120 resultados para Egeria najas


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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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No reservatório de Salto Grande (22º53’53’’S / 49º59’33’’W), Rio Paranapanema (SP/PR), é realizado um tipo de manejo (redução do nível de água) para redução da biomassa da macrófita submersa Egeria densa desde 2004. Estas plantas causam perdas econômicas para o programa de geração elétrica e infortúnio para a população local. O reservatório de Salto Grande possui lagoas marginais que apresentam elevada densidade dessas macrófitas e são tidas como ambientes de alta importância para o desenvolvimento, alimentação e reprodução de muitas assembléias, principalmente as de microcrustáceos zooplanctônicos. O objetivo deste trabalho foi analisar as mudanças na estrutura (composição, riqueza, abundância e diversidade) das assembléias de microcrustáceos zooplanctônicos (Cladocera e Copepoda) e suas relações com as alterações nas condições limnológicas decorrentes da variação de nível em duas lagoas marginais (Pedra Branca e Guaritá) em função do deplecionamento. Foram realizadas amostragens mensais de abril/2005 a julho/2006, além de coletas nictemerais durante o processo de deplecionamento (agosto/05) e um mês após o mesmo. Para a análise do zooplâncton foram amostrados 150 litros de água superficial em cada lagoa (região limnética). Simultaneamente, foram medidas as variáveis físicas e químicas da água: temperatura, pH, oxigênio dissolvido, condutividade elétrica, transparência, turbidez, material em suspensão (total, frações orgânica e inorgânica) e concentração de clorofila a. As variáveis limnológicas demonstraram um padrão de variação sazonal, além da influência do deplecionamento, principalmente sobre a temperatura e oxigênio dissolvido. O valor de riqueza encontrado para Cladocera foi elevado, totalizando 49 táxons. Os Copepoda foram analisados apenas até o nível de Ordem... (Resumo completo, clicar acesso eletrônico abaixo)

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The effect of physical exercise in immune function has been extensively studied. The intensity and duration of physical exercise have considerable influence in immunologic parameters. However, few studies have compared different exercise intensities in different stages of a physical training program. Thus, the aim of this study was to verify the metabolic, hormonal and immunologic changes before and after acute intermittent swimming exercise, following different stages of training program. Seventeen male swimmers were evaluated in three stages of training. The intensity of the three sessions was 90% (anaerobic potency – PAN), 70% (aerobic potency - PAE) and 98% (lactate tolerance – TLA) of the maximal speed from the best time of the distance, resulted from peak performance in competition. Blood samples were collected pre and immediately after exercise for cells counting and measurement of substrates and cortisol concentrations. It was used ANOVA to verify the significance of difference (p<0.05). There was a significant increase of glucose and cortisol post exercise in the PAN and PAE sessions. Glutamine increased significantly in PAE and TLA. Leukocytes increased significantly after the three different sessions and lymphocytes decreased significantly on PAE and TLA. In conclusion, it was demonstrated that changes of the several parameters studied in different stages of training program can cause temporary alterations in immune cells and may compromise resistance to common minor illnesses and athlete performance.

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La tesi di dottorato focalizza su quei fenomeni nei quali è particolarmente visibile una diffusa propensione all’assunzione di responsabilità nei confronti del significato e delle conseguenze del proprio agire di mercato. La tesi esamina le implicazioni connesse ad una nuova etica del consumo sia dal punto di vista del consumatore sia da quello dell’impresa, in particolare indaga l’atteggiamento di consumatori e produttori rispetto a pratiche di responsabilità sociale di impresa. Nel primo capitolo “Dimensioni di un consumo in evoluzione” le griglie concettuali interpretative del fenomeno del consumo vengono distinte da quelle peculiari del sistema produttivo, arrivando all’individuazione di strumenti che svelano le logiche proprie del fenomeno indagato. In questo scenario la società complessa corrisponde alla società dei consumi e il consumo diventa area esperienziale, capace anche di creare senso, orizzonti valoriali e di assumere valenze interattive e simboliche. Nel secondo capitolo “Il cittadino consumatore” è stato rappresentato il variegato mondo del consumatore, quel cittadino che si esprime politicamente non solo con il voto ma anche attraverso le proprie pratiche di consumo che veicolano scelte, ideali, valori. Sono rappresentati i tanti