955 resultados para Carbonaceous skeleton
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This paper describes the first results of polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs) and spheroidal carbonaceous particles (SCPs) in sediment cores of Admiralty Bay, Antarctica. These markers were used to assess the local input of anthropogenic materials (particulate and organic compounds) as a result of the influence of human occupation in a sub-Antarctic region and a possible long-range atmospheric transport of combustion products from sources in South America. The highest SCPs and PAHs concentrations were observed during the last 30 years, when three research stations were built in the area and industrial activities in South America increased. The concentrations of SCPs and PAHs were much lower than those of other regions in the northern hemisphere and other reported data for the southern hemisphere. The PAH isomer ratios showed that the major sources of PAHs are fossil fuels/petroleum, biomass combustion and sewage contribution generally close to the Brazilian scientific station. (C) 2009 Elsevier Ltd. All rights reserved.
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Máster Oficial en Cultivos Marinos. VI Máster Internacional en Acuicultura. Trabajo presentado como requisito parcial para la obtención del Título de Máster Oficial en Cultivos Marinos, otorgado por la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria (ULPGC), el Instituto Canario de Ciencias Marinas (ICCM), y el Centro Internacional de Altos Estudios Agronómicos Mediterráneos de Zaragoza (CIHEAM)
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L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.
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Ein neu entwickeltes globales Atmosphärenchemie- und Zirkulationsmodell (ECHAM5/MESSy1) wurde verwendet um die Chemie und den Transport von Ozonvorläufersubstanzen zu untersuchen, mit dem Schwerpunkt auf Nichtmethankohlenwasserstoffen. Zu diesem Zweck wurde das Modell durch den Vergleich der Ergebnisse mit Messungen verschiedenen Ursprungs umfangreich evaluiert. Die Analyse zeigt, daß das Modell die Verteilung von Ozon realistisch vorhersagt, und zwar sowohl die Menge als auch den Jahresgang. An der Tropopause gibt das Modell den Austausch zwischen Stratosphäre und Troposphäre ohne vorgeschriebene Flüsse oder Konzentrationen richtig wieder. Das Modell simuliert die Ozonvorläufersubstanzen mit verschiedener Qualität im Vergleich zu den Messungen. Obwohl die Alkane vom Modell gut wiedergeben werden, ergibt sich einige Abweichungen für die Alkene. Von den oxidierten Substanzen wird Formaldehyd (HCHO) richtig wiedergegeben, während die Korrelationen zwischen Beobachtungen und Modellergebnissen für Methanol (CH3OH) und Aceton (CH3COCH3) weitaus schlechter ausfallen. Um die Qualität des Modells im Bezug auf oxidierte Substanzen zu verbessern, wurden einige Sensitivitätsstudien durchgeführt. Diese Substanzen werden durch Emissionen/Deposition von/in den Ozean beeinflußt, und die Kenntnis über den Gasaustausch mit dem Ozean ist mit großen Unsicherheiten behaftet. Um die Ergebnisse des Modells ECHAM5/MESSy1 zu verbessern wurde das neue Submodell AIRSEA entwickelt und in die MESSy-Struktur integriert. Dieses Submodell berücksichtigt den Gasaustausch zwischen Ozean und Atmosphäre einschließlich der oxidierten Substanzen. AIRSEA, welches Informationen über die Flüssigphasenkonzentration des Gases im Oberflächenwasser des Ozeans benötigt wurde ausgiebig getestet. Die Anwendung des neuen Submodells verbessert geringfügig die Modellergebnisse für Aceton und Methanol, obwohl die Verwendung einer vorgeschriebenen Flüssigphasenkonzentration stark den Erfolg der Methode einschränkt, da Meßergebnisse nicht in ausreichendem Maße zu Verfügung stehen. Diese Arbeit vermittelt neue Einsichten über organische Substanzen. Sie stellt die Wichtigkeit der Kopplung zwischen Ozean und Atmosphäre für die Budgets vieler Gase heraus.
