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L’obiettivo principale della presente tesi è quello di realizzare un progetto di miglioramento sismico per la porzione del secondo chiostro dell’ ex convento di S. Francesco, a cui è stato affiancato un progetto architettonico di riqualificazione di alcune aree al momento non valorizzate e un progetto di prevenzione incendi. In seguito all’analisi dell’evoluzione storica è stata effettuata una caratterizzazione costruttiva degli elementi strutturali tramite rilievi e sono state quindi individuate le vulnerabilità strutturali che potrebbero portare, in caso di sisma, all’attivazione dei cinematismi di collasso. Si è poi svolta un’analisi del livello di sicurezza sismica secondo il livello di valutazione LV1, cioè un’analisi qualitativa secondo modelli semplificati, applicando il modello semplificato proposto dalle Linee Guida per la tipologia “Palazzi, ville e altre strutture con pareti di spina ed orizzontamenti intermedi”, che ha lo scopo di fornire come risultato un indice della sicurezza sismica dell’intero edificio. I risultati della valutazione globale sono affiancati dai risultati ottenuti tramite l’applicazione delle tabelle CINE, che esemplificano e sintetizzano gli aspetti significati dei cinematismi di collasso e permettono di effettuare delle verifiche locali. Sulla base dei risultati ottenuti, sono stati progettati diversi interventi strutturali, con lo scopo di migliorare la sicurezza sismica dell’edificio, concepiti con lo scopo di eliminare o limitare le vulnerabilità dell’edificio, con particolare attenzione ai temi della scatolarità dell’edificio e della presenza di connessioni tra strutture verticali e orizzontali. Per verificare l’efficacia di questi interventi sono state ripetute le verifiche del cinematismi locali tramite le tabelle CINE e i risultati sono stati positivi, in quanto l’accelerazione necessaria per l’attivazione dei cinematismi ora risulta essere uguale o superiore a quella caratteristica del sito.
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L'argomento principale di questo elaborato è l'analisi delle proprietà termiche del G.H.A .(Golden Hard Anodizing), ovvero un particolare trattamento di trasformazione superficiale dell'alluminio. Nello specifico è stato studiato tramite confronto con la conducibilità termica, la diffusività e l’emissività termica. Per ottenere tali dati sono state svolte prove sperimentali in modo da avere un chiara visione dell'entità di tali proprietà e metterle a confronto con quelle dell'alluminio base e dell'alluminio anodizzato.
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Il tema principale della tesi é l'energia rinnovabile e in particolare l'energia solare. Una parte introduttiva é incentrata sul ruolo del rinnovabile in ambito italiano, europeo e internazionale, per poi andare a considerare possibili sviluppi in futuro. Successivamente mi sono focalizzato sull'energia proveniente dal Sole, sulle sue caratteristiche intrinseche e su come può essere utilizzato con alti rendimenti. Nella seconda parte della tesi ho sviluppato il tema del pannello solare termico, descrivendo nei particolari tutti i suoi componenti e le sue possibili applicazioni in base alla variazione dei suoi parametri fondamentali. Infine, ho concluso la tesi descrivendo alcune soluzioni innovative che in qualche modo cercano di superare i difetti intrinseci del pannello termico, e che guidano l'avanguardia e la ricerca nell'ambito energetico solare.
