987 resultados para idrocarburi non convenzionali, shale gas, approvvigionamenti energetici, olio non convenzionale
Resumo:
L’attività di ricerca contenuta in questa tesi si è concentrata nello sviluppo e nell’implementazione di tecniche per la co-simulazione e il co-progetto non lineare/elettromagnetico di sistemi wireless non convenzionali. Questo lavoro presenta un metodo rigoroso per considerare le interazioni tra due sistemi posti sia in condizioni di campo vicino che in condizioni di campo lontano. In sostanza, gli effetti del sistema trasmittente sono rappresentati da un generatore equivalente di Norton posto in parallelo all’antenna del sistema ricevente, calcolato per mezzo del teorema di reciprocità e del teorema di equivalenza. La correttezza del metodo è stata verificata per mezzo di simulazioni e misure, concordi tra loro. La stessa teoria, ampliata con l’introduzione degli effetti di scattering, è stata usata per valutare una condizione analoga, dove l’elemento trasmittente coincide con quello ricevente (DIE) contenuto all’interno di una struttura metallica (package). I risultati sono stati confrontati con i medesimi ottenibili tramite tecniche FEM e FDTD/FIT, che richiedono tempi di simulazione maggiori di un ordine di grandezza. Grazie ai metodi di co-simulazione non lineari/EM sopra esposti, è stato progettato e verificato un sistema di localizzazione e identificazione di oggetti taggati posti in ambiente indoor. Questo è stato ottenuto dotando il sistema di lettura, denominato RID (Remotely Identify and Detect), di funzioni di scansione angolare e della tecnica di RADAR mono-pulse. Il sistema sperimentale, creato con dispositivi low cost, opera a 2.5 GHz ed ha le dimensioni paragonabili ad un normale PDA. E’ stato sperimentata la capacità del RID di localizzare, in scenari indoor, oggetti statici e in movimento.
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Nell’ambito del presente lavoro sperimentale sono state prese in considerazione differenti tecniche, tradizionali ed innovative, per la determinazione del contenuto di acqua presente negli oli extravergine di oliva. Seppur presente nell'olio in quantità limitata, l'acqua é in grado di favorire la dissoluzione e veicolare componenti minori idrofilici (come le molecole a struttura fenolica e polifenolica) all'interno di micelle inverse che si creano nella matrice lipidica quando alla superficie acqua-olio si aggregano composti anfifilici (come i digliceridi, i monogliceridi, gli acidi grassi liberi, i fosfolipidi etc.) che danno luogo alla formazione di aggregati colloidali. I risultati ottenuti su un set di 60 campioni hanno evidenziato come esistano correlazioni positive e soddisfacenti tra le diverse metodiche analitiche tradizionali quali la titolazione titrimetrica di Karl Fisher e quelle gravimetriche per essiccamento in stufa o mediante termobilancia. La migliore correlazione in termini di R2 con valore pari a circa 0,82 è stata ottenuta tra i metodi Karl Fisher ed essiccamento in stufa, mentre per esempio quella tra i due metodi gravimetrici (stufa e termobilancia) ha fatto registrare un valore inferiore (0,70). Pur essendosi verificate delle soddisfacenti correlazioni tra le tre tecniche tradizionali, i valori del contenuto in acqua dei campioni si sono presentati variabili in funzione dell'utilizzo di una modalità di misurazione rispetto all'altra. Tale variabilità é funzione di diversi fattori: la difficoltà di determinare l'acqua fortemente legata nel caso dei metodi per essiccamento; la perdita in peso causata anche da altri componenti in grado di volatilizzare alle condizioni analitiche adottate; la possibilità di formazione di composti non originariamente presenti come risultato di modificazioni chimiche indotte dall'elevata temperatura. Il contenuto di acqua è stato quindi stimato anche mediante una tecnica innovativa a basso costo basata su misure dielettriche. Considerato che l’olio extravergine di oliva è noto essere un ottimo isolante, il fenomeno dielettrico osservato risulta essere di natura capacitiva. Il risultato di correlazione ottenuto su un set di 23 oli extravergini di oliva applicando in parallelo questa tecnica rapida e la misura gravimetrica con stufa (che é un metodo ISO), è da considerarsi soddisfacente, con un R2 pari anche in questo caso a 0,82. In conclusione, le tecniche attualmente utilizzate per la determinazione del contenuto di acqua in oli extravergine di oliva risultano tra loro correlate. Considerando che tali tecniche tradizionali sono dispendiose o in termini di tempo (gravimetrico mediante stufa) o in termini di consumo di reagenti e solventi (titrimetrico con reattivo di Karl Fischer), il nuovo approccio sperimentato mediante misure capacitive può essere considerato molto interessante anche se, sicuramente, sarà da applicare ad un numero più ampio di campioni per rendere l'evidenza sperimentale più robusta.
