915 resultados para Civil Code


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La ricerca ha ad oggetto l’analisi della disciplina della responsabilità del vettore terrestre di merci per conto terzi ed i riflessi che detta disciplina ha avuto modo di svilupparsi nel mercato assicurativo. L’attenzione è stata rivolta al contratto di trasporto di cose in generale, seguendone la disciplina codicistica e le evoluzioni legislative intervenute. Particolare rilievo assume la novella apportata all’art. 1696 c.c., introdotta dall’art. 10 del Dlgs. 286/2005, grazie alla quale l’ordinamento italiano ha potuto codificare il limite di indennizzo dovuto dal vettore nell’ipotesi di colpa lieve, L’introduzione del limite legale di indennizzo per le ipotesi di responsabilità per perdita o avaria della merce trasportata ha generato nel mondo assicurativo interessanti reazioni. L’elaborato esamina anche l’evoluzione giurisprudenziale formatisi in tema di responsabilità vettoriale, evidenziando il crescente rigore imposto dalla giurisprudenza fondato sul principio del receptum. Tale fenomeno ha visto immediata reazione nel mercato assicurativo il quale, sulla base di testi contrattuali non dissimili tra le diverse compagnie di assicurazioni operanti sul mercato domestico e che traevano origine dai formulari approvati dall’ANIA, ha seguito l’evoluzione giurisprudenziale apportando significative restrizioni al rischio tipico previsto dalle coperture della responsabilità civile vettoriale. La ricerca si è poi focalizzata sull’esame delle più comuni clausole contemplate dalle polizze di assicurazioni di responsabilità civile e sul loro significato alla luce delle disposizioni di legge in materia. Tale analisi riveste preminente interesse poiché consente di verificare in concreto come l’assicurazione possa effettivamente costituire per l’impresa di trasporto non tanto un costo bensì una opportunità di risparmio da un lato ed un modello comportamentale, sebbene indotto, dall’altro lato per il raggiungimento di quei canoni di diligenza che qualsiasi operatore del settore dovrebbe tenere durante l’esecuzione del trasporto ed il cui venir meno determina, come detto, sensibili effetti pregiudizievoli di carattere economico.

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La presente ricerca mira ad individuare e risolvere alcuni problemi di inquadramento e di disciplina applicabile in ordine all’istituto regolato dall’art. 8 della legge n. 40/2007, con successive modificazioni ed integrazioni, definito a livello normativo come «portabilità del mutuo». In particolare, ci si è chiesti come la nuova normativa in tema di trasferibilità del mutuo possa inserirsi all’interno della disciplina della surrogazione se quest’ultima non venga considerata come possibile strumento di circolazione del credito e se ci si possa spingere fino a considerare l’art. 8 come una riscrittura moderna dell’istituto codicistico. Sebbene l’art. 8 non sia stato limitato ai finanziamenti ipotecari, tali istituti costituiscono il principale ambito di applicazione della normativa. Per questa ragione si è sostenuto che la disposizione, più che la «portabilità del mutuo», avrebbe lo scopo di incentivare la «portabilità dell’ipoteca», intendendosi quest’ultima come la surrogazione del nuovo finanziatore nel credito ipotecario, ovvero più specificamente nell’ipoteca, ai sensi dell’art. 1202 c.c. Lo studio dei riflessi della surrogazione, così come prevista dalla legge del 2007, sulle garanzie in generale e sull’ipoteca in particolare, ha mostrato come il legislatore, tramite l’introduzione di una disciplina semplificata, abbia inteso adeguare gli istituti giuridici tradizionali alle esigenze pratiche di flessibilità del mercato del credito; ciò tuttavia con scarso successo e lasciando aperti taluni dubbi interpretativi. Al fine di approfondire la ricerca, si è affrontata la materia oggetto di studio in un’ottica comparata, rilevando quali siano a livello europeo le principali differenze in tema di circolazione del credito, portabilità del mutuo e trasferibilità delle garanzie.

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Il presente lavoro di tesi mira a ricostruire lo scenario evolutivo della responsabilità patrimoniale del debitore, a partire dai principi generali sanciti dall'art. 2740 c.c. sino al diffondersi, sempre più dilagante negli anni più recenti, del fenomeno dei patrimoni separati, il quale ha contribuito a quella che è stata definita da autorevole dottrina l’“erosione” del carattere universale della responsabilità patrimoniale. In questa prospettiva, la ricerca condotta dall'autore si propone il duplice obiettivo di dimostrare, da un lato, l’ormai sostanziale ribaltamento del rapporto regola(garanzia generica)–eccezione(separazione patrimoniale) previsto dalla norma succitata, e, dall’altro, il ridimensionamento del valore della riserva di legge imposta dal secondo comma dell’art. 2740 c.c. con riguardo all’individuazione e alla disciplina dei patrimoni separati, dovuto all’affermarsi di forme di segregazione di carattere generale e flessibile ed al conseguente potenziamento del ruolo assunto dall’autonomia privata nel campo della separazione patrimoniale. Al perseguimento di tale obiettivo si aggiunge, inoltre, una valutazione dei nuovi orizzonti del fenomeno della separazione patrimoniale e, in particolare, dei segnali di apertura del nostro ordinamento all’adozione di una regolamentazione interna del trust, i cui vantaggi e la cui compatibilità con il nostro sistema giuridico vengono dimostrati attraverso il confronto con la disciplina dell'istituto in esame nell’ordinamento inglese.