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Il ritrovamento, all'interno del Complesso Partigiano-Modenesi, di un grosso collettore attivo ha aggiunto un nuovo interrogativo nella già complessa situazione idrogeologica dell'area carsica Farneto, Buca di Ronzana, Dolina dell'Inferno. Si è quindi fatto ricorso ad un'attenta ricerca bibliografica riguardo alle colorazioni precedenti e ad un'accurata ricerca sul campo, in cui sono state descritte ed analizzate tutte le grotte, inghiottitoi e risorgenti attive della zona. In seguito è stata eseguita una nuova colorazione, immettendo 200 g di fluoresceina nella Valle Cieca di Ronzana il 16/5/2016, con fluocaptori posizionati in tre punti all'interno del Complesso Partigiano-Modenesi, nelle due risorgenti accessibili (Grotta Nuova e Ca' Masetti) e nella Grotta del Farneto. Il 22/5/2016 è stato osservato il torrente attivo principale della Grotta dei Modenesi di colore verde fluorescente, mentre nessuna traccia di colore è stata vista nelle altre cavità e nelle risorgenti. A fronte dei lavori svolti e dei risultati ottenuti con la collaborazione del GSB – USB, si può dunque affermare che: a) il torrente attivo scoperto a dicembre 2015 nel Complesso Grotta del Partigiano – Grotta dei Modenesi riceve l'acqua dalla Valle Cieca di Ronzana e, secondo le colorazioni di L. Fantini del 1959 e R. Casali nel 1972, recapita alla ex-risorgente del Fontanaccio, infine sfocia nel torrente Zena, dopo aver percorso un livello basso della Grotta del Farneto, inaccessibile all'uomo; b) il Sistema Ronzana-Modenesi-Farneto risulta completamente separato dall'adiacente sistema parallelo Coralupi-Nuova e dalla Risorgente di Ca' Masetti; c) le ricerche, le descrizioni e i risultati ottenuti con questa tesi possono essere utilizzati come base per effettuare nuove ricerche negli altri sistemi idrologici dell'area, in modo da chiarirne ulteriormente la circolazione idrica ipogea.
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La risalita capillare di umidità nelle murature storiche è la principale responsabile del degrado dei materiali. La metodologia ad oggi più utilizzata in tale campo è quella basata sull’iniezione di prodotti chimici in grado di formare barriere artificiali che blocchino il flusso ascendente dell’acqua, ma è ancora in fase di perfezionamento. Per potere svolgere tale perfezionamento, è utile disporre di una metodologia attendibile per la valutazione dell’esito dei trattamenti, ossia un metodo standardizzato che possa garantire una corretta misurazione del contenuto di umidità nelle murature pre e post iniezioni. Nella presente tesi, che ha lo scopo di valutare l’efficacia di alcuni prodotti per barriere chimiche nelle murature, si è utilizzato un metodo di laboratorio standardizzato proposto dai ricercatori del LASTM (DICAM), che permette di riprodurre in laboratorio il processo di risalita dell’umidità e, allo stesso tempo, permette di potere svolgere le misurazioni del contenuto d’acqua interno ai materiali con il metodo diretto. I trattamenti, svolti in collaborazione con la Azienda inglese “Safeguard”, produttrice di resine impermeabilizzanti, sono stati effettuati su vari modelli, costituiti di laterizi e malta, preventivamente sottoposti a differenti condizioni ambientali. Successivamente si è svolto un monitoraggio periodico per potere determinare sia l’efficacia dell’intervento che l’attendibilità del modello. Dopo avere studiato un sistema di controllo delle condizioni di laboratorio, si è ritenuto opportuno svolgere anche alcune prove di caratterizzazione dei materiali utilizzati nella costruzione dei vari modelli, per conoscerne appieno le caratteristiche e potere valutare con maggiore attendibilità i risultati dei trattamenti. Infine, per approfondire le dinamiche di diffusione dei formulati chimici all’interno dei materiali, si sono svolte prove su travetti di malta.
