998 resultados para terapia antiprotozoário


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En Colombia se ha podido establecer que la incidencia y mortalidad de la Enfermedad Renal Crónica Terminal continúan en aumento en los últimos 6 años a pesar de las estrategias de intervención para prevención y control de la enfermedad implementadas nivel nacional. Este trabajo busca establecer la línea de base para la población asegurada en Colombia, frente a la supervivencia de pacientes en terapia de remplazo renal (TRR).

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O cancro é a segunda causa de mortalidade a nível mundial. Um dos problemas nos tratamentos atuais de quimioterapia relaciona-se com os efeitos secundários causados pela falta de seletividade dos fármacos utilizados. Assim, um dos desafios atuais é o desenvolvimento de sistemas terapêuticos que permitam potenciar o efeito dos fármacos e diminuir os seus efeitos nocivos. Neste contexto, neste trabalho, foram sintetizados complexos de Fe, Co e Zn com fórmula geral [M(bipy-R)3]x+, a partir dos quais foi possível obter sistemas micelares formados in situ pela adição de um copolímero de PLA-b-PEG ou por introdução de macroligandos poliméricos anfifílicos. Os resultados mostram que as nanopartículas formadas apresentam tamanho e características adequadas para aplicações na terapia dirigida contra o cancro. Os resultados preliminares de citotoxicidade na linha tumoral humana da mama MDAMB231 indicam que todos os compostos estudados apresentam atividade citotóxica relevante, sendo os compostos micelares os mais promissores; Abstract: New micellar transition metals complexes for targeted therapy of cancer Cancer is the second leading cause of mortality worldwide. One problem in the current chemotherapy treatments is related to the severe side effects caused by the lack of selectivity of the drugs in clinical use. Thus, one of the current challenges is the development of new therapeutic systems that allow maximizing the effect of the drugs and reducing their harmful effects. In this context, several Fe, Co and Zn compounds of the general formula [M (bipy-R)3]x+ were synthesized in order to obtain micellar systems, either by in situ addition of a PLA-b-PEG copolymer or by introducing amphiphilic macroligands. The results show that the formed nanoparticles have size and characteristics suitable for applications in targeted therapy against cancer. Preliminary results of cytotoxicity in human breast cancer line MDAMB231 indicate that all the studied compounds show significant cytotoxic activity, being the micellar compounds the most promising agents.

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La chirurgia conservativa o l’esofagectomia, possono essere indicate per il trattamento della disfagia nell’acalasia scompensata. L’esofagectomia è inoltre finalizzata alla prevenzione dello sviluppo del carcinoma esofageo. Gli obiettivi erano: a) definire prevalenza e fattori di rischio per il carcinoma epidermoidale; b) confrontare i risultati clinici e funzionali di Heller-Dor con pull-down della giunzione esofagogastrica (PD-HD) ed esofagectomia. I dati in analisi, ricavati da un database istituito nel 1973 e finalizzato alla ricerca prospettica, sono stati: a) le caratteristiche cliniche, radiologiche ed endoscopiche di 573 pazienti acalasici; b) il risultato oggettivo e la qualità della vita, definita mediante questionario SF-36, dopo intervento di PD-HD (29 pazienti) e dopo esofagectomia per acalasia scompensata o carcinoma (20 pazienti). Risultati: a) sono stati diagnosticati 17 carcinomi epidermoidali ed un carcinosarcoma (3.14%). Fattori di rischio sono risultati essere: il diametro esofageo (p<0.001), il ristagno esofageo (p<0.01) e la durata dei sintomi dell’acalasia (p<0.01). Secondo l’albero di classificazione, soltanto i pazienti con esito insufficiente del trattamento ai controlli clinico-strumentali ed acalasia sigmoidea presentavano un rischio di sviluppare il carcinoma squamocellulare del 52.9%. b) Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i pazienti sottoposti ad intervento conservativo e quelli trattati con esofagectomia per quanto concerne l’esito dell’intervento valutato mediante parametri oggettivi (p=0.515). L’analisi della qualità della vita non ha evidenziato differenze statisticamente significative per quanto concerne i domini GH, RP, PF e BP. Punteggi significativamente più elevati nei domini RE (p=0.012), VT (p<0.001), MH (p=0.001) e SF (p=0.014) sono stati calcolati per PD-HD rispetto alle esofagectomie. In conclusione, PD-HD determina una miglior qualità della vita, ed è pertanto la procedura di scelta per i pazienti con basso rischio di cancro. A coloro che abbiano già raggiunto i parametri di rischio, si offrirà l’esofagectomia o l'opzione conservativa seguita da protocolli di follow-up.

