157 resultados para Iconographic


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This thesis investigates the representation of Sicilian mafia women on the Italian press after the second postwar, in particular by examining three Italian newspapers, Il Corriere della Sera, L’Ora and Il Giornale di Sicilia. The focus is on the 1963 – 1983 twenty-year period, after which there has been a big change in the world of Sicilian crime organization with the phenomenon of pentitismo that changes a lot of thing in the whole universe of mafia. In this research there are two aspects very different but very central at the same time. On one hand the careful counting of quoted newspapers and the filing of the articles about general mafia and mafia women, which rendered a whole database about the interest for these woman figures founded in print, in a historical period never analyzed from this point of view; on the other hand the interpretation of these articles and the different representation forms. The founded material was compared with the cultural Italian history of that period to understand if there was a difference between general woman perception and that of mafia woman and if there was also an iconographic prototype of southern woman which it is possible to apply on photographs and descriptions. In fact the most important result of the thesis is to underline that, in front of a woman who belongs to mafia context, the Italia press represented the female gender as first and the mafia gender as the second one.

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Il lavoro presentato ha come oggetto la ricostruzione tridimensionale della città di Bologna nella sua fase rinascimentale. Tale lavoro vuole fornire un modello 3D delle architetture e degli spazi urbani utilizzabile sia per scopi di ricerca nell’ambito della storia delle città sia per un uso didattico-divulgativo nel settore del turismo culturale. La base del lavoro è una fonte iconografica di grande importanza: l’affresco raffigurante Bologna risalente al 1575 e situato in Vaticano; questa è una veduta a volo d’uccello di grandi dimensioni dell’intero tessuto urbano bolognese all’interno della terza cerchia di mura. In esso sono rappresentate in maniera particolareggiata le architetture civili e ecclesiastiche, gli spazi ortivi e cortilivi interni agli isolati e alcune importanti strutture urbane presenti in città alla fine del Cinquecento, come l’area portuale e i canali interni alla città, oggi non più visibili. La ricostruzione tridimensionale è stata realizzata tramite Blender, software per la modellazione 3D opensource, attraverso le fasi di modellazione, texturing e creazione materiali (mediante campionamento delle principali cromie presenti nell’affresco), illuminazione e animazione. Una parte della modellazione è stata poi testata all’interno di un GIS per verificare l’utilizzo delle geometrie 3D come elementi collegabili ad altre fonti storiche relative allo sviluppo urbano e quindi sfruttabili per la ricerca storica. Grande attenzione infine è stata data all’uso dei modelli virtuali a scopo didattico-divulgativo e per il turismo culturale. La modellazione è stata utilizzata all’interno di un motore grafico 3D per costruire un ambiente virtuale interattivo nel quale un utente anche non esperto possa muoversi per esplorare gli spazi urbani della Bologna del Cinquecento. In ultimo è stato impostato lo sviluppo di un’applicazione per sistemi mobile (Iphone e Ipad) al fine di fornire uno strumento per la conoscenza della città storica in mobilità, attraverso la comparazione dello stato attuale con quello ricostruito virtualmente.

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Lo scopo di questa ricerca è la ricostruzione dei Lungarni di Pisa nel Tardo Medioevo (XIV-XV secolo); lo studio intende sottolineare le trasformazioni urbanistiche che hanno cambiato il volto di Pisa nel corso del tempo e ricordare che l’area fluviale ebbe un ruolo di primo piano come baricentro commerciale ed economico della città, vocazione che si è in gran parte persa con l’età moderna e contemporanea. La metodologia seguita, affinata e perfezionata durante la partecipazione al progetto Nu.M.E. (Nuovo Museo Elettronico della Città di Bologna), si basa sull’analisi e il confronto di fonti eterogenee ma complementari, che includono precedenti studi di storia dell’urbanistica, un corpus di documentazione di epoca medievale (provvedimenti amministrativi come gli Statuti del Comune di Pisa, ma anche descrizioni di cronisti e viaggiatori), fonti iconografiche, tra cui vedute e mappe cinquecentesche o successive, e fonti materiali, come le persistenze medievali ancora osservabili all’interno degli edifici ed i reperti rinvenuti durante alcune campagne di scavo archeologiche. Il modello 3D non è concepito come statico e “chiuso”, ma è liberamente esplorabile all’interno di un engine tridimensionale; tale prodotto può essere destinato a livelli di utenza diversi, che includono sia studiosi e specialisti interessati a conoscere un maggior numero di informazioni e ad approfondire la ricerca, sia semplici cittadini appassionati di storia o utenti più giovani, come studenti di scuole medie superiori e inferiori.