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Il seguente elaborato di tesi tratta il problema della pianificazione di voli fotogrammetrici a bassa quota mediante l’uso di SAPR, in particolare è presentata una disamina delle principali applicazioni che permettono di programmare una copertura fotogrammetrica trasversale e longitudinale di un certo poligono con un drone commerciale. Il tema principale sviluppato è la gestione di un volo fotogrammetrico UAV mediante l’uso di applicativi software che permettono all’utente di inserire i parametri di volo in base alla tipologia di rilievo che vuole effettuare. L’obbiettivo finale è quello di ottenere una corretta presa fotogrammetrica da utilizzare per la creazione di un modello digitale del terreno o di un oggetto attraverso elaborazione dati in post-processing. La perfetta configurazione del volo non può prescindere dalle conoscenze base di fotogrammetria e delle meccaniche di un veicolo UAV. I capitoli introduttivi tratteranno infatti i principi della fotogrammetria analogica e digitale soffermandosi su temi utili alla comprensione delle problematiche relative al progetto di rilievo fotogrammetrico aereo. Una particolare attenzione è stata posta sulle nozioni di fotogrammetria digitale che, insieme agli algoritmi di Imagine Matching derivanti dalla Computer Vision, permette di definire il ramo della Fotogrammetria Moderna. Nei capitoli centrali verranno esaminate e confrontate una serie di applicazioni commerciali per smartphone e tablet, disponibili per sistemi Apple e Android, per trarne un breve resoconto conclusivo che le compari in termini di accessibilità, potenzialità e destinazione d’uso. Per una maggiore comprensione si determinano univocamente gli acronimi con cui i droni vengono chiamati nei diversi contesti: UAV (Unmanned Aerial Vehicle), SAPR (Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto), RPAS (Remotely Piloted Aicraft System), ARP (Aeromobili a Pilotaggio Remoto).
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L’arrivée du spectromètre imageur à transformée de Fourier SITELLE au télescope Canada-France-Hawaï souligne la nécessité d’un calculateur de temps d’exposition permettant aux utilisateurs de l’instrument de planifier leurs observations et leurs demandes de temps de télescope. Une grande partie de mon projet est ainsi le développement d’un code de simulation capable de reproduire les résultats de SITELLE et de son prédecesseur SpIOMM, installé à l’Observatoire du Mont-Mégantic. La précision des simulations est confirmée par une comparaison avec des données SpIOMM et les premières observations de SITELLE. La seconde partie de mon projet consiste en une analyse spectrale de données observationelles. Prenant avantage du grand champ de vue de SpIOMM, les caractéristiques du gaz ionisé (vitesse radiale et intensité) sont étudiées pour l’ensemble de la paire de galaxies en interaction Arp 72. La courbe de rotation dans le visible ainsi que le gradient de métallicité de NGC 5996, la galaxie principale d’Arp 72, sont obtenues ici pour la première fois. La galaxie spirale NGC 7320 est également étudiée à partir d’observations faites à la fois avec SpIOMM et SITELLE.
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Résumé : Malgré le fait que la vaccination soit reconnue comme l’une des mesures de santé publique les plus efficaces, elle est perçue comme non sécuritaire et non nécessaire par un nombre grandissant de parents. Dans ce contexte, la compréhension du processus décisionnel des parents par rapport à la vaccination de leur enfant serait aidante. Le but de cette étude est d’explorer le processus décisionnel des parents concernant la vaccination de leur nourrisson, selon leur génération d’appartenance, soit la génération X ou Y. Une étude de cas descriptive et comparative a été réalisée avec des entrevues semi-structurées ainsi qu’une analyse des sources d’informations consultées par les participantes. Les mères ont été sélectionnées selon leur intention de vaccination pour leur enfant. Les données ont été codifiées et analysées de façon systématique et rigoureuse au niveau intra-cas et inter-cas, co-analysées et ensuite validées avec les participantes. Quatre mères dans chaque génération ont été interviewées, dont trois participantes par génération à deux reprises. Le processus décisionnel est similaire d’une génération à l’autre. Les composantes du processus sont l’attitude initiale envers la vaccination, le processus cognitif, la recherche d’information, la décision, l’acte et l’évaluation rétrospective de l’expérience vécue. Toutes ces composantes sont influencées par des facteurs intrinsèques et extrinsèques. Certaines trouvailles de cette étude ont peu été documentées dans la littérature telles que la perception positive envers la vaccination, l’inconscience du processus, l’importance du déclencheur et le fait de saisir le moment opportun. Malgré la rigueur de cette étude, la principale limite est la saturation des données qui n’a possiblement pas été atteinte pour tous les aspects du processus décisionnel. Même si la norme sociale est favorable à la vaccination, aucune participante n’avait consciemment réfléchi à l’immunisation de son enfant jusqu’à ce qu’un déclencheur soit introduit. Ceci soulève l’enjeu et l’impact de la transmission de l’information adéquate, au moment opportun, et du soutien donné aux parents qui naviguent dans ce processus.
