126 resultados para Paesaggio


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This thesis aims at explaining the intersecting dynamics of structural changes in agriculture and urbanisation, which involves changes in urban-rural relationships. The research questions are: how and why do landowners differ in their attitudes to land and farming? what are the main implications on rural landscapes and the policy implications? Relationships between urbanisation and agriculture are firstly analysed through a critical literature review; the analysis focuses on the 'landowner' as the key actor who actively takes decisions on the rural landscape From the empirical study – which is based on a Tuscan area (Valdera), and addressed through qualitative methods – a great diversity of landowners' attitudes to land and farming emerge, thus contributing to the agricultural restructuring, such as: 1) the emphasis on recreational function of the countryside for urban people 2) contracting out of land management, especially when landowners live or/and have 'urban' employment 3) the active role of hobby farmers in land management 4) agricultural operations simplification and lack of investments (especially in case of property rights expropriation). The thesis is framed in three papers, with the same methods and research questions. It seems evident that rural landscapes is subjected to functional changes (e.g. residential) and structural changes (landscape polarisation), which requires the need 1) to consider that rural landscape management is increasingly less connected to agricultural production as economic activity; 2) to give a coherence to the range of policy interventions (physical planning, landscape, sectoral).

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Throughout the alpine domain, shallow landslides represent a serious geologic hazard, often causing severe damages to infrastructures, private properties, natural resources and in the most catastrophic events, threatening human lives. Landslides are a major factor of landscape evolution in mountainous and hilly regions and represent a critical issue for mountainous land management, since they cause loss of pastoral lands. In several alpine contexts, shallow landsliding distribution is strictly connected to the presence and condition of vegetation on the slopes. With the aid of high-resolution satellite images, it's possible to divide automatically the mountainous territory in land cover classes, which contribute with different magnitude to the stability of the slopes. The aim of this research is to combine EO (Earth Observation) land cover maps with ground-based measurements of the land cover properties. In order to achieve this goal, a new procedure has been developed to automatically detect grass mantle degradation patterns from satellite images. Moreover, innovative surveying techniques and instruments are tested to measure in situ the shear strength of grass mantle and the geomechanical and geotechnical properties of these alpine soils. Shallow landsliding distribution is assessed with the aid of physically based models, which use the EO-based map to distribute the resistance parameters across the landscape.

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Il paesaggio lagunare porta i segni di importanti interventi antropici che si sono susseguiti dall’epoca romana ad oggi, a partire dalle prima centuriazioni, per seguire con le grandi opere di bonifica e deviazione dei fiumi sino alla rapida trasformazione di Jesolo Lido, da colonia elioterapica degli anni ‘30 a località turistica internazionale. L’insediamento nella zona “Parco Pineta” si propone come costruzione di un paesaggio artificiale, funzionale all’uso particolare del tempo libero in un grande spazio aperto, strettamente connesso alla città e aderente a luoghi precisamente connotati quali sono la pineta, il borgo, il canale e le residenze turistiche progettate dall’architetto Gonçalo Byrne. Le scale di progetto sono due, quella territoriale e quella architettonica. Il progetto mira a connettere i centri di Jesolo e Cortellazzo con un sistema di percorsi ciclabili. Il fiume Piave consente di combinare il turismo sostenibile con la possibilità di ripercorrere i luoghi delle memorie storiche legate al primo conflitto bellico mondiale. L’intenzione è quella di rendere Cortellazzo parte integrante di un itinerario storico, artistico e naturalistico. Il Parco Pineta si configurerebbe così come il punto di partenza di un percorso che risalendo il fiume collega il piccolo borgo di Cortellazzo con San Donà e con il suo già noto Parco della Scultura in Architettura. Alla scala territoriale è l’architettura del paesaggio, il segno materiale, l’elemento dominante e caratterizzante il progetto. L’articolazione spaziale dell’intervento è costruita seguendo la geometria dettata dall’organizzazione fondiaria e la griglia della città di fondazione, con l’intento chiaro di costruire un “fatto territoriale” riconoscibile. L’unità generale è affidata al quadrato della Grande Pianta entro il quale vengono definite le altre unità spaziali. L’insieme propone uno schema organizzativo semplice che, scavalcando il Canale Cavetta, ricongiunge le parti avulse del territorio. Il grande quadrato consente di frazionare gli spazi definendo sistemi integrati diversamente utilizzabili cosicché ogni parte dell’area di progetto abbia una sua connotazione e un suo interesse d’uso. In questo modo i vincoli morfologici dell’area permettono di costruire ambienti specificamente indirizzati non solo funzionalmente ma soprattutto nelle loro fattezze architettoniche e paesistiche. Oggetto di approfondimento della tesi è stato il dispositivo della piattaforma legata all’interpretazione del sistema delle terre alte e terre basse centrale nel progetto di Byrne. Sulla sommità della piattaforma poggiano gli edifici dell’auditorium e della galleria espositiva.