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Il presente studio rappresenta la prima applicazione della tecnica CEUS in alcune delle più diffuse specie non convenzionali, nonché la prima nei rettili. In particolare è stata investigata la perfusione di fegato e milza in 10 conigli, 10 furetti e il fegato in 8 iguane. Per quanto riguarda i mammiferi, la tecnica è risultata di facile attuazione e i risultati ottenuti erano equiparabili a quelli documentati per i piccoli animali. Maggiore variabilità si è messa in evidenza a livello splenico in entrambe le specie e nel coniglio rispetto al furetto. Nelle iguane è stata necessaria una modifica del protocollo a seguito dei tempi più lunghi delle fasi di wash in e di wash out. Le curve ottenute erano caratterizzate da picchi più bassi e TTP più lunghi, con wash out incompleto anche dopo 10 minuti di indagine. Nelle iguane l’indagine del fegato è stata approfondita grazie all’esecuzione di TC dinamiche con MDC, studio pioneristico per quanto riguarda la medicina dei rettili. L’esecuzione è avvenuta senza problemi in anestesia generale. Diffusione del MDC e conseguenti variazione di HU a livello aortico e epatico sono state considerate contemporaneamente, con costruzione di curve HU-tempo piuttosto ripetibili, entrambe caratterizzate da un wash in rapido, un picco, particolarmente alto a livello aortico, e da una fase di wash out più lento, anche qui incompleto dopo i 600 secondi di indagine. Una certa variabilità è stata notata in tre individui, risultato attendibile conseguentemente alla forte dipendenza da fattori intriseci ed estrinseci del metabolismo e della funzionalità epatica dei rettili. L’intero protocollo è stato applicato in un furetto e due iguane patologiche, al fine di evidenziare le potenzialità cliniche delle tecniche. Sebbene il numero esiguo di casi non permetta di trarre conclusioni a questo riguardo, l’ultimo capitolo della tesi vuole essere uno spunto per studi futuri.
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The aim of this work is to evaluate the emissions of the main pollutants of a pellet stove, by trying to simulate the real use in domestic operations. All the operating phases of this system were considered: ignition, partial load, increase in power, and nominal load. In each phase, quantity and type of some pollutants in emissions were determined: the main pollutant gases (CO, NOx, SO2, H2S and volatile organic compounds (VOCs)), total dust (PM) and its content of polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs), regulated heavy metals (Ni, Cd, As and Pb), main soluble ions and Total Carbon (TC). Results show that emission factors of TSP, CO, and of the main determined pollutants (TC, Cd and PAHs) are higher during ignition phase. In particular, this phase prevalently contributes to PAHs emissions. During increase in power phase, gas and particulate emissions do not appreciably differ from nominal load ones; nevertheless, PAH emission factors are higher than steady state ones, but lower than ignition phase. Moreover, during not-steady state phases, PAH mixture is more toxic than during steady state phases. In conclusion, this study allowed to go deeper in pellet stove environmental impact, by pointing out how the different operating conditions can modify the emissions. These are different from certificated data, which are based exclusively on measurements in steady state conditions.
