714 resultados para Sismicità, pericolosità, bolognese, sisma, scossa, terremoto, magnitudo, meccanismo focale


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La lettura e l’analisi della città di Mirandola post-sisma hanno portato ad una serie di considerazioni che mirano a ripensare la città non solo in termini di ricostruzione dal terremoto, ma riflettono su come organizzare una città contemporanea, riscoprendo la città ottagonale con segni architettonici riconoscibili. Inoltre l’integrazione tra centro storico e prima fascia oltre la Circonvallazione è stata risolta attraverso la progettazione di una grande corte della cultura a partire dagli esistenti Chiesa e Collegio dei Gesuiti.

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Il progetto per il cimitero e centro interreligioso a Finale Emilia nasce dalla terribile vicenda del terremoto del maggio 2012, che ha portato a ripensare e ricostruire la città. Finale Emilia ha perso diversi punti di riferimento durante il sisma: i monumenti e gran parte del patrimonio artistico e culturale della città. Analizzando la demografia della città è emersa una importante presenza straniera, e in particolare appartenente alla comunità musulmana. Siccome Finale Emilia è la sede del più antico e suggestivo cimitero ebraico della regione e possiede inoltre un elegante cimitero monumentale cattolico, si è pensato di progettare una grande area cimiteriale interreligiosa dotata anche di numerosi spazi per la collettività, una moschea e una biblioteca come centro di incontro. Quella dell’integrazione è una delle più importanti e difficili sfide del nostro tempo e questo progetto si propone di provare a darne una risposta architettonica per favorire il dialogo.

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La nostra ricerca si è focalizzata sul tema dell’identità di Cavezzo, risorsa preziosa che la catastrofe ha distrutto in un attimo, insieme alle vite umane e ai beni materiali. La perdita di identità comporta infatti negli abitanti la percezione di vivere la propria quotidianità in una sorta di “non luogo”. Poiché il nostro progetto non può essere in grado di risolvere il dolore umano provocato da questo evento, abbiamo agito sulla città per quella che è o che dovrebbe essere, ovvero un agglomerato di architetture, spazi pubblici e privati, capaci di restituire riconoscibilità, e dunque senso di appartenenza, ai suoi cittadini. L’obiettivo principale è stato quindi quello di dare agli abitanti un’immagine diversa ma chiara del proprio paese. L’evento del terremoto non viene infatti congelato, musealizzato o usato come pretesto per ricostruire “com’era dov’era”, ma diventa l’occasione per ripensare la città nella sua interezza e per affrontare riflessioni sulla gerarchia fra spazi collettivi e individuali, e sulla capacità di questi elementi di tenere insieme la comunità. Abbiamo deciso di chiamare la nostra tesi “Cavezzo, isola di pietra. Percorsi di identità urbana” innanzitutto perché il nostro progetto si è focalizzato su uno degli isolati urbani maggiormente sedimentati di Cavezzo, uno dei pochi luoghi radicati nella storia della città. Esso conserva il nucleo originario, nato a partire dalla chiesa di Sant’Egidio, attorno al quale si è poi sviluppato tutto l’aggregato urbano, e detiene una forte e radicata relazione con gli elementi naturali della Bassa, in quanto l’acqua del canalino che vi sorgeva è generatrice di forme e il verde instaura relazioni con la campagna limitrofa. Questi segni casuali di una natura che agisce incontrollata e plasma la forma di queste terre diventano il pretesto iniziale che dà vita a tutto il nostro progetto, sia per la sua forma, sia per la sua collocazione ed il significato che esso assume all’interno della città. Questo progetto, radicato nella storia, si snoda in diversi percorsi paralleli che vedono il susseguirsi di tre interventi che, nonostante la loro diversità, possono essere comunque letti in modo unitario. Queste tre operazioni vengono infatti tenute insieme da alcuni principi condivisi che rafforzano la leggibilità dell’intervento complessivo; in particolare una relazione rimane sempre imprescindibile per tutti: quella con la città e con le preesistenze. Tutti e tre i progetti lavorano sulla gerarchia tra spazi pubblici e privati, indagando tematiche diverse, seppur legate, come quelle della casa e del teatro.

