910 resultados para Skeleton clarification
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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)
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Sweet sorghum is a potential complementary crop for ethanol production in Brazil, United States and India. Since, phenols are playing inhibitory role in the process of ethanol production from extracted juice from sweet sorghum stalks, it's removal from juice is necessary for better ethanol yield. The aim of this research was to evaluate the use of magnesium oxide and calcium hydroxide as coagulant agents in different pH levels in the juice treatment. The experiment was arranged in a split-plot statistical design. Main treatments corresponded to the different coagulants and secondary treatments were the pH levels (6.0 and 7.0). Analysis of coagulant volume, juice pH, settling rate and sludge volume were performed during the decantation process. Clarified juice was analyzed as Brix, pH, ashes, phenolic compounds and starch. The use of magnesium oxide resulted in lower sludge volume, phenolic compounds and ashes. The use of calcium hydroxide decreased starch content, whereas clarification at pH 7.0 promoted higher sludge volume. Treating juice with magnesium oxide improved decantation dynamics of the process and clarified juice quality.
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Six genus-group names in the tribe Trichiini (Coleoptera: Scarabaeidae: Cetoniinae) are discussed with regards to their availability and validity under the International Code of Zoological Nomenclature. Aleurostictus Kirby, Archimedius Kirby, Euclidius Kirby, Gymnodus Kirby, Tetrophthalmus Kirby, and Trichinus Kirby all have priority over most other generic names in the tribe but none of the names are in prevailing usage. Clarifications are needed due to the reemergence of Aleurostictus Kirby in current literature and confusion over the nomenclatural status of the other names. Type species are designated for Aleurostictus Kirby, Tetrophthalmus Kirby, and Stegopterus Burmeister and Schaum. The gender of the genera Trigonopeltastes Burmeister and Schaum and Apeltastes Howden is also discussed.
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Hymenoptera exhibit an incredible diversity of phenotypes, the result of similar to 240 million years of evolution and the primary subject of more than 250 years of research. Here we describe the history, development, and utility of the Hymenoptera Anatomy Ontology (HAO) and its associated applications. These resources are designed to facilitate accessible and extensible research on hymenopteran phenotypes. Outreach with the hymenopterist community is of utmost importance to the HAO project, and this paper is a direct response to questions that arose from project workshops. In a concerted attempt to surmount barriers of understanding, especially regarding the format, utility, and development of the HAO, we discuss the roles of homology, "preferred terms", and "structural equivalency". We also outline the use of Universal Resource Identifiers (URIs) and posit that they are a key element necessary for increasing the objectivity and repeatability of science that references hymenopteran anatomy. Pragmatically, we detail a mechanism (the "URI table") by which authors can use URIs to link their published text to the HAO, and we describe an associated tool (the "Analyzer") to derive these tables. These tools, and others, are available through the HAO Portal website (http://portal.hymao.org). We conclude by discussing the future of the HAO with respect to digital publication, cross-taxon ontology alignment, the advent of semantic phenotypes, and community-based curation.
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Máster Oficial en Cultivos Marinos. VI Máster Internacional en Acuicultura. Trabajo presentado como requisito parcial para la obtención del Título de Máster Oficial en Cultivos Marinos, otorgado por la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria (ULPGC), el Instituto Canario de Ciencias Marinas (ICCM), y el Centro Internacional de Altos Estudios Agronómicos Mediterráneos de Zaragoza (CIHEAM)
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L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.
