967 resultados para Burkitt lymphoma
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The T-cell receptor (TCR) beta chain is instrumental in the progression of thymocyte differentiation from the CD4-CD8- to the CD4+CD8+ stage. This differentiation step may involve cell surface expression of novel CD3-TCR complexes. To facilitate biochemical characterization of these complexes, we established cell lines from thymic lymphomas originating from mice carrying a mutation in the p53 gene on the one hand and a mutation in TCR-alpha, TCR-beta, or the recombination activating gene 1 (RAG-1) on the other hand. The cell lines were CD4+CD8+ and appeared to be monoclonal. A cell line derived from a RAG-1 x p53 double mutant thymic lymphoma expressed low levels of CD3-epsilon, -gamma, and -delta on the surface. TCR-alpha x p53 double mutant cell lines were found to express complexes consisting of TCR-beta chains associated with CD3-epsilon, -gamma, and -delta chains and CD3-zeta zeta dimers. These lines will be useful tools to study the molecular structure and signal transducing properties of partial CD3-TCR complexes expressed on the surface of immature thymocytes.
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We studied blood lymphocytes of human immunodeficiency virus (HIV)-seropositive and -negative homosexual men for the presence of T(8;14) translocations that recombine c-myc and immunoglobulin heavy-chain (IgH) mu/IgH alpha switch regions. Clones with T(8;14) translocations were detected in 10.5% (12/114) of the HIV-positive and in 2.0% of the 99 uninfected patients. The majority of recombinations were found at a single time point only. Four patients, however, harbored multiple (up to four) and persistent (up to 9 years) translocation-positive cell clones. No correlation between the presence of these aberrant lymphocytes and a later lymphoma could be established. The exon 1/intron 1 region of the recombined c-myc was investigated for the presence of point mutations and these were found in the nonpersistent clones. Additional alterations detected in these clones included duplications and a deletion in the c-myc gene. The pattern of base substitution indicates that they were introduced after the translocation event.
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Sézary syndrome (SzS), the leukemic form of cutaneous T-cell lymphoma, is characterized by clonal proliferation of CD4+ T cells and immune dysfunctions, raising the possibility of cytokine-related abnormalities. We previously described a decreased response to the growth-inhibitory effects of transforming growth factor type beta (TGF-beta) in SzS T cells accompanied by apparent loss of surface type II TGF-beta receptor (TGF beta RII). To specifically determine if defects exist in TGF beta RII protein expression and/or transport in SzS patients, we developed a sensitive flow cytometric method to detect TGF beta RII on the surface and intracellularly in the CD4+ T cells. Our results indicate that unlike normal CD4+ T cells, CD4+ T cells from 9 of 12 SzS patients expressed little, if any, surface TGF beta RII in response to mitogen stimulation. At the intracellular level, however, pools of TGF beta RII were comparable to those in normal CD4+ T cells. This indicates that defective trafficking of this inhibitory cytokine receptor may contribute significantly to the development of this disease.
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O-linked N-acetylglucosamine (O-GlcNAc) is an abundant and dynamic posttranslational modification composed of a single monosaccharide, GlcNAc, glycosidically composed of a single monosaccharide, GlcNAc, glycosidically linked to the side-chain hydroxyl of serine or threonine residues. Although O-GlcNAc occurs on a myriad of nuclear and cytoplasmic proteins, only a few have thus far been identified. These O-GlcNAc-bearing proteins are also modified by phosphorylation and form reversible multimeric complexes. Here we present evidence for O-GlcNAc glycosylation of the oncoprotein c-Myc, a helix-loop-helix/leucine zipper phosphoprotein that heterodimerizes with Max and participates in the regulation of gene transcription in normal and neoplastic cells. O-GlcNAc modification of c-Myc is shown by three different methods: (i) demonstration of lectin binding to in vitro translated protein using a protein-protein interaction mobility-shift assay; (ii) glycosidase or glycosyltransferase treatment of in vitro translated protein analyzed by lectin affinity chromatography; and (iii) direct characterization of the sugar moieties on purified recombinant protein overexpressed in either insect cells or Chinese hamster ovary cells. Analyses of serial deletion mutants of c-Myc further suggest that the O-GlcNAc site(s) are located within or near the N-terminal transcription activation/malignant transformation domain, a region where mutations of c-Myc that are frequently found in Burkitt and AIDS-related lymphomas cluster.