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Il disagio e le conflittualità sociali presenti nelle nostre città in molteplici casi hanno come teatro le aree verdi e gli spazi non costruiti presenti sul territorio urbano, percepiti spesso da un lato come luoghi non controllati e quindi conquistabili, dall’altro lato, come luoghi trascurati e quindi non sicuri, infrequentabili. Uno sguardo complessivo a queste aree che ne ribalti la prospettiva valorizzandone le potenzialità, può portare ad un progetto coordinato in cui si cerchi di incrementare e sostenere alcune funzioni ritenute capaci di superare le criticità presenti. In quest’ottica un progetto complessivo di paesaggio che non consideri il non costruito come una spazio residuale, ma come un elemento capace di una relazione attiva con il contesto urbano, può contribuire alla coesione sociale, alla sensibilizzazione ai temi ambientali, al miglioramento dell’offerta di luoghi di ritrovo, all’aumento della sicurezza urbana. Negli ultimi anni, la sensibilizzazione nei confronti dei problemi connessi con la salvaguardia dell’ambiente ha portato a un considerevole incremento delle aree protette e delle zone destinate a verde all’interno delle aree urbanizzate. Spesso però si considerano queste zone, in particolare i parchi e le riserve, come luoghi non totalmente fruibili dalla popolazione, anche al di là delle specifiche e corrette esigenze di conservazione. Questa impostazione rischia di mettere in crisi anche attività economiche orientate alla gestione sostenibile del territorio come nel caso dell’agricoltura. In realtà, uno degli errori che si commette più di frequente è quello di considerare le aree verdi e quelle antropizzate come entità fini a sé stesse mentre una positiva coesistenza può essere realizzata solo se si consente una loro positiva interazione dinamica, coniugando esigenze di conservazione e salvaguardia delle attività sociali ed economiche e fornendo stimoli alla riconversione delle attività non compatibili con l’ambiente. Un mezzo per perseguire tale scopo è, sicuramente, quello di proporre ai comuni forme alternative di difesa e gestione dell’ambiente, valorizzando la naturale vocazione del territorio. Vista la notevole incidenza percentuale sulla superficie complessiva, risulta di particolare importanza la tutela e la rivalutazione delle realtà rurali che, ormai da lungo tempo, subiscono l’inarrestabile fenomeno dell’espansione edilizia e sono costrette ad una difficile convivenza con la periferia urbana.