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La tesi si divide in due parti: nella prima si esamina l'esperienza etnografica condotta da M. Leiris durante la missione Dakar-Gibuti (1931-33) con riferimento alla studio della possessione a Gondar. Nella seconda parte si dà conto del lavoro sul terreno condotto dalla dottoranda nel Wollo a contatto con guaritori. Seguono appendici documentarie e iconografiche.

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La presente ricerca di dottorato si propone di esaminare l’evoluzione della teologia politica bizantina e dei suoi riflessi nella propaganda imperiale nel periodo compreso tra il XIII e il XIV secolo, attraverso lo studio delle manifestazioni dell'ideologia nell'iconografia e nella numismatica del periodo in esame. L'intreccio interdisciplinare di questi ambiti di ricerca, iconografia e numismatica - con una metodologia innovativa, i cui risultati si profilano estremamente proficui - permette di comprendere i caratteri concreti, ma forse più reconditi, del realizzarsi dell'ideologia politica e della propaganda imperiale nell'impero bizantino ormai ridotto ad una costellazione di potentati particolari di estensione limitata. Il tema specifico di questo studio ha come oggetto alcune iconografie ritenute inedite, o meno tradizionali, nel panorama numismatico bizantino, emesse, in particolare, dalla zecca di Tessalonica tra XIII e XIV secolo, che vengono qui esaminate in funzione dell’evoluzione della rappresentazione imperiale. Tra di esse emerge l’inedita iconografia dell’imperatore pteroforo per la sua valenza di interscambiabilità semantica con l’immagine arcangelica. Lo studio si è proposto l’obiettivo principale di rintracciare elementi iconologici quanto più possibile comuni tra tutti i soggetti iconografici presi in esame, vagliando il substrato ideologico e propagandistico sotteso alla valenza iconologica per ogni tipologia numismatica.

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Il progetto di ricerca si è posto l'obiettivo di analizzare una serie di manufatti egizî e di tradizione egizia della Sicilia preromana e di evidenziare le eventuali sopravvivenze della cultura egittizzante sull’isola fino all'età tardoantica. La realizzazione di un corpus, aggiornato sulla scorta di nuovi rinvenimenti, di recenti riletture e di studi su materiali inediti custoditi nei musei siciliani, ha contribuito a tracciare una mappa distributiva delle aree di rinvenimento e di attestazione, con particolare riferimento alle diverse etnie che recepiscono tali prodotti e alla possibilità di ricostruire l’ambientazione storica della domanda diretta o indiretta. Si è scelto di privilegiare lo studio tipologico, iconografico e iconologico di alcune “categorie” di materiali maggiormente documentati sull’isola, quali amuleti, scarabei e scaraboidi, cretule, ushabti, gioielli, bronzi figurati, gemme, con l’individuazione di riscontri in ambito mediterraneo. La documentazione delle testimonianze antiquarie contenenti notizie su reperti oggi non più reperibili ha permesso, infine, non solo l’acquisizione d’informazioni spesso ritenute perse, ma anche una comprensione storicizzata delle dinamiche del collezionismo siciliano e del suo ruolo nel più vasto ambito europeo dal XVII al XIX secolo. È stato importante, infatti, chiarire anche alcuni aspetti della cultura egittologica del periodo, legata in genere alla circolazione di stereotipi e alla mancanza di una conoscenza diretta della realtà faraonica.