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Lo studio delle malattie che colpiscono i coralli rappresenta un campo di ricerca nuovo e poche sono le ricerche concentrate nell’Oceano Indo-Pacifico, in particolare nella Repubblica delle Maldive. Lo scopo di questa ricerca è stato approfondire le conoscenze riguardo distribuzione, prevalenza e host range della Skeleton Eroding Band (SEB) nell’atollo di Faafu. Durante il lavoro, svolto in campo tra il novembre e il dicembre 2013, sono state indagate le isole di: Magoodhoo, Filitheyo e Adangau al fine di rilevare differenze nei livelli di prevalenza della SEB in relazione ai diversi gradi di utilizzo da parte dell’uomo delle 3 isole. Il piano di campionamento ha previsto la scelta casuale, in ciascuna delle isole, di 4 siti in cui sono stati realizzati 3 belt transect e 3 point intercept transect a 2 profondità predefinite. La SEB è stata ritrovata con una prevalenza media totale di 0,27%. Dai risultati dell’analisi statistica le differenze fra le isole non sono apparse significative, facendo ipotizzare che i livelli di prevalenza differiscano a causa di oscillazioni casuali di carattere naturale e che quindi non siano dovute a dinamiche legate al diverso sfruttamento da parte dell’uomo. I generi Acropora e Pocillopora sono risultati quelli maggiormente colpiti con valori di prevalenza totale di 0,46% e 1,33%. Infine è stata rilevata una correlazione positiva tra il numero di colonie di madrepore affette dalla SEB e il numero di colonie in cui la malattia è associata alla presenza di lesioni provocate da danni meccanici. I dati di prevalenza ottenuti e le previsioni di cambiamenti climatici in grado di aumentare distribuzione, host range, abbondanza della patologia, pongono l’accento sulla necessità di chiarire il ruolo delle malattie dei coralli nel deterioramento, resilienza e recupero dei coral reefs, al fine di attuare politiche di gestione adatte alla protezione di questi fragili ecosistemi.
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To clarify the patterns of frontobasal and frontosinal fractures in children and teenagers and to analyze whether the patterns relate to developmental stage of the facial skeleton.
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Dual carbon isotope anal. of marine aerosol samples has been performed for the first time demonstrating a potential in org. matter apportionment between three principal sources: marine, terrestrial (non-fossil) and fossil fuel due to unique isotopic signatures. The results presented here, utilizing combinations of dual carbon isotope anal., provides conclusive evidence of a dominant biogenic org. fraction to org. aerosol over biol. active oceans. In particular, the NE Atlantic, which is also subjected to notable anthropogenic influences via pollution transport processes, was found to contain 80 % org. aerosol matter of biogenic origin directly linked to plankton emissions. The remaining carbonaceous aerosol was of terrestrial origin. By contrast, for polluted air advected out from Europe into the NE Atlantic, the source apportionment is 30 % marine biogenic, 40 % fossil fuel, and 30 % continental non-fossil fuel. The dominant marine org. aerosol source in the atm. has significant implications for climate change feedback processes. [on SciFinder(R)]
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We present results from the international field campaign DAURE (Detn. of the sources of atm. Aerosols in Urban and Rural Environments in the Western Mediterranean), with the objective of apportioning the sources of fine carbonaceous aerosols. Submicron fine particulate matter (PM1) samples were collected during Feb.-March 2009 and July 2009 at an urban background site in Barcelona (BCN) and at a forested regional background site in Montseny (MSY). We present radiocarbon (14C) anal. for elemental and org. carbon (EC and OC) and source apportionment for these data. We combine the results with those from component anal. of aerosol mass spectrometer (AMS) measurements, and compare to levoglucosan-based ests. of biomass burning OC, source apportionment of filter data with inorg. compn. + EC + OC, submicron bulk potassium (K) concns., and gaseous acetonitrile concns. At BCN, 87 % and 91 % of the EC on av., in winter and summer, resp., had a fossil origin, whereas at MSY these fractions were 66 % and 79 %. The contribution of fossil sources to org. carbon (OC) at BCN was 40 % and 48 %, in winter and summer, resp., and 31 % and 25 % at MSY. The combination of results obtained using the 14C technique, AMS data, and the correlations between fossil OC and fossil EC imply that the fossil OC at Barcelona is ∼47 % primary whereas at MSY the fossil OC is mainly secondary (∼85 %). Day-to-day variation in total carbonaceous aerosol loading and the relative contributions of different sources predominantly depended on the meteorol. transport conditions. The estd. biogenic secondary OC at MSY only increased by ∼40 % compared to the order-of-magnitude increase obsd. for biogenic volatile org. compds. (VOCs) between winter and summer, which highlights the uncertainties in the estn. of that component. Biomass burning contributions estd. using the 14C technique ranged from similar to slightly higher than when estd. using other techniques, and the different estns. were highly or moderately correlated. Differences can be explained by the contribution of secondary org. matter (not included in the primary biomass burning source ests.), and/or by an over-estn. of the biomass burning OC contribution by the 14C technique if the estd. biomass burning EC/OC ratio used for the calcns. is too high for this region. Acetonitrile concns. correlate well with the biomass burning EC detd. by 14C. K is a noisy tracer for biomass burning. [on SciFinder(R)]