962 resultados para trattamento termico austempering 56SiCr7 microstruttura ausferrite proprietà meccaniche XRD
Resumo:
L’attività di studio affrontata in questa tesi di laurea nasce da una collaborazione di 11 mesi con l’ufficio tecnico della Aghito Zambonini S.p.A. di Fiorenzuola d’Arda, azienda specializzata nella progettazione e produzione delle facciate continue in vetro. Il primo capitolo analizza lo scenario energetico globale, in termini di consumi e fabbisogni mondiali, confrontandoli con quelli dell’UE e dello stato italiano. Nel capitolo seguente viene analizzato il sistema costruttivo delle facciate continue in vetro, dal punto di vista architettonico (classificazione, requisiti e prestazioni, materiali) e dal punto di vista fisico. Una sezione è stata dedicata all’approfondimento delle facciate a doppia pelle. Dopo una descrizione dei software di simulazione energetica, il caso studio viene analizzato attraverso una simulazione di tipo stazionario con il software WIS 3.0 e con una simulazione di tipo dinamico, tramite il software sperimentale ESP-r. Oltre al caso effettivamente realizzato (CASO A), sono state simulate in ESP-r altre quattro alternative, di cui una considerante una maggior superficie di ventilazione (CASO B), una con intercapedine completamente chiusa (CASO C), una con doppio vetro in facciata al posto del triplo (CASO D) e un’ultima alternativa considera un vetro maggiormente performante nella pelle esterna (CASO E). I risultati ottenuti, in termini di temperatura, velocità dell’aria nell’intercapedine, consumi e parametri soggettivi di comfort, possono essere assunti generalmente validi per un qualsiasi sistema a doppia pelle e mostrano che due casi tra quelli simulati sono peggiorativi (CASO C, CASO D) e due migliorativi (CASO B e CASO E) rispetto a quello effettivamente realizzato. Da questo studio si deduce l’importanza di parametri quali geometria, orientazione, ventilazione e proprietà dei materiali già nel corso della fase di progettazione di un involucro edilizio.
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Il presente lavoro di tesi è finalizzato all'ottimizzazione della formulazione iniziale e delle condizioni di stagionatura per ottenere un materiale utilizzabile come refrattario in applicazioni che richiedono elevate temperature di esposizione. L’interesse della ricerca scientifica verso questa nuova classe di materiali nasce dai vantaggi ambientali ed economici che essi possono fornire. Inoltre, le buone proprietà di resistenza e stabilità termica evidenziate dagli studi condotti negli ultimi anni inducono a sperimentare l’impiego dei materiali geopolimerici in sostituzione dei materiali refrattari o cementiferi attualmente in commercio. A tal fine sono state determinate le caratteristiche fisico-meccaniche, microstrutturali e termiche di matrici geopolimeriche additivate con scarti refrattari. Lo studio svolto, si può suddividere in tre fasi successive. Inizialmente sono state ottimizzazione le formulazioni geopolimeriche. Successivamente i prodotti ottenuti sono stati oggetto di caratterizzazione fisico-meccanica, microstrutturale e termica. Tali caratterizzazioni sono state eseguite attraverso: analisi al microscopio ottico, assorbimento di acqua, determinazione della densità geometrica, prove ultrasoniche per la determinazione dell’omogeneità del materiale, resistenza meccanica a compressione, diffrattometria ai raggi X (XRD), microscopio riscaldante, ciclo termico in muffola e analisi dilatometriche. Nella terza fase sono stati analizzati ed elaborati i risultati ottenuti, evidenziando le soddisfacenti proprietà di stabilità e resistenza termica. È stata inoltre effettuata una analisi economica preliminare evidenziando la competitività nel marcato del sistema geopolimerico studiato. Se a questo si aggiungono i considerevoli benefici ambientali dovuti al fatto che il prodotto è ottenuto con sostanze di recupero, non sarebbe sorprendente che in un futuro prossimo i geopolimeri possano essere largamente prodotti e commercializzati.