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Attualmente Usme, caratterizzata come visto da un territorio principalmente a bassa densità, è ancora fortemente relazionata con la campagna perché costituita dall’insieme di aree agricole, o di quelli che una volta erano spazi coltivati più prossimi alla città compatta. Questo tipo di paesaggio rurale che caratterizza Usme è caratterizzato come già visto da un tessuto sfrangiato e discretizzato e rappresenta la porzione di territorio dove la città esercita l’impatto ambientale più intenso dovuto sia alla sua immediata vicinanza al contesto urbano che al carattere di scarsa identità che sembra esprimere. Qualunque intervento architettonico in un territorio di margine come quello di Usme dovrebbe confrontarsi con un sistema di relazioni a grande scala, che si rapporti con la geografia stessa del luoghi e con un orientamento e una misurazione visiva e fisica del territorio stesso. Allo stesso modo è necessario che il progetto comprenda anche il suolo stesso delle grande aree attualmente lasciate libere, ovvero che il progetto architettonico si integri con il progetto paesaggistico creando in questo modo nuove relazioni e nuove geometrie nell’assetto territoriale. In questo senso il progetto può dialogare con il territorio e mettere in relazione differenti situazioni morfologiche, sfruttandone le potenzialità. L’obiettivo è quindi quello di non costruire semplici volumi appoggiati sulla terra ma quello di modificare la terra stessa, entrando in relazione con essa in modo profondo. Il progetto così inteso è concepito, e prima ancora letto, secondo strati, i quali possono contaminarsi o possono semplicemente sovrapporsi. L’area di progetto, come già detto, è essenzialmente all’interno di un vuoto presente tra le due parti di città. Il nuovo edificio si conforma come un segno netto nel territorio, un viadotto, un tronco d’albero caduto che protegge il parco dalla città, un elemento primordiale che da una parte si incunea nel terreno e dall’altra si affaccia sulla valle. Vuole essere il segno di un naturale artificio, proponendosi al tempo stesso come simbolo e funzione. Il museo emerge dalla terra, ma sembra anche immergersi in essa. L’architettura del museo crea un nuovo paesaggio morfologicamente radicato al suolo, attraverso uno spazio parzialmente ipogeo che integra il museo all’interno della montagna attraverso la copertura continua con la topografia esistente, sottolineando il profilo della collina.

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Obiettivo del lavoro è migliorare la lettura della ruralità europea. A fronte delle profonde trasformazioni avvenute, oggi non è più possibile analizzare i territori rurali adottando un mero approccio dicotomico che semplicemente li distingua dalle città. Al contrario, il lavoro integra l’analisi degli aspetti socio-economici con quella degli elementi territoriali, esaltando le principali dimensioni che caratterizzano le tante tipologie di ruralità oggi presenti in Europa. Muovendo dal dibattito sulla classificazione delle aree rurali, si propone dapprima un indicatore sintetico di ruralità che, adottando la logica fuzzy, considera congiuntamente aspetti demografici (densità), settoriali (rilevanza dell’attività agricola), territoriali e geografici (accessibilità e uso del suolo). Tale tecnica permette di ricostruire un continuum di gradi di ruralità, distinguendo così, all’interno dell’Unione Europea (circa 1.300 osservazioni), le aree più centrali da quelle progressivamente più rurali e periferiche. Successivamente, attraverso un’analisi cluster vengono individuate tipologie di aree omogenee in termini di struttura economica, paesaggio, diversificazione dell’attività agricola. Tali cluster risentono anche della distribuzione geografica delle aree stesse: vengono infatti distinti gruppi di regioni centrali da gruppi di regioni più periferiche. Tale analisi evidenzia soprattutto come il binomio ruralità-arretratezza risulti ormai superato: alcune aree rurali, infatti, hanno tratto vantaggio dalle trasformazioni che hanno interessato l’Unione Europea negli ultimi decenni (diffusione dell’ICT o sviluppo della manifattura). L’ultima parte del lavoro offre strumenti di analisi a supporto dell’azione politica comunitaria, analizzando la diversa capacità delle regioni europee di rispondere alle sfide lanciate dalla Strategia Europa 2020. Un’analisi in componenti principali sintetizza le principali dimensioni di tale performance regionale: i risultati sono poi riletti alla luce delle caratteristiche strutturali dei territori europei. Infine, una più diretta analisi spaziale dei dati permette di evidenziare come la geografia influenzi ancora profondamente la capacità dei territori di rispondere alle nuove sfide del decennio.