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L’abuso dell’anziano è una condizione estremamente diffusa e ha un grande costo umano e finanziario. La dimensione reale del problema del maltrattamento dell’anziano non è stata correttamente definita, in particolare i casi segnalati ufficialmente di abuso sono solo la "punta dell'iceberg". In questi anni il problema è stato riconosciuto a livello internazionale come un fenomeno comune, che viene sottostimato e degno di attenzione da parte della comunità scientifica. In Italia non ci sono molti dati, la prevalenza degli abusi e maltrattamenti può essere circa il 5% e il problema è ampiamente sottovalutato, perché sono scarse le segnalazioni di abusi. Le evidenze disponibili dimostrano che l'abuso sugli anziani in Italia costituisce una questione pubblica, tuttavia, la legislazione e le politiche per affrontare il fenomeno sono scarse, riflettendo la mancanza di una strategia nazionale coerente e globale. Il codice civile italiano non contiene alcun riferimento esplicito a persone anziane, e pochi sono anche gli articoli del codice penale che riguardano le persone anziane. Gli articoli più rilevanti interessate sono le seguenti: art. 572: "Maltrattamenti contro familiari e conviventi" e art. 643: "circonvenzione di persone incapaci". Il presente studio ha lo scopo di analizzare la situazione attuale del fenomeno nel nostro Paese, al fine di valutare la dimensione del problema e le relazioni di abuso e maltrattamenti tra vittime, caregiver e operatori sanitari alle autorità.

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Il lavoro affronta il tema degli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi che possono essere emessi dalle società per azioni, alla luce della disciplina introdotta dalla riforma del diritto societario. Lo studio è diretto a fornire un inquadramento sistematico di queste modalità di finanziamento rispetto alla dicotomia azioni-obbligazioni, anche sotto il profilo contabile, per poi individuare le conseguenti implicazioni in termini di disciplina applicabile. Affrontando il dibattito dottrinale sulla collocazione complessiva degli strumenti ibridi rispetto alle forme di finanziamento tradizionali, si sposa l’opinione secondo cui tutti gli strumenti finanziari non possono essere ricompresi in una categoria unitaria, ma occorre mantenere distinti gli strumenti finanziari partecipativi indicati dall’art. 2346, comma 6, c.c., dagli altri strumenti finanziari ex art. 2411, comma 3, c.c., riconoscendo nei primi delle modalità di raccolta assimilabili al capitale di rischio e nei secondi delle forme di provvista di capitale di debito. Il connotato distintivo tra strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi viene individuato non nell’attribuzione di diritti amministrativi – che possono anche non essere assegnati ai titolari di strumenti di cui all’art. 2346, comma 6 – bensì nell’assenza o nella presenza di un obbligo di rimborso dell’apporto fornito all’impresa. Il lavoro esamina inoltre vari profili di disciplina di entrambe le categorie di strumenti, concentrandosi prevalentemente sui diritti patrimoniali ad essi attribuibili, tra cui la partecipazione agli utili e alle perdite e i diritti in sede di liquidazione. Infine si esaminano le previsioni recentemente introdotte dal d.l. n. 83/2012 in tema di titoli obbligazionari, al fine di valutarne l’impatto sull’impianto complessivo della disciplina vigente. In particolare, viene data attenzione alle nuove disposizioni relative alle obbligazioni subordinate e/o partecipative che possono essere emesse dalle società non quotate, mettendo in evidenza le criticità dal punto di vista sistematico in tema di possibile partecipazione agli utili degli obbligazionisti.

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Il presente studio si propone di individuare i doveri e le responsabilità, di tipo risarcitorio, degli amministratori, in particolare degli amministratori della società che esercita attività di direzione e coordinamento, in una situazione di crisi o insolvenza nel gruppo, anche in un’ottica di “prevenzione”, e, più precisamente, il complesso di regole di corretta gestione societaria e imprenditoriale, con le quali il silenzio della legge fallimentare in tema di gruppi di società non può non confrontarsi. In particolare, si indagherà sulla possibilità di individuare nel nostro ordinamento giuridico, nel momento di emersione della crisi, doveri di comportamento in capo agli organi di governo della società o ente che esercita attività di direzione e coordinamento, al fine di fronteggiare la crisi, evitando il peggioramento della stessa, ovvero per un risanamento anticipato e, quindi, più suscettibile di esito positivo, nella prospettiva di tutela dei soci c.d. esterni e dei creditori delle società figlie e, nello stesso tempo, dei soci della capogruppo medesima e, quindi, in una prospettiva più ampia e articolata rispetto a una società individualmente considerata. L’oggetto dell’analisi viene introdotto mediante un inquadramento generale della disciplina in materia di gruppi di società presente nel nostro sistema normativo, con particolare riguardo alla disciplina dell’attività di direzione e coordinamento introdotta dal legislatore della riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) con gli artt. 2497 ss. cod. civ.. Nella seconda parte verranno individuati e approfonditi i criteri e i principi dai quali ricavare le regole di governance nei gruppi di società e la relativa responsabilità degli amministratori nelle situazioni di crisi nel gruppo. Sulla scorta delle suddette argomentazioni, nell'ultima parte verranno individuate le regole di gestione nell'ambito del gruppo nel momento di “emersione” della crisi e, in particolare, i possibili “strumenti” che il nostro legislatore offre per fronteggiarla.