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Il diabete mellito (DM) è una delle malattie endocrine più comuni nel cane. Una volta raggiunta la diagnosi di DM, è necessario iniziare un trattamento insulinico nonché una dieta specifica, al fine di controllare i livelli di glucosio nel sangue e di conseguenza i segni clinici. Inoltre, al fine di ottenere un buon controllo glicemico, è essenziale garantire uno stretto monitoraggio terapeutico. Nella presente tesi sono riportati numerosi studi relativi a trattamento, monitoraggio e prognosi dei cani con DM. Il capitolo 2 è una review che illustra i principali aspetti terapeutici e di monitoraggio del DM. Il capitolo 3 riporta uno studio che confronta l'efficacia e la sicurezza dell'insulina Lenta e dell'insulina Neutra Protamine Hagedorn (NPH). I metodi di monitoraggio per cani con DM possono essere classificati in diretti od indiretti. I metodi di monitoraggio diretto includono misurazioni serali della glicemia o monitoraggio continuo del glucosio interstiziale tramite appositi dispositivi (Continuous Glucose Monitoring System, CGMS). Le modalità indirette comprendono la valutazione dell'assunzione di acqua e del peso corporeo, la quantificazione del glucosio/chetoni nelle urine e la misurazione delle concentrazioni di proteine glicate. Il capitolo 4 mostra uno studio volto a valutare l'accuratezza e la precisione di un glucometro e un glucometro/chetometro nel cane. Il Flash Glucose Monitoring system è un CGMS recentemente validato per l'uso nel cane; la sua utilità clinica nel monitoraggio del DM canino è esaminata nel capitolo 5. Il capitolo 6 descrive uno studio in cui si validano 2 metodi analitici per la misurazione delle fruttosamine sieriche e dell'emoglobina glicata nel cane e confronta l’utilità delle due proteine glicate nel definire il controllo glicemico. Infine, il capitolo 7 riporta uno studio finalizzato a determinare il tempo di sopravvivenza e ad identificare il valore prognostico di diverse variabili cliniche e clinico-patologiche nei cani con DM.

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Dall’inizio del XXI secolo, un’importante rivoluzione tecnologica è in corso nel campo delle neuroscienze: l’idea di base è quella di attivare/inibire con la luce un neurone che normalmente non è in grado di rispondere a tale stimolo. Si tratta di un approccio che integra metodi ottici e genetici per controllare l’attività di cellule eccitabili e di circuiti neuronali. La combinazione di metodi ottici con strumenti fotosensibili geneticamente codificati (optogenetica) offre l’opportunità di modulare e monitorare rapidamente un gran numero di eventi neuronali e la capacità di ricreare i modelli fisiologici, spaziali e temporali dell’attività cerebrale. Le tecniche di stimolazione ottica possono rispondere ad alcune delle problematiche legate alla stimolazione elettrica, fornendo una stimolazione più selettiva, una maggiore risoluzione spaziale e una minore invasività del dispositivo, evitando gli artefatti elettrici che complicano le registrazioni dell’attività neuronale elettricamente indotta. Quest’innovazione ha motivato lo sviluppo di nuovi metodi ottici per la fotostimolazione neuronale, tra cui la fotostimolazione neuronale nell’infrarosso, le tecniche di scansione del fascio e di fotostimolazione parallela, ciascuna con i suoi vantaggi e limiti. Questa tesi illustra i principi di funzionamento delle tecniche di fotostimolazione ed il loro utilizzo in optogenetica, presentandone i vantaggi e gli inconvenienti. Infine, nell’elaborato è presa in considerazione la possibilità di combinare i metodi di fotostimolazione con approcci di imaging ottico funzionale innovativi per un’indagine più ampia, mirata e completa del circuito neuronale. Sebbene siano necessari ulteriori studi, le tecniche di fotostimolazione in optogenetica sono quindi molto promettenti per la comprensione dei disturbi neuronali, svelando la codifica neurale e facilitando nuovi interventi per la diagnosi e terapia di malattie neurologiche.

