771 resultados para POLITICA ECONOMICA - KIVU (REPUBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, AFRICA CENTRAL)
Resumo:
Il lavoro presentato si propone di fornire un contributo all'implementazione di indagini finalizzate a misurare l'evoluzione delle intenzioni d'acquisto del consumatore italiano nei confronti degli OGM, data anche l'impossibilità al momento di avere indicazioni e dati sul comportamento (vista la quasi totale assenza dei prodotti OGM nella distribuzione, se si eccettuano i prodotti d'allevamento di animali alimentati con OGM per cui non è previsto nessun obbligo di etichettatura). Le coltivazioni transgeniche (Organismi Geneticamente Modificati) si stanno diffondendo abbastanza rapidamente nel contesto mondiale, dal 1996, primo anno in cui sono uscite dalla fase sperimentale, ad oggi. Nel 2008 la superficie globale delle colture biotech è stata di 125 milioni di ettari, circa il 9% in più rispetto ai 114 milioni del 2007, mentre il numero dei Paesi che hanno adottato varietà GM è giunto a 25. Di questi sono soprattutto Usa, Canada, Argentina, Brasile, Cina e India a trainare la crescita; le colture più diffuse sono soia, mais, cotone e colza, prodotti destinati principalmente al segmento feed e al segmento no-food e solo in minima parte al segmento food (cioè all'alimentazione diretta umana). Molte più resistenze ha incontrato tale sviluppo nei Paesi dell'Unione europea. A tutt'oggi le coltivazioni GM hanno raggiunto estensioni significative solamente in Spagna, con alcune decine di migliaia di ettari di mais GM. Mais che peraltro è l'unica produzione per cui è stata autorizzata una varietà GM alla coltivazione. Si intuisce in sostanza come in Europa si sia assunto un atteggiamento molto più prudente verso l'utilizzo su larga scala di tale innovazione scientifica, rispetto a quanto accaduto nei grandi Paesi citati in precedenza. Una prudenza dettata dal serrato dibattito, tuttora in corso, tra possibilisti e contrari, con contrapposizioni anche radicali, al limite dell'ideologia. D'altro canto, le indagini di Eurobarometro hanno messo in luce un miglioramento negli ultimi anni nella percezione dei cittadini europei verso le biotecnologie: dopo aver raggiunto un livello minimo di fiducia nel 1999, si è manifestata una lenta risalita verso i livelli di inizio anni '90, con percentuali di "fiduciosi" intorno al 55-60% sul totale della popolazione. Tuttavia, sebbene sulle biotecnologie in genere (l'Eurobarometro individua quattro filoni: alimenti contenenti OGM, terapie geniche, nanotecnologie e farmaci contenenti OGM), il giudizio sia abbastanza positivo, sugli alimenti permane un certo scetticismo legato soprattutto a considerazioni di inutilità della tecnologia, di rischio percepito e di accettabilità morale: per citare il caso italiano, che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, è tra i più elevati nel contesto europeo, solamente un cittadino su tre valuta positivamente gli alimenti contenenti OGM. Se si analizza, inoltre, il sentiment del settore agricolo, nel quale il tema riveste anche un'importanza di natura economico-produttiva, in quanto incidente sui comportamenti e sulla strategie aziendali, sembra emergere un'apertura significativamente più elevata, se non una vera e propria frattura rispetto all'opinione pubblica. Infatti, circa due maiscoltori lombardi su tre (Demoskopea, 2008), cioè la tipologia di agricoltori che potrebbe beneficiare di tale innovazione, coltiverebbero mais GM se la normativa lo consentisse. Ebbene, in tale contesto diventa d'estremo interesse, sebbene di non facile praticabilità , lo studio e l'implementazione di modelli volti a monitorare le componenti che concorrono a formare l'intenzione e, in ultima analisi, il comportamento, dei consumatori verso gli OGM. Un esercizio da attuare per lo più tramite una serie di misurazioni indirette che devono fermarsi necessariamente all'intenzione nel caso italiano, mentre in altri Paesi che hanno avuto legislazioni più favorevoli all'introduzione degli OGM stessi nella produzione food può perseguire approcci d'analisi field, focalizzati non solo sull'intenzione, ma