997 resultados para Copepoda.


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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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No reservatório de Salto Grande (22º53’53’’S / 49º59’33’’W), Rio Paranapanema (SP/PR), é realizado um tipo de manejo (redução do nível de água) para redução da biomassa da macrófita submersa Egeria densa desde 2004. Estas plantas causam perdas econômicas para o programa de geração elétrica e infortúnio para a população local. O reservatório de Salto Grande possui lagoas marginais que apresentam elevada densidade dessas macrófitas e são tidas como ambientes de alta importância para o desenvolvimento, alimentação e reprodução de muitas assembléias, principalmente as de microcrustáceos zooplanctônicos. O objetivo deste trabalho foi analisar as mudanças na estrutura (composição, riqueza, abundância e diversidade) das assembléias de microcrustáceos zooplanctônicos (Cladocera e Copepoda) e suas relações com as alterações nas condições limnológicas decorrentes da variação de nível em duas lagoas marginais (Pedra Branca e Guaritá) em função do deplecionamento. Foram realizadas amostragens mensais de abril/2005 a julho/2006, além de coletas nictemerais durante o processo de deplecionamento (agosto/05) e um mês após o mesmo. Para a análise do zooplâncton foram amostrados 150 litros de água superficial em cada lagoa (região limnética). Simultaneamente, foram medidas as variáveis físicas e químicas da água: temperatura, pH, oxigênio dissolvido, condutividade elétrica, transparência, turbidez, material em suspensão (total, frações orgânica e inorgânica) e concentração de clorofila a. As variáveis limnológicas demonstraram um padrão de variação sazonal, além da influência do deplecionamento, principalmente sobre a temperatura e oxigênio dissolvido. O valor de riqueza encontrado para Cladocera foi elevado, totalizando 49 táxons. Os Copepoda foram analisados apenas até o nível de Ordem... (Resumo completo, clicar acesso eletrônico abaixo)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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We report Phrixocephalus cincinnatus, a pennellid copepod infecting the eyes of flatfishes, from a single specimen of rex sole, Glyptocephalus zachirus, for the first time. In the typical host, the arrowtooth flounder, Atherestes stomias, the parasite occurred commonly in sampled populations from the Broughton Archipelago in British Columbia, infected primarily the right eye of the flounder, and on only one occasion presented more than two parasites per eye. The copepod attached to the choroid layer and ramified throughout the posterior compartment of the eye, resulting in the disruption of the retina and probably impairing host vision. Inflammation and hyperplasia progressed to necrosis and proliferation of connective tissue, resulting in the total destruction of the eye.

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State of Sao Paulo Research Foundation (FAPESP)

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The freshwater copepod Odontodiaptomus thomseni (Brehm, 1933) (Calanoida: Diaptomidae) is a rare species that has been reported only once - in its original description (BREHM 1933). The lack of subsequent records led to its inclusion in the Red List of threatened species (IUCN). Here we present a new record for O.thomseni. It was discovered in Salto Grande reservoir, which is located in the lower stretches of the Uruguay River, between Uruguay and Argentina, at the River Plate basin. In January 2010, three specimens (two males and one female) were found, and these were studied in detail using scanning electron microscopy (SEM). We only had material of Odontodiaptomus paulistanus (Wright, 1936) for comparison, but the position of the lateral spine in right P5 of the male, and the shape and size of lateral wings of the female are especially distinctive. Odontodiaptomus thomseni remains a rare species and we recommend keeping it on the IUCN Red List.

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Phyllopodopsyllus iuanamai sp. nov. and Phyllopodopsyllus pseudokunzi sp. nov. are described from specimens collected in the Channel of São Sebastião (State of São Paulo, Brazil). The nauplii of P. iuanamai, P. pseudokunzi, P. aegypticus Nicholls, 1944 are described, additional information is given on nauplii and morphology of the adult P. setouchiensis Kitazima, 1981, and on the nauplius of Laophontella horrida (Por, 1964). These represent first records of P. aegypticus and L. horrida in Brazilian waters.

