1000 resultados para Logica simbolica - Matematica


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In una 3-varietà chiusa è possibile individuare alcune superfici (dette di Heegaard) tali che, tagliando la 3-varietà lungo una di queste, essa si spezza in due corpi con manici che hanno per bordo tale superficie. La tesi propone alcuni recenti risultati circa l'interazione tra la topologia della 3-varietà, il gruppo di automorfismi delle sue superfici di Heegaard e complessi simpliciali costruiti a partire dalle curve su tali superfici.

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L'argomento trattato in questa tesi riguarda lo studio geometrico delle curve piane. Una prima parte è dedicata alle varie definizioni di curva in matematica, la seconda tratta invece la presentazione delle curve da un punto di vista scolastico. Il mio lavoro è stato quello di analizzare alcuni testi delle scuole superiori allo scopo di evidenziare, laddove è stato possibile, il tipo di appproccio didattico utilizzato per presentare tali argomenti.

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Si analizza il modello di Fister-Panetta per la crescita di cellule tumorali nella fase avascolare del tumore e si propone un percorso didattico di introduzione alla modellistica matematica in una quinta liceo. Si riporta poi una riflessione sulle motivazioni per cui l'introduzione degli aspetti modellistici e applicativi della matematica è importante anche nella scuola superiore.

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This thesis is focused on the financial model for interest rates called the LIBOR Market Model. In the appendixes, we provide the necessary mathematical theory. In the inner chapters, firstly, we define the main interest rates and financial instruments concerning with the interest rate models, then, we set the LIBOR market model, demonstrate its existence, derive the dynamics of forward LIBOR rates and justify the pricing of caps according to the Black’s formula. Then, we also present the Swap Market Model, which models the forward swap rates instead of the LIBOR ones. Even this model is justified by a theoretical demonstration and the resulting formula to price the swaptions coincides with the Black’s one. However, the two models are not compatible from a theoretical point. Therefore, we derive various analytical approximating formulae to price the swaptions in the LIBOR market model and we explain how to perform a Monte Carlo simulation. Finally, we present the calibration of the LIBOR market model to the markets of both caps and swaptions, together with various examples of application to the historical correlation matrix and the cascade calibration of the forward volatilities to the matrix of implied swaption volatilities provided by the market.

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Il presente studio, per ciò che concerne la prima parte della ricerca, si propone di fornire un’analisi che ripercorra il pensiero teorico e la pratica critica di Louis Marin, mettendone in rilievo i caratteri salienti affinché si possa verificare se, nella loro eterogenea interdisciplinarità, non emerga un profilo unitario che consenta di ricomprenderli in un qualche paradigma estetico moderno e/o contemporaneo. Va innanzitutto rilevato che la formazione intellettuale di Marin è avvenuta nell’alveo di quel montante e pervasivo interesse che lo strutturalismo di stampo linguistico seppe suscitare nelle scienze sociali degli anni sessanta. Si è cercato, allora, prima di misurare la distanza che separa l’approccio di Marin ai testi da quello praticato dalla semiotica greimasiana, impostasi in Francia come modello dominante di quella svolta semiotica che ha interessato in quegli anni diverse discipline: dagli studi estetici all’antropologia, dalla psicanalisi alla filosofia. Si è proceduto, quindi, ad un confronto tra l’apparato concettuale elaborato dalla semiotica e alcune celebri analisi del nostro autore – tratte soprattutto da Opacité de la peinture e De la représentation. Seppure