anche sul legame tra intenzione ed effettivo comportamento. Esiste una vasta letteratura che studia l'intenzione del consumatore verso l'acquisto di determinati beni. Uno degli approcci teorici che negli ultimi anni ha avuto più seguito è stato quello della Teoria del Comportamento Pianificato (Ajzen, 1991). Tale teoria prevede che l'atteggiamento (cioè l'insieme delle convinzioni, credenze, opinioni del soggetto), la norma soggettiva (cioè l'influenza dell'opinione delle persone importanti per l'individuo) e il controllo comportamentale percepito (ovvero la capacità , auto-percepita dal soggetto, di riuscire a compiere un determinato comportamento, in presenza di un'intenzione di ugual segno) siano variabili sufficienti a spiegare l'intenzione del consumatore. Tuttavia, vari ricercatori hanno e stanno cercando di verificare la correlazione di altre variabili: per esempio la norma morale, l'esperienza, l'attitudine al rischio, le caratteristiche socio-demografiche, la cosiddetta self-identity, la conoscenza razionale, la fiducia nelle fonti d'informazione e via discorrendo. In tale lavoro si è cercato, quindi, di esplorare, in un'indagine "pilota" quali-quantitativa su un campione ragionato e non probabilistico, l'influenza sull'intenzione d'acquisto di prodotti alimentari contenenti OGM delle variabili tipiche della Teoria del Comportamento Pianificato e di alcune altre variabili, che, nel caso degli OGM, appaiono particolarmente rilevanti, cioè conoscenza, fiducia nelle fonti d'informazione ed elementi socio-demografici. Tra i principali risultati da porre come indicazioni di lavoro per successive analisi su campioni rappresentativi sono emersi: - La conoscenza, soprattutto se tecnica, sembra un fattore, relativamente al campione ragionato analizzato, che conduce ad una maggiore accettazione degli OGM; le stesse statistiche descrittive mettono in luce una netta differenza in termini di intenzione d'acquisto dei prodotti contenenti OGM da parte del sub-campione più preparato sull'argomento; - L'esplorazione della fiducia nelle fonti d'informazione è sicuramente da approfondire ulteriormente. Dall'indagine effettuata risulta come l'unica fonte che influenza con le sue informazioni la decisione d'acquisto sugli OGM è la filiera agroalimentare. Dato che tali attori si caratterizzano per lo più con indicazioni contrarie all'introduzione degli OGM nei loro processi produttivi, è chiaro che se il consumatore dichiara di avere fiducia in loro, sarà anche portato a non acquistare gli OGM; - Per quanto riguarda le variabili della Teoria del Comportamento Pianificato, l'atteggiamento mette in luce una netta preponderanza nella spiegazione dell'intenzione rispetto alla norma soggettiva e al controllo comportamentale percepito. Al contrario, queste ultime appaiono variabili deboli, forse perchè a tutt'oggi la possibilità concreta di acquistare OGM è praticamente ridotta a zero ; - Tra le variabili socio-demografiche, l'influenza positiva del titolo di studio sulla decisione d'acquisto sembra confermare almeno in parte quanto emerso rispetto alla variabile "conoscenza"; - Infine, il fatto che il livello di reddito non influisca sull'intenzione d'acquisto appare abbastanza scontato, se si pensa, ancora una volta, come a tutt'oggi gli OGM non siano presenti sugli scaffali. Il consumatore non ha al momento nessuna idea sul loro prezzo. Decisamente interessante sarà indagare l'incidenza di tale variabile quando il "fattore OGM" sarà prezzato, presumibilmente al ribasso rispetto ai prodotti non OGM.
Resumo:
Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.
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En el presente documento se analiza la evolución de las economías de Centroamérica (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua y Panamá) y la República Dominicana (CARD) en 2015, con base en cifras oficiales al cierre del año, y ofrece un análisis de los primeros meses de 2016 y perspectivas para el resto del año. Es un estudio de coyuntura, con información disponible al 30 de junio de 2016. En el documento se ofrece una actualización de la versión publicada en febrero de 2016.