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Da 25 anni la letteratura scientifica internazionale riporta studi su varie specie di microcrostacei copepodi ciclopoidi dei generi Macrocyclops, Megacyclops e Mesocyclops predatori di larve di 1a e 2a età di culicidi. Si tratta di prove di predazione in laboratorio e in pieno campo, in diverse aree del pianeta nessuna delle quali riguarda l’Italia o il resto d’Europa, contro principalmente Aedes aegypti (L.), Ae. albopictus (Skuse) e altre specie del genere Anopheles e Culex. L’allevamento massale di copepodi ciclopoidi appare praticabile e questo, assieme alle buone prestazioni predatorie, rende tali ausiliari candidati assai interessanti contro le due principali specie di zanzare, Culex pipiens L. e Ae. albpopictus, che nelle aree urbane e periurbane italiane riescono a sfruttare raccolte d’acqua artificiali di volume variabile e a regime idrico periodico o permanente. Pertanto lo scopo dello studio è stato quello di arrivare a selezionare una o più specie di copepodi candidati per la lotta biologica e valutarne la possibilità applicativa nell’ambito dei programmi di controllo delle zanzare nocive dell’ambiente urbano. L’argomento del tutto nuovo per il nostro paese, è stato sviluppato attraverso varie fasi ciascuna delle quali propedeutica a quella successiva. •Indagine faunistica nell’area di pianura e costiera sulle specie di ciclopoidi associate a varie tipologie di raccolte d’acqua naturali e artificiali (fossi, scoline, canali, risaie e pozze temporanee). I campionamenti sono stati condotti con l’obiettivo di ottenere le specie di maggiori dimensioni (≥1 mm) in ristagni con diverse caratteristiche in termini di qualità dell’acqua e complessità biocenotica. •Prove preliminari di predazione in laboratorio con alcune specie rinvenute negli ambienti campionati, nei confronti delle larve di Ae. albopictus e Cx. pipiens. Le prestazioni di predazione sono state testate sottoponendo ai copepodi larve giovani di zanzare provenienti da allevamento e calcolato il numero giornaliero di larve attaccate. •Implementazione di un allevamento pilota della specie valutata più interessante, Macrocyclops albidus (Jurine) (Cyclopoida, Cyclopidae, Eucyclopinae), per i risultati ottenuti in laboratorio in termini di numero di larve predate/giorno e per le caratteristiche biologiche confacenti agli ambienti potenzialmente adatti ai lanci. Questa parte della ricerca è stata guidata dalla finalità di mettere a punto una tecnica di allevamento in scala in modo da disporre di stock di copepodi dalla primavera, nonchè da criteri di economicità nell’impianto e nella sua gestione. •Prove di efficacia in condizioni di semicampo e di campo in raccolte d’acqua normalmente colonizzate dai culicidi in ambito urbano: bidoni per lo stoccaggio di acqua per l’irrigazione degli orti e tombini stradali. In questo caso l’obiettivo principale è stato quello di ottenere dati sull’efficienza del controllo di M. albidus nei confronti della popolazione culicidica selvatica e sulla capacità del copepode di colonizzare stabilmente tali tipologie di focolai larvali. Risultati e conclusioni Indagine faunistica e prove di predazione in laboratorio L’indagine faunistica condotta nell’area costiera ferrarese, in quella ravennate e della pianura bolognese ha portato al rinvenimento di varie specie di ciclopoidi mantenuti in laboratorio per la conduzione delle prove di predazione. Le specie testate sono state: Acanthocyclops robustus (G. O. Sars), Macrocyclops albidus (Jurine), Thermocyclops crassus (Fischer), Megacyclops gigas (Claus). La scelta delle specie da testare è stata basata sulla loro abbondanza e frequenza di ritrovamento nei campionamenti nonché sulle loro dimensioni. Ciascuna prova è stata condotta sottoponendo a un singolo copepode, oppure a gruppi di 3 e di 5 esemplari, 50 larve di 1a età all’interno di contenitori cilindrici in plastica con 40 ml di acqua di acquedotto declorata e una piccola quantità di cibo per le larve di zanzara. Ciascuna combinazione “copepode/i + larve di Ae. albopictus”, è stata replicata 3-4 volte, e confrontata con un testimone (50 larve di Ae. albopictus senza copepodi). A 24 e 48 ore sono state registrate le larve sopravvissute. Soltanto per M. albidus il test di predazione è stato condotto anche verso Cx. pipiens. Messa a punto della tecnica di allevamento La ricerca è proseguita concentrando l’interesse su M. albidus, che oltre ad aver mostrato la capacità di predare a 24 ore quasi 30 larve di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, dalla bibliografia risulta tollerare ampi valori di temperatura, di pH e alte concentrazioni di vari inquinanti. Dalla ricerca bibliografica è risultato che i ciclopoidi sono facilmente allevabili in contenitori di varia dimensione e foggia somministrando agli stadi di preadulto alghe unicellulari (Chlorella, Chilomonas), protozoi ciliati (Paramecium, Euplotes), rotiferi e cladoceri. Ciò presuppone colture e allevamenti in purezza di tali microrganismi mantenuti in parallelo, da utilizzare come inoculo e da aggiungere periodicamente nell’acqua di allevamento dei ciclopoidi. Nel caso di utilizzo di protozoi ciliati, occorre garantirne lo sviluppo che avviene a carico di flora batterica spontanea a sua volta cresciuta su di un substrato organico quale latte, cariossidi bollite di grano o soia, foglie di lattuga, paglia di riso bollita con cibo secco per pesci, lievito di birra. Per evitare il notevole impegno organizzativo e di manodopera nonché il rischio continuo di perdere la purezza della colonia degli organismi da utilizzare come cibo, le prove comparative di allevamento hanno portato ad un protocollo semplice ed sufficientemente efficiente in termini di copepodi ottenibili. Il sistema messo a punto si basa sull’utilizzo di una popolazione mista di ciliati e rotiferi, mantenuti nell'acqua di allevamento dei copepodi mediante la somministrazione periodica di cibo standard e pronto all’uso costituito da cibo secco per gatti. Prova di efficacia in bidoni da 220 l di capacità La predazione è stata studiata nel biennio 2007-2008 in bidoni da 220 l di capacità inoculati una sola volta in aprile 2007 con 100 e 500 esemplari di M. albidus/bidone e disposti all’aperto per la libera ovideposizione della popolazione culicidica selvatica. L’infestazione preimmaginale culicidica veniva campionata ogni due settimane fino ad ottobre, mediante un retino immanicato a maglia fitta e confrontata con quella dei bidoni testimone (senza copepodi). Nel 2007 il tasso di riduzione medio delle infestazioni di Ae. albopictus nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è del 99,90% e del 100,00% rispettivamente alle dosi iniziali di inoculo di 100 e 500 copepodi/bidone; per Cx. pipiens L. tale percentuale media è risultata di 88,69% e di 84,65%. Similmente, nel 2008 si è osservato ad entrambe le dosi iniziali di inoculo una riduzione di Ae. albopictus del 100,00% e di Cx. pipiens del 73,3%. La dose di inoculo di 100 copepodi per contenitore è risultata sufficiente a garantire un rapido incremento numerico della popolazione che ha raggiunto la massima densità in agosto-settembre e un eccellente controllo delle popolazioni di Ae. albopictus. Prova di efficacia in campo in serbatoi per l’acqua irrigua degli orti La prova è stata condotta a partire dalla metà di agosto 2008 interessando 15 serbatoi di varia foggia e capacità, variabile tra 200 e 600 l, utilizzati per stoccare acqua orti famigliari nel comune di Crevalcore (BO). Ai proprietari dei serbatoi era chiesto di gestire il prelievo dell’acqua e i rifornimenti come da abitudine con l’unica raccomandazione di non svuotarli mai completamente. In 8 contenitori sono stati immessi 100 esemplari di M.albidus e una compressa larvicida a base di Bacillus thuringiensis var. israelensis (B.t.i.); nei restanti 7 è stata soltanto immessa la compressa di B.t.i.. Il campionamento larvale è stato settimanale fino agli inizi di ottobre. Dopo l’introduzione in tutti i serbatoi sono stati ritrovati esemplari di copepodi, nonostante il volume di acqua misurato settimanalmente sia variato da pochi litri, in qualche bidone, fino a valori della massima capacità, per effetto del prelievo e dell’apporto dell’acqua da parte dei gestori degli orti. In post-trattamento sono state osservate differenze significative tra le densità larvali nelle due tesi solo al 22 settembre per Ae.albopictus Tuttavia in termini percentuali la riduzione media di larve di 3a-4a età e pupe nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è stata de 95,86% per Ae. albopictus e del 73,30% per Cx. pipiens. Prova di efficacia in tombini stradali Sono state condotte due prove in due differenti località, interessando 20 tombini (Marano di Castenaso in provincia di Bologna nel 2007) e 145 tombini (San Carlo in provincia di Ferrara nel 2008), quest’ultimi sottoposti a spurgo e pulizia completa nei precedenti 6 mesi l’inizio della prova. L’introduzione dei copepodi nei tombini è stata fatta all’inizio di luglio nella prova di Marano di Castenaso e alla fine di aprile e giugno in quelli di San Carlo, a dosi di 100 e 50 copepodi/tombino. Prima dell’introduzione dei copepodi e successivamente ogni 2 settimane per due mesi, in ogni tombino veniva campionata la presenza culicidica e dei copepodi con dipper immanicato. Nel 2007 dopo l’introduzione dei copepodi e per tutto il periodo di studio, mediamente soltanto nel 77% dei tombini i copepodi sono sopravvissuti. Nel periodo di prova le precipitazioni sono state scarse e la causa della rarefazione dei copepodi fino alla loro scomparsa in parte dei tombini è pertanto da ricercare non nell’eventuale dilavamento da parte della pioggia, quanto dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua. Tra queste innanzitutto la concentrazione di ossigeno che è sempre stata molto bassa (0÷1,03 mg/l) per tutta la durata del periodo di studio. Inoltre, a questo fattore probabilmente è da aggiungere l’accumulo, a concentrazioni tossiche per M. albidus, di composti organici e chimici dalla degradazione e fermentazione dell’abbondante materiale vegetale (soprattutto foglie) in condizioni di ipossia o anossia. Nel 2008, dopo il primo inoculo di M. albidus la percentuale di tombini che al campionamento presentano copepodi decresce in modo brusco fino a raggiungere il 6% a 2 mesi dall’introduzione dei copepodi. Dopo 40 giorni dalla seconda introduzione, la percentuale di tombini con copepodi è del 6,7%. Nell’esperienza 2008 è le intense precipitazioni hanno avuto probabilmente un ruolo determinante sul mantenimento dei copepodi nei tombini. Nel periodo della prova infatti le piogge sono state frequenti con rovesci in varie occasioni di forte intensità per un totale di 342 mm. Sotto questi livelli di pioggia i tombini sono stati sottoposti a un continuo e probabilmente completo dilavamento che potrebbe aver impedito la colonizzazione stabile dei copepodi. Tuttavia non si osservano influenze significative della pioggia nella riduzione percentuale dei tombini colonizzati da copepodi e ciò fa propendere all’ipotesi che assieme alla pioggia siano anche le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua a impedire una colonizzazione stabile da parte di M. albidus. In definitiva perciò si è dimostrato che i tombini stradali sono ambienti ostili per la sopravvivenza di M. albidus, anche se, dove il ciclopoide si è stabilito permanentemente, ha dimostrato un certo impatto nei confronti di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, che tuttavia è risultato non statisticamente significativo all’analisi della varianza. Nei confronti delle larve di Culex pipiens il copepode non permette livelli di controllo soddisfacente, confermando i dati bibliografici. Nei confronti invece di Ae. albopictus la predazione raggiunge buoni livelli; tuttavia ciò non è compensato dalla percentuale molto alta di tombini che, dopo periodi di pioggia copiosa o singoli episodi temporaleschi o per le condizioni di anossia rimangono senza i copepodi. Ciò costringerebbe a ripetute introduzioni di copepodi i cui costi attualmente non sono inferiori a quelli per trattamenti con prodotti larvicidi. In conclusione la ricerca ha portato a considerare Macrocyclops albidus un interessante ausiliario applicabile anche nelle realtà urbane del nostro paese nell’ambito di programmi integrati di contrasto alle infestazioni di Aedes albopictus. Tuttavia il suo utilizzo non si presta a tutti i focolai larvali ma soltanto a raccolte di acqua artificiali di un certo volume come i bidoni utilizzati per stoccare acqua da impiegare per l’orto e il giardino familiare nelle situazioni in cui non è garantita la copertura ermetica, lo svuotamento completo settimanale o l’utilizzo di sostanze ad azione larvozanzaricida.

