191 resultados para Iconography


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This research consists in photograph reading, more specifically, school photographs related to primary teaching in the city of Campinas, between 1897 and 1950. It is based on a heritage constituted of 55 images that analyzes four categories of photographs: school architecture, student classes, teaching body and school activities, these categories illustrate the discourse about school, human contexts and social relations revealed by those images. The text also focuses the iconography documentation relevance for History of Education research, specially, about educational institutions.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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A partir de uma citação do romance Mocidade morta, de Gonzaga-Duque, e da análise de algumas pinturas brasileiras, produzidas entre a segunda metade do século XIX e a primeira do século XX, este texto problematiza alguns paradigmas da história da arte no Brasil. Enfatiza a necessidade de rever a periodização da arte brasileira, uma vez que as diferenças entre produções "acadêmicas" e outras "modernistas" parecem apenas tópicas

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La presente ricerca di dottorato si propone di esaminare l’evoluzione della teologia politica bizantina e dei suoi riflessi nella propaganda imperiale nel periodo compreso tra il XIII e il XIV secolo, attraverso lo studio delle manifestazioni dell'ideologia nell'iconografia e nella numismatica del periodo in esame. L'intreccio interdisciplinare di questi ambiti di ricerca, iconografia e numismatica - con una metodologia innovativa, i cui risultati si profilano estremamente proficui - permette di comprendere i caratteri concreti, ma forse più reconditi, del realizzarsi dell'ideologia politica e della propaganda imperiale nell'impero bizantino ormai ridotto ad una costellazione di potentati particolari di estensione limitata. Il tema specifico di questo studio ha come oggetto alcune iconografie ritenute inedite, o meno tradizionali, nel panorama numismatico bizantino, emesse, in particolare, dalla zecca di Tessalonica tra XIII e XIV secolo, che vengono qui esaminate in funzione dell’evoluzione della rappresentazione imperiale. Tra di esse emerge l’inedita iconografia dell’imperatore pteroforo per la sua valenza di interscambiabilità semantica con l’immagine arcangelica. Lo studio si è proposto l’obiettivo principale di rintracciare elementi iconologici quanto più possibile comuni tra tutti i soggetti iconografici presi in esame, vagliando il substrato ideologico e propagandistico sotteso alla valenza iconologica per ogni tipologia numismatica.

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Il lavoro di tesi parte da un presupposto di osservazione empirica. Dopo aver rilevato la ricorrenza da parte di registi teatrali del panorama internazionale all’adattamento di testi non drammatici, ma narrativi per la scena, si è deciso di indagare come la natura narrativa dei testi di partenza si adatti, permanga o muti nel passaggio dal medium narrativo a quello spettacolare. La tesi si suddivide in tre parti. Nella parte intitolata “Della metodologia” (un capitolo), viene illustrato il metodo adottato per affrontare l’analisi degli spettacoli teatrali. Facendo riferimento alla disciplina semiotica teatrale, si è definito l’oggetto empirico di studio come testo spettacolare/performance text. La seconda parte della tesi, “Della comparazione dei modelli comunicativi”, (due capitoli), procede nella definizione: 1) dell’elemento teorico da indagare nei testi spettacolari, ovvero, la “narratività”; 2) dei modelli comunicativi della narrazione e dello spettacolo teatrale e delle loro intersezioni o differenze. Nella terza parte della tesi, “Della critica”, (due capitoli), vengono analizzate alcune delle opere del regista Jurij Ljubimov (Russia), Eimuntas Nekrošius (Lituania), Alvis Hermanis (Lettonia). La scelta è ricaduta sulle opere di questi registi in base a una considerazione: 1) culturale: si è deliberatamente circoscritta la sfera di indagine alla produzione teatrale russa e post-sovietica; 2) estetica: è stato osservato che la linea registica inaugurata da Jurij Ljubimov va permeando l’attività registica di registi più giovani come Nekrošius e Hermanis; 3) statistica: Ljubimov, Nekrošius, Hermanis hanno scelto di mettere in scena testi non drammatici con una elevata frequenza. La tesi è corredata da un’ampia appendice iconografica. Per l’analisi dei testi spettacolari si è fatto riferimento alla visione degli spettacoli in presa diretta in Italia e all’estero.

