216 resultados para Preaching
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The aim of this study is to understand the version of St. Francis of Assisi created by Friar Thomas of Celano in his hagiographic works. That study also it examines how the Order of Friars Minor and the Papacy have understood the relationship between Christians and the world and turned thisunderstanding in a version of the Saint. Factors such as the replacement of Neoplatonism byAristotelianism as philosophical paradigm and economic and social changes have contributed to change the interpretation of the biblical mandate to not love the world , no longer interpreted as materiality, but as an order for Christians to flee sin. The rejection of the world was replaced by a greater appreciation of nature and society. Moreover, increasingly, the body went from enemy to friend, becoming the brotherbody. Such analysis is important to review the idea, so common in the historiography of what MaxWeber called Worldly Asceticism, the Christian life lived in society, only emerged in Protestantism in opposition to monasticism. The mendicant orders, especially the minority tried during the thirteenth century, the period of analysis of this work, experience the loving nature of Christianity and acting,through preaching and charity in the cities.To make this work, were analyzed the hagiographic discourse (on San Francisco) made by Thomas of Celano, Vita beati Francisci (called Vita Prima) and Memorial in desideiro anime (named Vita Secunda) and, from this, understand the Celano´s interpretation on how it should be the Christian's relationship with the world. The world ceased to be adistorted reflection of a perfect reality, becoming the perfect reflection of God's goodness.
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Pós-graduação em História - FCHS
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Pós-graduação em História - FCLAS
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
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Pós-graduação em História - FCHS
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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)
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Pós-graduação em História - FCLAS
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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)
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Ce travail est une analyse de la représentation du pathétique masculin dans le roman dit sentimental dans la deuxième moitié du dix-huitième siècle en Europe, ou plutôt dans les littératures anglaise, française, allemande et italienne. La thèse soutenue est celle de la dérivation du pathétique romanesque de l’âge des Lumières des pratiques de prédication religieuse du siècle précédent et donc de la valeur normative du roman sentimental à ses débuts : celui-ci aurait relayé le rôle des manuels de conduite des siècles précédents et se serait posé comme un répertoire d’exempla comportementaux adaptés aux différentes situations de la vie. Nous avons suivi les évolutions historiques du genre à travers l’analyse thématique du motif des larmes masculines. Pour ce faire, nous avons examiné la complexe proxémique de représentation de l’émotion et la diégèse qui en résulte, qui peut être nuancée, selon une terminologie récente, en pathétique attendrissant, sentimental et spectaculaire. Cela a entraîne la prise en compte de diverses formes artistiques, de la peinture au théâtre. La méthodologie utilisé conjugue l’histoire des idées et l’étude des formes de l’imaginaire, le pathétique appartenant au domaine de la philosophie autant qu’à celui de la représentation artistique : le concept glisse au dix-huitième siècle du champ rhétorique et stylistique à une dimension esthétique et anthropologique. Le travail a donc été divisé en trois grandes parties qui analysent les trois dimensions anthropologiques fondamentales : l’imaginaire religieux et l’héritage des anciens, c’est–à-dire le rapport que l’époque établit avec la tradition culturelle qui la précède ; l’imaginaire amoureux, qui se concentre sur les rapports entre les deux sexes et sur la « féminisation » du héros romanesque sentimental ; l’imaginaire familial, qui aborde les conséquences de ce changement dans la représentation de la masculinité au sein de la représentation de la famille et des rapports intergénérationnels.
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La tesi di ricerca ha portato alla realizzazione di un’edizione critica del Giappone di Daniello Bartoli (1660): per la prima volta la «seconda parte» dell’Asia trova, in questo lavoro, una trascrizione integrale condotta con moderni criteri filologi. Quanto all’esegesi la ricerca ha visto la compilazione di tre «Schedari»: un «Indice dei nomi», che vede l’identificazione dei personaggi storici citati esplicitamente nell’opera, ne traccia un rapido profilo biografico e ne fornisce precisa e aggiornata bibliografia. Per quanto riguarda i missionari evocati dall’autore nel testo, questa sezione indica se (e dove) si tratta di personaggio o di fonte (registrando, nel caso, il luogo o i luoghi in cui Bartoli ricorre a tale testimonianza); un «Indice dei luoghi», che dà l’indicazione moderna del luogo citato e ne fornisce il riscontro con i repertori più aggiornati; un «Lessico» riservato ai termini giapponesi presenti nel testo che vengono spiegati e, là dove possibile, studiati nella loro storia, nella loro presenza nella coeva letteratura di viaggio e corredati di utili riferimenti bibliografici. Le pagine introduttive inquadrano l’opera di Bartoli sia nell’orizzonte biografico dell’autore sia nel milieu gesuitico barocco, fornendo puntuali coordinate storiche grazie alle quali recuperare il più ampio contesto delle missioni gesuitiche nell’Estremo Oriente tra Cinque e Seicento. Particolare attenzione è stata riservata al modo di intendere il compito dello storico da parte di Bartoli: una storiografia la sua che s’intreccia in modi affatto peculiari alle diverse forme stilistiche e dinamiche retoriche richieste dalle altre due grandi attività a cui egli dedicò impegno e passione: l’insegnamento e la predicazione.
