di Mondovì (CN). L’applicazione prevede principalmente due metodi di utilizzo: il primo, definito “modalità operatore”, è un editor che permette di creare tabelle composte da un numero variabile di immagini che possono essere pittogrammi, fotografie personali, disegni del bambino e possono essere accompagnate o meno da un testo. Una volta create le tabelle, l’operatore ha la possibilità di modificarle, eliminarle, variarne l’ordine, esportarle su altri dispositivi o importare tabelle precedentemente create. Il secondo metodo di utilizzo, definito “modalità utente”, permette al soggetto affetto da Disturbo Autistico di comunicare con altre persone sfruttando le tabelle create dall’operatore coerentemente con le sue necessità. Al tocco dell’immagine da parte del bambino, essa viene evidenziata tramite un contorno rosso e, se abilitato, il sintetizzatore vocale riproduce il testo associato a tale immagine. I principali fattori di innovazione dell’applicazione sono la gratuità, la semplicità di utilizzo, la rapidità nella creazione e nell’aggiornamento delle tabelle comunicative, la portabilità dello strumento e l’utilizzo della sintesi vocale. Il software sarà sperimentato presso il “Centro Autismo e Sindrome di Asperger”, centro di neuropsichiatria infantile specializzato nello studio del Disturbo Autistico. Tale sperimentazione si pone come obiettivo quello di verificare gli effettivi miglioramenti nella velocità e nella qualità di apprendimento delle fondamentali abilità comunicative.
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Quel che Steiner e molti altri criticano alla lingua contemporanea è il fatto di conformarsi troppo facilmente ai dettami della scienza e della società odierna, svuotando le parole del loro senso e della loro bellezza. Ciò che la scienza e la società in generale tendono a dimenticare, infatti, è che la lingua è composta di parole, fonemi, suoni. La tesi si articola in due Sezioni: una Premessa pedagogica e una Premessa antropologica. La Premessa pedagogica si compone di un solo capitolo, nel quale metteremo a confronto due metodi apparentemente molto diversi tra loro ma che, in realtà, trovano un loro accordo. Si tratta di Jean Piaget e Maria Montessori: del primo affronteremo opere quali Lo strutturalismo e L’epistemologia genetica dal punto di vista dell’acquisizione dei processi cognitivi, focalizzandoci soprattutto sull’apprendimento del linguaggio; della seconda sottolineeremo gli approcci educativi tenuti al fine di un apprendimento linguistico che non risenta di traumi ma che sia fondato su basi scientifiche. Introdurremo il ruolo della musica nei piani didattici e l’importanza di assegnarle una funzione più precisa e determinante. La Premessa antropologica si compone di due capitoli, entrambi dedicati alla musica. Nel Capitolo I parleremo della musicoterapia, un tipo di approccio fondato sul potere comunicativo della musica al fine di ripristinare la comunicazione verbale come è comunemente intesa. Nel Capitolo II, infine, parleremo del Mother Tongue Method introdotto da Shinichi Suzuki e ancora oggi riconosciuto in tutto il mondo. Si tratta di una metodologia che vuole rendere la musica parte delle vite degli individui tanto spontaneamente quanto il linguaggio. La musica diventa, dunque, uno strumento utile a formare i bambini sin da piccoli perché possano affrontare ogni ambito della loro vita con fermezza e abilità.
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“Un bambino è un libro da leggere[...]” L’aforisma del poeta e scrittore austriaco Peter Rosegger introduce perfettamente il presente elaborato, il cui scopo è quello di capire il linguaggio segreto delle immagini e dei giochi dei bambini. Il lavoro, infatti, chiarirà come interpretare le immagini infantili e come scoprirne i significati nascosti; inoltre verranno approfonditi i diversi giochi effettuati dai bambini, perché anche questi rappresentano un’importante forma di comunicazione. Per questo, nell’elaborato, verrà attribuito un ruolo di primo piano alla comunicazione non verbale. L’intenzione del presente elaborato è quella di portare l’attenzione del lettore sulle immagini e sui giochi utilizzati dai bambini, in quanto forme di comunicazione che trasmettono messaggi più chiari e veritieri della lingua stessa. Di seguito verranno riportati molti esempi che renderanno più comprensibile l’argomento. L’elaborato è composto da tre macrosezioni: nella prima verrà trattata la prima forma di comunicazione, prestando particolare attenzione al significato del pianto e del sorriso; nella seconda ci si occuperà del linguaggio segreto delle immagini realizzate dai bambini e dell’interpretazione di queste ultime; la terza e ultima sezione, invece, affronterà il linguaggio segreto del gioco attraverso l’analisi di tre giochi conosciuti e significativi.
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Il presente lavoro si prefigge l’obiettivo di dimostrare che, per essere considerata completa, la formazione di un interprete deve comprendere, oltre all’insegnamento delle competenze traduttive e linguistiche, anche un percorso volto a migliorare le abilità comunicative degli studenti attraverso l’apprendimento delle tecniche di presentazione orale. Si è deciso di prestare particolare attenzione all’interpretazione consecutiva vista la sua dimensione di azione in pubblico. La presenza fisica di un interprete di consecutiva fa sì che la comunicazione avvenga su due piani paralleli: quello verbale e quello non-verbale. Per questo, un interprete professionista, e quindi uno studente, deve imparare a trasferire il contenuto del messaggio in modo fedele e corretto, sul piano linguistico, ma deve anche imparare ad esprimersi con chiarezza, con una voce ben impostata e ben modulata, con una adeguata velocità di eloquio, prestando attenzione alla dizione, alla fonetica, al contatto visivo con il pubblico, alle espressioni del viso, alla postura e alla gestualità. Per dimostrare l’importanza delle tecniche di presentazione orale nella formazione degli interpreti, si è deciso di iniziare stabilendo i presupposti teorici della professione e descrivendo il lavoro e il ruolo dell’interprete all’interno dell’evento comunicativo della conferenza (capitolo I). Nel capitolo II si è quindi definito il gesto, descrivendo le teorie sulla sua origine cognitiva e funzionale, trattando la letteratura sulle classificazioni delle tipologie gestuali e illustrando uno studio sulle variazioni geografiche dei gesti e uno sulla possibile creazione di un dizionario dei gesti italiani. Infine, il capitolo terzo è stato dedicato alla descrizione delle tecniche e degli aspetti legati alla presentazione orale e il capitolo quarto all’applicazione pratica dei consigli illustrati, attraverso l’uso di materiale di supporto di conferenze interpretate e videoregistrate.