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L’acqua è uno dei principali fattori per la crescita socio-economica e lo sviluppo del continente africano. Il continente africano dispone di ingenti risorse idriche, ma le complessità naturali caratteristiche di alcune regioni del continente e la frequente assenza di una corretta pianificazione della loro gestione ne riduce ad oggi il potenziale in maniera significativa. L’utilizzo delle risorse idriche in Africa è destinato ad incrementare sensibilmente nel corso dei prossimi decenni, come risultato della crescita demografica e dei fabbisogni nell’agricoltura. Le risorse idriche sotterranee giocano un importante ruolo in tale scenario in quanto molti paesi africani caratterizzati da scarsità d’acqua dispongono di sostanziali riserve idriche sotterranee e l’accesso a tali risorse, ancorché limitate, è largamente diffuso nel continente. Si stima che il totale delle risorse idriche sotterranee sia di 0,66 milioni di km cubi. Le risorse sotterranee sono largamente distribuite: i maggiori volumi sono localizzati nei larghi acquiferi sedimentari nelle regioni del nord Africa. Per molti paesi africani pozzi appropriatamente ubicati sono in grado di sostenere le comunità con l’estrazione manuale mediante pompe con una portata di 0,1-0,3 l/s. Grandi impianti di produzione da acquifero (>5 l/s), che siano adatti per lo sviluppo urbano o produzioni agricole intensive, non sono ancora diffusi e sono limitati ad aree particolari. La disponibilità ed accessibilità delle acque sotterranee in gran parte dell’Africa è favorevole ad uno sviluppo rurale piuttosto che urbano. Il maggiore fattore limitante per una gestione sostenibile delle risorse sotterranee è dato dalla necessità di identificare se le acque sotterranee sono rinnovabili (ed in quale misura) o meno, al fine di programmare le corrette politiche gestionali nel tempo.
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Resumen: El Informe de Economía e Instituciones cuenta con tres columnas que abordan cuestiones teóricas y de política económica relacionadas con la temática de la economía y las instituciones. En la primera columna, Analizando la crisis del Banco Central, el autor realiza un análisis en dos dimensiones: económico e institucional, de esta cuestión. En primer lugar destaca la importancia del objetivo de estabilidad monetaria entendido de forma integral, lo que implica evitar tanto la inflación como la delación por sus negativas consecuencias económicas y sociales (pobreza y desempleo). Resalta, luego, la independencia institucional del Banco Central como característica fundamental para lograr el objetivo antedicho. En la segunda columna, ¿La política económica argentina: un problema de “reglas versus discrecionalidad”?, el autor hace referencia a la importancia del debate sobre la profesionalización de la política para una democracia sana. Destaca la relevancia de la alternancia como clave de una política económica orientada al Bien Común. Por otro lado destaca la representatividad en un contexto de igualdad de oportunidades como la solución a una alternancia cíclica del sistema político. En la tercera columna, Lecciones del modelo chileno de pensiones, el autor presenta los diferentes incentivos de un sistema privado de jubilaciones y pensiones usando como ejemplo el caso de Chile. Con respecto a la Argentina, parte de la indisciplina fiscal como problema subyacente de nuestro sistema previsional. En este sentido, argumenta su escepticismo con respecto al actual sistema público e indica que el desequilibrio fiscal fue la causa principal del colapso de la reforma de 1994.
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Resumen: El artículo traza un recorrido histórico a través de las cifras de la economía argentina, para mostrar los excesos de la política nacional durante lo s últimos ochenta años. La primera parte refleja la política proteccionista de las primeras décadas del siglo veinte. Luego, el autor expone los motivos que llevaron a la desmonetización de la economía, así como también al desarrollo del Estado empresario. Más adelante, el artículo presenta las distintas medidas adoptadas por el Estado, que condujeron a la pérdida de institucionalidad en nuestro país. Finalmente, el autor presenta diez agujeros negros de la economía argentina los cuales, en su opinión, frenaron el progreso de la nación, y propone analizar la historia desde esta perspectiva para evitar incurrir en los errores del pasado.