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L’aumento delle concentrazioni del diossido di carbonio in atmosfera dovuto alla combustione dei combustibili fossili è una fonte di grande preoccupazione a causa del suo impatto sul clima globale. La biomassa è l’unica fonte rinnovabile a poter essere convertita in combustibili e, tra i metodi di conversione, la pirolisi produce un liquido (bio-olio) che presenta potenzialità come combustibile. Le alghe sono una biomassa di interesse, ma il bio-olio che si ottiene è caratterizzato da composti contenenti ossigeno, zolfo e azoto che ne riducono la qualità. Tali elementi possono essere eliminati attraverso la scissione (cracking) con zeoliti con la produzione di idrocarburi. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare le caratteristiche del cracking catalitico di tre microalghe: Arthrospira platensis, Botryococcus braunii e Desmodesmus communis per la produzione di idrocarburi. Le biomasse sono state pirolizzate a 500 °C e i vapori prodotti termicamente sono stati fatti passare nella zeolite dove subiscono il cracking. Sono state utilizzate due zeolite a diversa acidità: un pellet H-ZSM5 (SiO2/Al2O3=38) e un monolite a base di HZSM5 (SiO2/Al2O3=80) e sepiolite. Dal cracking si ottengono sei frazioni pirolitiche: char, coke, fase acquosa, bio-olio, frazione volatile e gas non condensabili. Le frazioni sono state caratterizzate tramite analisi elementari e molecolari e dai dati ottenuti sono stati calcolati i bilanci di N, C e del potere calorifico. Per tutte le alghe si ottiene un bio-olio con un elevato contenuto di carbonio e fortemente deossigenato, ma le rese sono relativamente basse. I prodotti che contengono una maggior frazione del carbonio della biomassa iniziale sono il char ed il coke, seguiti dalla fase organica e dai gas. La distribuzione dell’azoto è simile ma con una maggiore frazione nella fase acquosa. Entrambi i catalizzatori agiscono migliorando la qualità del bio-olio tramite la riduzione dei composti azotati ed ossigenati e formando idrocarburi monoaromatici, tipici delle benzine, e poliaromatici. Il monolite, con zeolite meno acida, produce una maggior frazione di bio-olio caratterizzato, però, da una minor percentuale di composti aromatici. Si ritiene che l’aumento delle rese del bio-olio e la valorizzazione dei sottoprodotti (biochar, fase acquosa) siano indispensabili per la sostenibilità del processo.
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Il presente lavoro di tesi si è focalizzato sullo studio e sulla ottimizzazione di un sistema integrato, che utilizzi la reazione di oxy-reforming del metano al fine di produrre syngas che venga trattato attraverso la water-gas shift al fine di abbattere il contenuto di CO e al tempo stesso aumentare la resa in H2. Con l’obiettivo di ottenere H2 ad elevata purezza (>99%) da poter essere inviato direttamente a celle a combustible ed in impianti di piccola taglia con possibile delocalizzazione della produzione industriale di energia elettrica e termica “pulita”, la miscela reale uscente dal processo di oxy-reforming è stata processata tramite successiva water-gas shift direttamente all’interno di una membrana ceramica al Pd selettiva nella separazione di H2. L’innovativià di questo progetto di studio è data da diversi parametri quali: 1) l’impiego dell’oxy-reforming in alternativa al normale steam-reforming del CH4, che permette di condurre il processo a temperature decisamente inferiori (700-750°C), utilizzando un minor quantitativo di vapore (S/C = 0.7); 2) l’utilizzo di due nuove formulazioni di catalizzatore di WGS per alte temperature, capace di operare in un unico stadio conversioni di CO ottenibili industrialmente solo attraverso i convenzionali due due stadi di reazione (e due diverse formulazioni di catalizzatori a base di Fe/Cr e Cu); 3) l’utilizzo di supporti ceramici con membrana a base di Pd, capaci di ospitare al loro interno un catalizzatore eterogeneo per la reazione di WGS a 400°C, rendendo quindi possibile la produzione e contemporanea separazione di H2 con un ulteriore effetto positivo poiché la membrana rimuovendo H2 dalla zona di reazione favorisce il superamento dell’equilibrio termodinamico per la conversione del CO, abbassandone il contenuto nel flusso uscente dei gas reazione e rendendo non più necessari sistemi aggiuntivi di separazione quali PSA o PROXY.
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Lo scopo di questo studio sperimentale è stato quello di determinare l’effetto dell’aggiunta di piccole quantità (1wt%) di grafene e ossido di grafene al poli(1-trimetilsilil-1-propino) (PTMSP). Il PTMSP è uno dei polimeri più promettenti per la separazione di gas tramite membrane polimeriche grazie al suo elevato volume libero (26%). Sono state studiate sia membrane spesse (60-180 micron) preparate per solvent casting che sottili (2-10 micron) preparate per spin coating supportate su un film poroso di polipropilene commerciale. L’ossido di grafene aumenta la permeabilità del PTMSP, mentre il grafene ha mostrato un comportamento variabile in funzione del protocollo di preparazione che è risultato dipendere fortemente dalla velocità di evaporazione del solvente. Le membrane così ottenute sono state testate al permeometro. È stata osservata una dipendenza della permeabilità in funzione dello spessore del film e del grado di invecchiamento. In particolare, la presenza di nanofiller riduce il grado di invecchiamento dei film di PTMSP. Nel caso specifico della coppia di gas permeanti He/CO2, i campioni hanno mostrato un comportamento intercambiabile di selettività all’He o alla CO2, modulabile in funzione della temperatura tra 30-60°C e del filler utilizzato.