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Il presente elaborato si prefigge lo scopo di proporre una traduzione in francese di cinque fumetti di giornalismo a fumetti da pubblicare su un’ipotetica versione localizzata del sito http://graphic-news.com/. Si tratta di un sito di informazione a fumetti, che combina due grandi rivoluzione del fumetto: il fumetto digitale e il graphic journalism. Si cercherà di definire il fumetto in quanto linguaggio formato dall’interazione fra codice visivo e codice verbale, se ne traccerà la storia dalle sue origini fino agli sviluppi più recenti per individuare l’evoluzione che ha portato alla nascita del fumetto digitale, di cui saranno analizzate le principali caratteristiche insieme a una panoramica sul graphic journalism, un genere che ha permesso al fumetto di emanciparsi dalla sua nomea di letteratura per l’infanzia. In seguito, ci si concentrerà sull'ambiente digitale che accoglierà le traduzioni dei fumetti: si fornirà perciò una descrizione dell’organizzazione del sito e una sua analisi semiotica. Infine, si passeranno in rassegna le caratteristiche generali della traduzione dei fumetti con le sue specificità e si proporrà la traduzione dei cinque fumetti con relativo commento delle maggiori difficoltà incontrate nel processo di traduzione con un’attenzione particolare per i principali aspetti problematici legati all'interazione fra testo e immagini.
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Die westliche Ring-Sprache Isu (Süd-Bantoid) des Kameruner Graslands setzt ein palatales Infix zum Ausdruck einer Reihe verwandter verbaler Funktionen – imperfektiver Aspekt, Pluraktional, Kausativ – ein. Damit hebt sie sich deutlich vom engeren Bantu- und weiteren Benue-Kongo-Habitus ab, der sich dadurch auszeichnet, Kategorien dieser Art entweder durch verbale Suffixe oder durch Periphrase mithilfe von Hilfsverben zu kodieren. Morphologische Distributionsanalyse, interne Rekonstruktion und externer Vergleich innerhalb der Ring-Gruppe ermöglichen es, die historischen Ursprünge dieses palatalen Infixes einzukreisen und es als Abbauprodukt einer Hochvokal-Reduplikation (ursprünglich in Progressivfunktion) zu identifizieren, wie sie (a) in anderen Niger-Kongo-Sprachen nicht unüblich ist, und (b) wie sie sogar als kognate Vorläuferkonstruktion in der Süd-Ring-Sprache Babungo nachgewiesen werden kann. Funktional-diachron gesehen, wurde im Isu ein vormaliger Progressiv in zunehmendem Maße als Imperfektiv grammatikalisiert und ist damit in die Domäne der älteren Imperfektiv-Strategie -ə (< *-a) eingedrungen. Auf diese Art fügen sich das Isu und seine nächsten Verwandten trotz dieser eigentümlichen Infix-Phänomene sauber in das Gesamtbild westafrikanischer Sprachen ein.
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Die optimale Gestaltung logistischer Systeme und Prozesse bekommt eine immer größere Bedeutung für die Wirtschaftlichkeit und Wettbewerbsfähigkeit von Unternehmen. Für Einzelkomponenten von Materi-alflusssystemen sind neben exakten analytischen Verfahren auch Näherungslösungen und Ersatzmodelle in Form von Polynomen, neuronalen Netzen oder zeitdiskreten Verfahren vorhanden, mit denen eine gute Nachbildung des Verhaltens dieser Komponenten möglich ist. Ziel des Baukastensystems ist es, für diese Vielzahl von Methoden mit ihren spezifischen Ein- und Aus-gangsgrößen eine übergeordnete, einheitliche Kommunikations- und Datenschnittstelle zu definieren. In einem grafischen Editor kann ein Modell eines Materialflusssystems aus solchen Bausteinen gebildet und parametriert werden. Durch Verbindungen zwischen den Bausteinen werden Informationen ausge-tauscht. Die Berechnungen der Bausteine liefern Aussagen zu Auslastungen, Warteschlangen bzw. Warte-zeiten vor den Bausteinen sowie Flussgrößen zur Beschreibung der Abgangströme. The optimal arrangement of logistical systems and operations gets an increased importance for the economicalness and competitiveness of enterprises. For individual components of material flow systems there are also existing approximate solutions and substitute models besides exact analytical calculations in the form of polynomials, neural nets or time-discrete analysis which allows a good analytical description of the behaviour of these components. It is aim of the module system to define a superordinate and unified communication and data interface for all of these variety of methods with her specific input and output quantities. By using a graphic editor, the material flow system can be modelled of such components with specified functions and parameters. Connections between the components allows exchange of information. The calculations of the components provide statements concerning utilization, queue size or waiting time ahead of the components as well as parameters for the description of the departure process. Materialflusssysteme sind Träger innerbetrieblicher Transportprozesse und elementarer Bestandteil logistischer Systeme. Die optimale Gestaltung logistischer Systeme und Prozesse bekommt eine immer größere Bedeutung für die Wirtschaftlichkeit und Wettbewerbsfähigkeit von Unternehmen. Die effiziente Dimensionierung von Materialflusssystemen ist für Planer, Hersteller und Betreiber solcher Anlagen von grundsätzlicher Bedeutung. Für viele bei der Planung materialflusstechnischer Anlagen auftretende Fragestellungen steht noch immer kein Berechnungsverfahren oder -werkzeug zur Verfügung, welches allen drei folgenden Anforderungen gleicherma-ßen gerecht wird: Die Handhabung soll einfach, unkompliziert und schnell sein. Die Berechnungsergebnisse sollen eine hohe Genauigkeit haben. Die Berechnung soll allgemein gültige Ergebnisse liefern. Dabei handelt es sich um Fragestellungen, die durchaus grundlegender Natur sind. Beispielsweise nach den (statistisch) zu erwartenden minimalen und maximalen Auftragsdurchlaufzeiten, nach dem Einfluss von Belas-tungsschwankungen auf die Anlagenleistung, nach vorzusehenden Puffern (Stauplätze) und Leistungsreserven (Auslastung). Für die oben genannten Aufgaben der Materialflussplanung stehen heute hauptsächlich drei Verfahren zur Verfügung (Abb. 1): Faustformeln (gekennzeichnet mit f) sind einfach aber ungenau. Das Systemverhalten von Materialfluss-komponenten beschreiben sie selten über den gesamten Bereich möglicher Betriebsbedingungen und Konfi-gurationen. Das Verhalten von gesamten Materialflusssystemen ist zu komplex, als dass es mit Faustformeln adäquat beschreibbar wäre. Bedienungstheoretische Ansätze erlauben die Beschreibung von