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La presente tesi intende offrire una ricostruzione sistematica della disciplina applicabile agli amministratori deleganti di S.p.A. post riforma del 2003, attraverso una analisi della disciplina della delega, dei poteri, dei doveri e della responsabilità applicabili a tali amministratori. Il lavoro analizza, in primis, la disciplina della delega di funzioni amministrative ante e post riforma del 2003, evidenziando gli aspetti di continuità e discontinuità tra i due regimi. In secondo luogo, procede a una descrizione analitica dei poteri e dei doveri previsti in capo agli amministratori deleganti post riforma, per determinarne il contenuto e l'estensione. Infine, analizza le responsabilità degli amministratori deleganti per inadempimento dei doveri previsti a loro carico, tentando di dimostrare che la riforma ha attenuato il regime di responsabilità applicabile a tali amministratori attraverso una migliore distinzione del ruolo di tali soggetti rispetto a quello degli amministratori delegati.

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Theoretical studies of the problems of the securities markets in the Russian Federation incline to one or other of the two traditional approaches. The first consists of comparing the definition of "valuable paper" set forth in the current legislation of the Russian Federation, with the theoretical model of "Wertpapiere" elaborated by German scholars more than 90 years ago. The problem with this approach is, in Mr. Pentsov's opinion, that any new features of the definition of "security" that do not coincide with the theoretical model of "Wertpapiere" (such as valuable papers existing in non-material, electronic form) are claimed to be incorrect and removed from the current legislation of the Russian Federation. The second approach works on the basis of the differentiation between the Common Law concept of "security" and the Civil Law concept of "valuable paper". Mr. Pentsov's research, presented in an article written in English, uses both methodological tools and involves, firstly, a historical study of the origin and development of certain legal phenomena (securities) as they evolved in different countries, and secondly, a comparative, synchronic study of equivalent legal phenomena as they exist in different countries today. Employing the first method, Mr. Pentsov divided the historical development of the conception of "valuable paper" in Russia into five major stages. He found that, despite the existence of a relatively wide circulation of valuable papers, especially in the second half of the 19th century, Russian legislation before 1917 (the first stage) did not have a unified definition of valuable paper. The term was used, in both theoretical studies and legislation, but it covered a broad range of financial instruments such as stocks, bonds, government bonds, promissory notes, bills of exchange, etc. During the second stage, also, the legislation of the USSR did not have a unified definition of "valuable paper". After the end of the "new economic policy" (1922 - 1930) the stock exchanges and the securities markets in the USSR, with a very few exceptions, were abolished. And thus during the third stage (up to 1985), the use of valuable papers in practice was reduced to foreign economic relations (bills of exchange, stocks in enterprises outside the USSR) and to state bonds. Not surprisingly, there was still no unified definition of "valuable paper". After the beginning of Gorbachev's perestroika, a securities market began to re-appear in the USSR. However, the successful development of securities markets in the USSR was retarded by the absence of an appropriate regulatory framework. The first effort to improve the situation was the adoption of the Regulations on Valuable Papers, approved by resolution No. 590 of the Council of Ministers of the USSR, dated June 19, 1990. Section 1 of the Regulation contained the first statutory definition of "valuable paper" in the history of Russia. At the very beginning of the period of transition to a market economy, a number of acts contained different definitions of "valuable paper". This diversity clearly undermined the stability of the Russian securities market and did not achieve the goal of protecting the investor. The lack of unified criteria for the consideration of such non-standard financial instruments as "valuable papers" significantly contributed to the appearance of numerous fraudulent "pyramid" schemes that were outside of the regulatory scheme of Russia legislation. The situation was substantially improved by the adoption of the new Civil Code of the Russian Federation. According to Section 1 of Article 142 of the Civil Code, a valuable paper is a document that confirms, in compliance with an established form and mandatory requisites, certain material rights whose realisation or transfer are possible only in the process of its presentation. Finally, the recent Federal law No. 39 - FZ "On the Valuable Papers Market", dated April 22 1996, has also introduced the term "emission valuable papers". According to Article 2 of this Law, an "emission valuable paper" is any valuable paper, including non-documentary, that simultaneously has the following features: it fixes the composition of material and non-material rights that are subject to confirmation, cession and unconditional realisation in compliance with the form and procedure established by this federal law; it is placed by issues; and it has equal amount and time of realisation of rights within the same issue regardless of when the valuable paper was purchased. Thus the introduction of the conception of "emission valuable paper" became the starting point in the Russian federation's legislation for the differentiation between the legal regimes of "commercial papers" and "investment papers" similar to the Common Law approach. Moving now to the synchronic, comparative method of research, Mr. Pentsov notes that there are currently three major conceptions of "security" and, correspondingly, three approaches to its legal definition: the Common Law concept, the continental law concept, and the concept employed by Japanese Law. Mr. Pentsov proceeds to analyse the differences and similarities of all three, concluding that though the concept of "security" in the Common Law system substantially differs from that of "valuable paper" in the Continental Law system, nevertheless the two concepts are developing in similar directions. He predicts that in the foreseeable future the existing differences between these two concepts will become less and less significant. On the basis of his research, Mr. Pentsov arrived at the conclusion that the concept of "security" (and its equivalents) is not a static one. On the contrary, it is in the process of permanent evolution that reflects the introduction of new financial instruments onto the capital markets. He believes that the scope of the statutory definition of "security" plays an extremely important role in the protection of investors. While passing the Securities Act of 1933, the United States Congress determined that the best way to achieve the goal of protecting investors was to define the term "security" in sufficiently broad and general terms so as to include within the definition the many types of instruments that in the commercial world fall within the ordinary concept of "security' and to cover the countless and various devices used by those who seek to use the money of others on the promise of profits. On the other hand, the very limited scope of the current definition of "emission valuable paper" in the Federal Law of the Russian Federation entitled "On the Valuable Papers Market" does not allow the anti-fraud provisions of this law to be implemented in an efficient way. Consequently, there is no basis for the protection of investors. Mr. Pentsov proposes amendments which he believes would enable the Russian markets to become more efficient and attractive for both foreign and domestic investors.