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Resumen: El Informe de Economía e Instituciones cuenta con tres columnas que abordan cuestiones teóricas y de política económica relacionadas con la temática de la economía y las instituciones. En la primera columna, La educación como herramienta fortalecedora de la seguridad jurídica, la autora luego vincula esto con la importancia de una educación basada en valores afines a la Seguridad Jurídica. Parte de que el éxito de la creación de valor económico depende de la adecuada relación del Derecho y la Economía. Por lo que un marco jurídico claro es fundamental a la hora de cualquier tipo de gestión Económica. La autora, finalmente, concluye que el desafío de la educación hoy en día es la generación de un sistema de valores que permita que en un futuro una base de sustento solida para la necesaria Seguridad Jurídica. En la segunda columna, Instituciones y organizaciones en la gestión del desarrollo económico, el autor hace una reflexión sobre el rol de las instituciones y organizaciones, tanto públicas como privadas, en el desarrollo económico basándose en el enfoque de Douglass North. Sostiene para cumplir con las metas permanentes de una organización es necesario limitar los intereses tanto personales como grupales. Luego, hace referencia al modo de limitación de estos intereses destacando: el equilibrio de poderes y el imperio de la ley; que apuntan a limitar el personalismo y la influencia de los intereses particulares y pasiones ajenas a los objetivos de largo plazo de las organizaciones. En la tercera columna, Instituciones para la conservación de la naturaleza: Una reflexion sobre Caritas in Veritate, el autor relaciona algunos de los conceptos centrales de la Carta Encíclica Caritas in Veritate del Sumo Pontífice Benedicto XVI con la cuestión de las instituciones necesarias para la preservación del medio ambiente. Sostiene que el buen funcionamiento del sistema de mercado se sustenta en la existencia de instituciones respaldadas por el Estado. Dentro del análisis económico del ambiente expone que, en teoría, las preferencias sociales resultantes son inmanentes a las dispersas utilidades de los individuos; pero, en la práctica, los sistemas políticos adoptan mecanismos de toma de decisiones que tienden a disminuir las incoherencias que dado el contexto de la globalización actual es necesario mecanismos institucionales del mismo nivel para evitar el abuso de los recursos naturales y el medio ambiente.
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Resumen: El Informe de Economía e Instituciones cuenta con tres columnas que abordan cuestiones teóricas y de política económica relacionadas con la temática de la economía y las instituciones. En la primera columna, Instituciones y oportunidades, la autora describe las fallas de Argentina, como de muchos países Latinoamericanos, para lograr avances significativos en la economía, tanto en la política distributiva como en la satisfacción de fines múltiples. Resalta que el problema del país no es la escasez de recursos sino la gestión de éstos, y que en muchos casos el énfasis por la distribución ha puesto en jaque la creación de riqueza. Luego plantea que la debilidad institucional impulsa un permanente cambio en las reglas de juego, y que es necesario que tanto la creación como la distribución de riqueza se complementen. En segundo lugar, menciona al “indicador de oportunidades humanas” del Banco Mundial como herramienta para medir la disponibilidad de bienes y servicios indispensables para poder progresar en la vida, “penalizado” por cuan inequitativamente están distribuidos entre la población. Concluye afirmando que está en nosotros utilizar inteligente y eficientemente los recursos brindados por el Banco Mundial y el BID para programas orientados al desarrollo y al fortalecimiento institucional. En la segunda columna, Innovaciones, Instituciones y Desarrollo Económico, el autor comienza resaltando la idea de que los procesos de innovación, claves del crecimiento económico “endógeno” en la década de 1980, eran algo que ocurría a través del tiempo e influenciados por las interacciones existentes entre los variados factores presentes en los contextos de cada caso. Procura sintetizar como, partiendo de una posición básicamente antagónica entre las innovaciones y las instituciones, se fue pasando a una versión “sistémica” en la cual lo importante era examinar con precisión cuales eran los factores que pudieran incidir (positiva o negativamente) en el avance y la concreción de las innovaciones tecnológicas deseadas. Finalmente menciona que, a través del National Innovation Systems, se procuro establecer cuales eran los factores, en cada nación, que especialmente pudieran congregarse a fin de alcanzar nacionalmente el logro de las innovaciones necesarias para apoyar el desarrollo económico deseado. En la tercera columna, El debate en torno a los sistemas de gobierno, se comenta que una amplia literatura sostiene que el desempeño económico de los países está estrechamente vinculado con sus instituciones políticas, dado que éstas configuran el contexto donde se desenvuelven los agentes. En este sentido, se menciona que no habría para un país, a priori, elección más relevante en materia institucional que la que concierne a su sistema de gobierno. Sin embargo plantea que, a pesar de que la alternativa presidencialismo versus parlamentarismo sugiere la existencia de un determinado sistema político “perfecto”, éste no existe. Concluyendo que la idoneidad del diseño depende de otros factores, como la cultura política y la tradición institucional del sistema de partidos: el contexto hace la diferencia.
