969 resultados para leaf functional traits


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Pós-graduação em Biologia Animal - IBILCE

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Pós-graduação em Biologia Animal - IBILCE

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A utilização de ecossistemas naturais como meta a ser atingida e a seleção de indicadores para monitoramento dos projetos são temas controversos na ciência e na prática da restauração. Analisamos a vegetação ripária em quatro remanescentes de Floresta Estacional Semidecidual, para verificar se alguns atributos dessas comunidades se repetem em diferentes locais, podendo ser referência para esta região fitogeográfica. Instalamos dez parcelas de 100 m² em cada local, amostramos plantas lenhosas com altura ≥ 0,5 m, divididas em estrato regenerante (DAP < 5 cm) e estrato arbóreo (DAP ≥ 5 cm) e classificamos as espécies com base em atributos funcionais, raridade e status de ameaça. Contabilizamos lianas, pteridófitas e árvores com epífitas. As variáveis estruturais de densidade (estrato arbóreo e regenerante e árvores com epífitas), área basal e cobertura de copas não diferiram entre locais. Foram pouco variáveis entre as áreas a riqueza rarefeita para 100 indivíduos no estrato arbóreo, a riqueza total estimada por Jackknife e as proporções de espécies raras, tolerantes à sombra, de crescimento lento e zoocóricas. Porém, analisando-se a proporção de indivíduos na comunidade, somente a tolerância à sombra foi pouco variável. Para as outras variáveis analisadas não existem padrões que possam ser considerados referência para esta região fitogeográfica. No entanto, ainda que para algumas variáveis existam padrões, sua utilização como meta da restauração depende de: 1) prazos longos para monitoramento de projetos e, sobretudo, 2) estudos que demonstrem que os ecossistemas restaurados podem, um dia, igualar aos ecossistemas pré-existentes.

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Pós-graduação em Ciências Ambientais - Sorocaba

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Pós-graduação em Ciências Ambientais - Sorocaba

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Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.

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Pollinating insects form a key component of European biodiversity, and provide a vital ecosystem service to crops and wild plants. There is growing evidence of declines in both wild and domesticated pollinators, and parallel declines in plants relying upon them. The STEP project (Status and Trends of European Pollinators, 2010-2015, www.step-project.net) is documenting critical elements in the nature and extent of these declines, examining key functional traits associated with pollination deficits, and developing a Red List for some European pollinator groups. Together these activities are laying the groundwork for future pollinator monitoring programmes. STEP is also assessing the relative importance of potential drivers of pollinator declines, including climate change, habitat loss and fragmentation, agrochemicals, pathogens, alien species, light pollution, and their interactions. We are measuring the ecological and economic impacts of declining pollinator services and floral resources, including effects on wild plant populations, crop production and human nutrition. STEP is reviewing existing and potential mitigation options, and providing novel tests of their effectiveness across Europe. Our work is building upon existing and newly developed datasets and models, complemented by spatially-replicated campaigns of field research to fill gaps in current knowledge. Findings are being integrated into a policy-relevant framework to create evidence-based decision support tools. STEP is establishing communication links to a wide range of stakeholders across Europe and beyond, including policy makers, beekeepers, farmers, academics and the general public. Taken together, the STEP research programme aims to improve our understanding of the nature, causes, consequences and potential mitigation of declines in pollination services at local, national, continental and global scales.

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The strength of top-down indirect effects of carnivores on plants (trophic cascades) varies greatly and may depend on the identity of the intermediate (herbivore) species. If the effect strength is linked to functional traits of the herbivores then this would allow for more general predictions. Due to the generally sub-lethal effects of herbivory in terrestrial systems, trophic cascades manifest themselves in the first instance in the fitness of individual plants, affecting both their numerical and genetic contributions to the population. We directly compare the indirect predator effects on growth and reproductive output of individual Vicia faba plants mediated by the presence of two aphid species: Acyrtosiphon pisum is characterised by a boom and bust strategy whereby colonies grow fast and overexploit their host plant individual while Megoura viciae appear to follow a more prudent strategy that avoids over-exploitation and death of the host plant.Plants in the field were infested with A. pisum, M. viciae or both and half the plants were protected from predators. Exposure to predators had a strong impact on the biomass of individual plants and the strength of this effect differed significantly between the different herbivore treatments.A. pisum had a greater direct impact on plants and this was coupled with a significantly stronger indirect predator effect on plant biomass.Although the direct impact of predators was strongest on M. viciae, this was not transmitted to the plant level, indicating that the predator-prey interactions strength is not as important as the plant-herbivore link for the magnitude of the indirect predator impact. At the individual plant level, the indirect predator effect was purely due to consumptive effects on herbivore densities with no evidence for increased herbivore dispersal in response to presence of predators. The nature of plant-herbivore interactions is the key to terrestrial trophic cascade strength. The two herbivores that we compared were similar in feeding mode and body size but differed their way how they exploit host plants, which was the important trait explaining the strength of the trophic cascade.