volti del consumatore “responsabile”, “critico” ed “etico”, attraverso lo studio del commercio equo e solidale, i Gas, la finanza etica, tutti significativi segnali di mutamento con cui governi e imprese sono chiamati a confrontarsi. Vengono prese in esame ricerche nazionali e internazionali per meglio comprendere quanto e con quali modalità sono diffuse, nella popolazione, pratiche di consumo responsabile rispetto a ben identificate pratiche di Rsi. Nel terzo capitolo “La Responsabilità Sociale d’Impresa” si approfondisce il concetto di responsabilità sociale di impresa: sono illustrate le evoluzioni che questa prassi ha subito nel corso della storia, le sue differenti declinazioni attuali, gli elementi che la distinguono, i suoi strumenti. Nel quarto capitolo “La responsabilità sociale di impresa e la grande distribuzione” vengono analizzate le relazioni esistenti tra la grande distribuzione (Coop e Conad) e la Rsi, considerando anche il ruolo della grande distribuzione, nella metropoli, nelle scelte di consumo. Nello specifico si vogliono comprendere le strategie aziendali, la struttura organizzativa, i servizi, i prodotti “etici” distribuiti e la loro relazione con il consumatore. Il quinto capitolo “La ricerca” contiene la ricerca empirica, 60 interviste in profondità somministrate a consumatori di Coop e Conad e a elementi rappresentativi (dirigenti) delle aziende in questione; l’elaborazione dei dati avviene con l’analisi di contenuto attraverso la costruzione di frasi chiave. Le conclusioni finali a cui perveniamo cercano di fare luce sul mondo del consumo e su quello dell’impresa nel momento in cui si confrontano con la responsabilità del proprio agire. Emergono diversi elementi per sostenere che la cultura della responsabilità assume un peso tutt’altro che marginale nelle strategie di azione delle imprese e nell’analisi del comportamento dei consumatori. Il sistema impresa assume la responsabilità come elemento qualificante la propria politica industriale, legandolo alla sostenibilità, alla reputazione, al rapporto fiduciario con il cliente. Analizzando il ruolo dei cittadini consumatori nello spazio di riferimento, nell’impegno e nel tentativo di decidere, attraverso determinati consumi, il modo di vivere il proprio territorio, abbiamo forse compreso qualcosa in più. Si veicola attraverso le scelte di consumo un’idea di vivere la città per cui è imprescindibile la qualità della vita, perseguita anche attraverso l’approvazione o, di converso, il disconoscimento delle imprese e dei rispettivi prodotti. Nell’analisi dell’atteggiamento partecipativo del cittadino verso la propria sfera pubblica possiamo sostenere che la dimensione del consumo tracima di gran lunga il mercato prefigurando un differente modello di società.

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La tesi di dottorato “Buoni cibi per buoni pensieri. Rituali di consumo alimentare tra flussi di globalizzazione e pratiche di localizzazione” verte attorno allo studio e all’approfondimento della sociologia dei consumi, con particolare riferimento alle relazioni che si possono instaurare tra i comportamenti alimentari collettivi a livello locale e il sistema globale. Il focus dell’analisi si incentra sulla sostenibilità dei consumi, fenomenologia esemplificativa di una modalità di rapporto degli uomini con i cibi innovativa e al contempo nient’affatto scontata: non soltanto a livello individual-collettivo come strumento di intelligibilità sociale e costruzione di senso, ma anche sul piano sistemico come rapporto con l’ambiente e il mondo circostante. In effetti, il percorso di studi che ha condotto all’elaborazione teorica ed empirica della tesi di dottorato, pur muovendo da studi radicati nella letteratura socio-antropologica come il consumo dei cibi e la cultura da essi veicolata, viene oggi inquadrata all’interno di nuovi scenari sullo sfondo del mutamento socioeconomico: le pratiche di sostenibilità causate dalle ambivalenti ripercussioni giocate dalla globalizzazione sui sistemi sociali. Se è vero infatti che oggi si vive in una società complessa, caratterizzata dalla crescente centralità del sistema del consumo rispetto agli altri sottosistemi, è evidente come una ri-lettura critica delle sue dimensioni simboliche ed intersoggettive nel senso del ridimensionamento degli aspetti legati alla mercificazione e al materialismo, faccia sì che la tesi dottorale si orienti sulla ricerca di una sostenibilità oggi tanto diffusa, da sostanziarsi sempre più anche nelle pratiche di consumo alimentare. Oggetto specifico di questo lavoro sono dunque, senza pretesa di esaustività ma rappresentative del contesto spaziale preso in esame, fenomenologie del consumo alimentare italiano all’interno di uno scenario globale: in particolare, si affronta la nuova cultura della sostenibilità che nasce dall’incontro fra i cittadini-consumatori e le complesse tematiche emergenti del sistema sociale di riferimento.