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Form und Gestalt kraniofazialer Strukturen sind primär beeinflusst durch die inhärente Integration der unterschiedlichsten Funktionssysteme und externer selektiver Einflüsse. Die Variabilität der Schädel-Morphe ist ein Indikator für solche Einflussfaktoren und damit ein idealer Gegenstand für vergleichende Analysen morphogenetischer Formbildung. Zur Ermittlung morphologisch-adaptiver Trends und Muster wurden sowohl Hypothesen zur morphologischen Differenziertheit als auch zu Korrelationen zwischen modularen Schädelkompartimenten (fazial, neurokranial, basikranial) untersucht. Zusätzlich wurden aus Schichtröntgenaufnahmen (CT) virtuelle Modelle rekonstruiert, welche die Interpretation der statistischen Befunde unterstützen sollten. Zur Berechnung der Gestaltunterschiede wurden mittels eines mechanischen Gelenkarm-Messgerätes (MicroScribe-G2) max. 85 ektokraniale Messpunkte (Landmarks) bzw. dreidimensionale Koordinaten an ca. 520 Schädeln von fünf rezenten Gattungen der Überfamilie Hominoidea (Hylobates, Pongo, Gorilla, Pan und Homo) akquiriert. Aus dem Datensatz wurden geometrische Störfaktoren (Größe, Translation, Rotation) mathematisch eliminiert und die verbleibenden Residuale bzw. ‚Gestalt-Variablen‘ diversen multivariat-statistischen Verfahren unterzogen (Faktoren, Cluster-, Regressions- und Korrelationsanalysen sowie statistische Tests). Die angewandten Methoden erhalten die geometrische Information der Untersuchungsobjekte über alle Analyseschritte hinweg und werden unter der Bezeichnung „Geometric Morphometrics (GMM)“ als aktueller Ansatz der Morphometrie zusammengefasst. Für die unterschiedlichen Fragestellungen wurden spezifische Datensätze generiert. Es konnten diverse morphologische Trends und adaptive Muster mit Hilfe der Synthese statistischer Methoden und computer-basierter Rekonstruktionen aus den generierten Datensätzen ermittelt werden. Außerdem war es möglich, präzise zu rekonstruieren, welche kranialen Strukturen innerhalb der Stichprobe miteinander wechselwirken, einzigartige Variabilitäten repräsentieren oder eher homogen gestaltet sind. Die vorliegenden Befunde lassen erkennen, dass Fazial- und Neurokranium am stärksten miteinander korrelieren, während das Basikranium geringe Abhängigkeiten in Bezug auf Gesichts- oder Hirnschädelveränderungen zeigte. Das Basikranium erweist sich zudem bei den nicht-menschlichen Hominoidea und über alle Analysen hinweg als konservative und evolutiv-persistente Struktur mit dem geringsten Veränderungs-Potential. Juvenile Individuen zeigen eine hohe Affinität zueinander und zu Formen mit einem kleinem Gesichts- und großem Hirnschädel. Während das Kranium des rezenten Menschen primär von Enkephalisation und fazialer Retraktion (Orthognathisierung) dominiert ist und somit eine einzigartige Gestalt aufweist, zeigt sich der Kauapparat als maßgeblich formbildendes Kompartiment bei den nicht-menschlichen Formen. Die Verbindung von GMM mit den interaktiven Möglichkeiten computergenerierter Modelle erwies sich als valides Werkzeug zur Erfassung der aufgeworfenen Fragestellungen. Die Interpretation der Befunde ist durch massive Interkorrelationen der untersuchten Strukturen und der statistisch-mathematischen Prozeduren als hoch komplex zu kennzeichnen. Die Studie präsentiert einen innovativen Ansatz der modernen Morphometrie, welcher für zukünftige Untersuchungen im Bereich der kraniofazialen Gestaltanalyse ausgebaut werden könnte. Dabei verspricht die Verknüpfung mit ‚klassischen’ und modernen Zugängen (z. B. Molekularbiologie) gesteigerte Erkenntnismöglichkeiten für künftige morphometrische Fragestellungen.