Marin non abbia mai articolato sistematicametne i principi teorici che esplicitassero la sua decisa contrapposizione al potente modello greimasiano, tuttavia le reiterate riflessioni intorno ai presupposti epistemologici del proprio modo di interpretare i testi – nonché le analisi di opere pittoriche, narrative e teoriche che ci ha lasciato in centinaia di studi – permettono di definirne una concezione estetica nettamente distinta dalla pratica semio-semantica della scuola di A. J. Greimas. Da questo confronto risulterà, piuttosto, che è il pensiero di un linguista sui generis come E. Benveniste ad avere fecondato le riflessioni di Marin il quale, d’altra parte, ha saputo rielaborare originalmente i contributi fondamentali che Benveniste diede alla costruzione della teoria dell’enunciazione linguistica. Impostando l’equazione: enunciazione linguistica=rappresentazione visiva (in senso lato), Marin diviene l’inventore del dispositivo concettuale e operativo che consentirà di analizzare l’enunciazione visiva: la superficie di rappresentazione, la cornice, lo sguardo, l’iscrizione, il gesto, lo specchio, lo schema prospettico, il trompe-l’oeil, sono solo alcune delle figure in cui Marin vede tradotto – ma in realtà immagina ex novo – quei dispositivi enunciazionali che il linguista aveva individuato alla base della parole come messa in funzione della langue. Marin ha saputo così interpretare, in modo convincente, le opere e i testi della cultura francese del XVII secolo alla quale sono dedicati buona parte dei suoi studi: dai pittori del classicismo (Poussin, Le Brun, de Champaigne, ecc.) agli eruditi della cerchia di Luigi XIV, dai filosofi (soprattutto Pascal), grammatici e logici di Port-Royal alle favole di La Fontaine e Perrault. Ma, come si evince soprattutto da testi come Opacité de la peinture, Marin risulterà anche un grande interprete del rinascimento italiano. In secondo luogo si è cercato di interpretare Le portrait du Roi, il testo forse più celebre dell’autore, sulla scorta dell’ontologia dell’immagine che Gadamer elabora nel suo Verità e metodo, non certo per praticare una riduzione acritica di due concezioni che partono da presupposti divergenti – lo strutturalismo e la critica d’arte da una parte, l’ermeneutica filosofica dall’altra – ma per rilevare che entrambi ricorrono al concetto di rappresentazione intendendolo non tanto come mimesis ma soprattutto, per usare il termine di Gadamer, come repraesentatio. Sia Gadamer che Marin concepiscono la rappresentazione non solo come sostituzione mimetica del rappresentato – cioè nella direzione univoca che dal rappresentato conduce all’immagine – ma anche come originaria duplicazione di esso, la quale conferisce al rappresentato la sua legittimazione, la sua ragione o il suo incremento d’essere. Nella rappresentazione in quanto capace di legittimare il rappresentato – di cui pure è la raffigurazione – abbiamo così rintracciato la cifra comune tra l’estetica di Marin e l’ontologia dell’immagine di Gadamer. Infine, ci è sembrato di poter ricondurre la teoria della rappresentazione di Marin all’interno del paradigma estetico elaborato da Kant nella sua terza Critica. Sebbene manchino in Marin espliciti riferimenti in tal senso, la sua teoria della rappresentazione – in quanto dire che mostra se stesso nel momento in cui dice qualcos’altro – può essere intesa come una riflessione estetica che trova nel sensibile la sua condizione trascendentale di significazione. In particolare, le riflessioni kantiane sul sentimento di sublime – a cui abbiamo dedicato una lunga disamina – ci sono sembrate chiarificatrici della dinamica a cui è sottoposta la relazione tra rappresentazione e rappresentato nella concezione di Marin. L’assolutamente grande e potente come tratti distintivi del sublime discusso da Kant, sono stati da noi considerati solo nella misura in cui ci permettevano di fare emergere la rappresentazione della grandezza e del potere assoluto del monarca (Luigi XIV) come potere conferitogli da una rappresentazione estetico-politica costruita