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Punto di partenza per il lavoro presentato, sono le tematiche legate alle pratiche di consumo di cibo in un’ottica che superi una semplice visione utilitaristica delle stesse, mentre viene evidenziato invece il più profondo rapporto uomo-cibo e i fenomeni di socializzazione che ne scaturiscono. Si trovano pertanto a coniugarsi la sociologia dei consumi e la sociologia della cultura. La base per questa visione del cibo e delle pratiche di produzione e consumo ad esso collegate è l’ipotesi che nel rapporto uomo-cibo sia individuabile un livello di significato superiore al mero utilitarismo/nutrizionismo, che si compone di una dimensione strutturale, una dimensione simbolica ed una dimensione metaforica. Il cibo, e di conseguenza tutte le pratiche ad esso collegate (produzione, elaborazione, consumo), rientrano pertanto in maniera naturale nella categoria “cultura”, e quindi, accostandoci al paradigma del passaggio da natura a società, attraverso il cibo si crea e si alimenta la socialità del consorzio umano, e quindi l’umanità stessa. Accostando a queste concettualizzazioni l’idea che il consumo in generale possa diventare una prassi tramite cui esperire una più diffusa ricerca di sostenibilità nello sviluppo del territorio, (facendosi carico delle conseguenze socio-ambientali derivanti dalla fruizione di determinati oggetti piuttosto che altri), si è sviluppata l’ipotesi che al consumo alimentare possa competere un ruolo precipuamente attivo nella definizione di pratiche sociali orientate alla sostenibilità, capaci cioè di integrare attraverso il consumo – e in relazione all’indebolimento delle tradizionali agenzie di socializzazione – quella perdita di senso civico e solidarietà organizzata che sperimentiamo nelle prassi di vita quotidiana. Sul piano operativo, la tesi è articolata in sei capitoli: • Il percorso presentato prende le mosse dalla considerazione che il cibo, inteso in un’ottica sociologica, costituisce un fattore culturale non irrilevante, anzi fondamentale per il consorzio umano. Si fornisce quindi una breve descrizione del ruolo del cibo nei suoi accostamenti con la definizione di un territorio (e quindi con la sua storia, economia e società), con le arti visive, con il cinema, con la musica, ma anche con la sfera sensoriale (tatto, gusto, olfatto) ed emotivo-cognitiva (psiche) dell’uomo. • Successivamente, si analizza nello specifico la funzione socializzante delle pratiche alimentari, ripercorrendo le tappe principali degli studi classici di sociologia e antropologia dell’alimentazione e introducendo anche l’idea di cibo come simbolo e metafora, che si riflettono sul piano sociale e sulle relazioni tra gli individui. La constatazione che le pratiche legate al cibo sono le uniche attività umane da sempre e per sempre irrinunciabili è un chiaro indicatore di come esse giochino un ruolo fondamentale nella socializzazione umana. • Nel terzo capitolo, la prospettiva simbolico-metaforica è la base di un’analisi di tipo storico delle pratiche alimentari, nello specifico delle pratiche di consumo di cibo, dalle origini dell’umanità ai giorni nostri. Viene presentato un excursus essenziale in cui l’attenzione è focalizzata sulla tavola, sui cibi ivi serviti e sugli eventi di socializzazione che si sviluppano attorno ad essa, considerando situazioni storico-sociali oggettive di cui si è in grado, oggi, di ricostruire le dinamiche e le fasi più significative. • Il quarto capitolo costituisce un momento di riflessione teorica intorno al tema della globalizzazione nella contemporaneità. Sia per una logica progressione cronologica all’interno del lavoro presentato, sia per la rilevanza in quanto inerente alla società attuale in cui viviamo, non si è potuto infatti non soffermarsi un po’ più a fondo sull’analisi delle pratiche alimentari nella contemporaneità, e quindi nella società generalmente definita come “globalizzata” (o “mcdonaldizzata”, per dirla alla Ritzer) ma che in realtà è caratterizzata da un più sottile gioco di equilibri tra dimensione locale e dimensione globale, che si compenetrano come anche nel termine che indica tale equilibrio: il “glocale”. In questo capitolo vengono presentati i principali riferimenti teorici relativi a queste tematiche. • Nel quinto capitolo è stata analizzata, quindi, la declinazione in senso “alimentare” della relazione tra