999 resultados para mediascape,paesaggi mediali,sviluppo turistico,geografia dello sviluppo,pavia,canzone,Social
Resumo:
In questo elaborato viene presentata Semantic City Guide, un'applicazione mobile di guida turistica basata su Linked Open Data. Si vogliono presentare i principali vantaggi e svantaggi derivati dall'interazione tra sviluppo nativo di applicazioni mobili e tecnologie del Semantic Web. Il tutto verrà contestualizzato esaminando alcuni progetti di aziende ed enti statali operativi nel settore turistico e dell'informatica.
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Con l'aumento del numero di sensori e ricevitori presenti sui dispositivi mobili attuali, è possibile lo sviluppo di nuove applicazioni in grado di fornire dati utili sul contesto in cui si trova un utente in un determinato momento. In questa tesi viene descritta la realizzazione di un servizio per dispositivi Android in grado di riconoscere il tipo di mobilità dell'utente. La motivazione principale di questo progetto è stata la scarsità di soluzioni specifiche per questo tipo di riconoscimento contestuale. Sono state quindi realizzate una libreria Java e un'applicazione Android in grado di fornire tale funzionalità. La tecnica impiegata per il riconoscimento è derivata da una ricerca dei dottori Luca Bedogni e Marco Di Felice e del professore Luciano Bononi, dell'Università di Bologna. Tale tecnica sfrutta le misurazioni di accelerometro e giroscopio del dispositivo per rilevare pattern di movimento e associarli ai vari tipi di mobilità dell'utente. Per mostrare un possibile impiego di questo servizio, è stata realizzata un'applicazione che sfrutta i dati forniti dal servizio di riconoscimento per la gestione dello stato di alcune funzionalità del dispositivo. Inoltre, è stata effettuata una analisi statistica della precisione effettiva di questo sistema di riconoscimento, per evidenziarne i punti di forza e i limiti rispetto alle soluzioni già esistenti. E' stato osservato che il consumo energetico di questo sistema è minore rispetto ad applicazioni basate su servizi di geolocalizzazione, e che la sua precisione è accettabile rispetto ad altre soluzioni già esistenti.
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This case-control study involved a total of 29 autistic children (Au) aged 6 to 12 years, and 28 gender and age-matched typically developing children (TD). We evaluated a high number of peripheral oxidative stress parameters, erythrocyte and lymphocyte membrane functional features and membrane lipid composition of erythrocyte. Erythrocyte TBARS, Peroxiredoxin II, Protein Carbonyl Groups and urinary HEL and isoprostane levels were elevated in AU (confirming an imbalance of the redox status of Au); other oxidative stress markers or associated parameters (urinary 8-oxo-dG, plasma Total antioxidant capacity and plasma carbonyl groups, erythrocyte SOD and catalase activities) were unchanged, whilst peroxiredoxin I showed a trend of elevated levels in red blood cells of Au children. A very significant reduction of both erythrocyte and lymphocyte Na+, K+-ATPase activity (NKA), a reduction of erythrocyte membrane fluidity, a reduction of phospatydyl serine exposition on erythrocyte membranes, an alteration in erythrocyte fatty acid membrane profile (increase in MUFA and in ω6/ω3 ratio due to decrease in EPA and DHA) and a reduction of cholesterol content of erythrocyte membrane were found in Au compared to TD, without change in erythrocyte membrane sialic acid content and in lymphocyte membrane fluidity. Some Au clinical features appear to be correlated with these findings; in particular, hyperactivity score appears to be related with some parameters of the lipidomic profile and membrane fluidity, and ADOS and CARS score are inversely related to peroxiredoxin II levels. Oxidative stress and erythrocyte structural and functional alterations may play a role in the pathogenesis of Autism Spectrum Disorders and could be potentially utilized as peripheral biomarkers.