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Una strategia promettente per potenziare l’efficacia di un trattamento antitumorale limitandone gli effetti collaterali sistemici e i fenomeni di resistenza, è quella di combinare, all’interno di un nanoveicolo, l’azione sinergica/additiva di diversi trattamenti terapeutici, come ad esempio la terapia fotodinamica (PDT) e l’immunoterapia. In questo lavoro di tesi sono state preparate nanoparticelle multimodali altamente biodegradabili e biocompatibili, a base di albumina umana (HSA) caricate con un pro-farmaco del paclitaxel (PTX), un agente chemioterapeutico approvato per il trattamento di diversi tumori solidi; una molecola fotosensibile, IR780, che illuminata a una specifica lunghezza d'onda, induce la formazione di specie radicaliche dell'ossigeno (ROS) e ossigeno di singoletto (1O2), in grado di uccidere le cellule malate; ed infine con Indoximod (IND), in grado di inibire un checkpoint immunitario, con azione indiretta sull’enzima indoleamine 2,3-dioxygenase (IDO-1). Le nanoparticelle sono poi state rivestite con un guscio di MnO2, per limitare l’ipossia caratteristica dell’ambiente tumorale, potenziando così l’azione citotossica. Le nanoparticelle ottenute sono state caratterizzate in termini di dimensioni, capacità di loading, stabilità in acqua e in ambiente fisiologico. Inoltre, mediante spettroscopia UV-vis, è stata studiata la capacità dell’IR780 di produrre specie reattive all’ossigeno (ROS). In futuro, saranno studiati i fenomeni di rilascio dei diversi agenti dalle nanoparticelle e sarà verificato se la presenza dell’ossido di manganese sia in grado di migliorare l’ossigenazione del microambiente tumorale.

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Il cancro è una delle principali cause di morte al mondo. Nel 2019, solo negli Stati Uniti, i nuovi casi di cancro sono stati 1.762.450 con 606.880 decessi. Ad oggi, sono numerosi gli studi interdisciplinari in atto aventi come fine ultimo quello di trovare una cura per il cancro più efficiente ed efficace di quelle tradizionali. La seguente trattazione descrive una soluzione che coniuga le conoscenze mediche del campo immuno-terapico con quelle ingegneristiche del settore dei biomateriali. Nello specifico, vengono analizzati scaffold e nanoparticelle biomateriali utilizzati per la somministrazione di vaccini contro il cancro. Gli obiettivi principali, infatti, risultano essere il raggiungimento di una memoria immunitaria, per contrastare metastasi e ricadute, e la diminuzione degli effetti collaterali che i pazienti oncologici sono costretti a sopportare sottoponendosi alle terapie convenzionali. I risultati mostrano dati molto promettenti, poiché l’utilizzo combinato dei biomateriali con fattori caratterizzanti il sistema immunitario permette di ottenere vaccini somministrabili in maniera sicura, seppur le indagini cliniche per molte tipologie di cancro siano ancora in atto.