globale e locale, e quindi non solo i mutamenti intercorsi nella contemporaneità nelle pratiche di produzione, scambio e consumo di cibo con particolare riferimento ai sistemi culturali e al territorio, ma anche alcune proposte (sia teoriche che pratiche) a garanzia di uno sviluppo sostenibile del territorio, che trovi i suoi fondamenti sulla perpetuazione di modalità tradizionali di produzione, commercio e consumo di cibo. • Nel sesto capitolo viene analizzato un caso di studio significativo, (il movimento Slow Food, con il suo progetto Terra Madre) senza la pretesa di confermare o smentire né le ipotesi di partenza, né i concetti emersi in itinere, ma semplicemente con l’intenzione di approfondire il percorso svolto attraverso l’esemplificazione operativa e la ricerca entro un piccolo campione composto da testimoni significativi e intervistati, sottoposti a colloqui e interviste incentrate su item inerenti i temi generali di questo lavoro e sul caso di studio considerato. La scelta del caso è motivata dalla considerazione che, alla luce delle filosofia che lo anima e delle attività che svolge, il movimento Slow Food con il progetto Terra Madre costituisce una vera e propria eccellenza nella pianificazione di uno sviluppo sostenibile del territorio e delle sue risorse, tanto economiche quanto sociali e culturali. L’intera analisi è stata condotta tenendo presente l’importanza della comparazione e della collocazione del singolo caso non solo nel contesto sociale di riferimento, ma anche in sintonia con l’ipotesi della ricerca, e quindi con l’assunto che le pratiche alimentari possano guidare uno sviluppo sostenibile del territorio. Per analizzare la realtà individuata, si è in primo luogo proceduto alla raccolta e all’analisi di dati e informazioni volte alla ricostruzione della sua storia e del suo sviluppo attuale. Le informazioni sono state raccolte attraverso l’analisi di materiali, documenti cartacei e documenti multimediali. Si è poi proceduto con colloqui in profondità a testimoni significativi individuati nell’ambito delle attività promosse da Slow Food, con particolare riferimento alle attività di Terra Madre; le informazioni sono state elaborate con l’ausilio dell’analisi del contenuto. Alla luce di quanto analizzato, tanto a livello teorico quanto a livello empirico, la tesi si conclude con alcune considerazioni che, in linea con la finalità dichiarata di approfondire (più che di confermare o smentire) le ipotesi di partenza circa un ruolo fondamentale delle pratiche alimentari nello sviluppo sostenibile del territorio, non possono comunque non tendere ad una convalida dei concetti introduttivi. Si individuano pertanto spunti importanti per affermare che nelle pratiche alimentari, nei tre momenti in cui trovano specificazione (la produzione, lo scambio, il consumo), siano individuabili quei semi valoriali che possono dare solidità alle ipotesi di partenza, e che quindi - nell’intento di operare per uno sviluppo sostenibile del territorio - sia possibile farne un valido strumento al fine di costruire dei veri e propri percorsi di sostenibilità ancorati ai concetti di tutela della tradizione locale, recupero e salvaguardia dei metodi tradizionali di produzione e conservazione, certificazione di tipicità, controllo della distribuzione, riscatto e promozione delle modalità tradizionali di consumo con particolare riferimento alle culture locali.

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Two marshes near Muscotah and Arrington, Atchison County, northeastern Kansas, yielded a pollen sequence covering the last 25,000 yrs of vegetation development. The earliest pollen spectra are comparable with surface pollen spectra from southern Saskatchewan and southeastern Manitoba and might indicate a rather open vegetation but with some pine, spruce, and birch as the most important tree species, with local stands of alder and willow. This type of vegetation changed about 23,000 yrs ago to a spruce forest, which prevailed in the region until at least 15,000 yrs ago. Because of a hiatus, the vegetation changes resulting in the spread of a mixed deciduous forest and prairie, which was present in the region from 11,000 to 9,000 yrs ago, remain unknown. Prairie vegetation, with perhaps a few trees along the valleys, covered the region until about 5,000 yrs ago, when a re-expansion of deciduous trees began in the lowlands.

