793 resultados para Matrice de transfert


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Le cardiomiopatie che insorgono a seguito di infarto miocardico sono causa di elevata morbilità e mortalità dalle importanti ricadute cliniche, dovute alle patologie insorgenti a seguito dell’ischemia e della cicatrice post-infatuale. Il ventricolo sinistro danneggiato va incontro a un rimodellamento progressivo, con perdita di cardiomiociti e proliferazione dei fibroblasti, risultante in un’architettura e in una funzionalità dell’organo distorta. I fibroblasti cardiaci sono i principali responsabili della fibrosi, il processo di cicatrizzazione caratterizzato da un’eccessiva deposizione di matrice extracellulare (ECM). Negli ultimi anni gli sforzi del nostro laboratorio sono stati volti a cercare di risolvere questo problema, attraverso l’uso di una molecola da noi sintetizzata, un estere misto degli acidi butirrico, retinoico e ialuronico, HBR, capace di commissionare le cellule staminali in senso cardio-vascolare. Studi in vivo mostrano come l’iniezione diretta di HBR in cuori di animali sottoposti a infarto sperimentale, sia in grado, tra le atre cose, di diminuire la fibrosi cardiaca. Sulla base di questa evidenza abbiamo cercato di capire come e se HBR agisse direttamente sui fibroblasti, indagando i meccanismi coinvolti nella riduzione della fibrosi in vivo.. In questa tesi abbiamo dimostrato come HBR abbia un’azione diretta su fibroblasti, inibendone la proliferazione, senza effetti citotossici. Inoltre HBR induce una significativa riduzione della deposizione di collagene.. HBR agisce sull’espressione genica e sulla sintesi proteica, sopprimendo la trascrizione dei geni del collagene, così come dell’a-sma, inibendo la trasizione fibroblasti-miofibroblasti, e promuovendo la vasculogenesi (attraverso VEGF), la chemoattrazione di cellule staminali (attraverso SDF) e un’attività antifibrotica (inibendo CTGF). HBR sembra modulare l’espressione genica agendo direttamente sulle HDAC, probabilmente grazie alla subunità BU. L’abilità di HBR di ridurre la fibrosi post-infartuale, come dimostrato dai nostri studi in vivo ed in vitro, apre la strada a importanti prospettive terapeutiche.

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L’attività sperimentale presentata in questo elaborato riguarda lo studio di una particolare applicazione che impiega la tecnologia laser per la lavorazione di materiali compositi ed è stata interamente svolta, in particolar modo nella sua parte operativa, presso i laboratori della Facoltà di Ingegneria a Bologna. Il lavoro di tesi ha come obiettivo fondamentale la valutazione degli effetti che i parametri di processo possono avere sulla qualità risultante nel procedimento di ablazione per i materiali compositi. Per questa indagine sono stati utilizzati campioni piani (tutti identici tra loro) con rinforzo in fibra di carbonio e matrice in resina epossidica, i quali sono stati lavorati con un laser Nd:YAG (λ = 1064 nm) funzionante in regime continuo. L’idea alla base dell’intera attività sperimentale è stata quella di realizzare una ablazione ottimale, rimuovendo dai campioni esclusivamente la resina (in maniera locale) e tentando, allo stesso tempo, di ottenere il minimo danneggiamento possibile per le fibre. Le prove effettuate non costituiscono naturalmente un punto di arrivo, bensì rappresentano piuttosto un punto di partenza per acquisire informazioni preliminari che potranno consentire, nel prossimo futuro, di proseguire con il perfezionamento del processo e la messa a punto dei parametri, al fine di conseguire una lavorazione che dia risultati effettivamente ottimali ed interessanti per l’eventuale applicazione industriale.

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Al fine di migliorare le tecniche di coltura cellulare in vitro, sistemi a bioreattore sono sempre maggiormente utilizzati, e.g. ingegnerizzazione del tessuto osseo. Spinner Flasks, bioreattori rotanti e sistemi a perfusione di flusso sono oggi utilizzati e ogni sistema ha vantaggi e svantaggi. Questo lavoro descrive lo sviluppo di un semplice bioreattore a perfusione ed i risultati della metodologia di valutazione impiegata, basata su analisi μCT a raggi-X e tecniche di modellizzazione 3D. Un semplice bioreattore con generatore di flusso ad elica è stato progettato e costruito con l'obiettivo di migliorare la differenziazione di cellule staminali mesenchimali, provenienti da embrioni umani (HES-MP); le cellule sono state seminate su scaffold porosi di titanio che garantiscono una migliore adesione della matrice mineralizzata. Attraverso un microcontrollore e un'interfaccia grafica, il bioreattore genera tre tipi di flusso: in avanti (senso orario), indietro (senso antiorario) e una modalità a impulsi (avanti e indietro). Un semplice modello è stato realizzato per stimare la pressione generata dal flusso negli scaffolds (3•10-2 Pa). Sono stati comparati tre scaffolds in coltura statica e tre all’interno del bioreattore. Questi sono stati incubati per 21 giorni, fissati in paraformaldehyde (4% w/v) e sono stati soggetti ad acquisizione attraverso μCT a raggi-X. Le immagini ottenute sono state poi elaborate mediante un software di imaging 3D; è stato effettuato un sezionamento “virtuale” degli scaffolds, al fine di ottenere la distribuzione del gradiente dei valori di grigio di campioni estratti dalla superficie e dall’interno di essi. Tale distribuzione serve per distinguere le varie componenti presenti nelle immagini; in questo caso gli scaffolds dall’ipotetica matrice cellulare. I risultati mostrano che sia sulla superficie che internamente agli scaffolds, mantenuti nel bioreattore, è presente una maggiore densità dei gradienti dei valori di grigio ciò suggerisce un migliore deposito della matrice mineralizzata. Gli insegnamenti provenienti dalla realizzazione di questo bioreattore saranno utilizzati per progettare una nuova versione che renderà possibile l’analisi di più di 20 scaffolds contemporaneamente, permettendo un’ulteriore analisi della qualità della differenziazione usando metodologie molecolari ed istochimiche.