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La Valvola Aortica Bicuspide (BAV) rappresenta la più comune anomalia cardiaca congenita, con un’incidenza dello 0,5%-2% nella popolazione generale. Si caratterizza per la presenza di due cuspidi valvolari anziché tre e comprende diverse forme. La BAV è frequentemente associata agli aneurismi dell’aorta toracica (TAA). La dilatazione dell’aorta espone al rischio di sviluppare le complicanze aortiche acute. Materiali e metodi Sono stati reclutati 20 probandi consecutivi sottoposti a chirurgia della valvola aortica e dell'aorta ascendente presso l'Unità di Chirurgia Cardiaca di Policlinico S.Orsola-Malpighi di TAA associata a BAV. Sono stati esclusi individui con una condizione sindromica predisponente l’aneurisma aortico. Ciascun familiare maggiorenne di primo grado è stato arruolato nello studio. L’analisi di mutazioni dell’intero gene ACTA2 è stata eseguita con la tecnica del “bidirectional direct sequencing”. Nelle forme familiari, l’intera porzione codificante del genoma è stata eseguita usando l’exome sequencing. Risultati Dopo il sequenziamento di tutti i 20 esoni e giunzioni di splicing di ACTA2 nei 20 probandi, non è stata individuata alcuna mutazione. Settantasette familiari di primo grado sono stati arruolati. Sono state identificate cinque forme familiari. In una famiglia è stata trovata una mutazione del gene MYH11 non ritenuta patogenetica. Conclusioni La mancanza di mutazioni, sia nelle forme sporadiche sia in quelle familiari, ci suggerisce che questo gene non è coinvolto nello sviluppo della BAV e TAA e, l’associazione che è stata riportata deve essere considerata occasionale. L’architettura genetica della BAV verosimilmente dovrebbe consistere in svariate differenti varianti genetiche che interagiscono in maniera additiva nel determinare un aumento del rischio.
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Questa tesi nasce con lo scopo di studiare alcuni tratti dello sviluppo della teoria musicale occidentale, con particolare attenzione agli aspetti matematici che questa concerne. Nell’ultima parte della tesi si è cercato di confrontare, da un punto di vista qualitativo, diversi temperamenti equabili, attraverso alcuni strumenti matematici ed informatici.
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Scegliere di consumare in modo sostenibile significa passare ad un nuovo modello di consumo. Tale modello richiede una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte dei consumatori, unite all'adozione di nuovi stili di vita e di scelte d’acquisto, che permettano il raggiungimento di elevati livelli di benessere nel rispetto dell'ambiente. Un notevole sforzo è stato compiuto recentemente dai policy maker per incoraggiare il consumo sostenibile quali implementazioni dello sviluppo sostenibile. Ancora lunga, tuttavia, è la strada da percorrere per raggiungere pienamente questo obiettivo. Tra i prodotti sostenibili, il biologico si è rivelato di gran lunga il più rappresentativo: le statistiche di questo mercato mostrano, infatti, tendenze positive, sebbene il consumo risulti ancora eterogeneo e contenuto rispetto al consumo di alimenti convenzionali. Ciò mostra che il comportamento dei consumatori non è ancora abbastanza reattivo alle suddette politiche. Il presente studio si propone di contribuire alla ricerca sul consumo sostenibile approfondendo i fattori che incoraggiano o impediscono il consumo di prodotti alimentari biologici in Italia. Adottando un nuovo approccio si cerca di capire come i diversi segmenti di diete alimentari affrontino gli alimenti biologici in termini di consumi e di atteggiamenti. Un'analisi multivariata a più fasi è stata condotta su un campione di 3.004 consumatori. Un’analisi delle componenti principali non lineare è stata applicata alle variabili ordinali che misurano il consumo di ventuno categorie di alimenti. Successivamente è stata applicata la cluster analysis che ha dato luogo a quattro segmenti di abitudini alimentari. I prodotti biologici sono diventati parte delle abitudini alimentari in Italia in quasi un terzo della popolazione. Il consumo sembra essersi affermato soprattutto nel segmento con abitudini alimentari sane. Una scarsa attenzione ad una dieta sana, gli stili di vita, il reddito, l'accessibilità, la mancanza di consapevolezza condizionano le abitudini alimentari a scapito di un consumo più sostenibile.