Einstein's quantum theory of the monatomic ideal gas: non-statistical arguments for a new statistics
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Extraction of natural gas by hydraulic fracturing of the Middle Devonian Marcellus Shale, a major gas-bearing unit in the Appalachian Basin, results in significant quantities of produced water containing high total dissolved solids (TDS). We carried out a strontium (Sr) isotope investigation to determine the utility of Sr isotopes in identifying and quantifying the interaction of Marcellus Formation produced waters with other waters in the Appalachian Basin in the event of an accidental release, and to provide information about the source of the dissolved solids. Strontium isotopic ratios of Marcellus produced waters collected over a geographic range of ∼375 km from southwestern to northeastern Pennsylvania define a relatively narrow set of values (εSr SW = +13.8 to +41.6, where εSr SW is the deviation of the 87Sr/86Sr ratio from that of seawater in parts per 104); this isotopic range falls above that of Middle Devonian seawater, and is distinct from most western Pennsylvania acid mine drainage and Upper Devonian Venango Group oil and gas brines. The uniformity of the isotope ratios suggests a basin-wide source of dissolved solids with a component that is more radiogenic than seawater. Mixing models indicate that Sr isotope ratios can be used to sensitively differentiate between Marcellus Formation produced water and other potential sources of TDS into ground or surface waters.
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Using survey and interview data gathered from educators and educational administrators, we investigate school and community impacts of unconventional gas extraction within Pennsylvania's Marcellus Shale region. Respondents in areas with high levels of drilling are significantly more likely to perceive the effects of local economic gains, but also report increased inequality, heightened vulnerability of disadvantaged community members, and pronounced strains on local infrastructure. As community stakeholders in positions of local leadership, school leaders in areas experiencing Marcellus Shale natural gas extraction often face multiple decision-making dilemmas. These dilemmas occur in the context of incomplete information and rapid, unpredictable community change involving the emergence of both new opportunities and new insecurities.
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Un caloducto en bucle cerrado o Loop Heat Pipe (LHP) es un dispositivo de transferencia de calor cuyo principio de operación se basa en la evaporación/condensación de un fluido de trabajo, que es bombeado a través de un circuito cerrado gracias a fuerzas de capilaridad. Gracias a su flexibilidad, su baja masa y su mínimo (incluso nulo) consumo de potencia, su principal aplicación ha sido identificada como parte del subsistema de control térmico de vehículos espaciales. En el presente trabajo se ha desarrollado un LHP capaz de funcionar eficientemente a temperaturas de hasta 125 oC, siguiendo la actual tendencia de los equipos a bordo de satélites de incrementar su temperatura de operación. En la selección del diseño optimo para dicho LHP, la compatibilidad entre materiales y fluido de trabajo se identificó como uno de los puntos clave. Para seleccionar la mejor combinación, se llevó a cabo una exhaustiva revisión del estado del arte, además de un estudio especifico que incluía el desarrollo de un banco de ensayos de compatibilidad. Como conclusión, la combinación seleccionada como la candidata idónea para ser integrada en el LHP capaz de operar hasta 125 oC fue un evaporador de acero inoxidable, líneas de titanio y amoniaco como fluido de trabajo. En esa línea se diseñó y fabricó un prototipo para ensayos y se desarrolló un modelo de simulación con EcosimPro para evaluar sus prestaciones. Se concluyó que el diseño era adecuado para el rango de operación definido. La incompatibilidad entre el fluido de trabajo y los materiales del LHP está ligada a la generación de gases no condensables. Para un estudio más detallado de los efectos de dichos gases en el funcionamiento del LHP se analizó su comportamiento con diferentes cantidades de nitrógeno inyectadas en su cámara de compensación, simulando un gas no condensable formado en el interior del dispositivo. El estudio se basó en el análisis de las temperaturas medidas experimentalmente a distintos niveles de potencia y temperatura de sumidero o fuente fría. Adicionalmente, dichos resultados se compararon con las predicciones obtenidas por medio del modelo en EcosimPro. Las principales conclusiones obtenidas fueron dos. La primera indica que una cantidad de gas no condensable más de dos veces mayor