Materialflusskomponenten (kleines b) sehr genau und sehr umfassend, soweit Standardmethoden und -modelle der Bedienungstheorie anwendbar sind. Ist diese Voraussetzung nicht gegeben, kann der Aufwand zur Modellbildung schnell erheblich werden. Die Beschreibung von Materialflusssystemen (großes B) als Bedienungsnetzwerke ist nur unter (zum Teil stark) vereinfachenden Annahmen möglich. Solche Vereinfachungen gehen zu Lasten von Genauigkeit und All-gemeingültigkeit der Aussagen. Die Methoden sind häufig sehr komplex, ihre Anwendung erfordert vertief-te Kenntnisse in der Statistik und Stochastik. Simulationsuntersuchungen liefern für Materialflusskomponenten (kleines s) und für Materialflusssysteme (großes S) gleichermaßen genaue Aussagen. Der für die Untersuchungen erforderliche Aufwand hängt dabei weit weniger von den Eigenschaften und der Größe des Systems ab, als es bei bedienungstheoretischen An-sätzen der Fall ist. Die Aussagen der Simulation sind nie universell. Sie betreffen immer nur ein System in einer bestimmten Konfiguration. Die Anwendung der Simulation erfordert Spezialsoftware und vertiefte Kenntnisse in der Modellierung und Programmierung. Verfahren, die genaue und allgemein gültige Aussagen über das Verhalten komplexer Materialflusssysteme liefern können, sind insbesondere in der Phase der Angebotserstellung bzw. in der Phase der Grobplanung von besonderer Wichtigkeit. Andererseits sind heute verfügbare Verfahren aber zu kompliziert und damit unwirt-schaftlich. Gerade in der Phase der Systemgrobplanung werden häufig Änderungen in der Struktur des Systems notwendig, welche z.B. beim Einsatz der Simulation zu erheblichem Änderungsaufwand am Modell führt. Oftmals können solche Änderungen nicht schnell genug ausgeführt werden. Damit bleiben in der Praxis oft erhebliche Planungsunsicherheiten bestehen. Der Grundgedanke des Baukastensystems besteht in der Modularisierung von Materialflusssystemen in einzelne Bausteine und Berechnungen zum Verhalten dieser Komponenten. Die betrachteten Module sind Materialfluss-komponenten, die eine bestimmte logistische Funktion in einer konstruktiv bzw. steuerungstechnisch bedingten, definierten Weise ausführen. Das Verhalten einer Komponente wird durch Belastungen (Durchsatz) und techni-sche Parameter (Geschwindigkeit, Schaltzeit o.ä.) beeinflusst und kann durch ein adäquates mathematisches Modell quantifiziert werden. Das offene Baukastensystem soll dabei vor allem einen konzeptionellen Rahmen für die Integration derartiger Modellbausteine bilden. Es umfasst neben der Bausteinmodularisierung die Problematik der Kommunikation zwischen den Bausteinen (Schnittstellen) sowie Möglichkeiten zur Visualisierung von Ergebnissen. Das daraus abgeleitete softwaretechnische Konzept berücksichtigt neben der einheitlichen Integration der zum Teil stark unterschiedlichen Berechnungsverfahren für einzelne Materialflusskomponenten auch einheitliche Definitionen zur Beschreibung von benötigten Eingangsparametern einschließlich der Randbedingungen (Defini-tionsbereich) und Plausibilitätskontrollen sowie zur Ergebnisbereitstellung. Äußerst wichtig war die Zielstellung, das System offen und erweiterbar zu gestalten: Prototypisch wurden zwar einzelne vorliegende Bausteine integ-riert, es ist aber jederzeit möglich, weitere Verfahren in Form eines Bausteines zu implementieren und in das Baukastensystem einzubringen. Die Ergebnisse der Berechnungen für ein einzelnes Element (Output) fließen zugleich als Input in das nachfol-gende Element ein: Genau wie im realen Materialflusssystem durch Aneinanderreihung einzelner fördertechni-scher Elemente der Materialfluss realisiert wird, kommt es im Baukasten durch Verknüpfung der Bausteine zur Übertragung der relevanten Informationen, mit denen der Fluss beschrieben werden kann. Durch die Weitergabe der Ergebnisse kann trotz Modularisierung in einzelne Bausteine das Verhalten eines gesamten Materialflusssys-tems bestimmt werden. Daher sind auch hier einheitliche Festlegungen zu Art und Umfang der Übergabeparame-ter zwischen den Bausteinen erforderlich. Unter einem Baustein soll ein Modell einer Materialflusskomponente verstanden werden, welches das Verhalten dieser Komponente beim Vorliegen bestimmter Belastungen beschreibt. Dieses Verhalten ist insbesondere gekennzeichnet durch Warteschlangen und Wartezeiten, die vor der Komponente entstehen, durch Auslastung (Besetztanteil) der Komponente selbst und durch die Verteilung des zeitlichen Abstand (Variabilität) des die Komponente verlassenden Stroms an Transporteinheiten. Maßgeblich bestimmt wird dieses Verhalten durch Intensität und Variabilität des ankommenden Stroms an Transporteinheiten, durch die Arbeitsweise (z.B. stetig / unstetig, stochastisch / deterministisch) und zeitliche Inanspruchnahme der Komponente sowie durch Steuerungsregeln, mit denen die Reihenfolge (Priorisierung / Vorfahrt) und/oder Dauer der Abarbeitung (z.B. Regalbediengerät mit Strategie „Minimierung des Leerfahrtan-teils“) verändert werden. Im Grunde genommen beinhaltet ein Baustein damit ein mathematisches Modell, das einen oder mehrere an-kommende Ströme von Transporteinheiten in einen oder mehrere abgehende Ströme transformiert (Abb. 2). Derartige Modelle gibt es beispielsweise in Form von Bedienmodellen ([Gnedenko1984], [Fischer1990 u.a.]), zeitdiskreten Modellen ([Arnold2005], [Furmans1992]), künstlichen neuronalen Netzen ([Schulze2000], [Markwardt2003]), Polynomen ([Schulze1998]). Die zu Grunde liegenden Verfahren (analytisch, simulativ, numerisch) unterscheiden sich zwar erheblich, genü-gen aber prinzipiell den genannten Anforderungen. Die Fixierung auf ein mathematisches Modell ist aber nicht hinreichend, vielmehr bedarf es für einen Baustein auch definierter Schnittstellen, mit denen der Informationsaustausch erfolgen kann (Abb. 3). Dazu zählen neben der einheitlichen Bereitstellung von Informationen über die ankommenden und abgehenden Materialströme auch die Berücksichtigung einer individuellen Parametrierung der Bausteine sowie die Möglichkeit zur Interaktion mit dem Bediener (Anordnung, Parametrierung und Visualisierung). Das offene Konzept erlaubt das eigenständige Entwickeln und Aufnehmen neuer Bausteine in den Baukasten. Dazu ergibt sich als weitere Anforderung die einfache Konfigurierbarkeit eines Bausteins hinsichtlich Identifika-tion, Aussehen und Leistungsbeschreibung. An einen Baustein innerhalb des Baukastensystems werden weiter-hin die folgenden Anforderungen gestellt: Jeder Baustein ist eine in sich abgeschlossene Einheit und kann nur über die Ein- und Ausgänge