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Résumé : La capacité de décider parmi plusieurs possibilités d'actions, grâce à l'information sensorielle disponible, est essentielle à un organisme interagissant avec un environnement complexe. Les modèles actuels de sélection d'une action soutiennent que le cerveau traite continuellement l'information sensorielle afin de planifier plusieurs possibilités d'action en parallèle. Dans cette perspective, ces représentations motrices, associées à chaque possibilité d'action, sont en constante compétition entre elles. Afin qu'une alternative puisse être sélectionnée pour le mouvement, une valeur de pondération, intégrant une multitude de facteurs, doit être associée à chacun des plans moteurs afin de venir moduler la compétition. Plusieurs études se sont intéressées aux différents facteurs modulant la sélection de l'action, tels que la disposition de l'environnement, le coût des actions, le niveau de récompense, etc. Par contre, il semble qu'aucune étude n'ait rapporté ce qu'il advient lorsque la valeur de pondération de chacune des actions possibles est identique. Dans ce contexte, quel est l'élément permettant de venir moduler la sélection de l'action? De ce fait, l'objectif principal de mon projet de maitrise est d'investiguer le facteur permettant au cerveau de sélectionner une action lorsque tous les facteurs rapportés dans la littérature sont contrôlés. De récentes données ont montré que les oscillations corticales lentes dans la bande delta peuvent servir d'instrument de sélection attentionnelle en modulant l'amplitude de la réponse neuronale. Ainsi, les stimuli arrivant dans le cortex pendant une phase en delta de forte excitabilité sont amplifiés, tandis que ceux arrivant lors d'une phase en delta de faible excitabilité sont atténués. Ceci dit, il est possible que la phase en delta dans laquelle se trouve le cerveau au moment d'effectuer la sélection d'une action puisse influencer la décision. Utilisant une tâche de sélection de main, cette étude teste l'hypothèse que la sélection de la main est associée à la phase en delta des ensembles neuronaux codant le mouvement de chacune des mains, lorsque tous les facteurs connus influençant la décision sont contrôlés. L'électroencéphalographie (EEG) fut utilisée afin d'enregistrer les signaux corticaux pendant que les participants effectuaient une tâche de sélection de main dans laquelle ils devaient, à chaque essai, atteindre une cible visuelle aussi rapidement que possible en utilisant la main de leur choix. La tâche fut conçue de façon à ce que les facteurs spatiaux et biomécaniques soient contrôlés. Ceci fut réalisé enidentifiant premièrement, sur une base individuelle, l'emplacement de la cible pour laquelle les mains droite et gauche avaient une probabilité équivalente d'être choisies (point d'égalité subjective, PSE). Ensuite, dans l'expérience principale, les participants effectuaient plusieurs mouvements d'atteinte vers des cibles positionnées près et loin du PSE, toujours avec la main de leur choix. L'utilisation de cinq cibles très près du PSE a permis de collecter de nombreux essais dans lesquels la main droite et la main gauche furent sélectionnées en réponse à un même stimulus visuel. Ceci a ainsi permis d'analyser les signaux des deux cortex dans des conditions d'utilisation de la main droite et gauche, tout en contrôlant pour les autres facteurs pouvant moduler la sélection de la main. Les résultats de cette recherche révèlent que l'hémisphère cortical se trouvant dans la phase la plus excitable en delta (près du pic négatif), lors de l'apparition du stimulus, est associé à la fois à la main qui sera sélectionnée ainsi qu'au temps de réaction. Ces résultats montrent que l'excitabilité corticale momentanée (phase du signal) pourrait agir comme un facteur modulant la sélection d'une action. Dans cette optique, ces données élargissent considérablement les modèles actuels en montrant que la sélection d'une action est en partie déterminée par l'état du cerveau au moment d'effectuer un choix, d'une manière qui est indépendante de toutes les variables de décision connues.