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Resumen: El Informe de Economía e Instituciones cuenta con tres columnas que abordan cuestiones teóricas y de política económica relacionadas con la temática de la economía y las instituciones. En la primera columna, Acuerdos del G-20 para enfrentar la crisis, el autor parte del diagnóstico de que la crisis financiera se profundizó, transformándose en una crisis económico–social. Luego se focaliza en el tratamiento de los asuntos globales de la cumbre de los líderes del G-20 en Londres, con el fin de establecer los lineamientos para salir de la actual crisis y sentar las bases de un nuevo orden económico mundial. Se comentan, con énfasis en lo institucional, las tareas y cambios a realizar agrupadas en torno a cinco objetivos. Estos objetivos son: restaurar el crédito, fortalecer la supervisión y la regulación financieras, fortalecer las instituciones financieras mundiales, resistir el proteccionismo y promover el comercio y la inversión mundiales y garantizar una recuperación justa y sostenible para todos. En la segunda columna, El Fideicomiso, se define que este instrumento legal se crea cuando una persona trasmite la propiedad fiduciaria de bienes determinados a otra quién se obliga a ejercerla en beneficio de quien se designe en el contrato y a trasmitirlo al cumplimiento de un plazo o condición, al beneficiario. La virtud de este instrumento es que se trata de una figura legal que aísla un patrimonio por lo que el fondo es inmune a cualquier riesgo y el fiduciario que lo administra, tiene instrucciones concretas, lo que representa una garantía fuerte. El fideicomiso en su esencia importa un negocio de confianza (fidei) en la persona del fiduciario para que éste de cumplimiento al encargo convenido en el contrato. Este es apto por sus ventajas para; fortalecer garantías y acuerdos, neutralizar riesgos, evitar procesos judiciales de ejecución con sus consecuencias de mora y costos, etc. En la tercera columna, Modernización del Estado y Articulación de Intereses, hace hincapié en la necesidad de un Estado Moderno, que es aquel que atiende eficazmente las necesidades de los ciudadanos generando asimismo adhesión al mismo. El elemento fundamental para el desarrollo de un estado moderno consiste en la independencia de los grupos de interés particular. Existen dos formas de relación entre el estado y lo grupos de interés de acuerdo a la tradición en la que uno se ubique: institucionalizadas en forma de corporaciones o instrumentalizadas mediante las actividades de los denominados lobbies. La articulación de intereses en las instituciones no es suficiente para un balance político sino que se requiere la formación de un compromiso ético y una actitud de cooperación subyacente. En cuanto a la capacidad de los grupos de intereses de balancear la acción de las agencias gubernamentales y de ejercer una acción frente a algunos desarrollos económicos, su función es invalorable siempre que sean una expresión democrática.
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Resumen: El autor sostiene que la búsqueda de nuevos modelos empresariales y de política económica nos invita a redescubrir la filosofía personalista de Maritain. En el núcleo de la obra Humanismo integral (1936) del filósofo francés aparece la idea de que el hombre es una persona "de naturaleza espiritual, dotada de libre albedrío, y por lo tanto autónoma en relación con el mundo". El artículo estudia la naturaleza del bien común temporal, que para Maritain se relaciona con la vida buena de la toda la comunidad –el bien común o bonum commune– tanto en el sentido material como moral. Este bonum commune no es el objetivo final del orden temporal, sino que está subordinado a lo que trasciende el bienestar temporal de la persona humana –la realización de la libertad y la perfección espiritual. En última instancia, el orden nunca se completa. El balance definitivo o telos nunca se obtiene ya que el hombre está siempre en camino.