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On 3 April 2012, the Spanish Supreme Court issued a major ruling in favour of the Google search engine, including its ‘cache copy’ service: Sentencia n.172/2012, of 3 April 2012, Supreme Court, Civil Chamber.* The importance of this ruling lies not so much in the circumstances of the case (the Supreme Court was clearly disgusted by the claimant’s ‘maximalist’ petitum to shut down the whole operation of the search engine), but rather on the court going beyond the text of the Copyright Act into the general principles of the law and case law, and especially on the reading of the three-step test (in Art. 40bis TRLPI) in a positive sense so as to include all these principles. After accepting that none of the limitations listed in the Spanish Copyright statute (TRLPI) exempted the unauthorized use of fragments of the contents of a personal website through the Google search engine and cache copy service, the Supreme Court concluded against infringement, based on the grounds that the three-step test (in Art. 40bis TRLPI) is to be read not only in a negative manner but also in a positive sense so as to take into account that intellectual property – as any other kind of property – is limited in nature and must endure any ius usus inocui (harmless uses by third parties) and must abide to the general principles of the law, such as good faith and prohibition of an abusive exercise of rights (Art. 7 Spanish Civil Code).The ruling is a major success in favour of a flexible interpretation and application of the copyright statutes, especially in the scenarios raised by new technologies and market agents, and in favour of using the three-step test as a key tool to allow for it.