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L’obiettivo del lavoro di tesi è quello di studiare l’integrazione del grafene con i processi tecnologici propri della tecnologia del silicio, per la realizzazione di dispositivi innovativi per la misura delle proprietà termiche e termoelettriche del grafene che sono tra le meno studiate ad oggi. L’attività sperimentale svolta, ha riguardato l’intero processo di produzione, processing ed integrazione tecnologica del grafene. Da una parte è stato messo a punto un processo ottimizzato, partendo da una approfondita ricerca bibliografica, per il trasferimento delle membrane dai substrati di crescita, in rame, a quelli di destinazione, SiO2 e Si3N4, mantenendo la completa compatibilità con i processi della microelettronica del silicio in particolare per quanto riguarda l’eliminazione dei residui metallici dalla sintesi. Dall’altra è stata sviluppata una procedura di patterning micrometrico del grafene, affidabile e riproducibile, e, soprattutto, compatibile con la microelettronica del silicio. Le membrane, cresciute tramite deposizione da fase vapore (Chemical Vapor Deposition), sono state caratterizzate tramite la microscopia elettronica, a scansione e in trasmissione, la microscopia ottica, spettroscopia Raman e microscopia a forza atomica, tecniche che sono state utilizzate per caratterizzare i campioni durante l'intero processo di patterning. Il processo di etching del grafene in ossigeno, realizzato con il plasma cleaner, strumento che nasce per la pulizia di campioni per microscopia elettronica, è stato messo a punto il attraverso una estesa attività di test sia dei parametri di funzionamento dello strumento che del fotoresist da utilizzare. La procedura di patterning micrometrico vera e propria, ha comportato di affrontare diverse classi di problemi, dalla rimozione del fotoresist con soluzioni diverse (soluzione di sviluppo dedicata e/o acetone) alla rimozione dei residui presenti sulle membrane di grafene anche a valle del patterning stesso. La rimozione dei residui tramite acido cloridrico, insieme ad una procedura di annealing a 400°C in aria per la rimozione dei residui del fotoresist polimerico che erano presenti a valle dell’etching in ossigeno, ha permesso di ottenere un patterning del grafene ben definito su scala micrometrica e una ridottissima presenza di residui. Le procedure ottimizzate di trasferimento e di patterning sono il principale avanzamento rispetto allo stato dell’arte. Le metodiche messe a punto in questo lavoro, consentiranno di integrare il grafene direttamente nel processo di micro-fabbricazione di dispositivi per misure termiche e termoelettriche, per i quali quali sono in realizzazione le maschere di processo che rappresentando la naturale conclusione del lavoro di tesi.
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La saturazione del mercato del glicerolo, co-prodotto del biodiesel, ha portato allo sviluppo di nuovi processi che permettessero la sua trasformazione in composti a maggiore valore aggiunto. Uno dei principali processi di interesse è la sintesi diretta di acido acrilico, che prevede uno step di disidratazione, catalizzato da siti acidi, con l’ottenimento dell’acroleina, e un successivo step di ossidazione dell’aldeide insatura, mediato da siti redox, ad acido acrilico. Il compimento di entrambi gli step catalitici può essere effettuato mediante l’utilizzo di catalizzatori bifunzionali. I sistemi più promettenti sono costituiti da bronzi di tungsteno/vanadio con struttura esagonale. Per sviluppare ulteriormente tali sistemi è necessario determinare l’influenza di alcune loro caratteristiche, come l’acidità e le caratteristiche dello ioni vanadio, sulle prestazioni catalitiche. Lo scopo di questo lavoro ha riguardato lo studio dell’influenza dei centri acidi presenti nei bronzi esagonali di tungsteno/vanadio, e del ruolo dello ione vanadio, analizzando il comportamento catalitico di bronzi di tungsteno e di alluminofosfati.