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La tesi descrive e analizza la geografia delle moschee in Italia, un tema di grande attualità, in particolare per quanto riguardo il quadro degli studi geografici. La tesi ripercorre quello che è stato il processo di insediamento delle moschee in Italia, attraverso lo studio di casi esemplari, e analizza l’impatto che tale presenza ha esercitato sul territorio italiano, ed in particolare nel contesto urbano di Milano. Questo lavoro, infatti, permette di osservare il “processo di visibilizzazione” che una religione, assente fino a pochi decenni fa dal paesaggio italiano, imprime sul territorio, attraverso i luoghi di culto, le moschee. Il cuore di questo lavoro riflette sulla dimensione della “costruzione dello spazio” evidenziata dalla realizzazione di moschee. Infatti, i frequenti conflitti che accompagnano la proposta o la realizzazione di moschee dimostrano che non tutti hanno ugualmente “diritto alla città”, a un “posto” nello spazio. Le moschee non rappresentano solamente il simbolo della presenza di musulmani nello spazio europeo. Attraverso di esse è possibile leggere la posizione dei musulmani nella società italiana. Le sale di preghiera sorte inizialmente nelle città italiane, e in questo caso a Milano, in luoghi residuali e precari (cantine, garage, etc.) rappresentano una prima fase dell’insediamento dei musulmani nello spazio urbano. Un insediamento poco visibile e poco organizzato visto dalle istituzioni e dalla società senza grandi reazioni negative. I conflitti si innescano invece nel passaggio al tempo del riconoscimento, dell’istituzionalizzazione, in cui una presenza che si pensava temporanea o accidentale si fa stabile, organizzata, visibile e centrale. La realizzazione di moschee rappresenterebbe il passaggio da un’epoca di insediamento spontaneo di una minoranza religiosa arrivata recentemente al momento dell’istituzionalizzazione, dell’attribuzione di un “posto” riconosciuto e legittimo. Dunque, il passaggio dal tempo dell’ospitalità al “tempo del diritto alla città” e del riconoscimento.

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La tesi si inserisce nell'odierno dibattito sulla vegetazione all'interno delle aree archeologiche. L'anfiteatro dell'antica Urbisaglia nelle Marche costituisce un eclatante esempio di quanto sia rilevante considerare anche la vegetazione all'interno di un progetto di conservazione. Cercando di affrontare in maniera sistematica il problema dell'interazione tra le strutture vegetali ed il manufatto, il progetto è stato concepito sulla base di un piano di manutenzione programmata per la salvaguardia della struttura archeologica ma anche della particolare vegetazione presente nel parco. Il tutto inserito in un ampio progetto di valorizzazione dell'intera area archeologica.

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La sempre maggiore importanza data al luogo, soprattutto dalla normativa attraverso il codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, obbliga i progettisti a prestare maggiore attenzione al contesto in cui operano. I luoghi non possono più essere concepiti come spazi neutri capaci di accogliere qualsiasi forma di progetto, ma devono essere studiati e compresi nella loro essenza più profonda. In aiuto viene il concetto di Genius loci che fin dall'epoca romana soprassedeva i luoghi obbligando l'uomo a scendere a patti con esso prima di qualsiasi pratica progettuale. Nel tempo questo concetto si è trasformato ed ha mutato di senso, andando a coincidere con l'identità propria di un determinato luogo. Per luogo si intende una somma complessa di più elementi non scindibili e in rapporto tra loro nel costruirne l'identità specifica. Capire e rispettare l'identità di un luogo significa capire e rispettare il Genius loci. Filo conduttore di questa disamina è il saggio di Christian Norberg-Schulz “Genius loci. Paesaggio ambiente architettura”, in cui i temi del luogo e dell‟identità vengono trattati principalmente in chiave architettonica. Partendo da questo ho cercato di mettere in evidenza questi concetti in tre progetti sviluppati a scale diverse, evidenziandone l‟applicazione e le problematiche in tre ambiti differenti. I progetti presi in esame sono: in ambito rurale, l‟ecovillaggio sviluppato a San Biagio; in ambito urbano, la riqualificazione di un‟area industriale a Forlimpopoli; in ambito metropolitano, il progetto di abitazioni collettive a Bogotá.