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Le climat planétaire évolue à une vitesse alarmante. Selon le Groupe d’experts intergouvernemental sur l’évolution du climat, les températures globales pourraient grimper de 3 à 7°C d’ici 2100. Les zones tempérées, comme le Québec, ne seront pas épargnées. Au sein de la province, le climat typique en forêt boréale pourrait se déplacer de 750 km vers le nord pour atteindre le Haut-Arctique dans quelques décennies. D’autres modifications notables du climat se traduisent dans les précipitations, les glaces, les océans, etc. Tous ces changements climatiques constituent une menace grandissante pour la biodiversité. D’ailleurs, ils pourraient devenir la principale cause d’extinction d’espèces dans le futur, surpassant même la dégradation d’habitats et la pollution. Afin de témoigner de la portée des changements climatiques sur la biodiversité, 6 espèces fauniques à statut précaire au Québec sont étudiées dans le cadre de l’essai. Par leurs fortes réponses aux stress, elles agissent à titre de bioindicateurs des changements climatiques. Ces espèces, de classes taxonomiques différentes, sont : le chevalier cuivré (Moxostoma hubbsi), l’ours blanc (Ursus maritimus), la grive de Bicknell (Catharus Bicknelli), la rainette faux-grillon de l’Ouest (Pseudacris triseriata), la tortue luth (Dermochelys coriacea) et le satyre fauve des Maritimes (Coenonympha nipisiquit). L’étude approfondie de ces espèces a permis de relever un total de 47 impacts potentiels des changements climatiques. En majorité, ces impacts concernent la perte d’habitats, l’augmentation de la compétition, la diminution du succès reproducteur et l’entrave à la survie. L’objectif de cet essai est d’évaluer les mesures de protection actuelles permettant de faire face à ces impacts. Bien qu’elles varient grandement d’une espèce à l’autre, elles peuvent être regroupées en quatre grandes thématiques, soit la recherche et le suivi, la gestion des aires protégées, l’adaptation du cadre législatif et l’aménagement écosystémique. L’évaluation de ces mesures a permis de soulever certains constats. En premier lieu, la recherche et le suivi constituent la principale mesure de protection adoptée. En second lieu, il appert que les mesures de protection actuelles manquent de spécificité. En effet, dans la majorité des cas, elles protègent l’espèce de manière indirecte seulement. Au final, dans le but d’améliorer ou de combler les lacunes des mesures de protection actuelles, des recommandations ont été formulées. D’une part, celles-ci présentent des actions concrètes comme la translocation ou l’aménagement écosystémique. D’autre part, elles suggèrent des modifications quant aux méthodes de suivi, à la gestion des aires protégées et aux cadres législatifs.