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RESUMEN Su objetivo esencial: Regular el proceso de la edificación, está basado en 3 grandes pilares: 1.- Completar la configuración legal de los agentes que intervienen en el mismo, fijando sus obligaciones para así establecer las responsabilidades. 2.- Fomentar la calidad de los edificios. 3.- Fijar las garantías a los usuarios frente a los posibles daños. Estos tres fundamentos están intensamente relacionados, ya que, las obligaciones y responsabilidades de los agentes son la base de la constitución de las garantías a los usuarios, definidas mediante los requisitos básicos que deben satisfacer los edificios. Partiendo del análisis cualitativo y cuantitativo del grado de cumplimiento del objetivo de la nueva Ley, elaborado a través del estudio de sus tres pilares fundamentales, proponemos medidas tendentes a la plena entrada en vigor de la misma. Para ello se deberá desarrollar el Real Decreto previsto en la Disposición Adicional 2ª, una vez conseguido el grado de madurez de los sectores de la edificación y del seguro. En todo este proceso de estudio hemos podido apreciar que la objetiva identificación de los daños y en especial los que afectan la estabilidad del edificio, constituye una herramienta fundamental para la correcta atribución de responsabilidades a los agentes, basada en la aplicación de los tres grados de responsabilidad “ex lege” por daños materiales y sus plazos de prescripción surgidos del nuevo régimen impuesto por el art. 17 LOE Para avalar esta propuesta hemos analizado: 1.- El entorno económico, general y pormenorizado al sector de la edificación, en Europa y España durante el período comprendido entre los años 1990 y 2013, años previos y posteriores a la entrada en vigor de la Ley, dada la influencia de los ciclos de actividad producidos en la regulación del sector, las responsabilidades atribuidas a los agentes, el fomento de la calidad y las garantías ofrecidas a los adquirentes. 2.- Las diversas legislaciones sobre responsabilidades y garantías de los agentes de la edificación en los países de nuestro entorno económico. 3.- La gestación de la LOE, incidiendo en la evolución de los últimos borradores y su tramitación parlamentaria. 4.- El desarrollo doctrinal de la Transición desde el régimen de responsabilidades, fijado por el art. 1591 de Código Civil, y su Jurisprudencia, hacia el nuevo régimen de responsabilidades establecido por el art. 17 LOE. En esta tarea además de apreciar la asimilación, por parte de los Jueces y Magistrados, de los principios doctrinales de la LOE, hemos observado la labor de los peritos, de cuya experta identificación de las causas de los daños depende la justa y eficaz atribución de responsabilidades. 5 -. El grado de eficacia de la LOE a la vista de la estadística siniestral, de la que ya hay datos consolidados, tras la cancelación de casi 15.000 expedientes de reclamación a Arquitectos. 6 -. También hemos estudiado el grado de cumplimiento con el usuario y propietario de las garantías previstas en el art. 19 de la Ley y en la D.A. 1ª, los efectos reales alcanzados y las tareas pendientes por delante. Analizando la atribución de responsabilidades a los agentes de la edificación, dentro del primer pilar fundamental de la LOE, hemos estudiado las actuaciones de los peritos expertos y su incidencia en este objetivo, previa selección de casos de gran interés y dificultad. Fruto de ello se han formulado propuestas tendentes a la especialización de este colectivo, evitando conductas “irregulares” que tanto daño provocan a los agentes reclamados como a los propietarios afectados. Este daño es evidente pudiendo ocasionar condenas injustas, enriquecimientos ilícitos o bien falsas expectativas de satisfacción de daños mal dictaminados y costosas e ineficaces reparaciones. De cara a la consecución del pilar de la calidad de la edificación, mediante los requisitos básicos planteados por la LOE y desarrollados por el Código Técnico de la Edificación (Real Decreto 314/2006, de 17 de marzo), hemos procesado datos de expedientes de reclamaciones por daños que afectan a edificios ejecutados bajo el nuevo régimen LOE. Con esta base se han analizado las causas generadoras de las diversas lesiones y su frecuencia para que de este análisis puedan establecerse pautas de actuación para su prevención. Finalmente, tras demostrar que las garantías obligatorias impuestas por la LOE sólo abarcan un pequeño porcentaje de los posibles daños a la edificación, insistimos en la necesidad de la plena eficacia de la Ley mediante la aprobación de todas las garantías previstas y para todo tipo de edificaciones. En suma, se ha diseñado la tesis como una matriz abierta en la que podremos continuar incorporando datos de la evolución de la doctrina, la jurisprudencia y la estadística de los daños en la edificación. ABSTRACT The approval of Law 38/1999 on November 5, 1999, (Official Gazette BOE 266/1999 of 11.6.1999, p. 38925), was the culmination of a long period of over 20 years of gestation for which deep agreements were needed between all stakeholders affected. Although several parliamentary groups denounced its incomplete approval, regarding mandatory guarantees to the purchaser, its enactment caused general satisfaction among most of the the building agents. This assessment remains after fourteen years since its partial enactment. Its essential purpose, “to regulate the building process”, is based on 3 pillars: 1.- To complete the legal configuration of the agents involved in it, setting their obligations in order to establish their responsibilities. 2.- To promote the buildings quality. 3.- To specify users´guarantees against possible buildings damage. These three issues are strongly related, since the obligations and responsibilities of the actors are the basis of the users’guarantees constitution, defined by the basic performance required by buildings. Based on the qualitative and quantitative analysis of the fulfillment of the new law’s objectives, made by monitoring the three pillars, we propose measures to the full enactment of this Directive, by the development of the Royal Decree, provided in its Second Additional Provision, once maturity in the sectors of the building and insurance is achieved. Throughout this process of study we have seen that the skill identification of damage, particularly those affecting the stability of the building, is an essential tool for the proper allocation of responsibilities of the new regime installed by the art. 17 LOE, based on the application of the three degrees of responsibility "ex lege" for property damage and limitation periods. To support this proposal, we have analyzed: 1.- The evolution of the building sector in Europe and Spain during the years before and after the enactment of the Law, due to the influence of cycles of activity produced in industry regulation, the responsibilities attributed to agents, promotion of the quality and the assurances given to acquirers. 2.- The scope of various laws on liability and building agents warranties in the countries of our economic environment. 3.- The long period of LOE generation, focusing on the developments in recent drafts and parliamentary procedure. 4.- The doctrinal development in the Transition from the regime of responsibilities, set by art. 1591 of the Civil Code, and its Jurisprudence, to the new liability regime established by art. 17 LOE. In this task, while we have noted assimilation by the Judges and Magistrates of the doctrinal principles of the LOE, we have also analyzed the work of experts, whose skilled identification of the damage causes helps the fair and efficient allocation of responsibilities. 5 - The effectiveness of the LOE based on knowledge of the siniestral statistics, which are already consolidated data, after the cancellation of nearly 15,000 claims to Architects. 6.- We have also studied the degree of compliance with the user and owner guarantees, established in art. 19 and the D.A. 1th of the LOE, exposing the real effects achieved and the pending tasks ahead. Analyzing the allocation of the building agents´ responsibilities, within the first cornerstone of the LOE, we have studied the expert witnesses actions and their impact on this duty, selecting cases of great interest and difficulty in this aim. The result of this enterprise has been to propose the specialization of this group, avoiding "irregular" behaviors that create as much damage as the agents claimed to affected owners. This damage is evident and can cause wrong convictions, illicit enrichment, false expectations and inefficient and costly damage repairs. In order to achieve the pillar of building quality through the basic requirements set by the LOE and developed by the Technical Building Code (Royal Decree 314/ 2006 of 17 March), we have analyzed records of damage claims involving buildings executed under the new regime LOE. On this basis we have analyzed the root causes of various damages and their frequency, from these data it will be easy to propose lines of action for prevention. Finally, after demonstrating that mandatory warranties imposed by LOE cover only a small percentage of the potential building damage, we emphasize the need for the full effectiveness of the Law by the obligation all the guarantees provided in the art. 19 LOE, and for all types of buildings. In conclusion, this thesis is designed as an open matrix in which we will continue including data on the evolution of the doctrine, jurisprudence and the statistics of the damage to the building.