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Mesozooplankton is collected by vertical tows within the Black sea water body mass layer in the NE Aegean, using a WP-2 200 µm net equipped with a large non-filtering cod-end (10 l). Macrozooplankton organisms are removed using a 2000 µm net. A few unsorted animals (approximately 100) are placed inside several glass beaker of 250 ml filled with GF/F or 0.2 µm Nucleopore filtered seawater and with a 100 µm net placed 1 cm above the beaker bottom. Beakers are then placed in an incubator at natural light and maintaining the in situ temperature. After 1 hour pellets are separated from animals and placed in separated flasks and preserved with formalin. Pellets are counted and measured using an inverted microscope. Animals are scanned and counted using an image analysis system. Carbon- Specific faecal pellet production is calculated from a) faecal pellet production, b) individual carbon: Animals are scanned and their body area is measured using an image analysis system. Body volume is then calculated as an ellipsoid using the major and minor axis of an ellipse of same area as the body. Individual carbon is calculated from a carbon- total body volume of organisms (relationship obtained for the Mediterranean Sea by Alcaraz et al. (2003) divided by the total number of individuals scanned and c) faecal pellet carbon: Faecal pellet length and width is measured using an inverted microscope. Faecal pellet volume is calculated from length and width assuming cylindrical shape. Conversion of faecal pellet volume to carbon is done using values obtained in the Mediterranean from: a) faecal pellet density 1,29 g cm**3 (or pg µm**3) from Komar et al. (1981); b) faecal pellet DW/WW=0,23 from Elder and Fowler (1977) and c) faecal pellet C%DW=25,5 Marty et al. (1994).