ad arte. Ma sono piuttosto le facoltà in gioco nella nostra più comune esperienza delle grandezze, e che il sublime matematico mette esemplarmente in mostra – la valutazione estetica e l’immaginazione – ad averci fornito la chiave interpretativa per comprendere ciò che Marin ripete in più luoghi citando Pascal: una città, da lontano, è una città ma appena mi avvicino sono case, alberi, erba, insetti, ecc… Così abbiamo applicato i concetti emersi nella discussione sul sublime al rapporto tra la rappresentazione e il visibile rappresentato: rapporto che non smette, per Marin, di riconfigurarsi sempre di nuovo. Nella seconda parte della tesi, quella dedicata all’opera di Bernard Stiegler, il problema della comprensione delle immagini è stato affrontato solo dopo aver posto e discusso la tesi che la tecnica, lungi dall’essere un portato accidentale e sussidiario dell’uomo – solitamente supposto anche da chi ne riconosce la pervasività e ne coglie il cogente condizionamento – deve invece essere compresa proprio come la condizione costitutiva della sua stessa umanità. Tesi che, forse, poteva essere tematizzata in tutta la sua portata solo da un pensatore testimone delle invenzioni tecnico-tecnologiche del nostro tempo e del conseguente e radicale disorientamento a cui esse ci costringono. Per chiarire la propria concezione della tecnica, nel I volume di La technique et le temps – opera alla quale, soprattutto, sarà dedicato il nostro studio – Stiegler decide di riprendere il problema da dove lo aveva lasciato Heidegger con La questione della tecnica: se volgiamo coglierne l’essenza non è più possibile pensarla come un insieme di mezzi prodotti dalla creatività umana secondo un certi fini, cioè strumentalmente, ma come un modo di dis-velamento della verità dell’essere. Posto così il problema, e dopo aver mostrato come i sistemi tecnici tendano ad evolversi in base a tendenze loro proprie che in buona parte prescindono dall’inventività umana (qui il riferimento è ad autori come F. Gille e G. Simondon), Stiegler si impegna a riprendere e discutere i contributi di A. Leroi-Gourhan. È noto come per il paletnologo l’uomo sia cominciato dai piedi, cioè dall’assunzione della posizione eretta, la quale gli avrebbe permesso di liberare le mani prima destinate alla deambulazione e di sviluppare anatomicamente la faccia e la volta cranica quali ondizioni per l’insorgenza di quelle capacità tecniche e linguistiche che lo contraddistinguono. Dei risultati conseguiti da Leroi-Gourhan e consegnati soprattutto in Le geste et la parole, Stiegler accoglie soprattutto l’idea che l’uomo si vada definendo attraverso un processo – ancora in atto – che inizia col primo gesto di esteriorizzazione dell’esperienza umana nell’oggetto tecnico. Col che è già posta, per Stiegler, anche la prima forma di simbolizzazione e di rapporto al tempo che lo caratterizzano ancora oggi. Esteriorità e interiorità dell’uomo sono, per Stiegler, transduttive, cioè si originano ed evolvono insieme. Riprendendo, in seguito, l’anti-antropologia filosofica sviluppata da Heidegger nell’analitica esistenziale di Essere e tempo, Stiegler dimostra che, se si vuole cogliere l’effettività della condizione dell’esistenza umana, è necessaria un’analisi degli oggetti tecnici che però Heidegger relega nella sfera dell’intramondano e dunque esclude dalla temporalità autentica dell’esser-ci. Se è vero che l’uomo – o il chi, come lo chiama Stiegler per distinguerlo dal che-cosa tecnico – trova nell’essere-nel-mondo la sua prima e più fattiva possibilità d’essere, è altrettanto verò che questo mondo ereditato da altri è già strutturato tecnicamente, è già saturo della temporalità depositata nelle protesi tecniche nelle quali l’uomo si esteriorizza, e nelle quali soltanto, quindi, può trovare quelle possibilità im-proprie e condivise (perché tramandate e impersonali) a partire dalle quali poter progettare la propria individuazione nel tempo. Nel percorso di lettura che abbiamo seguito per il II e III volume de La technique et le temps, l’autore è impegnato