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Oggetto di studio in questa tesi è stato il ruolo modulatorio svolto dal neuropeptide nocicettina/orfanina FQ a carico della trasmissione nocicettiva. A scopo introduttivo, sono state illustrate le conoscenze attuali sul sistema nocicettina-NOP; sono state descritte le funzioni, la struttura e la distribuzione del recettore NOP, le azioni farmacologiche finora note e la distribuzione della nocicettina stessa al livello del S.N.C. e in periferia. Lo studio è stato condotto principalmente con due approcci differenti A) E’ stata studiata la capacità della nocicettina esogena o di suoi analoghi agonisti e antagonisti, di modificare la trasmissione nocicettiva. B) Sono state studiate le variazioni a carico del sistema endogeno nocicettina/recettore NOP in seguito a trattamenti di tipo farmacologico. A) E’ stata indagata la capacità della nocicettina e degli analoghi sintetici [Arg14, Lys15]N/OFQ e UFP-101 di modificare la soglia nocicettiva nel ratto, rilevata con il test del tail-flick, a seguito di somministrazione diretta nello spazio subaracnoideo, in confronto con la nocicettina stessa. La somministrazione intratecale del neuropeptide nocicettina (10 nmol/ratto) ha determinato un innalzamento statisticamente significativo delle latenze di risposta al test del tail-flick. L’analogo [Arg14, Lys15]N/OFQ è stato somministrato alla dose di 1 nmole/ratto i.t. provocando un innalzamento massimale delle soglie di latenza per tutto il periodo di osservazione, mentre alla dose 0,2 nmoli/ratto i.t ha provocato un effetto antinocicettivo sottomassimale pur dimostrandosi significativo rispetto ai controlli (p < 0,05 vs controlli a tutti i tempi di rilevazione). Il composto antagonista UFP-101 è risultato capace di antagonizzare l’azione sulla soglia analgesica sia della nocicettina sia dell’analogo [Arg14, Lys15]N/OFQ nel suo dosaggio minore, mentre contro la dose di 1 nmole/ratto i.t ha prodotto solamente una riduzione di effetto. Anche la somministrazione intratecale di MAP-N/OFQ si è dimostrata in grado di modificare la soglia nocicettiva determinata mediante il test del tail-flick, nel ratto, in modo dose dipendente. differentementeuna seconda somministrazione di MAP-N/OFQ dopo 24 ore, si è dimostrata totalmente inefficace nel modificare la soglia nocicettiva nei ratti precedentemente trattati, pur permanendo la loro suscettibilità all’azione analgesica della morfina, mostrando quindi il rapido sviluppo di tolerance al potente peptide nocicettinergico somministrato per via i.t.. Inoltre l’antagonista UFP-101 oltre ad essere ingrado di antagonizzare l’effetto della MAP-N/OFQ, ha mostrato la capacità di ridurre la tolerance sviluppata nei confronti del dendrimero. La somministrazione di MAP-N/OFQ per via i.c.v. ha prodotto variazione della soglia nocicettiva, producendo un innalzamento del volore soglia, dato contrastante con la maggior parte dei dati riguardanti la nocicettina in letteratura. Ha invece replicato l’effetto di antagonismo funzionale nei confronti della morfina, la quale dopo somministrazione di MAP-N/OFQ è risultata essere incapace di modificare la soglia nocicettiva nel ratto. Tale effetto perdura dopo 24 ore, quando una somministrazione di morfina produce un effetto analgesico inversamente proporzionale alla dose ricevuta di MAP-N/OFQ 24 ore prima. E’stato indagato il possibile ruolo neuromodulatorio del neuropeptide nocicettina esogeno, nell’analgesia prodotta da un farmaco di natura non oppiacea. In tal senso si è proceduto ad indagare l’eventuale capacità della nocicettina esogena, somministrata per via intracerebroventricolare e del suo analogo [Arg14, Lys15]N/OFQ, di antagonizzare l’analgesia prodotta dal farmaco paracetamolo. La nocicettina ha evidenziato la capacità di antagonizzare il potere antinocicettivo del paracetamolo fino a bloccarne completamente l’effetto al dosaggio più elevato, mostrando quindi proprietà antagonista dose-dipendente. Inoltre l’UFP-101, che di per se non altera l’analgesia indotta da paracetamolo, è ingrado di antagonizzare l’effetto della nocicettina sul paracetamolo in maniera dose-dipendente. Medesimo è