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L’organisation sociale est un élément important dans la biologie d’une espèce. Dans le monde animal, il existe différents types d’organisation sociale. Certaines espèces affichent un comportement solitaire, tandis que d’autres sont grégaires. Lorsque la socialité est favorisée, une organisation sociale de type communautaire peut prendre forme, où les liens d’associations sont majoritairement entre les individus des mêmes communautés. Ces liens peuvent être modulés par des associations préférentielles, par des stratégies comportementales ou par un apparentement génétique. Cependant, l’organisation sociale est soumise à des changements avec la mortalité, les naissances, l’immigration et l’émigration des individus. Ces variables démographiques peuvent altérer les relations sociales et par le fait même l’organisation sociale. L’analyse des réseaux sociaux est utilisée pour représenter et analyser la structure sociale d’une population. Cette technique permet de quantifier la structure de communauté d’un réseau. En utilisant une base de données d’observations obtenues sur plusieurs années, mon projet de maitrise explore l’organisation sociale chez les femelles chamois (Rupicapra rupicapra) au Parc des Alpes Maritimes, Italie. La base de tous les comportements sociaux est l’association. L’interaction dyadique entre deux individus est la principale voie pour le transfert de l'information. En utilisant ces associations, j’ai reconstruit, sur une base annuelle, la structure sociale des femelles chamois. Une fois la structure sociale établie, j’ai discerné les différentes communautés présentes dans la population. J’ai ensuite effectué une analyse de stabilité des communautés et déterminé si la composition des communautés répondait à un apparentement génétique. Les chamois femelles ont une organisation sociale impliquant des communautés avec de multiples liens d’associations à l’intérieur, mais quelque peu dirigés à l’extérieur de ces communautés. Les relations sociales d’une femelle chamois sont généralement conservées d’une année à l’autre. De plus, ces communautés attestent d’une grande stabilité inter annuelle. Peu d’individus changent de communauté d’une année à l’autre. Le changement de communauté est associé avec un faible nombre de liens d’associations et également avec des groupes de faible taille. Les communautés détectées ne semblent pas être basées sur un apparentement génétique. Grâce à l’analyse des réseaux sociaux, mes travaux de maîtrise sont les premiers à quantifier statistiquement l’organisation sociale des femelles chamois. Grâce à l’exploration de l’organisation sociale de ces femelles chamois, nos résultats apporteront de nouvelles informations sur les ongulés alpins et permettront une gestion adéquate des populations.
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Les prescrits didactiques et le programme d’Histoire et éducation à la citoyenneté (Gouvernement du Québec, 2007) défendent actuellement des pratiques d’enseignement visant l’apprentissage de la pensée historique. Un apprentissage qui est défini comme une activité intellectuelle inscrite dans une démarche de résolution de problème, permettant de développer une compréhension plus approfondie des réalités sociales dans la perspective du temps (Martineau, 2010). Toutefois, les recherches indiquent que cet apprentissage serait variablement intégré aux pratiques effectives dans les classes d’histoire (Levstik, 2008), notamment au Québec (Boutonnet, 2013; Moisan, 2010). À cet égard, il semblerait y avoir un écart entre les finalités auxquelles les enseignants adhèrent et les situations d’enseignement-apprentissage qu’ils mettent en œuvre. Pour mettre en lumière cette variabilité, nous avons réalisé une recherche exploratoire visant à décrire les pratiques d’enseignement en histoire en troisième et en quatrième années du secondaire. À cette fin, nous avons eu recours aux théories des représentations sociales (Moscovici, 1976) et de l’attribution (Deschamps, 1996) permettant de recenser, dans le savoir commun des enseignants d’histoire, des éléments relatifs à l’apprentissage de la pensée historique. Ce savoir a été analysé en fonction de quatre types de variables : l’opinion, les dispositifs d’enseignement, les attributions et les attitudes individuelles à l’égard de l’apprentissage de la pensée historique. Les données ont été recueillies auprès d’un échantillon de convenance de huit enseignants, et elles ont été analysées dans le cadre d’une approche lexicométrique. La procédure de cueillette a consisté à réaliser quatre entrevues auprès de chacun de ces enseignants, lors des phases préactive et postactive de trois situations d’enseignement-apprentissage, pour identifier par la récurrence des discours des propriétés invariantes. Les données ont été interprétées en fonction de deux types de fondement théorique, relatifs aux théories de l’apprentissage, illustrant différentes manières d’apprendre à penser historiquement, et aux modèles de pratique, décrivant des dispositifs séquencés d’enseignement associés à cet apprentissage. De manière générale, les résultats révèlent la prédominance des théories de l’apprentissage de sens commun, socioconstructiviste et cognitivo-rationaliste, ainsi que des modèles de pratique fondés sur la conceptualisation et le tâtonnement empirique. Même si cette recherche ne peut être considérée représentative, elle a comme principale retombée scientifique de livrer une description de pratiques nuancée, exprimant différentes modulations de l’apprentissage de la pensée historique au niveau des pratiques. Cette recherche contribue à alimenter la réflexion auprès des chercheurs, des formateurs et des enseignants qui pourront mettre en perspective les pratiques actuelles relatives à un apprentissage des plus importants en histoire.