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Principales aportaciones: Elenco actualizado y más completo de “serlianas” hasta el momento, incluyendo el más amplio repertorio numismático e iconográfico sobre el tema. Visión de conjunto crítica de la “serliana” y motivos afines en la Antigüedad, la Edad Media y el Renacimiento, atendiendo a una selección de ejemplos en todos los formatos posibles (arquitectura e iconografía). Inclusión y explicación de la “serliana” dentro de los avances de la arquitectura romana, con atención a las fuentes escritas. Identificación de las principales áreas de origen y desarrollo de la “serliana”. Explicación de las causas y resultados de los procesos de innovación arquitectónica. Demostración de la llegada de la “serliana” a Hispania mucho antes que el disco de Teodosio. Indagación en las funciones y posibles implicaciones simbólicas de ejemplos de “serliana”. Hipótesis sobre el papel desempeñado por las arquitecturas efímeras. Hipótesis sobre el papel de la arquitectura militar en época romana para la difusión de la “serliana”. Comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Antigüedad Tardía y visión general de sus procesos de transferencia y metamorfosis. Demostración de la pervivencia de la “serliana” en la Edad Media. Análisis de la arcada triple como posible sustituto de la “serliana”. Comentario crítico de los dibujos tardomedievales y renacentistas sobre la “serliana” y su relación con el estudio contemporáneo de los monumentos antiguos. Identificación de ejemplos y comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Italia del Quattrocento y del Cinquecento. Análisis de las confluencias de la “serliana” Italia-España y evolución del motivo en este último ámbito. Demostración de las novedades propias del ámbito hispano.

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Tra il V ed il VI secolo, la città di Ravenna, per tre volte capitale, emerge fra i più significativi centri dell’impero, fungendo da cerniera tra Oriente e Occidente, soprattutto grazie ai mosaici parietali degli edifici di culto, perfettamente inseriti in una koinè culturale e artistica che ha come comune denominatore il Mar Mediterraneo, nel contesto di parallele vicende storiche e politiche. Rispetto ai ben noti e splendidi mosaici ravennati, che insieme costituiscono senza dubbio un unicum nel panorama artistico dell’età tardoantica e altomedievale, nelle decorazioni musive parietali dei coevi edifici di culto dei diversi centri dell’impero d’Occidente e d’Oriente, e in particolare in quelli localizzati nelle aree costiere, si possono cogliere divergenze, ma anche simmetrie dal punto di vista iconografico, iconologico e stilistico. Sulla base della letteratura scientifica e attraverso un poliedrico esame delle superfici musive parietali, basato su una metodologia interdisciplinare, si è cercato di chiarire l’articolato quadro di relazioni culturali, ideologiche ed artistiche che hanno interessato e interessano tuttora Ravenna e i vari centri della tarda antichità, insistendo sulla pluralità, sulla complessità e sulla confluenza di diverse esperienze artistiche sui mosaici di Ravenna. A tale scopo, i dati archeologici e artistici sono stati integrati con quelli storici, agiografici ed epigrafici, con opportuni collegamenti all’architettura, alla scultura, alle arti decorative e alle miniature, a testimonianza dell’unità di intenti di differenti media artistici, orientati, pur nella diversità, verso le medesime finalità dogmatiche, politiche e celebrative. Si tratta dunque di uno studio di revisione e di sintesi sui mosaici parietali mediterranei di V e VI secolo, allo scopo di aggiungere un nuovo tassello alla già pur vasta letteratura dedicata all’argomento.

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Gegenstand meiner Arbeit ist das Bettpaneel von Ugarit und seine komplexe Ikonographie, die Motive unterschiedlicher künstlerischer Traditionen des Alten Orients vereint. Das Bettpaneel bietet die einmalige Gelegenheit, das gesamte Bildprogramm eines Möbels zu untersuchen und die Entwicklung des levantinischen Kunsthandwerks der Späten Bronzezeit (2. Hälfte des 2. Jt.s v. Chr.) besser zu verstehen, besonders in Bezug auf Prestigegüter. Bereits 1952 ist das Bettpaneel im Königspalast von Ugarit entdeckt, jedoch bisher noch nicht monographisch abhandelt worden.rnEs wird gezeigt, dass das Bettpaneel von Ugarit ein hervorragendes Erzeugnis des lokalen Kunsthandwerks ist, gleichzeitig aber die kontinuierliche Übernahme fremder Motive bezeugt.rnWelche Vorbilder haben diese Rezeption begünstigt? Handelte es sich dabei um bewusste Anpassung an heimische Vorstellungen oder vielmehr um getreue Wiedergabe? Warum ließen sich die ugaritischen Handwerker von fremden Kunsttraditionen inspirieren? rnDank der detaillierten Untersuchung des Bettpaneels von Ugarit lassen sich diese wesentlichen Fragen über die Mechanismen der sozialen und kulturellen Interaktionen zwischen den Zivilisationen des Ostmittelmeergebiets im 2 Jt.s v. Chr. endgültig antworten.

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Historical stained glass in Calumet and Laurium revealed the complex structures of these industrial communities. Creating an Industrial Archaeology-focused approach, I examined stained glass as material culture. Sacred glass revealed ethnic and religious values of a congregation through the style, iconography, and quality of the glasswork. Residential glass showed how owners represented themselves within cultural settings by meeting social expectations. Commercial glass indicated community status of owners through discreet and artistic shows of wealth and taste. Corporate glass displayed prosperity and belonging through the superior quality and cost of the glasswork. Viewing stained glass as material culture opened new methods of looking at both stained glass and industrial communities. Findings from my research can teach the public about the importance of preserving and conserving stained glass, and that can lead to greater public appreciation for the material culture found within these industrial communities.