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O trabalho tem como tema central à análise da dimensão das responsabilidades nos grupos econômicos, bem como a sua interpretação perante os tribunais do trabalho. Busca-se compreender a extensão das obrigações impostas aos grupos e as pessoas que o compõem e acima de tudo, como os tribunais tem decido as questões praticas acerca do tema. As questões que envolvem os Grupos Econômicos têm sido tratadas de diversas formas e sob vários aspectos em nosso ordenamento jurídico. Cada ramo de nosso direito pátrio aborda a questão de acordo com a sua realidade prática, porém, nos casos concretos, a solução dos conflitos muitas vezes prescindem de uma análise mais abrangente. Quando o tema vem à tona, quase sempre repercute em mais de uma esfera, porém, é comum ignorar a essência do instituto e a natureza da questão para buscar a solução apenas sob o ponto de vista do direito que se aborda. Exemplo prático dessa situação é buscar apenas no Direito do Trabalho a solução de um conflito envolvendo o tema Grupo Econômico e a dimensão de suas responsabilidades e das pessoas que o compõem, tudo isso apenas para buscar a satisfação do crédito do trabalhador, como se o Direito do Trabalho servisse apenas para o exercício do pleno de direito de apenas de um dos agentes do pacto social. Embora ainda persista a aplicação estanque do conceito previsto no artigo 2°, § 2° da Consolidação das Leis do Trabalho CLT, os tribunais trabalhistas, principalmente com o advento da Emenda Constitucional 45, vem adotando conceitos outrora utilizados somente em outros ramos do direito. A utilização do instituto da desconsideração da personalidade jurídica (disregard of legal entity) e a aplicação dos conceitos relativos à responsabilidade subjetiva, prevista no artigo 186 do Código Civil e responsabilidade objetiva, inserida no artigo 927, parágrafo único, também do Código Civil, tem servido de importante subsídio aos tribunais trabalhistas para a solução de conflitos ali instaurados. Por outro lado, esses mesmos mecanismos que ajudam na difícil tarefa de entrega de uma prestação jurisdicional e tutela do Estado mais efetivas, também servem, muitas vezes, para justificar a condenação indiscriminada de empresas e pessoas em outros casos. O que se vê, portanto, é que os tribunais trabalhista, prescindem da atualização da legislação trabalhista de modo a coibir que a utilização correta de determinados institutos justifique a equivocada aplicação dos mesmos.

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Este artículo se basa en una investigación social sobre el sistema de protección jurídica de las personas con algún tipo de discapacidad o en situación de dependencia que se encuentran sometidas a las figuras de tutela o curatela, en aplicación de lo previsto y establecido en el Código Civil Español, en sus artículos 199 y 200, así como en la Ley de Enjuiciamiento Civil. La investigación se plantea como un estudio comparado entre diferentes países de la Unión Europea para ver su adecuación a lo establecido en el artículo 12 de la Convención de Naciones Unidas sobre derechos de las Personas con Discapacidad (en adelante, CDPD) en los procedimientos de incapacitación. Los resultados se analizan sobre la base de modelos técnico-sociales de intervención, los análisis jurídicos y la experiencia adquirida por las Fundación Tutelares de Castilla y León. Se proponen y diseñan algunas alternativas y servicios que pueden mejorar la calidad de vida de las personas adultas incapacitadas judicialmente y el tipo de apoyos que se les puede prestar, de acuerdo a lo establecido en la Convención de Naciones Unidas.

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Turkish Civil Code.