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The biostratigraphic classification of the Pleistocene in north-western and central Europe is still insufficiently known, in spite of numerous geological and vegetation-history investigations. The question is not even clear, for example, how often a warm-period vegetation with thermophilous trees such as Quercus, Ulmus, Tilia, Carpinus etc could develop here. In past years, on the basis of several geological and vegetation-history findings, suspicion has often been expressed that some of the classical stages of the Pleistocene could include more warm periods than heretofore assumed, and as a result of recent investigations the period between the Waal and Holstein interglacials seems to include at least two warm periods, of which the Cromer is one. This paper contributes to this problem. The interglacial sediments coming from the Elm-Mountains near Brunswick and from the Osterholz near Elze - both within the limits of the German Mittelgebirge - were investigated by pollen analysis. In both cases a Pinus-Betula zone and a QM zone were found. The vegetation development of the Pinus-Betula zone is characterized in both sequences by the early appearance of Picea. Because of strong local influence at the Osterholz a detailed correlation is difficult. However, vegetation development at the time of the QM zone at both sites was similar; it is especially characterized by the facts that Ulmus clearly migrated to the site earlier than Quercus and was very abundant throughout this time. Furthermore, both diagrams show very low amounts of Corylus. The interglacial of the Osterholz shows in addition to the above; a Carpinus-QM-Picea-zone in which Eucommia reaches a relative high value and in the upper of which Azolla filiculoides was also found. The similarity of vegetation development justifies acceptance of the same age for the occurrences. A comparison of the vegetation development at the Elm and the Osterholz with those of the Eem, Holstein, Waal, and Tegelen warm periods as well as with all the Cromer sites so far investigated shows that only a correlation with the Cromer Complex is possible. This correlation is supported by the geologic relations in the Osterholz (the deposit is overlain by Elster till). Therefore the till-like material with Scandinavian rock fragments underlying the deposit at Elm is of particular interest. The 'Rhume' interglacial beds at Bilshausen, only 60 km south of Osterholz, is also assigned to the Cromer complex, but the two deposits cannot be of the same age because the vegetation development differs. Therefore the Cromer complex must include at least two warm periods. Further conclusions about the relative stratigraphic position of these two occurrences and correlations of other Cromer sites are at this time not possible, however.

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1. Late glacial and postglacial sediments from three former lakes in the Lake Garda area (Southern Alps) were investigated. 2. The pollen diagram from Bondone (1550 m) shows an older phase rich in NAP. A younger one corresponds with the Younger Dryas time according to two radiocarbon determinations. In the Preboreal no climatic deterioration could be found. 3. At first plants, which are nowadays typical for snow-ground, pioneer and dwarf shrub associations, immigrated into the surroundings of Bondone. In Alleröd times larch and pine appeared as the first trees. At the beginning of the Preboreal dense forest existed in that region. During the Alleröd timber line was at about 1500 m. 4. In the pollen diagrams from Saltarino (194 m) and Fiavè (654 m) an oldest period rich in NAP is followed by two stadial and two interstadial phases. Tree birches and larches immigrated during the oldest interstadial phase. 5. In the case of Saltarino and Fiavè only a preliminary dating could be made. A correlation seems to be possible with diagrams published by Zoller as well as with the diagram of Bondone. Discrepances in dating, which arise then, are discussed. According to the two possibilities of dating the youngest stadial is synchronous either with the so-called Piottino stadial or the Younger Dryas time. Consequently the oldest interstadial phase of Saltarino corresponds either with the Bölling or with a pre-Bölling interstadial. The last possibility seems to be more probable. 6. In the southern part of the Lake Garda area reforestation was preceded by a long shrub phase mainly with Juniperus. At about 650 m there was a period with Pinus mugo and only with a small amount of Juniperus before reforestation. A phase with Betula nana well known from areas north of the Alps could nowhere be found. 7. In the area under study larch appeared as the first tree. Lateron it has been the most important constituent of the forests near timber line. Birch, which plays an important role as a pioneer tree in Denmark - for instance at the transition of the pollen zones III/IV - as well as in Southern Germany during Bölling time, was of less importance at the southern border of the Alps. In that area the spreading of Pinus occurred very early causing dense forests. 8. During the last stadial phase (probably Younger Dryas time) dense forests with Pinus and Larix existed at 650 m. In the lower part of the Lake Garda area, however, both thermophilous trees as Quercus and herbs frequently occurred. This leads to the conclusion that during this time tree growth was limited by dryness in lower altitudes of the border of the Southern Alps. Pinus and Juniperus, however, do not show higher values in this period, a fact which cannot yet be explained. 9. A list of plants, which were found in the sediments, is compiled. Helodium lanatum, Dictamnus albus, Mercurialis cf. ovata, Buxus, Cerinthe cf. minor, Onosma, Anthericum and Asphodelus albus are findings, which are of special interest for the history of the flora of that region.