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Introduction Many marine planktonic crustaceans such as copepods have been considered as widespread organisms. However, the growing evidence for cryptic and pseudo-cryptic speciation has emphasized the need of re-evaluating the status of copepod species complexes in molecular and morphological studies to get a clearer picture about pelagic marine species as evolutionary units and their distributions. This study analyses the molecular diversity of the ecologically important Paracalanus parvus species complex. Its seven currently recognized species are abundant and also often dominant in marine coastal regions worldwide from temperate to tropical oceans. Results COI and Cytochrome b sequences of 160 specimens of the Paracalanus parvus complex from all oceans were obtained. Furthermore, 42 COI sequences from GenBank were added for the genetic analyses. Thirteen distinct molecular operational taxonomic units (MOTU) and two single sequences were revealed with cladistic analyses (Maximum Likelihood, Bayesian Inference), of which seven were identical with results from species delimitation methods (barcode gaps, ABDG, GMYC, Rosenberg's P(AB)). In total, 10 to 12 putative species were detected and could be placed in three categories: (1) temperate geographically isolated, (2) warm-temperate to tropical wider spread and (3) circumglobal warm-water species. Conclusions The present study provides evidence of cryptic or pseudocryptic speciation in the Paracalanus parvus complex. One major insight is that the species Paracalanus parvus s.s. is not panmictic, but may be restricted in its distribution to the northeastern Atlantic.