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La tesi rappresenta un intervento architettonico e urbano sull’area destinata al “Central Park”, che si inserisce nel contesto del Masterplan di Jesolo di Kenzo Tange del 1997. Un’analisi delle dinamiche storiche, dello sviluppo della città balneare, dei punti di forza e delle criticità territoriali, ha portato alla definizione dell’area di progetto e delle intenzioni progettuali, sia a scala urbana, sia a scala architettonica. Il progetto si basa sulla creazione di un grande parco centrale che funga da luogo di svago e relax, ma anche da sito privilegiato per lo studio della natura del territorio. All’interno di un sistema di fasce, che scandisce l’intero intervento, è stato progettato un giardino botanico che lega tra loro i quattro edifici destinati allo studio e alla cultura: il museo di storia naturale, la biblioteca, la sala conferenze e i laboratori didattici per bambini. Le architetture sono disposte secondo un sistema lineare che crea una sequenza di spazi chiusi e aperti. La progettazione degli edifici si articola su uno punto di partenza comune, identificato nell’isolato quadrato e nel tipo a corte. Seguendo un principio di trasformazione sperimentato da Oswald Mathias Ungers, ogni architettura ha successivamente raggiunto il proprio sviluppo e le proprie caratteristiche spaziali e volumetriche.
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In questa tesi vengono presentati i risultati sperimentali di nanoindentazione su film sottili di PEDOT:PSS depositato su substrato rigido (vetro). Nella prima parte viene presentato lo sviluppo della teoria classica sul contatto meccanico tra due superfici elastiche, sviluppata per la prima volta da Hertz nella seconda metà dell'Ottocento. Nel Capitolo 2 si entra maggiormente nel dettaglio con la spiegazione del metodo sviluppato da Oliver e Pharr per misurare alcune proprietà meccaniche dei materiali tramite la tecnica della nanoindentazione utilizzata in questo esperimento. Particolare riguardo viene dato al modo in cui vengono misurate le quantità fisiche rilevanti, ovvero modulo di Young e durezza. Nel terzo capitolo vengono descritte brevemente la struttura del polimero PEDOT:PSS e la tecnica utilizzata per sintetizzarlo a partire dal suo monomero, l'EDOT. Nel Capitolo 4 una sezione è dedicata alla descrizione della preparazione dei campioni di PEDOT:PSS utilizzati in questo esperimento, quindi una parte è dedicata alla descrizione dello strumento di misura, mentre la restante parte del capitolo è riservata alla presentazione dei risultati sperimentali con l'aiuto di grafici e tabelle. Nella parte finale di questo lavoro si riportano alcune conclusioni sui risultati ottenuti.
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Il concetto di cella a eterogiunzione in silicio ha portato allo sviluppo di dispositivi in grado di convertire oltre il 25% dello spettro solare. Il raggiungimento di alte efficienze di conversione è dovuto alla ricerca nel campo dei vari strati a base di silicio cristallino, amorfo e nanocristallino impiegati per formare le giunzioni. In particolare, lo studio e l’ottimizzazione dello strato di emettitore in silicio amorfo o nanocristallino insieme all’inserimento di uno strato amorfo intrinseco passivante, ha permesso la realizzazione di celle con alte tensioni di circuito aperto. Questi materiali contengono tuttavia dei difetti legati alla struttura amorfa, che compromettono le prestazioni dei dispositivi abbassandone la corrente di cortocircuito. Una possibile soluzione al problema può essere ottenuta formando composti che incorporano elementi come azoto e ossigeno e aumentando il grado di cristallinità del materiale con un processo di annealing. In questa tesi viene studiato l’energy gap di campioni di Silicon Oxynitride (SiOxNy:H) in funzione delle diverse condizioni di crescita e di annealing attraverso il programma di simulazione spettroscopica Optical.