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La ricerca ha per oggetto il progetto del Foro Bonaparte a Milano redatto da Giovanni Antonio Antolini a seguito del decreto del 23 giugno 1800 che stabiliva l’abbattimento delle mura del Castello Sforzesco. Si affronta il tema dell’architettura avendo come obiettivo una lettura critica di tale progetto servendosi dell’analisi compositiva come strumento in grado di stabilire i rapporti che intercorrono tra la città, l’architettura e il tipo. Attraverso lo studio del progetto urbano la ricerca conferma l’ipotesi per la quale la grande forma totalizzante, perentoria e assoluta è capace di mutare la struttura urbana, offrendo un nuovo modello con cui rinnovare la città. L’ambizione di Antolini di veder realizzata l’opera è destinata a svanire nell’arco di pochi anni, ma il progetto per il Foro Bonaparte continuerà per lungo tempo ad evocare la sua idea innovativa fino ai giorni nostri. Sebbene l’opera sia destinata a rimanere un’architettura solo disegnata, le varie pubblicazioni continuano a circolare nelle accademie prima e nelle università successivamente, costituendo un importante patrimonio di studio e di ricerca per generazioni di architetti, fino alla riscoperta avvenuta con Aldo Rossi e Manfredo Tafuri negli anni sessanta del secolo scorso. Dalle lezioni formulate nelle architetture del passato è possibile avanzare nuove ipotesi e alimentare riflessioni e dibattiti sul ruolo dell’architettura nella città contemporanea. La ricerca si occupa del progetto d’architettura per offrire un ulteriore contributo al tema, attraverso una lettura di carattere compositivo, supportata da una serie di schemi e disegni di studio necessari per completare il testo e per verificare i concetti esposti. Dopo aver raccolto, catalogato ed analizzato il materiale iconografico relativo al progetto per il Foro Bonaparte si è scelto di basare il ridisegno sulla raccolta di disegni conservati presso la Biblioteca Nazionale di Francia.

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Principales aportaciones: Elenco actualizado y más completo de “serlianas” hasta el momento, incluyendo el más amplio repertorio numismático e iconográfico sobre el tema. Visión de conjunto crítica de la “serliana” y motivos afines en la Antigüedad, la Edad Media y el Renacimiento, atendiendo a una selección de ejemplos en todos los formatos posibles (arquitectura e iconografía). Inclusión y explicación de la “serliana” dentro de los avances de la arquitectura romana, con atención a las fuentes escritas. Identificación de las principales áreas de origen y desarrollo de la “serliana”. Explicación de las causas y resultados de los procesos de innovación arquitectónica. Demostración de la llegada de la “serliana” a Hispania mucho antes que el disco de Teodosio. Indagación en las funciones y posibles implicaciones simbólicas de ejemplos de “serliana”. Hipótesis sobre el papel desempeñado por las arquitecturas efímeras. Hipótesis sobre el papel de la arquitectura militar en época romana para la difusión de la “serliana”. Comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Antigüedad Tardía y visión general de sus procesos de transferencia y metamorfosis. Demostración de la pervivencia de la “serliana” en la Edad Media. Análisis de la arcada triple como posible sustituto de la “serliana”. Comentario crítico de los dibujos tardomedievales y renacentistas sobre la “serliana” y su relación con el estudio contemporáneo de los monumentos antiguos. Identificación de ejemplos y comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Italia del Quattrocento y del Cinquecento. Análisis de las confluencias de la “serliana” Italia-España y evolución del motivo en este último ámbito. Demostración de las novedades propias del ámbito hispano.