innanzitutto in una polemica serrata con le analisi fenomenologiche che Husserl sviluppa intorno alla coscienza interna del tempo. Questa fenomenologia del tempo, prendendo ad esame un oggetto temporale – ad esempio una melodia – giunge ad opporre ricordo primario (ritenzione) e ricordo secondario (rimemorazione) sulla base dell’apporto percettivo e immaginativo della coscienza nella costituzione del fenomeno temporale. In questo modo Husserl si preclude la possibilità di cogliere il contributo che l’oggetto tecnico – ad esempio la registrazione analogica di una melodia – dà alla costituzione del flusso temporale. Anzi, Husserl esclude esplicitamente che una qualsiasi coscienza d’immagine – termine al quale Stiegler fa corrispondere quello di ricordo terziario: un testo scritto, una registrazione, un’immagine, un’opera, un qualsiasi supporto memonico trascendente la coscienza – possa rientrare nella dimensione origianaria e costitutiva di tempo. In essa può trovar posto solo la coscienza con i suo vissuti temporali percepiti, ritenuti o ricordati (rimemorati). Dopo un’attenta rilettura del testo husserliano, abbiamo seguito Stiegler passo a passo nel percorso di legittimazione dell’oggetto tecnico quale condizione costitutiva dell’esperienza temporale, mostrando come le tecniche di registrazione analogica di un oggetto temporale modifichino, in tutta evidenza, il flusso ritentivo della coscienza – che Husserl aveva supposto automatico e necessitante – e con ciò regolino, conseguente, la reciproca permeabilità tra ricordo primario e secondario. L’interpretazione tecnica di alcuni oggetti temporali – una foto, la sequenza di un film – e delle possibilità dispiegate da alcuni dispositivi tecnologici – la programmazione e la diffusione audiovisiva in diretta, l’immagine analogico-digitale – concludono questo lavoro richiamando l’attenzione sia sull’evidenza prodotta da tali esperienze – evidenza tutta tecnica e trascendente la coscienza – sia sul sapere tecnico dell’uomo quale condizione – trascendentale e fattuale al tempo stesso – per la comprensione delle immagini e di ogni oggetto temporale in generale. Prendendo dunque le mosse da una riflessione, quella di Marin, che si muove all’interno di una sostanziale antropologia filosofica preoccupata di reperire, nell’uomo, le condizioni di possibilità per la comprensione delle immagini come rappresentazioni – condizione che verrà reperità nella sensibilità o nell’aisthesis dello spettatore – il presente lavoro passerà, dunque, a considerare la riflessione tecno-logica di Stiegler trovando nelle immagini in quanto oggetti tecnici esterni all’uomo – cioè nelle protesi della sua sensibilità – le condizioni di possibilità per la comprensione del suo rapporto al tempo.

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This thesis deals with inflation theory, focussing on the model of Jarrow & Yildirim, which is nowadays used when pricing inflation derivatives. After recalling main results about short and forward interest rate models, the dynamics of the main components of the market are derived. Then the most important inflation-indexed derivatives are explained (zero coupon swap, year-on-year, cap and floor), and their pricing proceeding is shown step by step. Calibration is explained and performed with a common method and an heuristic and non standard one. The model is enriched with credit risk, too, which allows to take into account the possibility of bankrupt of the counterparty of a contract. In this context, the general method of pricing is derived, with the introduction of defaultable zero-coupon bonds, and the Monte Carlo method is treated in detailed and used to price a concrete example of contract. Appendixes: A: martingale measures, Girsanov's theorem and the change of numeraire. B: some aspects of the theory of Stochastic Differential Equations; in particular, the solution for linear EDSs, and the Feynman-Kac Theorem, which shows the connection between EDSs and Partial Differential Equations. C: some useful results about normal distribution.