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Lo studio si prefigge di verificare la fattibilità di un nuovo meccanismo per l'azionamento di una mano protesica e inoltre di costruirne un prototipo. Questo nuovo meccanismo andrebbe a sostituire le molle azionate da tiranti delle attuali protesi cinematiche, evitando all'amputato vistosi movimenti del corpo atti ad azionare la mano protesica. Tramite confronto tra le forze calcolate tramite modellazione del meccanismo e quelle realmente fornite dal paziente, si può dichiarare che il meccanismo funziona correttamente. Il prototipo costruito inoltre rispetta i vincoli dimensionali che deve avere una protesi per arto superiore.

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Agostino Mitelli (1609-1660) è una figura centrale nella vicenda artistica bolognese. Rinnova profondamente la quadratura, genere in cui opera maggiormente, e diventa il principale riferimento per le generazioni successive. Infatti ha un grande numero di allievi che si fanno interpreti del suo stile e le sue opere continuano ad essere studiate fino a Settecento inoltrato. Nel suo lavoro accorda una grande importanza al mezzo grafico, in cui eccelle e che considera strumento di verifica ed esercizio. Questa predilezione influenza anche i suoi seguaci: dopo la sua morte i suoi disegni diventano molto ricercati e vengono impiegati come repertori di soluzioni di quadratura ed elementi decorativi. Sono essi stessi strumento di studio e infatti ci è pervenuto un grande numero di copie ed esercizi in stile mitelliano. L'analisi sistematica di questo materiale anonimo e poco studiato mi ha permesso di individuare alcune delle personalità di maggiore spicco tra i suoi seguaci, quali Domenico Santi, Giacomo Antonio Mannini e Marc'Antonio Chiarini. Per valutare l'influenza dell'opera di Agostino presso le generazioni successive è centrale anche la produzione calcografica che analizzo a partire dalle quattro serie di elementi di ornato che egli stesso dà alle stampe e che riscuotono molto successo, come provano le numerose ristampe, anche francesi. Dopo la sua morte vengono incise diverse imprese che si riallacciano al suo operato: la prima è quella del figlio Giuseppe Maria Mitelli che pubblica alcuni suoi disegni. Seguono le serie di Santi, Buffagnotti, Mannini, Chiarini e diversi altri che comprendono anche quadratura e veduta e che spesso sono state riassemblate da editori e collezionisti. Anche le fonti affrontano la questione della dipendenza delle successive generazioni dagli stilemi di Agostino Mitelli, oltre a quelle a stampa ho studiato approfonditamente i manoscritti inediti dell'altro figlio di Agostino, Giovanni Mitelli, che forniscono molte nuove notizie.

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La tesi di Dottorato, saldamente ancorata alle Medical Humanities, si è concentrata sul modo in cui la storia della letteratura italiana si intreccia con le altre discipline, per arrivare a configurare quell’ampio panorama di storia delle idee che aiuta a valutare l’evoluzione stessa delle credenze e dei pensieri dell’uomo nel corso del tempo. Essa ha contribuito a portare alla luce l’apporto dato dalla Società Medica Chirurgica di Bologna in Epoca Pontificia alla circolarità del pensiero medico, ricordando con forza che le varie correnti storico-mediche non sono appunto il semplice susseguirsi di teorie più o meno esatte. La tesi rende pienamente visibili non solo la struttura e le dinamiche della comunicazione scientifica, ma documenta attraverso la letteratura (anche quella scientifica) la presenza della medicina e delle sue pratiche all’interno della società, soffermandosi sui meccanismi, sui percorsi che legano i fenomeni tra loro; viene declinato anche il complesso e travagliato processo teso a ridefinire la figura del medico durante l’epoca del dominio pontificio nel suo declino, circondata da diffidenze e ostilità. Il fulcro della tesi è dato dalla dimostrazione inconfutabile che esiste ancora un ruolo per la cultura umanistica nella formazione del medico.