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Résumé : La maladie osseuse de Paget (MP) est un désordre squelettique caractérisé par une augmentation focale et désorganisée du remodelage osseux. Les ostéoclastes (OCs) de MP sont plus larges, actifs et nombreux, en plus d’être résistants à l’apoptose. Même si la cause précise de la MP demeure inconnue, des mutations du gène SQSTM1, codant pour la protéine p62, ont été décrites dans une proportion importante de patients avec MP. Parmi ces mutations, la substitution P392L est la plus fréquente, et la surexpression de p62P392L dans les OCs génère un phénotype pagétique partiel. La protéine p62 est impliquée dans de multiples processus, allant du contrôle de la signalisation NF-κB à l’autophagie. Dans les OCs humains, un complexe multiprotéique composé de p62 et des kinases PKCζ et PDK1 est formé en réponse à une stimulation par Receptor Activator of Nuclear factor Kappa-B Ligand (RANKL), principale cytokine impliquée dans la formation et l'activation des OCs. Nous avons démontré que PKCζ est impliquée dans l’activation de NF-κB induite par RANKL dans les OCs, et dans son activation constitutive en présence de p62P392L. Nous avons également observé une augmentation de phosphorylation de Ser536 de p65 par PKCζ, qui est indépendante d’IκB et qui pourrait représenter une voie alternative d'activation de NF-κB en présence de la mutation de p62. Nous avons démontré que les niveaux de phosphorylation des régulateurs de survie ERK et Akt sont augmentés dans les OCs MP, et réduits suite à l'inhibition de PDK1. La phosphorylation des substrats de mTOR, 4EBP1 et la protéine régulatrice Raptor, a été évaluée, et une augmentation des deux a été observée dans les OCs pagétiques, et est régulée par l'inhibition de PDK1. Également, l'augmentation des niveaux de base de LC3II (associée aux structures autophagiques) observée dans les OCs pagétiques a été associée à un défaut de dégradation des autophagosomes, indépendante de la mutation p62P392L. Il existe aussi une réduction de sensibilité à l’induction de l'autophagie dépendante de PDK1. De plus, l’inhibition de PDK1 induit l’apoptose autant dans les OCs contrôles que pagétiques, et mène à une réduction significative de la résorption osseuse. La signalisation PDK1/Akt pourrait donc représenter un point de contrôle important dans l’activation des OCs pagétiques. Ces résultats démontrent l’importance de plusieurs kinases associées à p62 dans la sur-activation des OCs pagétiques, dont la signalisation converge vers une augmentation de leur survie et de leur fonction de résorption, et affecte également le processus autophagique.