que la cantidad generada al final de la vida de un satélite típico de telecomunicaciones (15 años) tiene efectos casi despreciables en el funcionamiento del LHP. La segunda es que el principal efecto del gas no condensable es una disminución de la conductancia térmica, especialmente a bajas potencias y temperaturas de sumidero. El efecto es más significativo cuanto mayor es la cantidad de gas añadida. Asimismo, durante la campaña de ensayos se observó un fenómeno no esperado para grandes cantidades de gas no condensable. Dicho fenómeno consiste en un comportamiento oscilatorio, detectado tanto en los ensayos como en la simulación. Este efecto es susceptible de una investigación más profunda y los resultados obtenidos pueden constituir la base para dicha tarea. ABSTRACT Loop Heat Pipes (LHPs) are heat transfer devices whose operating principle is based on the evaporation/condensation of a working fluid, and which use capillary pumping forces to ensure the fluid circulation. Thanks to their flexibility, low mass and minimum (even null) power consumption, their main application has been identified as part of the thermal control subsystem in spacecraft. In the present work, an LHP able to operate efficiently up to 125 oC has been developed, which is in line with the current tendency of satellite on-board equipment to increase their operating temperatures. In selecting the optimal LHP design for the elevated temperature application, the compatibility between the materials and working fluid has been identified as one of the main drivers. An extensive literature review and a dedicated trade-off were performed, in order to select the optimal combination of fluids and materials for the LHP. The trade-off included the development of a dedicated compatibility test stand. In conclusion, the combination of stainless steel evaporator, titanium piping and ammonia as working fluid was selected as the best candidate to operate up to 125 oC. An LHP prototype was designed and manufactured and a simulation model in EcosimPro was developed to evaluate its performance. The first conclusion was that the defined LHP was suitable for the defined operational range. Incompatibility between the working fluid and LHP materials is linked to Non Condensable Gas (NCG) generation. Therefore, the behaviour of the LHP developed with different amounts of nitrogen injected in its compensation chamber to simulate NCG generation, was analyzed. The LHP performance was studied by analysis of the test results at different temperatures and power levels. The test results were also compared to simulations in EcosimPro. Two additional conclusions can be drawn: (i) the effects of an amount of more than two times the expected NCG at the end of life of a typical telecommunications satellite (15 years) is almost negligible on the LHP operation, and (ii) the main effect of the NCG is a decrease in the LHP thermal conductance, especially at low temperatures and low power levels. This decrease is more significant with the progressive addition of NCG. An unexpected phenomenon was observed in the LHP operation with large NCG amounts. Namely, an oscillatory behaviour, which was observed both in the tests and the simulation. This effect provides the basis for further studies concerning oscillations in LHPs.
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The semiempirical PM3 method, calibrated against ab initio HF/6–31+G(d) theory, has been used to elucidate the reaction of 1,2-dichloroethane (DCE) with the carboxylate of Asp-124 at the active site of haloalkane dehalogenase of Xanthobacter autothropicus. Asp-124 and 13 other amino acid side chains that make up the active site cavity (Glu-56, Trp-125, Phe-128, Phe-172, Trp-175, Leu-179, Val-219, Phe-222, Pro-223, Val-226, Leu-262, Leu-263, and His-289) were included in the calculations. The three most significant observations of the present study are that: (i) the DCE substrate and Asp-124 carboxylate, in the reactive ES complex, are present as an ion-molecule complex with a structure similar to that seen in the gas-phase reaction of AcO− with DCE; (ii) the structures of the transition states in the gas-phase and enzymatic reaction are much the same where the structure formed at the active site is somewhat exploded; and (iii) the enthalpies in going from ground states to transition states in the enzymatic and gas-phase reactions differ by only a couple kcal/mol. The dehalogenase derives its catalytic power from: (i) bringing the electrophile and nucleophile together in a low-dielectric environment in an orientation that allows the reaction to occur without much structural reorganization; (ii) desolvation; and (iii) stabilizing the leaving chloride anion by Trp-125 and Trp-175 through hydrogen bonding.