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A presente dissertação versa sobre a prova ilícita na investigação de paternidade, com a percepção que inexistem direitos e garantias absolutos. Sob esse ponto de vista, propõe-se a demonstrar que tanto o direito à prova quanto a garantia constitucional da inadmissibilidade da prova obtida por meios ilícitos são passíveis de sofrer restrições. Essas restrições, entretanto, não podem implicar na supressão de direitos e garantias fundamentais. Elas devem limitar-se ao estritamente necessário para a salvaguarda de outros direitos constitucionalmente protegidos, à luz de um juízo de ponderação entre os valores conflitantes. Os valores colidentes a serem analisados no presente trabalho são, por um lado, a proteção constitucional dispensada à intimidade, à vida privada, à imagem, à honra, ao sigilo da correspondência, às comunicações telegráficas, aos dados, às comunicações telefônicas e ao domicílio do suposto pai e, por outro, o direito do filho conhecer a sua origem genética e receber do genitor assistência material, educacional e psicológica, além da herança no caso de morte deste. Avultam-se, ainda, os comandos constitucionais da paternidade responsável (CF, o art. 226, § 7º) e da prioridade absoluta que a Constituição Federal confere às questões afetas à criança e ao adolescente. Nessa linha de perspectiva, procura conciliar o direito fundamental ao conhecimento da origem genética com a garantia constitucional que veda a obtenção da prova por meios ilícitos, reduzindo, quando necessário, o alcance de um desses valores contrastantes para que haja a preservação do outro e o restabelecimento do equilíbrio entre eles. Com o intuito de facilitar a compreensão do assunto, o estudo sobre a prova ilícita na investigação de paternidade encontra-se dividido em três capítulos. No primeiro capítulo são estudados o objeto da prova na investigação de paternidade, os fatos a provar, as teorias sobre o objeto da prova, o ônus da prova, a distribuição e a inversão do ônus da prova na investigação de paternidade, o momento da inversão do ônus da prova, o dever de colaboração e a realização do exame de DNA sem o consentimento das partes. Partindo da compreensão da prova como instrumento capaz de propiciar ao juiz o convencimento dos fatos pertinentes, relevantes e controvertidos deduzidos pelas partes como fundamento da ação ou da defesa, sustenta-se que os fatos a provar não são apenas os principais, mas, também, os acessórios que se situem na mesma cadeia deles. Desenvolve-se, outrossim, estudo sobre as teorias utilizadas pela doutrina para explicar o objeto da prova, a saber: a) a teoria clássica; b) a teoria da afirmação; c) a teoria mista. Nesse tópico, merece ênfase o fato das legislações brasileira e portuguesa estarem alicerçadas sob as bases da teoria clássica, em que pesem as divergências doutrinárias sobre o assunto. No item reservado ao ônus da prova, este é concebido como uma atividade e não como uma obrigação, diante da autonomia de vontade que a parte tem para comportar-se da maneira que melhor lhe aprouver para alcançar o resultado pretendido. Embora não traduza um dever jurídico demonstrar a veracidade dos fatos que ensejam a constituição do direito alegado, quem não consegue reunir a prova dos fatos que alega corre o risco de perder a demanda. No que tange à regra de distribuição do ônus da prova, recomenda-se a observação das disposições do art. 333 do CPC, segundo as quais incumbe ao autor comprovar o fato constitutivo do seu direito e ao réu a existência de fato impeditivo, modificativo ou extintivo do direito do autor. Argumenta-se que o CPC brasileiro adota o modelo estático de distribuição do ônus da prova, pois não leva em conta a menor ou maior dificuldade que cada parte tem para produzir a prova que lhe incumbe. Porém, ressalta-se o novo horizonte que se descortina no anteprojeto do novo CPC brasileiro que se encontra no Congresso Nacional, o qual sinaliza no sentido de acolher a distribuição dinâmica do ônus da prova. Esse novo modelo, contudo, não afasta aquele previsto no art. 333 do CPC, mas, sim, o aperfeiçoa ao atribuir o ônus a quem esteja em melhores condições de produzir a prova. Ao tratar do dever de colaboração, idealiza-se a busca descoberta da verdade como finalidade precípua do ordenamento jurídico. E, para se alcançar a justa composição da lide, compreende-se que as partes devem atuar de maneira escorreita, expondo os fatos conforme a verdade e cumprindo com exatidão os provimentos formais. Sob essa ótica, sustenta-se a possibilidade de inversão do ônus da prova, da aplicação da presunção legal de paternidade e até mesmo da condução coercitiva do suposto pai para a realização de exames, caso o mesmo a tanto se recuse ou crie, propositalmente, obstáculo capaz de tornar impossível a colheita da prova. Defende-se que a partir da concepção do nascituro, a autonomia de vontade dos pais fica restringida, de forma que a mãe não pode realizar o aborto e o pai não pode fazer pouco caso da existência do filho, recusando-se, injustificadamente, a submeter-se a exame de DNA e a dar-lhe assistência material, educacional e psicológica. É por essa razão que, em caráter excepcional, se enxerga a possibilidade de condução coercitiva do suposto pai para a coleta de material genético, a exemplo do que ocorre no ordenamento jurídico alemão (ZPO, § 372). Considera-se, outrossim, que a elucidação da paternidade, além de ajudar no diagnóstico, prevenção e tratamento de algumas doenças hereditárias, atende à exigência legal de impedir uniões incestuosas, constituídas entre parentes afins ou consanguíneos com a violação de impedimentos matrimoniais. Nesse contexto, a intangibilidade do corpo não é vista como óbice para a realização do exame de DNA, o qual pode ser feito mediante simples utilização de fios de cabelos com raiz, fragmentos de unhas, saliva e outros meios menos invasivos. O sacrifício a que se submete o suposto pai mostra-se, portanto, ínfimo se comparado com o interesse superior do investigante que se busca amparar. No segundo capítulo, estuda-se o direito fundamental à prova e suas limitações na investigação de paternidade, a prova vedada ou proibida, a distinção entre as provas ilegítima e ilícita, a manifestação e alcance da ilicitude, o tratamento dispensado à prova ilícita no Brasil, nos Estados Unidos da América e em alguns países do continente europeu, o efeito-à-distância das proibições de prova na investigação de paternidade e a ponderação de valores entre os interesses em conflito: prova ilícita x direito ao conhecimento da origem genética. Nesse contexto, o direito à prova é reconhecido como expressão do princípio geral de acesso ao Poder Judiciário e componente do devido processo legal, materializado por meio dos direitos de ação, de defesa e do contraditório. Compreende-se, entretanto, que o direito à prova não pode ser exercido a qualquer custo. Ele deve atender aos critérios de pertinência, relevância e idoneidade, podendo sofrer limitações nos casos expressamente previstos em lei. Constituem exemplos dessas restrições ao direito à prova a rejeição das provas consideradas supérfluas, irrelevantes, ilegítimas e ilícitas. A expressão “provas vedadas ou proibidas” é definida no trabalho como gênero das denominadas provas ilícita e ilegítima, servindo para designar as provas constituídas, obtidas, utilizadas ou valoradas