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La tesi ha come oggetto il rinnovamento urbano che fu realizzato a Faenza per opera del suo signore Carlo II Manfredi tra il 1468 e il 1477, d’accordo con il fratello, il vescovo Federico. La prima opera realizzata da Carlo fu il portico a due livelli che dotò di una nuova facciata il suo palazzo di residenza, di origini medievali. Questa architettura sarebbe stata il preludio di un riordino generale della piazza principale della città, probabilmente allo scopo di ricreare un foro all’antica, come prescritto dai trattati di Vitruvio e di Alberti. L’aspetto originale del loggiato rinascimentale, desumibile da documentazione archivistica e iconografica, permette di attribuirlo con una certa probabilità a Giuliano da Maiano. Oltre alla piazza, Carlo riformò profondamente il tessuto urbano, demolendo molti portici lignei di origine medievale, rettificando le principali strade, completando la cerchia muraria. Federico Manfredi nel 1474 diede inizio alla fabbrica della Cattedrale, ricostruita dalle fondamenta su progetto dello stesso Giuliano da Maiano. L’architettura della chiesa ha uno stile largamente debitore all’architettura sacra di Brunelleschi, ma con significative differenze (come la navata definita da un’alternanza tra pilastri e colonne, o la copertura composta da volte a vela). L’abside della cattedrale, estranea al progetto maianesco, fu realizzata nel 1491-92 e mostra alcuni dettagli riconducibili alla coeva architettura di Bramante. A Faenza si realizza in un periodo di tempo brevissimo una profonda trasformazione del volto della città: loggiato, riforma della piazza, riordino delle strade, una nuova cattedrale, tutto contribuisce a dare lustro ai Manfredi e a fare di Faenza una città moderna e in cui si mettono in pratica, forse per la prima volta nell’Italia settentrionale, i dettami di Vitruvio e di Alberti.

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The project studied the history of Orthodox graphic art in the context of artistic links between the Eastern and Western worlds, tracing the routes by which iconographic models from western Europe penetrated into eastern Europe and underscoring the role of central European countries in the shaping of the culture of the modern Orthodox church. One important element was the identification of graphic prototypes and export routes for woodcutting blocks which travelled from Germany via Prague, Cracow and Vilnius to Moscow and Kiev, revealing the artistic ties between followers of different religions. Another major element was a study of the appearance of copper engraving in the second half of the 17th century.

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This project was an experiment in widening the traditional borders of study in the field and looking at the phenomenon of Gothic taste in many genres and kinds of art. The Gothic taste was a major element in the cultural image of the Enlightenment both in western Europe and in Russia. It was an essential component in the world outlook of an educated person and without studying this phenomenon it is impossible to fully understand the thinking of artistic professionals, amateurs and users in Russian society in the 18th century. Mr. Khatchatourov first analysed the reasons for the importance of Gothic taste in the culture of the European Enlightenment and then studied its linguistic and lexicographic evolution in 18th century Russian culture. He sought to determine the semantic context which actively formed the human mind set in the Enlightenment, including potential users and producers of articles in the Gothic taste. He then looked at the process of absorption of this concept by those forms of art which express it most strongly, in particular architecture and the theatre. His study was based on a comprehensive historical and culturological study using a wide range of sources, a formal stylistic method approach considering the interaction of non-classical styles of the Enlightenment with the dominant classicism, and an iconographic approach which revealed the essential aspects in a new image synthesis of the culture of the Enlightenment.