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La Confraternita bolognese di S. Maria della Morte, istituita nel 1336 sull’onda della predicazione del frate domenicano Venturino da Bergamo, è la più antica e meglio documentata compagnia italiana ‘di giustizia’. Possedeva un laudario conosciuto attraverso 12 manoscritti redatti tra XV e XVI secolo, dove le laude seguono il “confortatorio” che insegnava ai confratelli come relazionarsi col condannato e prepararlo a morire in perfetto spirito cristiano. Nelle laude l’identificazione poetica tra Cristo e il condannato era funzionale allo scopo di convertire il criminale in santo, convincendolo che la sua morte aveva una funzione redentrice per sé e la città stessa. L’assoluzione plenaria poteva essere ottenuta solo tramite una morte completamente accettata e un pentimento sincero. La dissertazione indaga le tematiche espresse dalle laude e le motivazioni forti che spingevano i confortatori a intraprendere questa peculiare attività assistenziale.

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Il lavoro svolto si concentra sulla città di Mirandola, dopo il terremoto del 2012. Viene svolto uno studio storico della città, e un'analisi sullo stato di fatto. Riflessioni sul limite tra città contemporanea e città storica. Viene proposta la ricostruzione del segno delle mura come limite, in modo da restituire un'identità alla città. Infine, il progetto si concentra sull'area dell'ex convento di San Francesco, complesso abbandonato dopo il sisma. La volontà è quella di riuscire a restituirlo alla cittadini di Mirandola, come nuovo centro culturale. Il progetto si impegna a mantenere l'esistente, aggiungendo un nuovo volume, che verrà occupata da una sala conferenze e da una parte della biblioteca.

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La tesi analizza la vulnerabilità di un aggregato edilizio posto in Mirandola, studiando le vulnerabilità e i danneggiamenti sui prospetti e negli interni degli edifici.

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Nella tesi che si presenta si è determinata la riduzione percentuale di vulnerabilità sismica di un edificio residenziale, sito a Reggiolo (RE), in seguito ad interventi di riabilitazione e miglioramento sismico con l'introduzione di setti e travi di coronamento in cemento armato. Il punto di partenza è l'analisi delle caratteristiche geometriche dell'edificio, ottenute mediante gli elaborati originali, e le caratteristiche meccaniche dei materiali che compongono la struttura, ottenute mediante prove in situ distruttive e non distruttive. Il punto successivo è stato la creazione di un modello numerico dell'edificio pre-intervento utilizzando il programma commerciale PROSAP, su cui si è eseguita un'analisi dinamica lineare con spettro di progetto da cui si sono determinare le principali criticità e inadeguatezze della struttura nei confronti di un carico sismico. Lo studio è passato alla struttura post-intervento modellando la presenza dei setti verticali e delle travi di coronamento. Dal confronto fra l'analisi dinamica lineare pre e post-intervento si è dedotto un elevato miglioramento sismico con passaggio da un indice di vulnerabilità iniziale pari a 0.02 ad un indice post-intervento pari a 1. Per validare numericamente questi risultati si è eseguita una analisi statica non lineare (pushover) dell'edificio pre-intervento.