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Lo scenario terapeutico del Mieloma Multiplo (MM) si è ampiamente evoluto nelle ultime decadi con l’introduzione di un numero sempre maggiore di combinazioni di nuovi farmaci molto efficaci. In tal contesto, spicca Daratumumab (dara), grazie ai suoi dati di efficacia e di sicurezza dimostrati sia nel setting del paziente ricaduto/refrattario che di nuova diagnosi. Lo scopo del presente studio è quello di aggiungere dati circa la combinazione di dara con la terapia standard nel contesto di un programma trapiantologico per pazienti di nuova diagnosi candidabili alla chemioterapia ad alte dosi, con un particolare focus sull’impatto dell’anticorpo monoclonale sulla raccolta delle cellule staminali (PBSC). Sono stati analizzati 41 pazienti trattati presso il nostro centro nell’ambito di due studi clinici (EMN17 e EMN18). Con un follow-up mediano pari a 19 mesi, dara aggiunto alla terapia standard ha dimostrato un’ottima efficacia, in termini di risposte profonde e sopravvivenza libera da malattia, ed un buon profilo di sicurezza, senza tossicità aggiuntive o inaspettate. Inoltre, nello studio registrativo CASSIOPEIA dara non ha avuto un impatto negativo sulla raccolta delle PBSC; infatti, nei pazienti sottoposti a dara il numero il numero mediano di PBSC raccolte è risultato inferiore e questi hanno necessitato più frequentemente di Plerixafor, senza, tuttavia, modifiche nell’iter trapiantologico rispetto al gruppo di controllo. Analogamente, nella nostra analisi i pazienti del gruppo dara hanno utilizzato maggiormente Plerixafor ed è emerso come questi possano beneficiare da un dosaggio maggiore di Ciclofosfamide mobilizzante (3 g/mq rispetto 2 g/mq). Durante lo svolgimento del presente progetto dara è stato approvato in pratica clinica prima in Europa (2020) e poi in Italia (2021). Il presente studio ha confermato come dara aggiunto ad un regime di induzione Bortezomib-based rappresenti un nuovo standard of care per i pazienti con MM di nuova diagnosi eleggibili alla chemioterapia ad alte dosi.

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Il Complesso I (CI) mitocondriale è uno dei target metabolici più promettenti nelle terapie anti- cancro. In particolare, la metformina è un inibitore noto del CI, capace di inibire la crescita delle cellule tumorali, ma non di eradicare la patologia. Recentemente, l’associazione metformina ed ipoglicemia si è rivelata letale per i tumori, sebbene l’efficacia terapeutica del trattamento sinergico possa essere influenzata dall’accumulo di alterazioni genetiche nei più noti drivers della tumorigenesi. Abbiamo così investigato l’effetto dello stress metabolico indotto dalla restrizione di glucosio in un pannello di linee cellulari tumorali con un severo deficit sul CI e con un diverso stato genetico di TP53. Il deficit del CI associato alla carenza di glucosio inducono un abbattimento dei livelli di espressione della proteina p53 mutata, ma non della controparte wild-type. Il fenomeno biologico osservato non dipende né da un blocco trascrizionale, né dall’innesco di vie di degradazione intracellulare, come proteasoma ed autofagia. La scomparsa di p53 mutata, invece, sembra dipendere da un blocco generale della sintesi proteica, verosimilmente indotto dallo stress energetico e nutrizionale. Nella controparte p53 wild-type, invece, si osserva solo una parziale riduzione della sintesi proteica, suggerendo l’innesco di possibili vie di adattamento per compensare il danno sul CI. La carenza di amminoacidi è una caratteristica dei tumori solidi che potrebbe essere esacerbata in condizioni di deficit generali della catena respiratoria mitocondriale. In particolare, l’inibizione del CI causa auxotrofia da aspartato, metabolita limitante per la proliferazione, condizione che potrebbe generare il blocco della sintesi proteica osservato. L’incremento di espressione dei livelli del trasportatore aspartato/glutatammato mediata da p53 mutata compensa l’auxotrofia da aspartato, identificando un meccanismo di adattamento al deficit del CI. Dunque, i risultati ottenuti sottolineano l’importanza di implementare la terapia anti-complesso I nel cancro, poiché il diverso stato di p53 può alterare l’efficacia del trattamento.