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Ruolo della fisica della matrice extracellulare nello sviluppo del tumore

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I materiali (nano)compositi, unendo al loro interno le prestazioni dei loro componenti, che in alcuni casi possono addirittura agire sinergicamente sviluppando nuove proprietà non appartenenti alle singole fasi isolate, appaiono come una risposta ottimale alle nuove esigenze che richiedono materiali performanti dal punto di vista meccanico e sempre più dotati di funzionalità aggiuntive. È noto come l’uso di nanocariche consenta non solo di migliorare le proprietà meccaniche, ma di aggiungere proprietà funzionali di varia natura. In questo lavoro di tesi si sono quindi valutate due tipologie di nanocariche, grafene e organoclay (ritardante di fiamma), come modificatori di una matrice epossidica commerciale. La stessa matrice è stata utilizzata anche per produrre compositi contenenti fibra di carbonio riciclata da pirolisi, con la prospettiva futura di unire i processi e ottenere compositi da fibra di riciclo e matrice multifunzionale.

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L’obiettivo principale di questa tesi è l’implementare una nuova tecnica di verifica dosimetrica dei trattamenti radioterapici ad intensità modulata. Sono stati effettuati diversi esperimenti sul sistema dosimetrico, volti a rendere operativa la tecnica e a caratterizzare il dispositivo rivelatore. Dopo i primi capitoli introduttivi, dove viene descritto lo stato attuale della lotta ai tumori con radioterapia, si passa a descrivere le tecniche radioterapiche coinvolte nello sviluppo di questa tesi per poi dettagliare gli strumenti e i metodi con cui verranno condotti gli esperimenti e infine gli esperimenti stessi. Gli esperimenti e in generale lo sviluppo di questa tesi, sono stati effettuati presso la Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord, Pesaro.

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I materiali compositi occupano un posto di particolare rilievo in virtù non solo delle forti caratteristiche innovative da loro possedute, ma anche dalla possibilità di progettare il materiale in base alle specifiche funzionali e strutturali del sistema da realizzare. In questo lavoro di tesi sono stati valutati gli effetti di grafene e ossido di grafene sulle proprietà termo-meccaniche di formulazioni polimeriche commerciali sia di tipo termoplastico che termoindurente. In particolare sono stati valutati i metodi di dispersione delle nanocariche, ottimizzandoli per ciascuna matrice polimerica e successivamente sono stati preparati i provini necessari per la caratterizzazione dei materiali (nano)compositi ottenuti, al fine di valutare l’effetto della presenza delle nanocariche grafeniche.