mit seiner Umgebung kommunizieren. Damit ist ausgeschlossen, dass ein Baustein den Zustand eines ande-ren Bausteins beeinflussen kann. Das führt zu den beiden Lokalitätsbedingungen: Es gibt keine �����bergeordnete Steuerung, die in Abhängigkeit vom aktuellen Systemzustand dispositive Entscheidungen (z.B. zur Routenplanung) trifft. Blockierungen in Folge von Warteschlangen haben keine Auswirkungen auf die Funktion an-derer Bausteine. Bausteine beinhalten in sich abgeschlossene Verfahren zur Dimensionierung einer Komponente (Klas-se) des Materialflusssystems (z.B. Einschleusung auf einen Sorter, Drehtisch als Verzweigungselement oder als Eckumsetzer). Dabei werden auf Grund von technischen Parametern, Steuerungsstrategien und Belastungsannahmen (Durchsatz, Zeitverteilungen) Ergebnisse ermittelt. Ergebnisse im Sinne dieses Bausteinkonzepts sind Auslastungen, Warteschlangen bzw. Wartezeiten vor dem Baustein sowie Flussgrößen zur Beschreibung des Abgangstroms. Als Beschreibung eignen sich sowohl einzelne Kennwerte (Mittelwert, Varianz, Quantile) als auch statische Verteilungsfunktionen. Die Lokalitätsbedingungen stellen Einschränkungen in der Anwendbarkeit des Baukastensystems dar: Systeme mit übergeordneten Steuerungsebenen wie Routenplanung oder Leerfahrzeugsteuerung, die Entscheidungen auf Grund der vorhandenen Transportaufträge und des aktuellen Systemzustands treffen (Fahrerlose Transportsys-teme, Elektrohängebahn), können mit dem Baukasten nicht bearbeitet werden. Diese auf Unstetigförderern basierenden Systeme unterscheiden sich aber auch in ihren Einsatzmerkmalen grundlegend von den hier betrach-teten Stetigförderersystemen. Das Problem der Blockierungen vorgelagerter Bereiche durch zu große Warteschlangen kann dagegen bereits mit dem Baukasten betrachtet und zumindest visualisiert werden. Dazu ist den Verbindungen zwischen den Bausteinen eine Kapazität zugeordnet, so dass durch Vergleich mit den berechneten Warteschlangenlängen eine generelle Einschätzung zur Blockierungsgefahr möglich wird: Ist die Streckenkapazität kleiner als die mittlere Warteschlange, muss von einer permanenten Blockierung ausgegangen werden. In diesem Fall kann der vorhergehende Baustein seine gerade in Bearbeitung befindli-che Transporteinheit nach dem Ende der „Bedienung“ nicht sofort abgeben und behindert damit auch seine weiteren ankommenden Transporteinheiten. Für die Transporteinheiten bedeutet das eine Verlustzeit, die auch nicht wieder aufgeholt werden kann, für das gesamte Transportsystem ist von einer Leistungsminde-rung (geringerer Durchsatz, größere Transport- / Durchlaufzeit) auszugehen. Da bei der Berechnung der Bausteine von einer Blockierfreiheit ausgegangen wird, sind die Berechnungser-gebnisse in aller Regel falsch. Ist die Streckenkapazität zwar größer als die mittlere Warteschlange, aber kleiner als beispielsweise das 90%-Quantil der Warteschlange, ist mit teilweisen Blockierungen (in dem Fall mit mehr als 10% Wahr-scheinlichkeit) zu rechnen. Dann tritt der o.g. Effekt nur zeitweise auf. Die Ergebnisse der Berechungen sind dann zumindest für einzelne Bausteine ungenau. In beiden Fällen wird das Problem erkannt und dem Anwender signalisiert. Es wird davon ausgegangen, dass die geplante Funktionalität und Leistungsfähigkeit des Materialflusssystems nur dann gewährleistet ist, wenn keine Blockierungen auftreten. Durch Änderung der Parameter des kritischen Bausteins, aber auch durch Änderung der Materialströme muss daher eine Anpassung vorgenommen werden. Erst bei Vorliegen der Blockierfreiheit ist die Voraussetzung der Lokalität der Berechnungen erfüllt. Die Berechnungsverfahren in den Bausteinen selbst können wegen der Modularisierung (Lokalität) sehr unter-schiedlicher Art sein. Dabei ist es prinzipiell möglich, die einzelnen Ergebnisse eines Bausteins mit verschiede-nen Verfahren zu ermitteln, insbesondere dann, wenn auf Grund eines eingeschränkten Definitionsbereichs der Eingangsparameter die Anwendung eines bestimmten Verfahrens nicht zulässig ist. Bausteine, die einen Materialfluss auf Grund äußerer, nicht aus dem Verhalten des Bausteins resultierende Einflüsse generieren (Quelle) oder verändern (Service-Station), sind durch eine Flussgröße parametriert. Die Flussgröße ist eine statistische Verteilungsfunktion zur Beschreibung der Ankunfts- und Abgangsströme (Zwi-schenankunftszeiten). In der Praxis, insbesondere in der Planungsphase, ist aber eine solche Verteilungsfunktion meist nicht bekannt. Zudem erweist sich das Rechnen mit Verteilungsfunktionen als numerisch aufwändig. Untersuchungen in [Markwardt2003] haben gezeigt, dass eine Parametrisierung als Abstraktion über statistische Verteilungsfunktionen mit gleichen Erwartungswerten, Minima und Streuungen ausreichend genaue Ergebnisse liefert. Daher wird die Flussgröße beschrieben durch die Parameter Ankunftsrate (=Durchsatz), Mindestzeitabstand tmind und Variationskoeffizient c (als Maß für die Variabilität des Stroms). Zur Visualisierung der Ergebnisse kann die dreiparametrige Gammaverteilung zu Grunde gelegt werden, die eine gute Anpassung an reale Prozessverläufe bietet und durch die genannten Parameter eindeutig beschrieben ist: Weitere leistungsbestimmende Größen wie technische Parameter, Zeitbedarfe u.ä. werden als Parametertupel (k) der jeweiligen Klasse zugeordnet. So ist z.B. bei einer Einschleusung auf einen Sorter zu garantieren, dass der Strom auf der Hauptstrecke nicht angehalten wird. Das erfordert bei einer Einschleusung von der Nebenstrecke eine Lücke im Gutstrom auf der Hauptstrecke mit der Länge Mindestabstand und Fördergeschwindigkeit sind Parameter der ankommenden Förderstrecken, demnach ist lediglich die Größe ttr als Transferzeit ein leistungsbestimmender Parameter der Einschleusung. Förderstrecken stellen die Verbindungen zwischen den Bausteinen her und realisieren den eigentlichen Material-fluss durch das System. Die technische Realisierung kann dabei prinzipiell durch verschiedenartige Bauformen von Stetig- und Unstetigförderern erfolgen. Systeme, die aber vollständig auf der Basis von Unstetigförderern arbeiten wie fahrerlose Transportsysteme (FTS) oder Elektrohängebahn (EHB), werden im Rahmen des Baukas-tens nicht betrachtet, weil die Lokalitätsbedingungen nicht gelten und beispielsweise eine übergeordnete Sys-temsteuerung (Fahrzeugdisposition, Leerfahrtoptimierung) einen erheblichen Einfluss auf die Leistungsfähigkeit des Gesamtsystems hat. Förderstrecken im hier verwendeten Sinne sind Rollen-, Ketten-, Bandförderer oder ähnliches, deren maximaler Durchsatz im Wesentlichen