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L'inibizione del complesso respiratorio I (CI) è una strategia antitumorale emergente, sebbene la specificità e l’efficacia di nuovi farmaci restino poco investigate. La generazione di modelli cellulari tumorali nulli per il CI rivela la specificità di EVP 4593 e BAY 872243 nell’indurre gli effetti antiproliferativi non associati all’apoptosi, selettivamente via CI, riducendo eventuali effetti collaterali. Studi preliminari in vivo evidenziano un rallentamento della crescita tumorale negli animali trattati con EVP 4593, il quale emerge come l’inibitore più potente. Per il suo ruolo nella riprogrammazione metabolica, e la sua elevata frequenza di mutazioni nelle neoplasie umane, sono stati investigati i potenziali meccanismi di adattamento alla terapia anti-CI sulla base dello stato mutazionale di TP53. L’auxotrofia da aspartato, un hallmark metabolico delle cellule tumorali con un danno al CI, causa un blocco della sintesi proteica mTORC1-dipendente nelle linee cellulari con una p53 mutata o nulla, inducendo un collasso metabolico. Viceversa, l'attivazione del sensore energetico AMPK promuove un recupero parziale della sintesi di aspartato in linee cellulari con la forma wild type di P53, che è in grado di sostenere una migliore anaplerosi attraverso SCO2, fattore di assemblaggio del complesso respiratorio IV. Al fine di traslare questi risultati in un modello preclinico, si è ottimizzato l’ottenimento di colture di tumori umani espiantati tramite il bioreattore U-CUP. Il modello scelto è stato quello di carcinoma sieroso ad alto grado dell’ovaio (HGSOC), a partire da tessuto congelato, per l’elevata frequenza di mutazioni driver in TP53. I tessuti congelati preservano l'eterogeneità delle componenti cellulari del tessuto di origine e sono caratterizzati da cellule in attiva proliferazione senza attivazione di apoptosi. Dati preliminari mostrano un trend di riduzione dell’area tumorale nei tessuti trattati con EVP 4593 e supportano l’utilizzo del modello preclinico nello studio di nuovi inibitori del CI sfruttando materiale primario di pazienti oncologici.

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CONTESTO: Il rischio oncologico dell’esposizione al testosterone (T) di organi genitali in transgender AFAB non è noto. SCOPO: valutazione istologica di utero, cervice, salpingi e ovaia asportati in corso di intervento chirurgico di affermazione di genere (GAS) in AFAB che assumevano testosterone. MATERIALI E METODI: valutazione dei dati istologici condotta retrospettivamente tramite la consultazione di 187 cartelle cliniche di soggetti transgender AFAB sottoposti a GAS presso la Ginecologia dell’IRCCS Sant’Orsola, Bologna. RISULTATI: 187 transgender AFAB sono stati sottoposti a isteroannessiectomia bilaterale. Nessun paziente sottoposto a ovariectomia, chemioterapia o radioterapia prima della chirurgia. La mediana della durata di assunzione di T era di 36 mesi (12 mesi-14 anni). 96/187 (51.4%) uteri presentavano endometrio ipoattivo/atrofico, mentre 1 caso di iperplasia senza atipie cellulari è stato identificato (0.5%), 8/187 (4.3%) endometrio polipoide e 4/187 (2.2%) secretivo. Il più comune riscontro istologico cervicale è stata la cervicite cronica (n=174, 93%) associata a metaplasia (n=131,76%). Le salpingi sono risultate indenni in 90/187 (48.1%) casi e con infiammazione cronica in 91/187 (48,7%) casi. La maggior parte delle ovaie analizzate mostravano follicoli in diversi stati di maturazione (n=117, 62.5%). In 20 analisi istologiche sono stati identificati corpi lutei/corpi lutei emorragici (10.7%). CONCLUSIONI: Nessuna lesione premaligna o maligna è stata riscontrata in questi 187 soggetti che assumevano testosterone fino a un massimo di 168 mesi prima della chirurgia. La presenza di follicoli in vari stadi di sviluppo e di corpi lutei suggerisce la possibilità di cicli ovulatori in corso di terapia con testosterone. I risultati di questo studio confermano la sicurezza dell'uso prolungato di T sugli organi genitali di transgender AFAB. Seppur ancora limitate, le evidenze suggeriscono sempre più la mancanza di necessità assoluta di rimuovere utero e ovaia nei soggetti trasgender in terapia con T con il solo fine di prevenire patologie oncologiche.