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Il seguente lavoro analizza lo sviluppo dell’occupazione territoriale dell’area collinare e montana del bolognese e della Romagna nell’età del Bronzo. Si sono censite le attestazioni archeologiche relative all’età del Bronzo nell’area di studio, per analizzare le tendenze insediative e le loro eventuali modificazioni nel corso del tempo, onde individuare le strategie alla base del scelta del luogo da insediare e le eventuali vie di percorrenza. Attraverso l’analisi tipologica del materiale rinvenuto nei vari contesti si è cercato di determinare le influenze culturali provenienti dal centro Italia o dalla zona terramaricola. Per raggiungere questo obbiettivo si sono analizzati i dati di archivio della Soprintendenza ai beni archeologici dell’Emilia Romagna e l’Archivio Renato Scarani, protagonista delle ricerche archeologiche in Emilia Romagna per il periodo degli anni ’50-’70 del XX secolo, recentemente acquisito dall’Università di Bologna. Ai dati desunti dagli archivi, che in molti casi hanno chiarito le vicende concernenti le indagini ed i posizionamenti di molti dei siti segnalati ed esplorati tra la seconda metà del XIX e gli anni ’70 del XX secolo, che costituiscono la maggioranza del campione analizzato, si sono aggiunti i dati recentemente acquisiti a seguito degli scavi a Monterenzio Località Chiesa Vecchia (Bo), uno dei siti più importanti (per stratigrafia conservata e per contesto territoriale) dell'Appennino Bolognese.

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Il Palazzo Borsari, ora Palazzo Rossi, situato a Finale Emilia in provincia di Modena, viene edificato intorno alla fine del XVIII secolo. A partire dal 2012 il Palazzo muta il suo valore identitario: da edificio rappresentativo della città, che conserva esternamente il suo aspetto originario, a testimonianza del sisma che colpisce gravemente Finale Emilia. La prima parte di questa Tesi riguarda la conoscenza del manufatto,acquisita a seguito di un lavoro di ricerca archivistica condotto parallelamente ad un rilievo che combina diverse tecnologie. La seconda parte riguarda, invece, la valutazione del rischio sismico,eseguita secondo le direttive delle “Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale – allineamento alle nuove Norme tecniche per le costruzioni” (D.M. 14/01/2008). Il calcolo è stato condotto fino al livello di conoscenza LV1, che consiste nell’analisi qualitativa e nella valutazione con modelli meccanici semplificati. Le prime due parti sono state punto di partenza per il progetto di restauro, sviluppato secondo un duplice aspetto: da un lato il consolidamento e la conservazione del manufatto, dall’altro il reintegro delle lacune secondo una rilettura di ciò che resta e il recupero dell’immagine persa.

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Il lavoro di tesi ha preso spunto da un fenomeno franoso avvenuto a Porretta Terme (provincia di Bologna), nell’autunno 2008, a causa di abbondanti precipitazioni, in tale occasione si innescò una colata rapida di detriti che invase la strada statale n. 64 e lambì la ferrovia che collega l’Emilia Romagna e la Toscana. I detriti colpirono anche un’abitazione, senza per fortuna causare perdite umane ne danni ingenti, ma l’evento riscosse numerose attenzioni da parte della popolazione locale, preoccupata che fenomeni del genere potessero ripetersi anche in altre zone e senza alcun preavviso. L’evento allertò anche la Protezione Civile regionale che da subito si interessò all’applicazione di metodi in grado di prevedere la suscettività areale da frane di questo tipo. Metodi previsionali per colate rapide sono stati sviluppati negli ultimi anni in diverse università sia in Europa sia negli Stati Uniti d’America. Lo scopo è quello di prevedere le possibili zone di innesco e individuare le soglie di precipitazione critica in modo da realizzare carte di suscettività a scopo di pianificazione territoriale e mitigazione del rischio. Il lavoro, durato diversi mesi, è passato attraverso diverse fasi. In primis si è proceduto a sopralluoghi di campo al fine di inquadrare l’area oggetto di studio dal punto di vista geologico e geomorfologico. Successivamente è stata svolta una fase di campionamento sul terreno; tramite una trivella manuale sono stati effettuati numerosi carotaggi (circa 60) sparsi sull’intero versante oggetto di studio, al fine di ricavare un dato relativo allo spessore del suolo. Inoltre sono stati raccolti dei campioni di terreno, analizzati successivamente in laboratorio al fine di ricavarne le curve granulometriche e alcuni dati caratterizzanti. Terminata la fase sul terreno, si è provveduto ad effettuare le prove di laboratorio (curve granulometriche, limiti di Attemberg, etc). Grazie ai dati raccolti, è stato possibile applicare un modello previsionale di stabilità superficiale, TRIGRS 2.0 basato sull’infiltrazione in un mezzo non saturo di una precipitazione di durata finita. Particolare attenzione è stata rivolta ai metodi per la previsione dello spessore del suolo (Z Model, S Model, Sexp Model) e alla loro influenza nella suscettività da frana superficiale.