durch zwei Parameter bestimmt wird: Fördergeschwindigkeit (vF) und Mindestab-stand zwischen den Transporteinheiten (smind). Der Mindestabstand ergibt sich aus der Länge der Transportein-heit in Transportrichtung (sx) und einem Sicherheitsabstand (s0), der für ein sicheres und gefahrloses Transportie-ren erforderlich ist. Die Mindestzeit tmind,S zwischen zwei Fördereinheiten auf einer Förderstrecke bestimmt sich demnach zu Ist das verbindende Förderelement nicht staufähig (nicht akkumulierend, z.B. Gurtbandförderer), so kann sich der Abstand zwischen den Fördergütern während des Förder- oder Transportvorgangs nicht verändern: Muss das Band angehalten werden, weil eine Abgabe an das nachfolgende Förderelement nicht möglich ist, bleiben alle Einheiten stehen. In diesem Fall ist es also nicht möglich, die Lücken im Transportstrom zu schließen, die bereits bei der Aufgabe auf das Förderelement entstehen. Für die Berechnung der Mindestzeit tmind,S bedeutet das, dass dann auch die Mindestzeit tmind,B des vorhergehenden Bausteins berücksichtigt werden muss. Die Mindestzeit des Streckenelements nach (6) bzw. (7) wird als einer der Parameter der Flussgröße zur Be-schreibung des am nachfolgenden Baustein ankommenden Stroms verwendet. Als Parameter der Förderstrecke werden neben der Fördergeschwindigkeit daher auch Angaben zum Transportgut (Abmessungen, Sicherheitsab-stand, Transportrichtung) benötigt. Es bot sich ferner an, eine Typisierung der Förderstrecken hinsichtlich ihrer technischen Realisierung (Rollenförderer, Kettenförderer, Bandförderer usw. mit zugeordneten Parametern) vorzunehmen, um den Aufwand für die Beschreibung der Förderstrecken gering zu halten. Weitere Parameter der Förderstrecken dienen der Aufnahme der Berechnungsergebnisse von vor- bzw. nachge-lagerten Bausteinen und beinhalten: die Länge der Warteschlange (einzelne Kenngrößen wie Mittelwert, 90%-, 95% bzw. 99%-Quantil oder - falls ermittelbar - als statistische Verteilung) die Wartezeit (ebenfalls Kenngrößen oder statistische Verteilung) die (Strecken-)Auslastung Variationskoeffizient für den Güterstrom Für die Darstellung des Materialflusses in einem System werden jeweils einzelne Materialfluss-Relationen betrachtet. Dabei wird angenommen, dass jede Relation an einer Quelle beginnt, an einer Senke endet, dabei mehrere Materialfluss-Komponenten (Bausteine) durchläuft und über den gesamten Verlauf in seiner Größe (Transportmenge) konstant bleibt. Einziger leistungsbestimmender Parameter einer Materialfluss-Relation ist die Transportmenge. Sie wird als zeitabhängige Größe angegeben und entspricht damit dem Durchsatz. Mindestabstand und Variationskoeffizient werden vom erzeugenden Baustein (Quelle) bestimmt, von den weiteren durchlaufenen Bausteinen verändert und über die Förderstrecken jeweils an den nachfolgenden Baustein übertragen. Die verbindenden Förderstrecken werden mit dem jeweiligen Durchsatz „belastet“. Bei Verbindungen, die von mehreren Relationen benutzt werden, summieren sich die Durchsätze, so dass sich unterschiedliche Strecken- und Bausteinbelastungen ergeben. Im Kontext des Baukastensystems werden Metadaten1 verwendet, um die in einem Baustein enthaltenen Infor-mationen über Anwendung, Verfahren und Restriktionen transparent zu machen. Ziel des Baukastensystems ist es je gerade, einfache und leicht handhabbare Berechnungsmodule für einen breiteren Anwenderkreis zur Verfü-gung zu stellen. Dazu sind Beschreibungen erforderlich, mit denen das Leistungsspektrum, mögliche Ergebnisse und Anwendungs- bzw. Einsatzkriterien dokumentiert werden. Aufgabe der Baustein-Bibliothek ist die Sammlung, Verwaltung und Bereitstellung von Informationen über die vorhandenen Bausteine. Damit soll dem Nutzer die Möglichkeit gegeben werden, für seine konkret benötigte Materialflusskomponente einen geeigneten Baustein zur Abbildung zu finden. Mit der Entwicklung weiterer Bausteine für ähnliche Funktionen, aber unterschiedliche Realisierungen (z. B. Regalbediengerät: einfach- oder doppeltiefe Lagerung, mit oder ohne Schnellläuferzone usw.) wächst die Notwendigkeit, die Einsatz- und Leis-tungsmerkmale des Bausteins in geeigneter Weise zu präsentieren. Die Baustein-Bibliothek enthält demnach eine formalisierte Beschreibung der vorhandenen und verfügbaren Bausteine. Die Informationen sind im Wesentlichen unter dem Aspekt einer einheitlichen Identifikation, Infor-mation, Visualisierung und Implementierung der unterschiedlichen Bausteine zusammengestellt worden. Einige der in der Baustein-Bibliothek enthaltenen Metadaten lassen sich durchaus mehreren Rubriken zuordnen. Identifikation und Information Ein Baustein wird durch eine eindeutige Ident-Nummer fixiert. Daneben geben Informationen zum Autor (Ent-wicklung und/oder Implementierung des Verfahrens) und eine Funktionsbeschreibung eine verbale Auskunft über den Baustein. Zusätzlich ist jeder Baustein einem bestimmten Typ zugeordnet entsprechend der Baustein-Klassifizierung (Bearbeiten, Verzweigen, Zusammenführen usw.), über den die Baustein-Auswahl eingegrenzt werden kann. Visualisierung Die Parameter für die Visualisierung beschreiben die Darstellung des Bausteins innerhalb des Baukastensystems (Form, Farbe, Lage der Ein- und Ausgänge des Bausteins, Icons). Implementierung Der Klassenname verweist auf die Implementierung des Bausteins. Zusätzlich benötigte Programm-Ressourcen (externe Bibliotheken wie *.dll , *.tcl o.ä.) können angegeben werden. Weiterhin sind Bezeichnungen und Erläuterungen der erforderlichen technischen Parameter für den Eingabedialog enthalten. Für die Förderstrecken wird ebenfalls eine formalisierte Beschreibung verwendet. Sie verweist jedoch nicht wie die Baustein-Bibliothek auf Software-Ressourcen, sondern enthält nur eine Reihe technischer Parameter, die für das Übertragungsverhalten der Förderstrecke eine Rolle spielen (Fördergeschwindigkeit, Arbeitsweise akkumu-lierend, Ausrichtung des Transportguts). Die Einträge lassen sich als Musterdatensätze (Template) für die Bau-stein-Verbindungen auffassen, um bestimmte, häufig vorkommende fördertechnische Lösungen diesen Verbin-dungen in einfacher Weise zuordnen zu können. Die Angaben sind aber im konkreten Anwendungsfall änderbar. Angaben zum Transportgut beschränken sich auf die Abmessungen der Transporteinheiten (Länge, Breite) und den erforderlichen Sicherheitsabstand (s0). Als Grundform wird von einer Standard-Euro-Palette (1200x800 mm) ausgegangen, es lassen sich aber auch Güter mit anderen Maßen hinzufügen. Die Angaben zum Transportgut werden in Verbindung mit den Parametern der