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Nella gestione dello scompenso cardiaco, uno dei trattamenti più efficaci è rappresentato dalla terapia di resincronizzazione cardiaca. Tuttavia, circa un terzo dei pazienti non risponde alla terapia. Al fine di raggiungere esiti migliori, l’identificazione precoce dei potenziali soggetti che rispondono o meno alla terapia, potrebbe giocare un ruolo importante. In questa panoramica si inserisce il progetto TRAJECTORIES, che cerca di predire la risposta alla terapia sulla base delle variazioni della geometria della traiettoria 3D percorsa dall'elettrodo stimolato pre- e post-attivazione del dispositivo. Attraverso risultati preliminari, è stata verificata l'ipotesi che il pacing modifichi in acuto la traiettoria del punto di stimolazione sull’elettrodo in seno coronarico, e secondariamente che le variazioni temporali quantitative della traiettoria siano correlate al processo di rimodellamento inverso del ventricolo sinistro nel medio termine. E’ stato osservato che, nei pazienti responders, la geometria spaziale della traiettoria 3D cambiava significativamente all’inizio del pacing, acquisendo uniforma più circolare e regolare. Nel presente lavoro di tesi, è stata analizzata la veridicità delle previsioni, mediante il confronto tra gli esiti predetti e i risultati volumetrici della CRT, al follow-up di sei mesi.

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Il cancro è una delle malattie statisticamente più diffuse e una delle principali cause di morte nel mondo, con più di 300.000 nuove diagnosi annue solamente in Italia e con circa dieci milioni di decessi globali. A causa dell’elevata incidenza e dell’invecchiamento della popolazione, la ricerca di una soluzione a questa malattia assume una particolare importanza. Una delle terapie più frequentemente utilizzate per il trattamento del cancro è la chemioterapia, che possiede una rilevanza fondamentale e rimane ad oggi insostituibile. Tuttavia, questa terapia dal carattere sistemico presenta numerosi limiti che devono necessariamente essere risolti e tra le possibili soluzioni l’utilizzo di Drug Delivery Systems nanometrici rappresenta un approccio dalle elevate potenzialità. Tra i diversi nanocarrier, i nanogel polimerici si distinguono per l’ottima versatilità, biocompatibilità, biodegradabilità, stabilità in ambiente biologico e l’elevata capacità di incapsulamento. Questi nanovettori, che possiedono le caratteristiche tipiche degli idrogel e dei nanomateriali, sono dotati della capacità di incapsulare, trasportare e rilasciare in modo controllato farmaci chemioterapici dalle varie proprietà chimico-fisiche. Lo scopo di questa tesi è l’analisi delle caratteristiche di questi composti al fine di evidenziare come l’utilizzo dei nanogel polimerici nel trattamento chemioterapico possa risolvere alcuni dei principali problemi di questa terapia e migliorarne l’efficacia terapeutica. Per dimostrare quanto affermato, i risultati dell’utilizzo dei nanogel nel trattamento di alcune forme tumorali verranno mostrati e confrontati con quelli della chemioterapia convenzionale, con lo scopo di evidenziarne i vantaggi e i limiti ancora presenti.