risultato il comportamento dell’analogo della nocicettina, la Arg-Lys nocicettina. B) Sono state indagate le relazioni tra il sistema nocicettina/NOP e le proprietà farmacologiche di un noto farmaco oppiaceo quale la buprenorfina, le cui peculiari caratteristiche farmacodinamiche sano state recentemente collegate alla sua capacità di agire come agonista diretto al recettore NOP. In tal senso si è proceduto ad osservare l’effetto della somministrazione di buprenorfina sull’ assetto recettoriale di NOP, inseguito ad un trattamento prolungato con somministrazione sottocutanea mediante minipompe osmotiche nel ratto, rilevando successivamente, tramite uno studio di binding, le variazioni della densità recettoriale di NOP in alcune aree di interesse per la trasmissione nocicettiva. Sia nell’ippocampo che nel talamo e nella frontal cortex, la somministrazione prolungata di buprenorfina ha causato una riduzione significativa della densità recettoriale di NOP. Come ultimo aspetto indagato, al fine di determinare la presenza del neuropeptide nel liquido cerebrospinale e le sue eventuali modificazioni a seguito di manipolazioni farmacologiche e non farmacologiche, è stata messa a punto una metodica di perfusione dello spazio subaracnoideo nel ratto, che consentisse di ottenere materiale biologico su cui compiere la ricerca e quantificazione della presenza di nocicettina mediante dosaggio radioimmunologico. La perfusione di CSF artificiale arricchito di ione potassio ad una concentrazione pari a 60 mM ha evidenziato la possibilità di stimolare la liberazione della nocicettina nel liquido cerebrospinale di ratto, suggerendo quindi una sua provenienza da elementi eccitabili. E’ stato quindi possibile osservare l’andamento dei livelli di peptide a seguito della stimolazione nocicettiva prodotta da due agenti irritanti con caratteristiche differenti, la carragenina e la formalina. La somministrazione sottocutanea di carragenina (100 µl al 3 %) nella regione subplantare di entrambe le zampe posteriori del ratto non ha determinato alterazioni significative dei livelli di neuropeptide. Invece, la somministrazione di formalina (50 µl al 5 %), dopo un iniziale periodo di 30 minuti, ha causato un incremento significativo della liberazione di N/OFQ a partire dal terzo intervallo di raccolta seguente la somministrazione della sostanza. Questo rispecchia l’andamento di risposta al formalin test ottenuto anche mediante test di natura differente dagli analgesimetrici (es. comportamentale, elettrofisiologico), in quest’ottica l’aumento di nocicettina può essere interpretato come un evento dovuto alla sensibilizzazione centrale all’effetto pronocicettivo.
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L’utilizzo degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) nel campo dell’ingegneria civile riguarda essenzialmente il settore del restauro delle strutture degradate o danneggiate e quello dell’adeguamento statico delle strutture edificate in zona sismica; in questi settori è evidente la difficoltà operativa alla quale si va in contro se si volessero utilizzare tecniche di intervento che sfruttano materiali tradizionali. I motivi per cui è opportuno intervenire con sistemi compositi fibrosi sono: • l’estrema leggerezza del rinforzo, da cui ne deriva un incremento pressoché nullo delle masse sismiche ed allo stesso tempo un considerevole aumento della duttilità strutturale; • messa in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature da un numero limitato di operatori, da cui un minore costo della mano d’opera; • posizionamento in tempi brevi e spesso senza interrompere l’esercizio della struttura. Il parametro principale che definisce le caratteristiche di un rinforzo fibroso non è la resistenza a trazione, che risulta essere ben al di sopra dei tassi di lavoro cui sono soggette le fibre, bensì il modulo elastico, di fatti, più tale valore è elevato maggiore sarà il contributo irrigidente che il rinforzo potrà fornire all’elemento strutturale sul quale è applicato. Generalmente per il rinforzo di strutture in c.a. si preferiscono fibre sia con resistenza a trazione medio-alta (>2000 MPa) che con modulo elastico