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Il sisma che ha colpito l’Emilia nel maggio 2012 è stato il punto di partenza per ripensare la campagna di Motta di Cavezzo. Questa necessità è nata dall’abbandono delle campagne emiliane da parte dei propri abitanti a causa della paura e dei crolli. In seguito al drammatico evento, il paesaggio è rimasto gravemente danneggiato, perdendo una buona parte degli edifici tipici della tradizione costruttiva locale, come case coloniche, stalle, fienili e ville di campagna. L’intervento progettuale mira a riportare l’attenzione sulla campagna ed a rivitalizzarla attraverso l’inserimento di un’attività produttiva (la cantina vinicola), un’attività commerciale (un mercato dei prodotti tipici) e funzioni rivolte alla conoscenza del territorio, rispettando sempre la tradizione costruttiva e tipologica locale. Attraverso interventi puntuali e non troppo invasivi, sono state ricongiunte tra loro le preesistenze storiche, ovvero la Chiesa di Santa Maria ad Nives e Villa Molza e allo stesso tempo sono state messe a sistema con il fiume Secchia e con il paesaggio circostante. Si è andato così a sviluppare quello che può essere un esempio tipo di intervento per un’area di campagna.

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La ricerca effettuata, analizza in modo razionale ma contestualmente divulgativo, le dinamiche insediative che hanno caratterizzato il paesaggio della Sicilia occidentale dall'occupazione bizantina al dominio da parte dei Normanni ( 535-1194 d.C. circa ). Il volume presenta una chiara raccolta dei documenti e delle fonti letterarie che riguarda gli abitati rurali ed i borghi incastellati della Sicilia occidentale e pone l’interesse sia per la cultura materiale che per la gestione ed organizzazione del territorio. Attraverso i risultati delle attestazioni documentarie, unite alle ricerche archeologiche ( effettuate nel territorio preso in esame sia in passato che nel corso degli ultimi anni ) viene redatto un elenco dei siti archeologici e dei resti monumentali ( aggiornato fino al 2013-14 ) in funzione della tutela, conservazione e valorizzazione del paesaggio. Sulla base dei documenti rinvenuti e delle varie fonti prese in esame ( letterarie, archeologiche, monumentali, toponomastiche ) vengono effettuate alcune considerazioni sull’insediamento sparso, sull’incastellamento, sulle istituzioni e sulla formazione delle civitates. L’indagine svolta, attraverso cui sono stati individuati i documenti e le fonti, comprende anche una parziale ricostruzione topografica dei principali centri abitativi indagati. Per alcune sporadiche strutture medievali, talvolta raffigurate in fortuite stampe del XVI-XVII secolo, è stato possibile, in aggiunta, eseguire un rilievo architettonico. La descrizione degli abitati rurali e dei siti fortificati, infine, è arricchita da una serie di schede in cui vengono evidenziati i siti archeologici, i resti monumentali ed i reperti più interessanti del periodo bizantino, arabo e normanno-svevo della Sicilia occidentale.

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La memoria pubblica della Sho'ah è inscritta in una quantità proliferante di immagini e spazi memoriali. Ciò è riscontrabile in modo particolare nei principali "siti dello sterminio" assurti a simbolo nel corso degli anni, mentre molti altri "luoghi di memoria" della Deportazione soffrono di una condizione di intrinseca debolezza. Essa è riconducibile in primo luogo alla fragilità del dato materiale, i cui resti ormai privi di eloquenza risultano difficili da interpretare e conservare, in secondo luogo alla sovrapposizione di memorie concorrenti venutesi a determinare in conseguenza dei riusi successivi a cui queste strutture sono spesso andate soggette dopo la guerra, infine alla difficoltà di rendere espressione compiuta alla tragedia della Deportazione. Il caso del campo di Fossoli è paradigmatico: esso interroga la capacità del progetto di "dare forma" al palinsesto delle memorie, rendendo possibile il riconoscimento ed esplicitando una significazione delle tracce, senza aggiungere ulteriori interpretazioni. Lo spazio e il paesaggio, in quanto linguaggi indentitari, possono offrirsi come strumenti da questo punto di vista. Michel De Certeau vi fa riferimento quando afferma che lo spazio coincide con «l’effetto prodotto dalle operazioni che lo orientano, che lo circostanziano, o temporalizzano e lo fanno funzionare come unità polivalente di programmi conflittuali o di prossimità contrattuali». Lo spazio gioca un ruolo cruciale nel conformare l'esperienza del presente e allo stesso tempo nel rendere visibili le esperienze passate, compresse nella memoria collettiva. Lo scopo di questa ricerca è interrogare le potenzialità spaziali del luogo, considerate sotto il profilo culturale e semantico, come valida alternativa alla forma-monumento nella costruzione di una o più narrazioni pertinenti della memoria.