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Finalità principale della Tesi è stata lo sviluppo di una linea di evidenza chimica che ha previsto la elaborazione di tre distinte procedure analitiche per la determinazione di caffeina con HPLC - MS, una delle quali messa a punto per matrici ambientali inorganiche (acque dolci e salate) e due delle quali specifiche per matrici biologiche (emolinfa e tessuti di Mytilus galloprovincialis). Esse sono state applicate a diversi casi di studio, cominciando dall’analisi di acque di mare prelevate al largo di Cesenatico (FC) e soggette in seguito ad aggiunta di varie concentrazioni di caffeina ai fini di analisi eco-tossicologiche. Le vasche, suddivise in quattro condizioni sperimentali, costituivano l’ambiente di esposizione di esemplari di Mytilus galloprovincialis, sottoposti a test con batterie di biomarker; campionando e analizzando le acque delle diverse vasche in diversi momenti nell’arco di una settimana di durata dell’esperimento, è stato possibile osservare una discrepanza significativa tra le concentrazioni predisposte e quelle effettivamente riscontrate, dovuta alla presenza di valori di fondo elevati (≈ 100 ng/l) nella matrice ambientale. Si è anche notata una cinetica di decadimento della sostanza di tipo esponenziale, più rapida dei casi di letteratura, ipotizzando che ciò avvenisse, oltre che per i normali fenomeni di termodegradazione e fotodegradazione, per l’attività di filtrazione dei molluschi. In seguito sono state raccolte aliquote di acqua presso i punti di immissione e di uscita dall’impianto di depurazione di Cervia (RA), nonchè campioni di acque superficiali, sia dolci che salate, riscontrando un ottimo abbattimento della sostanza da parte dell’impianto (≈ 99 %) e concentrazioni ambientali simili ai valori di fondo dell’esperimento (≈100 ng/l), inferiori rispetto a casi di letteratura per analoga matrice, anche a causa di intense precipitazioni atmosferiche in corrispondenza del prelievo. A suggello delle analisi relative alle acque si è provveduto ad esaminare anche acque di rubinetto, acque di rubinetto soggette a deionizzazione ed un’acqua minerale naturale imbottigliata e commercializzata, rilevando la presenza dello stimolante in ciascuno dei campioni (per ciò che concerne acque della rete idrica a valori simili a quelli ambientali, mentre per acque deionizzate ridotti di circa il 50% e per l’acqua imbottigliata testata abbattuti di oltre l’80%). Le ultime considerazioni sono state relative all’analisi di matrici biologiche mediante le procedure specificamente messe a punto; in questo caso, sia nell’emolinfa che nei tessuti prelevati dai mitili al termine dell’esperimento, si è osservato un bioaccumulo di caffeina che, per ciò che concerne la matrice fluida, è risultato correlato alla concentrazione di esposizione delle vasche, mentre relativamente ai tessuti si è evidenziato del tutto uniforme tra le condizioni sperimentali, facendo ipotizzare un bioaccumulo avvenuto nell’habitat marino, dovuto ai valori ambientali presenti.
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La determinazione del modulo di Young è fondamentale nello studio della propagazione di fratture prima del rilascio di una valanga e per lo sviluppo di affidabili modelli di stabilità della neve. Il confronto tra simulazioni numeriche del modulo di Young e i valori sperimentali mostra che questi ultimi sono tre ordini di grandezza inferiori a quelli simulati (Reuter et al. 2013). Lo scopo di questo lavoro è stimare il modulo di elasticità studiando la dipendenza dalla frequenza della risposta di diversi tipi di neve a bassa densità, 140-280 kg m-3. Ciò è stato fatto applicando una compressione dinamica uniassiale a -15°C nel range 1-250 Hz utilizzando il Young's modulus device (YMD), prototipo di cycling loading device progettato all'Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF). Una risposta viscoelastica della neve è stata identificata a tutte le frequenze considerate, la teoria della viscoelasticità è stata applicata assumendo valida l'ipotesi di risposta lineare della neve. Il valore dello storage modulus, E', a 100 Hz è stato identificato come ragionevolmente rappresentativo del modulo di Young di ciascun campione neve. Il comportamento viscoso è stato valutato considerando la loss tangent e la viscosità ricavata dai modelli di Voigt e Maxwell. Il passaggio da un comportamento più viscoso ad uno più elastico è stato trovato a 40 Hz (~1.1•10-2 s-1). Il maggior contributo alla dissipazione è nel range 1-10 Hz. Infine, le simulazioni numeriche del modulo di Young sono state ottenute nello stesso modo di Reuter et al.. La differenza tra le simulazioni ed i valori sperimentali di E' sono, al massimo, di un fattore 5; invece, in Reuter et al., era di 3 ordini di grandezza. Pertanto, i nostri valori sperimentali e numerici corrispondono meglio, indicando che il metodo qui utilizzato ha portato ad un miglioramento significativo.