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The present article deals exemplarily with the remarkable iconographic attestations connected with the Wadi ed-Daliye (WD) findings. The discussed bullae were attached to papyri which provide a clear dating of the hoard between 375-335 BCE. Considering style and convention the preserved motives are to be classified as Persian, Greek or Greco-Persian. A major goal of the following presentation is the contextualization of the very material; this is achieved by taking into account local parallels as well as relevant attestations of the dominant / “imperial” cultures of Persia and Greece. The correlation of motives with the (often more complex, more detailed or more contoured) examples stemming from the “source-cultures” follows a clear agenda: It is methodologically based on the approach that was employed by Silvia Schroer and Othmar Keel throughout the project „Die Ikonographie Palästinas/Israels und der Alte Orient (IPIAO). Eine Religionsgeschichte in Bildern” (2005, 23ff). The WD-findings demand a careful analysis since the influencing cultures behind the imagery are deeply rooted in the field of Greek mythology and iconography. Special attention has to be drawn to the bullae, as far as excavated, from a huge Punic temple archive of Carthago (Berges 1997 and 2002) as well as those from the archive of the satrap seat in Daskyleion in the Northwest of Asia Minor (Kaptan 2002), which are chronologically close (end 5th and 4th century BCE) to the WD-finds. Not each and every single motive and artifact of the WD-corpus comprising more than 120 items can be dealt with in detail throughout the following pages. We refer to the editio princeps by Leith (1990, 1997) respectively to the concerning chapter in Keel’s Corpus volume II (Keel 2010, 340-379). The article gives a brief history of research (2.), some basic remarks on the development of style (3.) and a selection of detail-studies (4.). A crosscheck with other relevant corpora of stamp-seals (5.) as well as a compressed synthesis (6.) are contributions in order to characterize and classify the unique iconographic assemblage. There are rather few references to the late Persian coins from Samaria (Meshorer/Qedar 1999), which have been impressed about contemporaneous with the WD-bullae (372-333 BCE), as there is an article by Patrick Wyssmann in this volume about that specific corpus. Through the perspective of the late Persian iconography, Samaria appears as a dazzling metropolis at the crossroads of Greek and Persian culture, which is far away from a strict and revolutionary religious orthodoxy

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Desde el concepto de canon como el modelo impuesto por un grupo de poder, el presente trabajo analiza la canonización de la figura sanmartiniana en el cruce de los Andes, según relatos de autores de la clase dirigente. En los cuales se compara este personaje con Napoleón, Aníbal, Alejandro Magno y otras significativas figuras de la tradición occidental. Tres narraciones edifican la imagen de un héroe romántico, luchador a favor de la libertad y protector de los pueblos que libera. San Martín como paladín democrático frente a la tiranía despótica de los españoles, aparece en el relato de Gerónimo Espejo “El paso de los Andes". Este rico trabajo de prolijo historiador pondera la hazaña por sobre las de Napoleón y Aníbal. Bartolomé Mitre en su “Historia de San Martín", enfoca al héroe como paladín de unidad americana en la causa de la independencia, con una maestría superior a los cruces clásicos de Napoleón y Aníbal, parangonándolo con el de Bolívar en los Andes ecuatorianos. Ricardo Rojas en El santo de la espada fabrica una imagen religiosa de San Martín y lo iguala a héroes cristianos como Parsifal, Lohengrin y el Cid Campeador. El parangón con Napoleón. Aníbal y Alejandro Magno, se ve apoyado por la iconografía argentina de la época. La estatua más popular de San Martín repite la pose del retrato de Napoleón por David. Este, a su vez, está inspirado en mayólicas de Alejandro que lo representan en similar postura. Así, la imagen del héroe argentino en su cruce de los Andes se inserta con éxito en la tradición occidental.

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Desde 1861 hasta hoy, aunque con interpretaciones muy diferentes, Garibaldi es un ícono de la historia italiana y ha sido y es la opción ideal del héroe que luchó por la unificación de Italia, por la libertad de los otros pueblos, al representar siempre un modelo de personaje funcional en perspectiva pedagógica para la dimensión unitaria del país. Se desencadenó así un proceso sociológico de identificación a través de las imágenes y un registro de la memoria que ha encontrado su desarrollo en la epopeya garibaldina de la Primera Guerra Mundial y más tarde en la epopeya de la Resistencia. La leyenda garibaldina se transmitió, además, a través de la literatura, gracias a escritores como Edmundo de Amicis, a través del cual se puede apreciar el elogio del patrimonio cultural que representan los grandes escritores del pasado, como humus de la alcanzada unidad del país. Después de su muerte, la iconografía monumental intentará enviar un mensaje de unidad política de los italianos, erigiendo estatuas en las que se representan a Garibaldi y a Vittorio Emanuele, ambos a caballo, con la idea simbólica de un encuentro entre la revolución democrática de uno y el centralismo monárquico del otro.