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La ricerca si propone di analizzare una di quelle stagioni architettoniche controverse e lontane dalle internazionali strade maestre del nascente Neues Bauen: il romanticismo-nazionale svedese riletto attraverso l’esperienza del suo massimo esponente, Ragnar Östberg (1866-1945). L’obiettivo della tesi non è solamente quello di una revisione della critica storiografica, facendo così luce su una di quelle personalità considerate marginali, quanto quello di ricavare dalla lettura comparata di due tra i suoi progetti, fino ad ora mai indagati, quegli elementi che fanno dell’architettura un “fatto urbano” in cui la collettività può riconoscersi e parallelamente un fatto di rappresentazione della stessa. L’arcipelago di Stoccolma e quel processo di “renovatio urbis” a cui fu sottoposta proprio agli albori del XX secolo furono gli scenari in cui presero vita i due progetti: il complesso formato dallo Stockholms Stadshuset e la vicina parte mai realizzata del Nämndhuset, e villa Geber. Condensano due dimensioni che la città immersa nel paesaggio contiene: la natura urbana dell’edificio municipale e quella domestica della villa urbana isolata. La ricerca intesse un itinerario di disvelamento attraverso una matrice duale di lettura: “genius loci” e memorie urbane. I capitoli cercano di dimostrare come i due casi-studio siano espressione di quella pendolarità di ricerca tra lo spirito del luogo e le rimembranze delle forme urbane della tradizione. Questa analisi ci conduce in un viaggio alla ricerca dell’atlante delle “memorie urbane”, raccolte nei viaggi e nella formazione, comprendendo così il mondo analogico di riferimenti culturali con altre architetture europee della tradizione. I due progetti sorgono in opposte aree di espansione di Stoccolma e, pur nella loro diversità di scala, sono chiara espressione di appropriatezza al luogo e di strutture formali analoghe. Stockholm Stadshuset-Nämndhuset e villa Geber esprimono il metodo di Östberg, dove i riferimenti raccolti dall’imagination passive sono tramutati ed assemblati grazie alla imagination active.

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Questa tesi affronta il tema di un possibile progetto di restauro e di valorizzazione del paesaggio per i ruderi del Castello di Pianetto. La tesi si confronta così con diversi temi (in primis la conservazione dei manufatti superstiti, gli interventi sulla struttura vegetale, il progetto di fruizione dell’area) che, dato lo stato prolungato e persistente di abbandono del castello, si presentano come correlati l’uno all’altro, ponendo una serie di interrogativi. Tra questi, uno dei più importanti deriva dal fatto che il castello non sia mai stato oggetto di una campagna di scavo archeologico tesa a esplorarne l’eventuale deposito sepolto: come, dunque, coniugare un progetto di fruizione e di interventi sulla struttura vegetale con l’eventualità futura che il sito venga sottoposto ad una campagna di indagine archeologica?

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La tesi affronta il tema dello spazio collettivo come luogo del tempo libero attraverso il disegno di un progetto a Jesolo, nell'area definita dal masterplan di Kenzo Tange "Central Park". Il progetto affronta la scala territoriale e urbana con forte attenzione al paesaggio e al disegno del suolo. Partendo da un analisi del contesto ambientale e antropico il progetto si definisce a partire dalla logica del "cluster"e dello "stem", principi compositivi sviluppati dagli architetti Smithson e dagli architetti Candilis, Josic e Woods. L'area di approfondimento per il progetto di tesi viene selezionata a partire dal disegno territoriale e propone la realizzazione di due nuove architetture dedicate al tempo libero e al benessere della persona. La tesi alla base è l'interpretazione del tempo libero visto non come un prodotto ma come oggetto che necessita di riappropriazione individuale. Le riflessioni prendono spunto dalle tesi situazioniste e dal lavoro dell' architetto Cedric Price.