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Introduction : Le dalcetrapib, inhibiteur de la glycoprotéine hydrophobe de transfert des esters de cholestérol (CETP), a été étudié dans le cadre de l’essai clinique de phase II dal-PLAQUE2 (DP2). L’objectif principal est d’étudier l’effet du dalcetrapib après 1 an de traitement sur la structure et la fonction des HDL dans une sous-population de la cohorte DP2. Méthode : Les sujets de la cohorte DP2 ayant une série de mesures de cIMT et des échantillons de plasma et sérum au baseline et à 1 an de traitement furent sélectionnés (379 sujets: 193 du groupe placebo (PCB) et 186 du groupe dalcetrapib (DAL)). Des données biochimiques prédéterminées, le profil des concentrations et tailles des sous-classes de HDL et LDL en résonance magnétique nucléaire (RMN) et 2 mesures de capacité d’efflux de cholestérol (CEC) du sérum ont été explorées. Les données statistiques furent obtenues en comparant les changements à un an à partir du « baseline » avec un ANOVA ou ANCOVA. La procédure normalisée de fonctionnement d’essai d’efflux de cholestérol permet de calculer l’efflux fractionnel (en %) de 3H-cholestérol des lignées cellulaires BHK-ABCA1 (fibroblastes) et J774 (macrophages, voie ABCA1) et HepG2 (hépatocytes, voie SR-BI), vers les échantillons sériques de la cohorte DP2. Résultats : Pour la biochimie plasmatique, un effet combiné des changements d’activité de CETP dans les 2 groupes a causé une réduction de 30% dans le groupe DAL. Après 1 an de traitement dans le groupe DAL, la valeur de HDL-C a augmenté de 35,5% (p < 0,001) et l’apoA-I a augmenté de 14,0% (p < 0,001). Au profil RMN, dans le groupe DAL après 1 an de traitement, il y a augmentation de la taille des HDL-P (5,2%; p < 0,001), des grosses particules HDL (68,7%; p < 0,001) et des grosses particules LDL (37,5%; p < 0,01). Les petites particules HDL sont diminuées (-9,1%; p < 0,001). Il n’y a aucune différence significative de mesure de cIMT entre les deux groupes après 1 an de traitement. Pour la CEC, il y a augmentation significative par la voie du SR-BI et une augmentation via la voie ABCA1 dans le groupe DAL après 1 an de traitement. Conclusion : Après un an de traitement au dalcetrapib, on note une hausse de HDL-C, des résultats plutôt neutres au niveau du profil lipidique par RMN et une CEC augmentée mais trop faible pour affecter la valeur de cIMT chez les échantillons testés.

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Les réactions de transfert de proton se retrouvent abondamment dans la nature et sont des processus cruciaux dans plusieurs réactions chimiques et biologiques, qui se produisent souvent en milieu aqueux. Les mécanismes régissant ces échanges de protons sont complexes et encore mal compris, suscitant un intérêt des chercheurs en vue d’une meilleure compréhension fondamentale du processus de transfert. Le présent manuscrit présente une étude mécanistique portant sur une réaction de transfert de proton entre un acide (phénol fonctionnalisé) et une base (ion carboxylate) en phase aqueuse. Les résultats obtenus sont basés sur un grand nombre de simulations de dynamique moléculaire ab-initio réalisées pour des systèmes de type « donneur-pont-accepteur », où le pont se trouve à être une unique molécule d’eau, permettant ainsi l’élaboration d’un modèle cinétique détaillé pour le système étudié. La voie de transfert principalement observée est un processus ultra-rapide (moins d’une picoseconde) passant par la formation d’une structure de type « Eigen » (H9O4+) pour la molécule d’eau pontante, menant directement à la formation des produits. Une seconde structure de la molécule d’eau pontante est également observée, soit une configuration de type « Zündel » (H5O2+) impliquant l’accepteur de proton (l’ion carboxylate) qui semble agir comme un cul-de-sac pour la réaction de transfert de proton.

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Les réactions de transfert de proton se retrouvent abondamment dans la nature et sont des processus cruciaux dans plusieurs réactions chimiques et biologiques, qui se produisent souvent en milieu aqueux. Les mécanismes régissant ces échanges de protons sont complexes et encore mal compris, suscitant un intérêt des chercheurs en vue d’une meilleure compréhension fondamentale du processus de transfert. Le présent manuscrit présente une étude mécanistique portant sur une réaction de transfert de proton entre un acide (phénol fonctionnalisé) et une base (ion carboxylate) en phase aqueuse. Les résultats obtenus sont basés sur un grand nombre de simulations de dynamique moléculaire ab-initio réalisées pour des systèmes de type « donneur-pont-accepteur », où le pont se trouve à être une unique molécule d’eau, permettant ainsi l’élaboration d’un modèle cinétique détaillé pour le système étudié. La voie de transfert principalement observée est un processus ultra-rapide (moins d’une picoseconde) passant par la formation d’une structure de type « Eigen » (H9O4+) pour la molécule d’eau pontante, menant directement à la formation des produits. Une seconde structure de la molécule d’eau pontante est également observée, soit une configuration de type « Zündel » (H5O2+) impliquant l’accepteur de proton (l’ion carboxylate) qui semble agir comme un cul-de-sac pour la réaction de transfert de proton.

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Ruth Dassonneville et Pierre Baudewyns révèlent que, derrière les pourcentages des résultats électoraux, se cachent bien des mouvements et transferts d’électeurs. Ils se penchent sur la « volatilité nette », c’est-à-dire sur la somme des avancées et reculs des différents partis. Ils regardent également au niveau des individus (les électeurs) et observent que les électeurs et électrices votent différemment en 2014. Sur la base de ces analyses des transferts de voix, les auteurs démontrent également que, du côté wallon, on a assisté à un certain éparpillement des votes, surtout entre les partis de gauche. En Flandre, par contre, les électeurs et électrices de centre-droit ont fortement convergé vers la N-VA. Les auteurs établissent aussi un portrait précis de qui sont les électeurs stables (« stayers ») et les électeurs mobiles (« movers »).