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Le terapie a RNA stanno attraendo interesse crescente vista la loro capacità di colpire target che venivano dapprima considerati undruggable. Uno degli ambiti di applicazione suggeriti della terapia a RNA è la neuroinfiammazione, una condizione patologica che accompagna e agisce da concausa nelle malattie neurodegenerative. In particolare, si è verificato che nei processi neuroinfiammatori, alcuni microRNA risultano sovra-regolati e tra questi miR-34a. Si è quindi proposto di sviluppare metodi atti a ridurre il contenuto cellulare di miR-34a soprattutto nelle cellule la cui attivazione causa maggiormente la neuroinfiammazione: la microglia. L’obiettivo del lavoro di tesi è stato di sviluppare una nanostruttura di DNA in grado di veicolare una sequenza catalitica (DNAzima) che porti al taglio del miR-34a, una volta internalizzata nelle cellule. Durante il lavoro di tesi si sono sviluppati 2 diversi dendrimeri di DNA pensati per ridurre il contenuto di miR-34a. I sistemi sono stati progettati con l’ausilio di strumenti bioinformatici e poi realizzati in laboratorio e caratterizzati con tecniche biochimiche. Il sistema più promettente è stato caratterizzato per quanto riguarda la sua attività enzimatica di taglio di miR-34a e l’efficienza di internalizzazione da parte di cellule vive di microglia. I risultati ottenuti confermano la solidità del metodo utilizzato per il design del sistema progettato. Le prove condotte sul dendrimero finale, contenente la sequenza attiva, dimostrano il mantenimento dell’attività catalitica del DNAzima e l’internalizzazione della nanostruttura nelle cellule bersaglio.

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Background. I disturbi temporomandibolari sono una serie di condizioni cliniche che colpiscono l’ATM, la muscolatura masticatoria e le strutture annesse ad esse. I TMD hanno come sintomo principale il dolore e possono condurre a limitazioni della mobilità articolare, diminuendo la qualità della vita. Il trattamento è multidisciplinare e il primo intervento è quello conservativo. Le tecniche di terapia manuale rappresentano uno dei metodi conservativi di cui ci si può avvalere per il trattamento di pazienti affetti da TMD. Obiettivi. Valutare l’efficacia delle tecniche di terapia manuale nel miglioramento di outcome, quali: dolore, disabilità, range di movimento e qualità della vita. Metodi. La ricerca è stata condotta nel periodo tra Maggio 2022 e Settembre 2022, su tre banche dati: PubMed, PEDro e Chocrane Library. Sono stati selezionati esclusivamente RCT in lingua inglese, con partecipanti adulti affetti da TMD. La qualità metodologica degli studi è stata valutata tramite l’utilizzo della PEDro Scale. Risultati. Sono stati inclusi sei studi. Nei singoli studi, le tecniche di terapia manuale sono state confrontate o meno con altri approcci conservativi. In cinque RCT su sei, è stata rilevata un’alta qualità metodologica, con un punteggio medio di 7/10 nella PEDro Scale. Discussione. Nei sei studi inclusi, c’è stato un miglioramento degli outcome indagati, ad eccezione del ROM che in uno studio non ha mostrato miglioramenti post-trattamento manuale. In quattro studi su sei la valutazione finale degli outcome è avvenuta al termine delle settimane di trattamento, permettendo una visione esclusiva degli effetti a breve termine. La limitata indagine degli effetti a lungo termine e l’elevata eterogeneità tra gli studi denotano la necessità di ulteriori ricerche riguardanti l’argomento. Conclusioni. Le tecniche di terapia manuale sembrerebbero avere un effetto positivo nei pazienti affetti da TMD, se inserite all’interno di un programma riabilitativo multimodale.