Förderstrecken (Ausrichtung des Gutes längs oder quer) ausgewertet, so dass sich die jeweiligen Mindestabstände (Gleichung 6 bzw. 7) sowie der maximale Durchsatz Qmax als Grundlage für die Berechnung der Streckenauslastung bestimmen lassen. Das Gesamtkonzept des Baukastensystems ist in Abbildung 4 dargestellt. Es besteht im Wesentlichen aus drei Bereichen: Bausteinerstellung Bausteinverwaltung (Bibliotheken) Baukasten (Benutzeroberfläche) Dabei ist der Bereich der Bausteinerstellung nicht unmittelbarer Bestandteil der realisierten Lösung. Sie ist vielmehr die Quelle für die Bausteine, die über die jeweiligen Metadaten in einer Baustein-Bibliothek verwaltet und bereitgestellt werden. Die Verwaltung von Bausteinen und Förderstrecken ist die Umsetzung der Baustein-Bibliothek und (im erwei-terten Sinne) der Definitionen für die Förderstrecken. Der Modellbaukasten selbst stellt die Grafische Nutzeroberfläche dar (Abb. 11) und enthält den interaktiven, grafischen Modelleditor, die Auswahlelemente (Werkzeugkoffer bzw. -filter) für Bausteine und Förderstrecken, tabellarische Übersichten für alle Bausteine, Förderstrecken und Materialflussrelationen sowie Eingabedialoge für Bausteine, Förderstrecken und Materialflussrelationen. Die Entwicklung eines Modells mit dem Baukastensystem erfolgt prinzipiell in drei Schritten: Schritt eins umfasst die Anordnung und Definition der Bausteine. Der Modellbaukasten bietet die Möglich-keit, einen bestimmten Baustein direkt (z.B. Ausschleusung) oder unter Nutzung eines Bausteinfilters (z.B. alle Verzweigungselemente) auszuwählen und im grafischen Editor mittels Mausklick zu platzieren . An-schließend erfolgt im Dialog die notwendige Parametrierung des Bausteins. Dies beinhaltet sowohl die An-gaben zur Visualisierung (Drehung, Spiegelung) als auch die für die Dimensionierung erforderlichen techni-schen Parameter. Die für jeden Baustein benötigten Leistungsanforderungen (Durchsatz, lokale Transport-matrix) werden allerdings nicht direkt angegeben, sondern aus den Beziehungen zu den vor- und nachgela-gerten Bausteinen automatisch ermittelt (Übertragungsfunktion der Förderstrecken). Danach erfolgt in einem zweiten Schritt die Definition von Verbindung zwischen den Bausteinen (Förder-strecken): Das Erzeugen der Bausteinverbindungen ist ebenfalls ganz einfach zu realisieren. Nach Auswahl der zu Grunde liegenden Fördertechnik (z.B. Rollenförderer) wird durch Ziehen des Mauszeigers von einem nicht belegten Ausgang zu einem nicht belegten Eingang eines Bausteins die entsprechende Förderstrecke erzeugt. In einem abschließenden Dialog können die gewählten Voreinstellungen zum Transportgut, zum Förderertyp usw. bestätigt oder gegebenenfalls korrigiert werden. Außerdem kann die Kapazität der Förder-strecke definiert werden. Dabei geht es weniger um die Länge des Förderers als viel mehr um die Anzahl der vorgesehenen Puffer- oder Stauplätze im Zusammenhang mit den zu berechnenden Warteschlangenlän-gen. Abschließend wird im dritten Schritt der Materialfluss definiert: Ein Materialstrom ist jeweils eine Relation, die an einer Quelle beginnt, an einer Senke endet und dabei mehrere Bausteine durchläuft. Da die Förder-strecken zu diesem Zeitpunkt bereits definiert sein müssen, kann automatisch ein möglicher Weg zwischen Quelle und Senke gefunden werden. Ähnlich wie bei Routenplanungssystemen kann dabei durch zusätzliche Angabe von Zwischenpunkten (via) der automatisch vorgeschlagene Transportweg verändert und angepasst werden (Abb. 5). Nach Bestätigung des Transportweges und damit der unterwegs zu passierenden Bausteine erfolgt in einem Dialog die Parametrierung (Transportmenge pro Stunde) für diese Relation. Die Elemente des Transportweges (die benutzten Förderstrecken) werden mit dem entsprechenden Durchsatz „belastet“. Nach Abschluss der Modellierung kann die Berechnung ausgeführt werden. Im Ergebnis werden Kennzahlen bestimmt und im Baukasten in verschiedener Form visualisiert, um eine Bewertung der Ergebnisse vornehmen zu können. Eine Übersicht Fehlermeldungen listet die Problemelemente auf. Dabei wird die Schwere eines Problems farb-lich hervorgehoben: fataler Fehler (rot): entsteht z.B. bei Überlastung eines Bausteins – die geforderte Leistung für einen Bau-stein (und damit die des Gesamtsystems) kann nicht erbracht werden. lokaler Fehler (orange): entsteht z.B. bei permanenter Blockierung – die mittlere Warteschlange vor einem Baustein ist größer als dessen vorgesehene Kapazität. Warnung (hellgelb): bei teilweiser Blockierung – das 90%-Quantil der Warteschlange ist größer als die Ka-pazität der Förderstrecke, es ist daher zeitweise mit Blockierungen (und damit Behinderungen des vorherge-henden Bausteins) zu rechnen. Information (weiß): wird immer dann erzeugt, wenn Erwartungswerte für die Wartezeit oder Warteschlange mit einem G/G/1-Bedienmodell berechnet werden. Die Lösungen dieser Näherungsgleichungen sind im All-gemeinen nicht sehr genau, dienen aber als Abschätzung für die sonst fehlenden Kennwerte. Entsprechend der berechneten Auslastung werden die Bausteine im Modelleditor mit einer Farbabstufung von Grün nach Rot markiert, Bausteine und Förderstrecken leuchten rot bei Überlastung. Die dargestellten Ergebnisse im Modelleditor zu Bausteinen und Förderstrecken sind umschaltbar durch den Nutzer (Abb. 6). Je nach den in den Bausteinen hinterlegten Berechnungen sind jedoch nicht immer alle Kenn-größen verfügbar. Die Implementierung des Baukastensystems wurde mit Java (Release 1.5) vorgenommen. Für das Kernsystem wird dabei das in Abbildung 7 dargestellte Klassen-Konzept umgesetzt. Ausgehend von einer allgemeinen Klasse (Object3D) für Visualisierung von und Interaktionen mit grafischen Objekten wurden für Bausteine (AbstractNode) und Förderstrecken (Connection) die jeweiligen Klassen abgelei-tet. Für die Förderstecken ergibt sich dabei eine weitgehend einheitliche Beschreibungsform, die lediglich durch die Parametrierung (Vorlagen in der Förderstrecken-Bibliothek als XML-Datei) auf den konkreten Einsatz im Modell des Materialflusssystems angepasst werden muss. Anders verhält es sich mit den Bausteinen: Durch die mögliche Vielfalt von Bausteinen und den ihnen zu Grunde liegenden Berechnungsverfahren muss es auch eine Vielzahl von Klassen geben. Um jedoch für jeden belie-bigen Baustein den Zugriff (Bereitstellung von Eingangsdaten, Berechnung und Bereitstellung der Ergebnisse) in einer identischen Weise zu gewährleisten, muss es dafür eine nach außen einheitliche Schnittstelle geben. Die Java zu Grunde liegende objektorientierte Programmierung