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The SES_UNLUATA_GR1-Mesozooplankton faecal pellet production rates dataset is based on samples taken during March and April 2008 in the Northern Libyan Sea, Southern Aegean Sea and in the North-Eastern Aegean Sea. Mesozooplankton is collected by vertical tows within the 0-100 m layer or within the Black sea water body mass layer in the case of the NE Aegean, using a WP-2 200 µm net equipped with a large non-filtering cod-end (10 l). Macrozooplankton organisms are removed using a 2000 µm net. A few unsorted animals (approximately 100) are placed inside several glass beaker of 250 ml filled with GF/F or 0.2 µm Nucleopore filtered seawater and with a 100 µm net placed 1 cm above the beaker bottom. Beakers are then placed in an incubator at natural light and maintaining the in situ temperature. After 1 hour pellets are separated from animals and placed in separated flasks and preserved with formalin. Pellets and are counted and measured using an inverted microscope. Animals are scanned and counted using an image analysis system. Carbon- Specific faecal pellet production is calculated from a) faecal pellet production, b) individual carbon: Animals are scanned and their body area is measured using an image analysis system. Body volume is then calculated as an ellipsoid using the major and minor axis of an ellipse of same area as the body. Individual carbon is calculated from a carbon- total body volume of organisms (relationship obtained for the Mediterranean Sea by Alcaraz et al. (2003) divided by the total number of individuals scanned and c) faecal pellet carbon: Faecal pellet length and width is measured using an inverted microscope. Faecal pellet volume is calculated from length and width assuming cylindrical shape. Conversion of faecal pellet volume to carbon is done using values obtained in the Mediterranean from: a) faecal pellet density 1,29 g cm**3 (or pg µm**3) from Komar et al. (1981); b) faecal pellet DW/WW=0,23 from Elder and Fowler (1977) and c) faecal pellet C%DW=25,5 Marty et al. (1994).