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Until recently the debate on the ontology of spacetime had only a philosophical significance, since, from a physical point of view, General Relativity has been made "immune" to the consequences of the "Hole Argument" simply by reducing the subject to the assertion that solutions of Einstein equations which are mathematically different and related by an active diffeomorfism are physically equivalent. From a technical point of view, the natural reading of the consequences of the "Hole Argument” has always been to go further and say that the mathematical representation of spacetime in General Relativity inevitably contains a “superfluous structure” brought to light by the gauge freedom of the theory. This position of apparent split between the philosophical outcome and the physical one has been corrected thanks to a meticulous and complicated formal analysis of the theory in a fundamental and recent (2006) work by Luca Lusanna and Massimo Pauri entitled “Explaining Leibniz equivalence as difference of non-inertial appearances: dis-solution of the Hole Argument and physical individuation of point-events”. The main result of this article is that of having shown how, from a physical point of view, point-events of Einstein empty spacetime, in a particular class of models considered by them, are literally identifiable with the autonomous degrees of freedom of the gravitational field (the Dirac observables, DO). In the light of philosophical considerations based on realism assumptions of the theories and entities, the two authors then conclude by saying that spacetime point-events have a degree of "weak objectivity", since they, depending on a NIF (non-inertial frame), unlike the points of the homogeneous newtonian space, are plunged in a rich and complex non-local holistic structure provided by the “ontic part” of the metric field. Therefore according to the complex structure of spacetime that General Relativity highlights and within the declared limits of a methodology based on a Galilean scientific representation, we can certainly assert that spacetime has got "elements of reality", but the inevitably relational elements that are in the physical detection of point-events in the vacuum of matter (highlighted by the “ontic part” of the metric field, the DO) are closely dependent on the choice of the global spatiotemporal laboratory where the dynamics is expressed (NIF). According to the two authors, a peculiar kind of structuralism takes shape: the point structuralism, with common features both of the absolutist and substantival tradition and of the relationalist one. The intention of this thesis is that of proposing a method of approaching the problem that is, at least at the beginning, independent from the previous ones, that is to propose an approach based on the possibility of describing the gravitational field at three distinct levels. In other words, keeping the results achieved by the work of Lusanna and Pauri in mind and following their underlying philosophical assumptions, we intend to partially converge to their structuralist approach, but starting from what we believe is the "foundational peculiarity" of General Relativity, which is that characteristic inherent in the elements that constitute its formal structure: its essentially geometric nature as a theory considered regardless of the empirical necessity of the measure theory. Observing the theory of General Relativity from this perspective, we can find a "triple modality" for describing the gravitational field that is essentially based on a geometric interpretation of the spacetime structure. The gravitational field is now "visible" no longer in terms of its autonomous degrees of freedom (the DO), which, in fact, do not have a tensorial and, therefore, nor geometric nature, but it is analyzable through three levels: a first one, called the potential level (which the theory identifies with the components of the metric tensor), a second one, known as the connections level (which in the theory determine the forces acting on the mass and, as such, offer a level of description related to the one that the newtonian gravitation provides in terms of components of the gravitational field) and, finally, a third level, that of the Riemann tensor, which is peculiar to General Relativity only. Focusing from the beginning on what is called the "third level" seems to present immediately a first advantage: to lead directly to a description of spacetime properties in terms of gauge-invariant quantites, which allows to "short circuit" the long path that, in the treatises analyzed, leads to identify the "ontic part” of the metric field. It is then shown how to this last level it is possible to establish a “primitive level of objectivity” of spacetime in terms of the effects that matter exercises in extended domains of spacetime geometrical structure; these effects are described by invariants of the Riemann tensor, in particular of its irreducible part: the Weyl tensor. The convergence towards the affirmation by Lusanna and Pauri that the existence of a holistic, non-local and relational structure from which the properties quantitatively identified of point-events depend (in addition to their own intrinsic detection), even if it is obtained from different considerations, is realized, in our opinion, in the assignment of a crucial role to the degree of curvature of spacetime that is defined by the Weyl tensor even in the case of empty spacetimes (as in the analysis conducted by Lusanna and Pauri). In the end, matter, regarded as the physical counterpart of spacetime curvature, whose expression is the Weyl tensor, changes the value of this tensor even in spacetimes without matter. In this way, going back to the approach of Lusanna and Pauri, it affects the DOs evolution and, consequently, the physical identification of point-events (as our authors claim). In conclusion, we think that it is possible to see the holistic, relational, and non-local structure of spacetime also through the "behavior" of the Weyl tensor in terms of the Riemann tensor. This "behavior" that leads to geometrical effects of curvature is characterized from the beginning by the fact that it concerns extensive domains of the manifold (although it should be pointed out that the values of the Weyl tensor change from point to point) by virtue of the fact that the action of matter elsewhere indefinitely acts. Finally, we think that the characteristic relationality of spacetime structure should be identified in this "primitive level of organization" of spacetime.

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La tesi riporta la sperimentazione in un liceo scientifico di un software di geometria didattica applicato alle isometrie del piano. L'argomento è stato introdotto partendo dalle tassellazioni del piano mostrando immagini relative all'Alhambra in Spagna e dipinti di Escher.