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The present article deals exemplarily with the remarkable iconographic attestations connected with the Wadi ed-Daliye (WD) findings. The discussed bullae were attached to papyri which provide a clear dating of the hoard between 375-335 BCE. Considering style and convention the preserved motives are to be classified as Persian, Greek or Greco-Persian. A major goal of the following presentation is the contextualization of the very material; this is achieved by taking into account local parallels as well as relevant attestations of the dominant / “imperial” cultures of Persia and Greece. The correlation of motives with the (often more complex, more detailed or more contoured) examples stemming from the “source-cultures” follows a clear agenda: It is methodologically based on the approach that was employed by Silvia Schroer and Othmar Keel throughout the project „Die Ikonographie Palästinas/Israels und der Alte Orient (IPIAO). Eine Religionsgeschichte in Bildern” (2005, 23ff). The WD-findings demand a careful analysis since the influencing cultures behind the imagery are deeply rooted in the field of Greek mythology and iconography. Special attention has to be drawn to the bullae, as far as excavated, from a huge Punic temple archive of Carthago (Berges 1997 and 2002) as well as those from the archive of the satrap seat in Daskyleion in the Northwest of Asia Minor (Kaptan 2002), which are chronologically close (end 5th and 4th century BCE) to the WD-finds. Not each and every single motive and artifact of the WD-corpus comprising more than 120 items can be dealt with in detail throughout the following pages. We refer to the editio princeps by Leith (1990, 1997) respectively to the concerning chapter in Keel’s Corpus volume II (Keel 2010, 340-379). The article gives a brief history of research (2.), some basic remarks on the development of style (3.) and a selection of detail-studies (4.). A crosscheck with other relevant corpora of stamp-seals (5.) as well as a compressed synthesis (6.) are contributions in order to characterize and classify the unique iconographic assemblage. There are rather few references to the late Persian coins from Samaria (Meshorer/Qedar 1999), which have been impressed about contemporaneous with the WD-bullae (372-333 BCE), as there is an article by Patrick Wyssmann in this volume about that specific corpus. Through the perspective of the late Persian iconography, Samaria appears as a dazzling metropolis at the crossroads of Greek and Persian culture, which is far away from a strict and revolutionary religious orthodoxy

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The perception of the human body as container is widespread in cognitive linguistics, psychology and anthropology and is estimated to be universal. But what can we say about the specific context of the Hebrew Bible as well as Ancient-Near-Eastern texts and material culture, and more especially about anthropomorphic vessels in the Levant? Biblical, Egyptian and Mesopotamian texts compare the human body with pottery in order to emphasize its status of having been created (Geschöpflichkeit) on the one hand, and its fragility (Zerbrechlichkeit) on the other. Not in every case does the metaphor refer to an individual. Very often, however, it is used with relation to groups of people (nations) and requires particular caution when it comes to drawing a conclusion about the embodiment. The archaeological-iconographic record demonstrates that the human body, especially the female body, was imagined as a container. The fact that vessels in the shape of female bodies are the majority can partly be explained with the association between container and pregnancy. This essay aims at stimulating the discussion about embodiment in the Ancient Near East, concepts of emotion the body as a container in the Hebrew Bible, and its relation to the material culture.

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Este trabajo presenta un análisis de carácter tanto plástico como semántico de la producción visual expuesta a través de la técnica litográfica en dos periódicos de la prensa antirrosista: El Grito Arjentino y Muera Rosas, editados en Montevideo entre los años 1839 y 18421. Dadas las numerosas litografías que formaron parte de estos periódicos de circulación clandestina se ha realizado una selección temática en función del tratamiento y construcción de un tipo iconográfico de la figura de Rosas. Este tipo iconográfico se construye a partir de la selección de atributos que se relacionan directamente con las acciones que ambos periódicos se dedican a denunciar través de los recursos retóricos que constituyen el grotesco y la sátira.

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El trabajo analiza una serie de crónicas y fotografías del entresiglos puertorriqueño (XIX-XX), llevadas a la escena pública internacional cuando, en virtud del Tratado de París que puso fin a la Guerra Hispanoamericana, la isla deja de ser colonia española y se convierte en posesión de los Estados Unidos. Construidas por viajeros norteamericanos que llegan a Puerto Rico para registrar el cambio de dominación y el rostro isleño, las imágenes verbales e iconográficas seleccionadas exhiben los poderes de una mirada imperial que justifica el programa expansionista y colonizador, subrayando los relieves de una tierra dominable, dispuesta a entregarse al nuevo amo.