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The SES_GR2-Mesozooplankton faecal pellet production rates dataset is based on samples taken during August and September 2008 in the Northern Libyan Sea, Southern Aegean Sea and the North-Eastern Aegean Sea. Mesozooplankton is collected by vertical tows within the 0-100 m layer or within the Black sea water body mass layer in the case of the NE Aegean, using a WP-2 200 µm net equipped with a large non-filtering cod-end (10 l). Macrozooplankton organisms are removed using a 2000 µm net. A few unsorted animals (approximately 100) are placed inside several glass beaker of 250 ml filled with GF/F or 0.2 µm Nucleopore filtered seawater and with a 100 µm net placed 1 cm above the beaker bottom. Beakers are then placed in an incubator at natural light and maintaining the in situ temperature. After 1 hour pellets are separated from animals and placed in separated flasks and preserved with formalin. Pellets are counted and measured using an inverted microscope. Animals are scanned and counted using an image analysis system. Carbon- Specific faecal pellet production is calculated from a) faecal pellet production, b) individual carbon: Animals are scanned and their body area is measured using an image analysis system. Body volume is then calculated as an ellipsoid using the major and minor axis of an ellipse of same area as the body. Individual carbon is calculated from a carbon- total body volume of organisms (relationship obtained for the Mediterranean Sea by Alcaraz et al. (2003) divided by the total number of individuals scanned and c) faecal pellet carbon: Faecal pellet length and width is measured using an inverted microscope. Faecal pellet volume is calculated from length and width assuming cylindrical shape. Conversion of faecal pellet volume to carbon is done using values obtained in the Mediterranean from: a) faecal pellet density 1,29 g cm**3 (or pg µm**3) from Komar et al. (1981); b) faecal pellet DW/WW=0,23 from Elder and Fowler (1977) and c) faecal pellet C%DW=25,5 Marty et al. (1994).

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The SES_GR1-Mesozooplankton faecal pellet production rates dataset is based on samples taken during April 2008 in the North-Eastern Aegean Sea. Mesozooplankton is collected by vertical tows within the Black sea water body mass layer in the NE Aegean, using a WP-2 200 µm net equipped with a large non-filtering cod-end (10 l). Macrozooplankton organisms are removed using a 2000 µm net. A few unsorted animals (approximately 100) are placed inside several glass beaker of 250 ml filled with GF/F or 0.2 µm Nucleopore filtered seawater and with a 100 µm net placed 1 cm above the beaker bottom. Beakers are then placed in an incubator at natural light and maintaining the in situ temperature. After 1 hour pellets are separated from animals and placed in separated flasks and preserved with formalin. Pellets are counted and measured using an inverted microscope. Animals are scanned and counted using an image analysis system. Carbon- Specific faecal pellet production is calculated from a) faecal pellet production, b) individual carbon: Animals are scanned and their body area is measured using an image analysis system. Body volume is then calculated as an ellipsoid using the major and minor axis of an ellipse of same area as the body. Individual carbon is calculated from a carbon- total body volume of organisms (relationship obtained for the Mediterranean Sea by Alcaraz et al. (2003) divided by the total number of individuals scanned and c) faecal pellet carbon: Faecal pellet length and width is measured using an inverted microscope. Faecal pellet volume is calculated from length and width assuming cylindrical shape. Conversion of faecal pellet volume to carbon is done using values obtained in the Mediterranean from: a) faecal pellet density 1,29 g cm**3 (or pg µm**3) from Komar et al. (1981); b) faecal pellet DW/WW=0,23 from Elder and Fowler (1977) and c) faecal pellet C%DW=25,5 Marty et al. (1994).

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Two expeditions, undertaken in 1994 and 1996, provided quantitatively sampled material of sublittoral and bathyal meiobenthos from the Paso Ancho of the Straits of Magellan, the Beagle Channel, and the Patagonian continental slope (Chile). To investigate whether these distinct geographic areas might also be characterised by different harpacticoid assemblages, qualitative and quantitative analyses of Copepoda Harpacticoida were carried out. At supraspecific level 25 harpacticoid families were found, as well as several species that could not yet be assigned to any major harpacticoid taxon. Due to the high amount of collected Harpacticoida, detailed investigations at species level had to be restricted to six taxa, namely the Ancorabolidae, Argestidae, Cletodidae, Diosaccinae, Paramesochridae, and Paranannopinae. The corresponding specimens were assigned to 122 species in 52 genera. More than 80% of them are new to science. Qualitative comparisons of both species composition and species distribution allow the three areas to be distinguished in terms of species richness. However, statistical analyses confirm these results only partly. Similarity analyses applying non-metrical multidimensional scaling, as well as diversity analyses using the rarefaction method, suggest that the observed differences in distribution and diversity patterns are due to small-scale, local conditions, which may overlay possible large-scale ones.