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L’enigma della relazione tra Gesù e Giovanni il Battista ha da sempre stimolato l’immaginazione storica degli studiosi, suscitando una varietà di ipotesi e valutazioni, spesso assai diverse. Ciò nonostante, tutti concordano su un punto: che, almeno nella sua fase maggiore in Galilea, il ministero di Gesù fosse una realtà essenzialmente autonoma, diversa, originale e irriducibile rispetto alla missione di Giovanni. In controtendenza con questa “impostazione predefinita”, il presente studio sostiene la tesi secondo cui Gesù portò avanti la sua missione come intenzionale e programmatica prosecuzione dell’opera prematuramente interrotta di Giovanni. Nella prima parte, si esamina approfonditamente quale memoria della relazione sia conservata nelle fonti più antiche, cioè Q (qui analizzata con particolare attenzione) e Marco – a cui si aggiunge Matteo, che, in ragione dello stretto legame storico-sociologico con Q, offre un esempio illuminante di rinarrazione della memoria altamente originale eppure profondamente fedele. La conclusione è che la memoria più antica della relazione Gesù-Giovanni è profondamente segnata da aspetti di accordo, conformità e allineamento. Nella seconda parte si esaminano una serie di tradizioni che attestano che Gesù era percepito pubblicamente in relazione al Battista e che egli stesso condivideva e alimentava tale percezione riallacciandosi a lui in polemica con i suoi avversari, e dipingendolo come una figura di capitale importanza nella predicazione e nell’insegnamento a seguaci e discepoli. Infine, si argomenta l’esistenza di ampie e sostanziali aree di accordo tra i due a livello di escatologia, istruzioni etiche e programma sociale, missione penitenziale verso i peccatori e attività battesimale. L’ipotesi che Gesù portasse avanti l’attività riformatrice di Giovanni, in termini di una campagna purificatoria “penitenziale-battesimale-esorcistica” in preparazione dell’avvento di Dio, consente infine di armonizzare in modo soddisfacente i due aspetti più caratteristici dell’attività di Gesù (normalmente giustapposti, quando non contrapposti): escatologia e miracoli, il Gesù profeta e il Gesù taumaturgo.
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En el siglo XIII, ningún autor negaba la absoluta simplicidad de Dios. Sin embargo, se utilizaban múltiples nombres para hablar de lo divino. ¿Se pueden considerar verdaderos todos esos predicados, sin que ello implique concebir una multiplicidad real en la esencia divina? Este trabajo intenta mostrar, bajo la guía de Tomás de Aquino, que la pluralidad de atributos divinos no contradice la simplicidad divina y que, sin entenderlos como sinónimos, dichos nombres constituyen predicaciones verdaderas in divinis.
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El artículo reflexiona sobre las prácticas políticas en Colombia. A partir de la sustentación teórica de diversos autores, entre los que se incluyen Habermas, Hannah Arendt, Perelman, Almond y Verba, y muchos otros, se recrea la situación de las campañas de los candidatos a los cargos públicos, así como la manipulación del discurso para convencer a los distintos actores o escuchas de sus prédicas. Igualmente, se postulan ejemplos de la marcada corrupción en diferentes gobiernos en los últimos años. Como es de observar, se trata de un caso típico no sólo en Colombia, sino en gran parte de América Latina y el mundo.
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El cartelismo durante la Guerra Civil española fue uno de los más intensos momentos de manifestación masiva del arte; las proclamas exhibidas sobre los muros fueron expresión pública de ideas y sentimientos arraigados en la trama social. Su análisis suministra datos básicos sobre el pensamiento visual de entonces. Además, por su condición de arte popular, el cartelismo se fundamentó en un proceso industrial que renegó del concepto de "obra única". Todo ello condiciona los estudios historio-gráficos, necesariamente masivos, fundamentados en las recurrencias y pautas observadas estadísticamente. En el artículo se procede en primer lugar a un análisis formal y estilístico de tres autores capaces de representar las tendencias del conjunto (Renau, Arturo Ballester y Vicente Ballester Marco). En una segunda parte, el análisis pasa de la forma a la retórica, analizando la masa de carteles para comprobar dos sistemas de relaciones: el de los carteles con su referente (régimen de la predicación y régimen de la presentación); y el de proclamas en relación con el público que las contempla (regímenes de discurso, de relato y de discurso-relato conjugados).
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El cartelismo durante la Guerra Civil española fue uno de los más intensos momentos de manifestación masiva del arte; las proclamas exhibidas sobre los muros fueron expresión pública de ideas y sentimientos arraigados en la trama social. Su análisis suministra datos básicos sobre el pensamiento visual de entonces. Además, por su condición de arte popular, el cartelismo se fundamentó en un proceso industrial que renegó del concepto de "obra única". Todo ello condiciona los estudios historio-gráficos, necesariamente masivos, fundamentados en las recurrencias y pautas observadas estadísticamente. En el artículo se procede en primer lugar a un análisis formal y estilístico de tres autores capaces de representar las tendencias del conjunto (Renau, Arturo Ballester y Vicente Ballester Marco). En una segunda parte, el análisis pasa de la forma a la retórica, analizando la masa de carteles para comprobar dos sistemas de relaciones: el de los carteles con su referente (régimen de la predicación y régimen de la presentación); y el de proclamas en relación con el público que las contempla (regímenes de discurso, de relato y de discurso-relato conjugados).