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Les systèmes de communication optique avec des formats de modulation avancés sont actuellement l’un des sujets de recherche les plus importants dans le domaine de communication optique. Cette recherche est stimulée par les exigences pour des débits de transmission de donnée plus élevés. Dans cette thèse, on examinera les techniques efficaces pour la modulation avancée avec une détection cohérente, et multiplexage par répartition en fréquence orthogonale (OFDM) et multiples tonalités discrètes (DMT) pour la détection directe et la détection cohérente afin d’améliorer la performance de réseaux optiques. Dans la première partie, nous examinons la rétropropagation avec filtre numérique (DFBP) comme une simple technique d’atténuation de nonlinéarité d’amplificateur optique semiconducteur (SOA) dans le système de détection cohérente. Pour la première fois, nous démontrons expérimentalement l’efficacité de DFBP pour compenser les nonlinéarités générées par SOA dans un système de détection cohérente porteur unique 16-QAM. Nous comparons la performance de DFBP avec la méthode de Runge-Kutta quatrième ordre. Nous examinons la sensibilité de performance de DFBP par rapport à ses paramètres. Par la suite, nous proposons une nouvelle méthode d’estimation de paramètre pour DFBP. Finalement, nous démontrons la transmission de signaux de 16-QAM aux taux de 22 Gbaud sur 80km de fibre optique avec la technique d’estimation de paramètre proposée pour DFBP. Dans la deuxième partie, nous nous concentrons sur les techniques afin d’améliorer la performance des systèmes OFDM optiques en examinent OFDM optiques cohérente (CO-OFDM) ainsi que OFDM optiques détection directe (DDO-OFDM). Premièrement, nous proposons une combinaison de coupure et prédistorsion pour compenser les distorsions nonlinéaires d’émetteur de CO-OFDM. Nous utilisons une interpolation linéaire par morceaux (PLI) pour charactériser la nonlinéarité d’émetteur. Dans l’émetteur nous utilisons l’inverse de l’estimation de PLI pour compenser les nonlinéarités induites à l’émetteur de CO-OFDM. Deuxièmement, nous concevons des constellations irrégulières optimisées pour les systèmes DDO-OFDM courte distance en considérant deux modèles de bruit de canal. Nous démontrons expérimentalement 100Gb/s+ OFDM/DMT avec la détection directe en utilisant les constellations QAM optimisées. Dans la troisième partie, nous proposons une architecture réseaux optiques passifs (PON) avec DDO-OFDM pour la liaison descendante et CO-OFDM pour la liaison montante. Nous examinons deux scénarios pour l’allocations de fréquence et le format de modulation des signaux. Nous identifions la détérioration limitante principale du PON bidirectionnelle et offrons des solutions pour minimiser ses effets.
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Abstract: In order to observe whether or not students appreciate the opportunity to learn affectively, this research was designed as an exploratory project aimed at identifying the ways in which reflective reading journals enabled students to respond empathetically to works of literary fiction. To understand the relationship between the act of reading and the experience of empathy, several questions were asked. The main question was: In what ways do reflective reading journals encourage students to read and understand works of fiction empathetically? Related concerns were taken into consideration: How do students describe their experience of empathy in response to the literary techniques such as plot and characterization? Students were also expected to consider the ways in which their thoughts on writing reflective reading journals underscored the need to forge empathetic awareness of the variety of opinions, experiences, and perspectives expressed in the works of fiction.||Résumé: Dans le but d'observer si les étudiants apprécient ou non la possibilité d'apprendre affectivement, cette recherche a été conçue comme un projet exploratoire visant à identifier les moyens que les journaux de lecture de réflexion ont permis aux étudiants de répondre avec empathie aux oeuvres de fiction littéraire. Pour comprendre la relation entre l'acte de lecture et l'expérience de l'empathie, plusieurs questions ont été posées. La question principale était la suivante: de quelles façons les journaux de lecture de réflexion encouragent les étudiants à lire et comprendre des oeuvres de fiction avec empathie? Des préoccupations du même ordre ont été prises en considération: Comment les étudiants décrivent-ils leur expérience de l'empathie en réponse aux techniques littéraires telles que l'intrigue et la caractérisation? Les étudiants doivent aussi examiner les façons dont leurs idées sur la rédaction de journaux de lecture de réflexion ont mis en évidence la nécessité de forger la prise de conscience empathique de la diversité d'opinions, d'expériences et de perspectives exprimée dans les oeuvres de fiction.