bietet mit dem Konzept der „abstrakten Klasse“ eine Möglichkeit, dies in einfacher Weise zu realisieren. Dazu wird mit AbstractNode quasi eine Vorlage entwi-ckelt, von der alle implementierten Baustein-Klassen abgeleitet sind. AbstractNode selbst enthält alle Methoden, mit denen Baustein-Daten übernommen oder übergeben, die jeweiligen Visualisierungen vorgenommen, die baustein-internen Verbindungen (lokale Transportmatrix) verwaltet und Ein- und Ausgänge mit den zugehörigen Förderstrecken verbunden werden. Die für den Aufruf der eigentlichen Berechnungen in den Bausteinen ver-wendeten Methoden sind deklariert, aber nicht implementiert (sogenannte abstrakte Methoden). Ein Baustein wird von AbstractNode abgeleitet und erbt damit die implementierten Methoden, lediglich die abstrakten Methoden, die die Spezifik des Bausteins ausmachen, sind noch zu implementieren. Um neue Bausteine zu erzeugen, wird Unterstützung in Form eines Bildschirmdialogs angeboten (Abb. 8). Danach sind die entsprechenden Angaben zu den Metadaten, zur Struktur und zur Visualisierung des Bausteins, die Eingangsparameter (Name und Erläuterung) sowie die berechenbaren Ergebnisse (z.B. Auslastung, Quantile der Warteschlangenlänge, aber keine Aussage zu Wartezeiten usw.) anzugeben. Nach Bestätigung der Daten und diversen Syntax- bzw. Semantik-Kontrollen wird der Baustein in der Bibliothek registriert, ein Sourcecode für den neuen Baustein generiert und kompiliert. Der Baustein selbst ist damit formal korrekt und kann sofort verwendet werden, liefert aber noch keine verwertbaren Ergebnisse, weil natürlich die Implementierung des Berechnungsverfahrens selbst noch aussteht. Das muss in einem zweiten Schritt im Rah-men der üblichen Software-Entwicklung nachgeholt werden. Dazu sind die Berechnungsverfahren zu implemen-tieren und die Bausteinschnittstellen zu bedienen. Der generierte Java-Code enthält in den Kommentaren eine Reihe von Hinweisen für den Programmierer, so dass sich problemlos die Schnittstellen des Bausteins program-mieren lassen (Abb. 9). In einem Beispiel werden ein Hochregallager (3 Regalbediengeräte) und zwei Kommissionierplätze durch ein Transportsystem verbunden. Mit der Einlastung von Kommissionieraufträgen werden im Simulationsmodell die entsprechenden Transportaufträge generiert und abgearbeitet (Abb. 10). Dabei können Systemzustände (z.B. Warteschlangen) protokolliert und statistisch ausgewertet werden. Ein entsprechendes Modell für den Baukasten ist in Abbildung 11 dargestellt. Der Vorteil des Baukastensystems liegt selbst bei diesem recht einfachen Beispiel im Zeitvorteil: Für Erstellung und Test des Simulationsmodells und anschließende Simulationsläufe und Auswertungen wird ein Zeitaufwand von ca. 4-5 Stunden benötigt, das Baukastenmodell braucht für Erstellung und korrekte Parametrierung weniger als 0,5 Stunden, die Rechenzeit selbst ist vernachlässigbar gering. Sollte im Ergebnis der Untersuchungen eine Änderung des Materialflusssystems notwendig werden, so führt das im Simulationsmodell teilweise zu erheblichen Änderungen (Abläufe, Steuerungsstrategien, Auswertungen) mit entsprechendem Zeitaufwand. Im Baukasten können dagegen in einfacher Weise zusätzliche Bausteine eingefügt oder vorhandene ersetzt werden durch Bausteine mit geänderter Funktion oder Steuerung. Strukturelle Änderungen am Materialflusssys-tem sind also mit deutlich geringerem Aufwand realisierbar. In [Markwardt2003] werden für mehrere Strukturen von Materialflusskomponenten Fehlerbetrachtungen über die Genauigkeit der mittels neuronaler Netze untersuchten Systeme gegenüber den Simulationsergebnissen vorge-nommen. Danach ergibt sich beispielsweise für das 90%-Quantil der Warteschlange eine Abweichung, die mit 90% Sicherheit kleiner als 0,3 Warteplätze ist. Bei den Variationskoeffizienten des Abgangsstroms betragen die absoluten Abweichungen mit 90% Sicherheit nicht mehr als 0,02 bis 0,05 (in Abhängigkeit vom betrachteten Baustein). Daraus wird die Schlussfolgerung abgeleitet, dass die durch Verknüpfung neuronaler Netze gewonne-nen Aussagen sehr gut mit statistischen Ergebnissen diskreter Simulation übereinstimmen und eine Planungssi-cherheit ermöglichen, die für einen Grobentwurf von Materialflusssystemen weit über die heute gebräuchlichen statischen Berechnungsverfahren hinausgehen. Im konkreten Beispiel wurde die Zahl der Pufferplätze vor den Kommissionierern (Work1 bzw. Work2) zu-nächst auf 3 begrenzt. Die Berechnung im Baukasten ergab dabei in beiden Fällen Fehlermeldungen mit dem Hinweis auf Blockierungen (Abb. 12, links). Diese bestätigten sich auch im Simulationsmodell (Abb. 12, rechts). Nach Vergr��ßerung der Pufferstrecken auf 7 Plätze ist die Blockierungsgefahr auf ein vertretbares Minimum reduziert, und die mit dem Baukasten berechneten Kenngrößen können durch die Simulation prinzipiell bestätigt werden. it dem offenen Baukastensystem ist eine schnelle, einfache, sichere und damit wirtschaftlichere Dimensionie-rung von Materialflusssystemen möglich. Für den Anwender sind sofort statistisch abgesicherte und ausreichend genaue Ergebnisse ohne aufwändige Berechnungen verfügbar, womit sich die Planungsqualität erhöht. Besonde-re Anforderungen an Hard- und Software sind dabei nicht erforderlich. Für die Dimensionierung der einzelnen Bausteine stehen Informationen aus der Bedienungstheorie, Simulati-onswissen und numerische Verfahren direkt und anwendungsbereit zur Verfügung. Es erlaubt eine deutlich vereinfachte Berechnung von statistischen Kenngrößen wie Quantile (statistische Obergrenzen) der Pufferbelegung, Auslastung von Einzelelementen und mittlere Auftragsdurchlaufzeit bei gleichzeitig erhöhter Genauigkeit. Ferner ist das Baukastensystem offen für eine Erweiterung um neue Bausteine, die neue oder spezielle fördertechnische Elemente abbilden oder zusätzliche Informationen liefern können. Da auch komplexe Materialflusssysteme immer wieder aus einer begrenzten Anzahl unterschiedlicher Kompo-nenten bestehen, können durch die Verknüpfung der Einzelbausteine auch Gesamtsysteme abgebildet werden. Die Verknüpfung der Bausteine über eine einheitliche Schnittstelle erlaubt Aussagen über das Verhalten der Gesamtanlage. Bei Einsatz des Baukastensystems sind in einer solchen Verknüpfung jederzeit Parameterände-rungen möglich, deren Folgen sofort sichtbar werden. Die Zeit bis zum Vorliegen gesicherter, ausreichend genauer Ergebnisse wird dadurch drastisch verkürzt. Damit erwächst Variantenuntersuchungen bereits in frühen Planungsphasen neues Potential und kann zum entscheidenden Wettbewerbsvorteil werden.