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Riassunto Il linfoma è una delle neoplasie più diffuse nel gatto. Questa neoplasia è stata classificata in base alla localizzazione anatomica nella forma Mediastinica (che interessa il timo e/o i linfonodi mediastinici), Alimentare, Multicentrica (che interessa diversi linfonodi e/o la milza e/o il fegato, Extranodale (che coinvolge i reni, SNC o la cute). Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da diverse sottopopolazioni, che sono definite tramite immunofenotipizzazione ottenuta mediante tecniche immunoistochimiche (IHC), così che possano essere classificate come cellule B o T o non B/non T. I gatti infetti dal virus della leucemia felina (FeLV, Gammaretrovirus) presentano elevata incidenza di linfomi rispetto ai gatti non infetti. I meccanismi proposti di sviluppo neoplastico sono mutagenesi inserzionali o stimolazione persistente delle cellule immunitarie dell’ospite da parte di antigeni virali, i quali possono promuovere la trasformazione in senso maligno dei linfociti. Lo scopo di questo lavoro è stato esaminare i rilievi patologici, l’espressione di FeLV e l’immonofenotipo (B, T, nonB/nonT) nei reni felini affetti da linfoma. Abbiamo effettuato colorazione Ematossilina- Eosina ed Immunoistochimica per FeLV gp70, CD3 e CD79. Nello studio sono stati inclusi i tessuti di 49 gatti presentati all’Unità Operativa di Anatomia Patologica e Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università degli studi di Parma. Il 39% dei casi (19/49) sono caratterizzati dalla presenza di lesioni linfomatose a livello renale. Questa popolazione è costituita dal 52,6% 3 (10/19) maschi e dal 47,4% (9/19) femmine. L’età è compresa tra 8 mesi e 17 anni ed in particolare 26,6% (5/19) sono giovani (0-2 anni), 47,4% (9/19) sono adulti (2-10 anni) e 26,3% (5/19) sono anziani (>10 anni). Per quanto riguarda la classificazione anatomica la forma renale appare primitiva in 5 casi (25%), in 8 casi (42%) appare secondaria a linfomi multicentrici, in 3 casi (15,7%) a linfomi mediastinici e in altri 3 casi (15,7%) a linfomi gastrici e intestinali. Per quanto riguarda l’immunofenotipizzazione sono risultati CD3 positivi il 73,7% (14/19) e CD3 negativi il 27,3% (5/19); CD79 alpha positivi il 26,3% (5/19) e CD79 alpha negativi il 73,7% (14/19); l’espressione della proteina gp70 è stata individuata nel 78,9% (15/19) delle neoplasie renali, mentre il 21,1% (4/19) non presentava espressione della proteina. Nei 4 anni presi in considerazione nello studio si evince un’elevata incidenza della localizzazione anatomica renale sul totale di linfomi osservati. Non si è notata correlazione statistica tra linfomi renali, età e sesso dei soggetti presi in esame ma vi è un’elevata percentuale di animali adulti ed anziani affetti dalla patologia. Nella valutazione fenotipica dell’infiltrato neoplastico si è osservata l’elevata espressione di CD3, caratterizzando i linfociti come appartenenti alla sottopopolazione T. Inoltre si è evidenziato come un elevato numero di cellule neoplastiche esprimano gp70; ciò permette di affermare che i linfociti neoplastici sono infettati dal virus FeLV, il quale inoltre è in attiva replicazione. I marker CD3 e gp70 sono risultati fortemente correlati statisticamente; si può affermare perciò che l’espansione clonale dei linfociti T è correlata alla presenza e replicazione del virus.
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Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.
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O linfoma canino é uma das neoplasias mais prevalentes em cães, diagnosticado frequentemente através de exame citológico de aspirados. A imunofenotipagem para diferenciação entre linfomas de células B e T é importante para definição prognóstica e tratamento, entretanto, dificilmente é realizada em materiais provenientes de aspirados citológicos. A citologia em meio líquido (CML) é uma metodologia automatizada de produção de esfregaços citológicos, que permite a conservação de todo o material da aspiração, e utilização do material residual para, por exemplo, produção de emblocado celular (EC) e imunocitoquímica. Este trabalho teve como objetivo aplicar a CML e EC com imunocitoquímica em amostras de linfonodos caninos suspeitos para linfoma. Além disso, pretendeu caracterizar morfologicamente as células linfoides neste tipo de preparado, comparando ao esfregaço convencional. Para isto, foram selecionados 54 cães com linfadenomegalia, 10 deles sorologicamente positivos para leishmaniose canina. Comparou-se a CML com a citologia convencional, quanto às características técnicas e testou-se dois métodos diferentes de EC: Bouin e agarose com formalina. Aplicou-se painel imunocitoquímico de anticorpos anti-CD3, anti-CD79a, anti-Pax-5 e anti-Ki67, para imunofenotipagem e determinação da proliferação celular. Adicionalmente, realizaram-se análises estatísticas para avaliação do desempenho e concordância interobservador comparada entre citologia convencional, CML e o uso conjunto de CML e imunocitoquímica do emblocado celular. Como resultado, as células linfoides apresentaram-se preservadas, com melhor definição de cromatina e nucléolos, porém com tamanho reduzido e pior definição citoplasmática, na CML. O EC de Bouin revelou grupos densos e bem definidos, que permitiram a aplicação da imunocitoquímica. Por outro lado, os emblocados de agarose, apresentaram-se frouxos, com células marcadamente dispersas, revelando-se inadequados para preparados de células linfoides. O anticorpo anti-Pax-5 mostrou-se mais adequado do que o anti-CD79a para marcação de células B em emblocados, por produzir menos fundo e pela marcação nuclear ser mais distinguível do que a citoplasmática. A concordância interobservadores da CML foi moderada (k= 0,434), enquanto a da citologia convencional foi boa (k=0,762). Ambas as técnicas exibiram a mesma acurácia e, com aplicação da CML, houve redução do percentual de amostras insatisfatórias. A CML em conjunto com EC e imunocitoquímica apresentou maior sensibilidade (75%), especificidade (99%) e acurácia (89,47%). Como conclusão, a CML em conjunto com EC e imunocitoquímica pode ser aplicada para diagnóstico de linfoma canino, com maior sensibilidade, especificidade e acurácia