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Resumen: La definición del gasto público social, a pesar de ser un concepto difundido, no encuentra consenso en la literatura. En este sentido, los países utilizan definiciones operativas y ello imposibilita las comparaciones. Las modalidades de intervención del Estado en la política social, son: a) centralización y descentralización y b) tipos de políticas: universalización y focalización. El problema de la descentralización se ubica en un contexto más amplio que debería solucionarse con cambios sustanciales en la coparticipación federal, avanzando tanto en la descentralización de ingresos como en las responsabilidades de recaudación local. La focalización facilita la universalidad que es la esencia misma de la política social. En la práctica es imposible llegar a la universalidad con instrumentos tradicionales y la focalización es la herramienta útil para llegar a las personas más pobres, que en el largo plazo, deben ser sujetos de carácter universal.
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Resumen: El Informe de Economía e Instituciones cuenta con tres columnas que abordan cuestiones teóricas y de política económica relacionadas con la temática de la economía y las instituciones. En la primera columna, Consensos sobre estrategia productiva y la lógica institucional, el autor hace un análisis de la evolución de las instituciones, tanto formales como informales, que generaron los consensos para la estrategia productiva de la Argentina. En el texto se analizan los diferentes esquemas a lo largo de la historia Argentina y las diferentes estrategias de desarrollo asociado a los mismos. Por otra parte hace hincapié en que la cooperación de los distintos actores de la sociedad civil, en este caso, los distintos sectores productivos, es clave para la consolidación de una estrategia productora sustentable. En la segunda columna, Cambio tecnológico y restricciones institucionales en Argentina, el autor hace referencia a la importancia de la calidad empresaria para el desarrollo de una Nación. Expone a lo largo del texto la relevancia económica de instituciones que permitan y fomenten la existencia de empresarios schumpeterianos en busca de cuasi rentas en contraposición a los empresarios colusivos característicos de la historia Argentina. La columna concluye así con una reflexión acerca de la importancia de la calidad empresarial de cara al desarrollo agroindustrial de la Argentina actual. En la tercer columna, Necesidad de Intensificar la Lucha contra la Corrupción, el autor expone las consecuencias sociales e institucionales de la corrupción, a partir de las palabras del Papa Benedicto XVI con motivo de la conmemoración de los 25 años del Tratado de Paz firmado por los dos países con la mediación de Juan Pablo II. Por su parte, hace especial énfasis en la importancia de instituciones sanas y las implicancias económicas en términos de eficiencia del gasto público e incentivos a la inversión. La columna ofrece un análisis de las consecuencias prácticas de la corrupción generalizada presente en la Argentina.
Resumo:
Resumen: El autor examina las razones de la crisis actual e identifica dos clases de causas, las próximas, relacionadas con las particularidades específicas adoptadas por los mercados financieros, y las remotas, vinculadas a las transiciones culturales que acompañaron al cambio del capitalismo industrial al financiero Entre las causas próximas identificadas se encuentran la desregulación y la falta de supervisión del sector financiero iniciadas a partir de los años 70 en los EEUU, la necesidad de rendimientos cada vez mayores generada por los fondos de pensión y la utilización de modelos con supuestos y herramientas que, en última medida, subestimaban el riesgo de las inversiones. El segundo grupo, las causas remotas, esta compuesto por aquellas que cambiaron el marco cultural de la sociedad occidental. El autor sostiene que las teorías económicas sobre el accionar humano han logrado influenciarlo y que el paradigma de sociedad esta virando hacia uno que no incluye otro valor que la eficiencia, donde la empresa no es vista como una asociación sino como una mera mercancía.
Resumo:
Debido a las limitaciones que son de público conocimiento, el sistema estadístico oficial no permite disponer de una medición precisa de la pobreza. El último dato confiable producido por el INDEC corresponde al segundo semestre de 2006, cuando arrojó un valor del 27% de la población urbana. A partir de 2007, las estadísticas oficiales muestran que la pobreza bajó y se ubicaría por debajo del 18%. Estimaciones más objetivas, que aquí desarrollamos, la ubican alrededor del 30%. Pero más allá de la metodología de estimación, en este número de Empleo y Desarrollo social se plantea que si el gasto asistencial efectivamente llegara a las familias más humildes no debería haber ningún hogar con ingresos inferiores a la línea de pobreza