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Lo studio delle malattie che colpiscono i coralli rappresenta un campo di ricerca nuovo e poche sono le ricerche concentrate nell’Oceano Indo-Pacifico, in particolare nella Repubblica delle Maldive. Lo scopo di questa ricerca è stato approfondire le conoscenze riguardo distribuzione, prevalenza e host range della Skeleton Eroding Band (SEB) nell’atollo di Faafu. Durante il lavoro, svolto in campo tra il novembre e il dicembre 2013, sono state indagate le isole di: Magoodhoo, Filitheyo e Adangau al fine di rilevare differenze nei livelli di prevalenza della SEB in relazione ai diversi gradi di utilizzo da parte dell’uomo delle 3 isole. Il piano di campionamento ha previsto la scelta casuale, in ciascuna delle isole, di 4 siti in cui sono stati realizzati 3 belt transect e 3 point intercept transect a 2 profondità predefinite. La SEB è stata ritrovata con una prevalenza media totale di 0,27%. Dai risultati dell’analisi statistica le differenze fra le isole non sono apparse significative, facendo ipotizzare che i livelli di prevalenza differiscano a causa di oscillazioni casuali di carattere naturale e che quindi non siano dovute a dinamiche legate al diverso sfruttamento da parte dell’uomo. I generi Acropora e Pocillopora sono risultati quelli maggiormente colpiti con valori di prevalenza totale di 0,46% e 1,33%. Infine è stata rilevata una correlazione positiva tra il numero di colonie di madrepore affette dalla SEB e il numero di colonie in cui la malattia è associata alla presenza di lesioni provocate da danni meccanici. I dati di prevalenza ottenuti e le previsioni di cambiamenti climatici in grado di aumentare distribuzione, host range, abbondanza della patologia, pongono l’accento sulla necessità di chiarire il ruolo delle malattie dei coralli nel deterioramento, resilienza e recupero dei coral reefs, al fine di attuare politiche di gestione adatte alla protezione di questi fragili ecosistemi.
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To clarify the patterns of frontobasal and frontosinal fractures in children and teenagers and to analyze whether the patterns relate to developmental stage of the facial skeleton.
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Bone research is limited by the methods available for detecting changes in bone metabolism. While dual X-ray absorptiometry is rather insensitive, biochemical markers are subject to significant intra-individual variation. In the study presented here, we evaluated the isotopic labeling of bone using 41Ca, a long-lived radiotracer, as an alternative approach. After successful labeling of the skeleton, changes in the systematics of urinary 41Ca excretion are expected to directly reflect changes in bone Ca metabolism. A minute amount of 41Ca (100 nCi) was administered orally to 22 postmenopausal women. Kinetics of tracer excretion were assessed by monitoring changes in urinary 41Ca/40Ca isotope ratios up to 700 days post-dosing using accelerator mass spectrometry and resonance ionization mass spectrometry. Isotopic labeling of the skeleton was evaluated by two different approaches: (i) urinary 41Ca data were fitted to an established function consisting of an exponential term and a power law term for each individual; (ii) 41Ca data were analyzed by population pharmacokinetic (NONMEM) analysis to identify a compartmental model that describes urinary 41Ca tracer kinetics. A linear three-compartment model with a central compartment and two sequential peripheral compartments was found to best fit the 41Ca data. Fits based on the use of the combined exponential/power law function describing urinary tracer excretion showed substantially higher deviations between predicted and measured values than fits based on the compartmental modeling approach. By establishing the urinary 41Ca excretion pattern using data points up to day 500 and extrapolating these curves up to day 700, it was found that the calculated 41Ca/40Ca isotope ratios in urine were significantly lower than the observed 41Ca/40Ca isotope ratios for both techniques. Compartmental analysis can overcome this limitation. By identifying relative changes in transfer rates between compartments in response to an intervention, inaccuracies in the underlying model cancel out. Changes in tracer distribution between compartments were modeled based on identified kinetic parameters. While changes in bone formation and resorption can, in principle, be assessed by monitoring urinary 41Ca excretion over the first few weeks post-dosing, assessment of an intervention effect is more reliable approximately 150 days post-dosing when excreted tracer originates mainly from bone.