medio-alto (E=170-250 GPa), mentre per il recupero degli edifici in muratura o con struttura in legno si scelgono fibre con modulo di elasticità più basso (E≤80 GPa) tipo quelle aramidiche che meglio si accordano con la rigidezza propria del supporto rinforzato. In questo contesto, ormai ampliamente ben disposto nei confronti dei compositi, si affacciano ora nuove generazioni di rinforzi. A gli ormai “classici” FRP, realizzati con fibre di carbonio o fibre di vetro accoppiate a matrici organiche (resine epossidiche), si affiancano gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), i TRM (Textile Reinforced Mortars) e gli SRG (Steel Reinforced Grout) che sfruttano sia le eccezionali proprietà di fibre di nuova concezione come quelle in PBO (Poliparafenilenbenzobisoxazolo), sia un materiale come l’acciaio, che, per quanto comune nel campo dell’edilizia, viene caratterizzato da lavorazioni innovative che ne migliorano le prestazioni meccaniche. Tutte queste nuove tipologie di compositi, nonostante siano state annoverate con nomenclature così differenti, sono però accomunate dell’elemento che ne permette il funzionamento e l’adesione al supporto: la matrice cementizia
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Tra i temi di attualità, quello del risparmio energetico è tra i più dibattuti negli ultimi anni; tale tema è strettamente correlato al problema del riscaldamento globale, infatti, mentre sul prossimo esaurimento delle risorse energetiche tradizionali non vi sono ancora certezze assolute, per quanto riguarda l’azione nociva dei gas serra, la Comunità Scientifica Internazionale si ritrova d’accordo su una netta presa di posizione contro l’emissione di tali sostanze, provocata in larga parte dall’utilizzo dei combustibili fossili. In questo contesto, l’Unione Europea sta promuovendo la diffusione di tecnologie che non prevedano l’utilizzo di gas, petrolio o carbone, soprattutto per il settore dell’edilizia, ove una corretta progettazione e l’utilizzo di tecnologie non convenzionali può portare alla riduzione anche dell’80% dei consumi, con conseguente abbattimento delle emissioni. Tra questi interventi innovativi, il più comune e conosciuto è sicuramente quello del solare termico e fotovoltaico; ma ne esistono anche di altri, ancora non molto pubblicizzati in Italia, ma ampiamente conosciuti e utilizzati in altri paesi dell’Unione. Tra questi, vi è il sistema di riscaldamento analizzato in questa tesi: la pompa di calore geotermica. Tale sistema, come verrà spiegato nell’elaborato di laurea, ha indubbi vantaggi economici, energetici ed ambientali, a fronte di una non trascurabile spesa iniziale. Attualmente, nel Nord Italia, si incominciano a vedere impianti di questo tipo, sulla scia del successo riscontrato nei paesi confinanti (in particolare Austria e Svizzera). La progettazione si basa attualmente su modelli statici, sviluppati dall’Università Svizzera del Canton Ticino, per l’utilizzo della pompa di calore nel territorio alpino. Obiettivo della tesi, è la verifica di tali modelli, di cui si è venuto a conoscenza grazie alla collaborazione con l’Università SUPSI, sulle condizioni idrogeologiche della Pianura Padana, soffermandosi su alcuni parametri fondamentali della progettazione di una pompa di calore geotermica, quali la conduttività e la capacità termica volumetrica dei terreni incontrati, la presenza di falde, ed i parametri geometrici del pozzo, al fine di dare una valutazione tecnica ed economica dell’impianto. Tali analisi è stata infatti fino ad ora affrontata in maniera sommaria dai perforatori, che eseguono generalmente sempre lo stesso modello di pozzo geotermico, sulla base degli esempi consolidati di Svizzera e Germania. Alcune misure di temperatura in situ sono state rilevate in collaborazione con la società Geotermia SRL di Mantova, ditta specializzata nella perforazione di pozzi geotermici (tale esperienza è parte centrale dell’estratto “Laboratorio di Tesi Ls”), mentre la parte modellistica della tesi è stata sviluppata in collaborazione con lo studio di progettazione Studio Seta SRL di Faenza, il cui stabile è climatizzato in parte con una pompa di calore geotermica.