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Nel presente lavoro di tesi, partendo dall’Inventario del Dissesto della Regione Emilia – Romagna sono stati individuati i fenomeni di colata rapida di detrito che hanno interessato l’Appennino Bolognese negli ultimi anni. Si tratta di fenomeni rapidi, altamente pericolosi e ancora poco studiati. Ad ogni evento individuato è stata associata la precipitazione di innesco, caratterizzandola in termini di durata (D) e intensità (I) al fine di confrontarla con le soglie probabilistiche bayesiane proposte da Berti et al. (2012). Nella maggior parte dei casi è stato verificato che gli eventi considerati ricadono al di sopra delle soglie considerate come limite accettabile. Successivamente è stato applicato il metodo fisicamente basato SHALSTAB (SHALlow STABility model. Montgomery & Dietricht, 1994) al fine di valutarne la capacità previsionale al variare dei dati di input. Ne è emerso che tale metodo risulta fortemente influenzato dalla topografia. Dai dati esaminati, è stato dedotto che i fenomeni di colata rapida si sono innescati in seguito a eventi di pioggia fortemente transitori, pertanto l’applicazione del metodo SHALSTAB, che presuppone flusso allo stato stazionario mal si adatta a riprodurre questi casi.

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Il 17 agosto 1999 un violento terremoto di Mw 7,4 (terremoto di Izmit) ha interessato l’area del Golfo di Izmit, dove il segmento settentrionale della Faglia Nord-Anatolica (FNA) entra nel Mare di Marmara. Oltre a causare enormi danni e un numero di vittime altissimo (oltre 20000), la dislocazione orizzontale di oltre 5 metri in prossimità dell’epicentro ha caricato tettonicamente il segmento della FNA verso Istanbul. Da qui, l’importanza di un modello geologico-strutturale condiviso dalla comunità scientifica per questo ramo della Faglia Nord Anatolica, per la formulazione dei modelli di stima del rischio sismico in una zona della Turchia molto densamente popolata (oltre 12 milioni di persone). I numerosi studi di geologia e geofisica marina condotti nel Golfo di Izmit e più in generale nel Mare di Marmara, hanno avuto un grosso impulso in concomitanza del terremoto del 1999 e negli anni successivi, quando il Mare di Marmara è stato inserito tra i siti di importanza strategica. Nonostante la grande mole di dati raccolti e le pubblicazioni di lavori importanti che hanno contribuito a portare nuova luce sulla geologia di questo territorio complesso, permangono ancora incertezze e controversie sui rapporti le tra la formazione del bacino di Marmara e la FNA. Questo lavoro di tesi ha lo scopo di esaminare la cinematica della FNA nell’area del Mare di Marmara, in generale, ed in particolare lungo i vari bacini allineati lungo il ramo settentrionale: da Est verso Ovest, il Bacino di Cinarcik, il Bacino di Kumburgaz, il Bacino Centrale ed il Bacino di Tekirdag. Analizzeremo la natura e il grado di attività dei segmenti individuati da zone di trasferimento (bending o overstep) e tenteremo di cartografare la geometria, lo stile strutturale e la lunghezza di ciascun segmento, per effettuare una stima del potenziale sismogenetico di ciascun ramo utilizzando relazioni empiriche.