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In questo lavoro di tesi si affronta una delle problematiche che si presentano oggi nell'impiego degli APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto): la gestione della safety. Non si può più, in altri termini, negare che tali oggetti siano parte integrante dello spazio aereo civile. Proprio su questo tema recentemente gli enti regolatori dello spazio aereo stanno proiettando i loro sforzi al fine di stabilire una serie di regolamenti che disciplinino da una parte le modalità con cui questi oggetti si interfacciano con le altre categorie di velivoli e dall'altra i criteri di idoneità perché anche essi possano operare nello spazio aereo in maniera sicura. Si rende quindi necessario, in tal senso, dotare essi stessi di un sufficiente grado di sicurezza che permetta di evitare eventi disastrosi nel momento in cui si presenta un guasto nel sistema; è questa la definizione di un sistema fail-safe. Lo studio e lo sviluppo di questa tipologia di sistemi può aiutare il costruttore a superare la barriera oggi rappresentata dal regolamento che spesso e volentieri rappresenta l'unico ostacolo non fisico per la categoria dei velivoli unmanned tra la terra e il cielo. D'altro canto, al fine di garantire a chi opera a distanza su questi oggetti di avere, per tutta la durata della missione, la chiara percezione dello stato di funzionamento attuale del sistema e di come esso può (o potrebbe) interagire con l'ambiente che lo circonda (situational awarness), è necessario dotare il velivolo di apparecchiature che permettano di poter rilevare, all'occorrenza, il malfunzionamento: è questo il caso dei sistemi di fault detection. Questi due fondamentali aspetti sono la base fondante del presente lavoro che verte sul design di un ridotto ma preponderante sottosistema dell'UAV: il sistema di attuazione delle superfici di controllo. Esse sono, infatti, l'unico mezzo disponibile all'operatore per governare il mezzo nelle normali condizioni di funzionamento ma anche l'ultima possibilità per tentare di evitare l'evento disastroso nel caso altri sottosistemi siano chiaramente fuori dalle condizioni di normale funzionamento dell'oggetto.
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In un sistema radar è fondamentale rilevare, riconoscere e cercare di seguire il percorso di un eventuale intruso presente in un’area di osservazione al fine ultimo della sicurezza, sia che si consideri l’ambito militare, che anche quello civile. A questo proposito sono stati fatti passi avanti notevoli nella creazione e sviluppo di sistemi di localizzazione passiva che possano rilevare un target (il quale ha come unica proprietà quella di riflettere un segnale inviato dal trasmettitore), in modo che esso sia nettamente distinto rispetto al caso di assenza dell’intruso stesso dall’area di sorveglianza. In particolare l’ultilizzo di Radar Multistatico (ossia un trasmettitore e più ricevitori) permette una maggior precisione nel controllo dell’area d’osservazione. Tra le migliori tecnologie a supporto di questa analisi vi è l’UWB (Ultra Wide-Band), che permette di sfruttare una banda molto grande con il riscontro di una precisione che può arrivare anche al centimetro per scenari in-door. L’UWB utilizza segnali ad impulso molto brevi, a banda larga e che quindi permettono una risoluzione elevata, tanto da consentire, in alcune applicazioni, di superare i muri, rimuovendo facilmente gli elementi presenti nell’ambiente, ossia il clutter. Quindi è fondamentale conoscere algoritmi che permettano la detection ed il tracking del percorso compiuto dal target nell’area. In particolare in questa tesi vengono elaborati nuovi algoritmi di Clustering del segnale ricevuto dalla riflessione sull’intruso, utilizzati al fine di migliorare la visualizzazione dello stesso in post-processing. Infine questi algoritmi sono stati anche implementati su misure sperimentali attuate tramite nodi PulsOn 410 Time Domain, al fine ultimo della rilevazione della presenza di un target nell’area di osservazione dei nodi.