com afronta a normas de direito material ou processual. A distinção que se faz entre a prova ilícita e a ilegítima leva em consideração a natureza da norma violada. Quando há violação a normas de caráter processual, sem afetar o núcleo essencial dos direitos fundamentais, considera-se a prova ilegítima; ao passo em que havendo infringência à norma de conteúdo material que afete o núcleo essencial do direito fundamental, a prova é tida como ilícita. Esta enseja o desentranhamento da prova dos autos, enquanto aquela demanda a declaração de nulidade do ato sem a observância da formalidade exigida. A vedação da prova ilícita, sob esse aspecto, funciona como garantia constitucional em favor do cidadão e contra arbítrios do poder público e dos particulares. Nessa ótica, o Direito brasileiro não apenas veda a prova obtida por meios ilícitos (CF, art. 5º, X, XI, XII e LVI; CPP, art. 157), como, também, prevê sanções penais e civis para aqueles que desobedeçam à proibição. A análise da prova ilícita é feita à luz de duas concepções doutrinárias, a saber: a) a restritiva - exige que a norma violada infrinja direito ou garantia fundamental; b) a ampla – compreende que a ilicitude afeta não apenas as normas que versem sobre os direitos e garantias fundamentais, mas todas as normas e princípios gerais do direito. A percepção que se tem à luz do art. 157 do CPP é que o ordenamento jurídico brasileiro adotou o conceito amplo de ilicitude, pois define como ilícitas as provas obtidas com violação a normas constitucionais ou legais, sem excluir àquelas de natureza processual nem exigir que o núcleo do direito fundamental seja atingido. Referido dispositivo tem sido alvo de críticas, pois a violação da lei processual pode não implicar na inadmissibilidade da prova e aconselhar o seu desentranhamento dos autos. A declaração de nulidade ou renovação do ato cuja formalidade tenha sido preterida pode ser suficiente para contornar o problema, sem a necessidade de exclusão da prova do processo. Noutra vertente, como a vedação da prova ilícita não pode ser levada às últimas consequências nem se converter em meio facilitador da prática de atos ilícitos e consagrador da impunidade, defende-se a sua admissão nos casos de estado de necessidade, legítima defesa, estrito cumprimento do dever legal e exercício regular de um direito. Assim, entende-se possível a utilização pela vítima de estupro, no processo de investigação de paternidade movido em prol do seu filho, do exame de DNA realizado mediante análise do sêmen deixado em sua vagina por ocasião do ato sexual que resultou na gravidez. Sustenta-se, ainda, a possibilidade de utilização das imagens captadas por circuito interno de câmaras comprobatórias do estupro para fazer prova da paternidade. Ressalta-se, outrossim, que no Brasil a doutrina e a jurisprudência têm admitido a prova ilícita, no processo penal, para comprovar a inocência do acusado e, em favor da vítima, nos casos de extorsão, concussão, sequestro e outros delitos similares. No ponto relativo ao efeito-àdistância das proibições de prova, aduz-se que as experiências americana e alemã da fruit of the poisonous tree doctrine e da fernwirkung são fonte de inspiração para as legislações de vários países. Por força da teoria dos frutos da árvore envenenada, o vício da planta transmite-se aos seus frutos. Ainda no segundo capítulo, estabelece-se breve comparação do tratamento conferido à prova ilícita nos ordenamentos jurídicos brasileiro e português, destacando-se que no regime de controle adotado pela Constituição da República Federativa do Brasil a prova ilícita é tratada como ineficaz e deve ser rejeitada de plano ou desentranhada do processo. Já na Constituição portuguesa adotou-se o regime de nulidade. Após o ingresso da prova ilícita no processo, o juiz declara a sua nulidade. O terceiro capítulo é dedicado ao estudo dos meios de prova e da incidência da ilicitude no processo de investigação de paternidade. Para tanto são eleitos os meios de prova enumerados no art. 212 do Código Civil, quais sejam: a) confissão; b) documento; c) testemunha; d) presunção; e) perícia, além do depoimento pessoal previsto no CPC, analisando a incidência da ilicitude em cada um deles. Má vontade a investigação de paternidade envolva direitos indisponíveis, isso não significa que as declarações das partes não tenham valor probatório, pois o juiz pode apreciá-las como elemento probatório (CC, art. 361º). Por meio do depoimento e confissão da parte são extraídas valiosas informações sobre o tempo, o lugar e a frequência das relações sexuais. Todavia, havendo emprego de métodos proibidos, tais como ameaça, coação, tortura, ofensa à integridade física ou moral, hipnose, utilização de meios cruéis, enganosos ou perturbação da capacidade de memória, a prova será considerada ilícita e não terá validade nem mesmo como elemento probatório a ser livremente apreciado pelo juiz. A prova documental é estudada como a mais vulnerável à incidência da ilicitude, pelo fato de poder expressar-se das mais variadas formas. Essa manifestação da ilicitude pode verificar-se por ocasião da formação da prova documental, no ato da sua obtenção ou no momento da sua exibição em juízo por meio falsificação material do documento público ou particular, da omissão de declaração deveria constar, inserção de declaração falsa ou diversa da que devia ser escrita, alteração de documento verdadeiro, emprego de métodos proibidos de prova para confecção do documento, etc. Na esteira desse raciocínio, em se fazendo constar, por exemplo, da escritura pública ou particular ou do testamento (CC, art. 1.609, II e III) declaração falsa da paternidade, a prova assim constituída é ilícita. Do mesmo modo, é considerada ilícita a prova obtida mediante indevida intromissão na vida privada, com violação de domicílio, emails, sigilos da correspondência, telefônico ou fiscal, realização de gravações, filmagens, etc. Na prova testemunhal entende-se como elemento configurador da ilicitude o emprego de métodos proibidos por parte de agentes públicos ou particulares, tais como tortura, coação, ameaça, chantagem, recursos que impliquem na diminuição ou supressão da capacidade de compreensão, etc, para que a testemunha faça afirmação falsa, negue ou cale a verdade dos fatos. Destaca-se, ainda, como ilícita a prova cujo acesso pela testemunha tenha ocorrido mediante violação à reserva da vida privada. No caso das presunções, vislumbra-se a possibilidade de incidência da ilicitude quando houver ilicitude no fato conhecido, do qual se vale a lei ou o julgador para extraírem as consequências para dedução da existência do fato desconhecido. A troca maliciosa de gametas é citada como meio ilícito de prova para alicerçar a presunção de paternidade no caso de inseminação artificial homóloga. A consecução da prévia autorização do marido, mediante coação, tortura, ameaça, hipnose, etc, na inseminação artificial heteróloga, também é tratada como ação danosa e capaz de viciar e infirmar a presunção legal de paternidade. Enxerga-se, outrossim, no meio de prova pericial, a possibilidade de maculação do resultado do exame por falha humana intencional no processo de coleta, transporte, armazenamento, manipulação ou troca do material genético coletado. Em se verificando essa situação, fica comprometida a credibilidade da prova pericial ante a sua ilicitude.

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