Resumo:
Purpose: There are few studies demonstrating the link between neural oscillations in magnetoencephalography (MEG) at rest and cognitive performance. Working memory is one of the most studied cognitive processes and is the ability to manipulate information on items kept in short-term memory. Heister & al. (2013) showed correlation patterns between brain oscillations at rest in MEG and performance in a working memory task (n-back). These authors showed that delta/theta activity in fronto-parietal areas is related to working memory performance. In this study, we use resting state MEG oscillations to validate these correlations with both of verbal (VWM) and spatial (SWM) working memory, and test their specificity in comparison with other cognitive abilities. Methods: We recorded resting state MEG and used clinical neuropsychological tests to assess working memory performance in 18 volunteers (6 males and 12 females). The other neuropsychological tests of the WAIS-IV were used as control tests to assess the specificity of the correlation patterns with working memory. We calculated means of Power Spectrum Density for different frequency bands (delta, 1-4Hz; theta, 4-8Hz; alpha, 8-13Hz; beta, 13-30Hz; gamma1, 30-59Hz; gamma2, 61-90Hz; gamma3, 90-120Hz; large gamma, 30-120Hz) and correlated MEG power normalised for the maximum in each frequency band at the sensor level with working memory performance. We then grouped the sensors showing a significant correlation by using a cluster algorithm. Results: We found positive correlations between both types of working memory performance and clusters in the bilateral posterior and right fronto-temporal regions for the delta band (r2 =0.73), in the fronto-middle line and right temporal regions for the theta band (r2 =0.63) as well as in the parietal regions for the alpha band (r2 =0.78). Verbal working memory and spatial working memory share a common fronto-parietal cluster of sensors but also show specific clusters. These clusters are specific to working memory, as compared to those obtained for other cognitive abilities and right posterior parietal areas, specially in slow frequencies, appear to be specific to working memory process. Conclusions: Slow frequencies (1-13Hz) but more precisely in delta/theta bands (1-8Hz), recorded at rest with magnetoencephalography, predict working memory performance and support the role of a fronto-parietal network in working memory.
Resumo:
L’objectif de cette thèse est l’étude du développement de l’attention auditive et des capacités de discrimination langagière chez l’enfant né prématurément ou à terme. Les derniers mois de grossesse sont particulièrement importants pour le développement cérébral de l’enfant et les conséquences d’une naissance prématurée sur le développement peuvent être considérables. Les enfants nés prématurément sont plus à risque de développer une variété de troubles neurodéveloppementaux que les enfants nés à terme. Même en l’absence de dommages cérébraux visibles, de nombreux enfants nés avant terme sont à risque de présenter des troubles tels que des retards langagiers ou des difficultés attentionnelles. Dans cette thèse, nous proposons donc une méthode d’investigation des processus préattentionnels auditifs et de discrimination langagière, à l’aide de l’électrophysiologie à haute densité et des potentiels évoqués auditifs (PEAs). Deux études ont été réalisées. La première visait à mettre sur pied un protocole d’évaluation de l’attention auditive et de la discrimination langagière chez l’enfant en santé, couvrant différents stades de développement (3 à 7 ans, 8 à 13 ans, adultes ; N = 40). Pour ce faire, nous avons analysé la composante de Mismatch Negativity (MMN) évoquée par la présentation de sons verbaux (syllabes /Ba/ et /Da/) et non verbaux (tons synthétisés, Ba : 1578 Hz/2800 Hz ; Da : 1788 Hz/2932 Hz). Les résultats ont révélé des patrons d’activation distincts en fonction de l’âge et du type de stimulus présenté. Chez tous les groupes d’âge, la présentation des stimuli non verbaux a évoqué une MMN de plus grande amplitude et de latence plus rapide que la présentation des stimuli verbaux. De plus, en réponse aux stimuli verbaux, les deux groupes d’enfants (3 à 7 ans, 8 à 13 ans) ont démontré une MMN de latence plus tardive que celle mesurée dans le groupe d’adultes. En revanche, en réponse aux stimuli non verbaux, seulement le groupe d’enfants de 3 à 7 ans a démontré une MMN de latence plus tardive que le groupe d’adulte. Les processus de discrimination verbaux semblent donc se développer plus tardivement dans l’enfance que les processus de discrimination non verbaux. Dans la deuxième étude, nous visions à d’identifier les marqueurs prédictifs de déficits attentionnels et langagiers pouvant découler d’une naissance prématurée à l’aide des PEAs et de la MMN. Nous avons utilisé le même protocole auprès de 74 enfants âgés de 3, 12 et 36 mois, nés prématurément (avant 34 semaines de gestation) ou nés à terme (au moins 37 semaines de gestation). Les résultats ont révélé que les enfants nés prématurément de tous les âges démontraient un délai significatif dans la latence de la réponse MMN et de la P150 par rapport aux enfants nés à terme lors de la présentation des sons verbaux. De plus, les latences plus tardives de la MMN et de la P150 étaient également corrélées à des performances langagières plus faibles lors d’une évaluation neurodéveloppementale. Toutefois, aucune différence n’a été observée entre les enfants nés à terme ou prématurément lors de la discrimination des stimuli non verbaux, suggérant des capacités préattentionnelles auditives préservées chez les enfants prématurés. Dans l’ensemble, les résultats de cette thèse indiquent que les processus préattentionnels auditifs se développent plus tôt dans l'enfance que ceux associés à la discrimination langagière. Les réseaux neuronaux impliqués dans la discrimination verbale sont encore immatures à la fin de l'enfance. De plus, ceux-ci semblent être particulièrement vulnérables aux impacts physiologiques liés à la prématurité. L’utilisation des PEAs et de la MMN en réponse aux stimuli verbaux en bas âge peut fournir des marqueurs prédictifs des difficultés langagières fréquemment observées chez l’enfant prématuré.