984 resultados para Silicato de potássio


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Avaliou-se o efeito de uma suplementação com carboidratos e bebidas esportivas sobre parâmetros laboratoriais em atletas de futebol de campo, em uma situação real de treinamento. Foram coletados 10 ml de sangue venoso e 50 ml de urina em repouso e 15 minutos após treinamento. Os resultados mostram que o exercício intenso causou um variável grau de estase urinária, bem como provocou alterações hidroeletrolíticas caracterizadas por uma diminuição na concentração sérica de sódio, potássio, magnésio, fósforo e glicose (p<0,05), que não foi modificada por nenhum tipo de protocolo de suplementação nas condições propostas no presente estudo. A suplementação eletrolítica proposta mostrou-se limitada para evitar variações eletrolíticas e que a reposição deve ser avaliada à luz de um contexto ambiental e de treinamento.

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Objetivou-se, com este trabalho, avaliar o efeito residual da adubação com composto de lodo de esgoto e fosfato natural de Gafsa sobre os teores de nutrientes no solo, na planta e na produtividade do milho. O trabalho foi realizado em Cambissolo Háplico. Os tratamentos, em esquema fatorial 2 x 4, corresponderam a 2 doses de fosfato de Gafsa (0 e 90 kg ha-1 de P2O5) e 4 doses de composto de lodo de esgoto (0; 25; 50 e 75 t ha-1, em base seca). O delineamento experimental utilizado foi em blocos casualizados, com 3 repetições. Em geral, a produtividade e os teores de nutrientes no solo e na planta no segundo cultivo sucessivo de milho não foram influenciados pela adubação com fosfato natural reativo. Entretanto, a produtividade de milho e os teores de nutrientes no solo e nas folhas de milho aumentaram com a dose de composto de lodo de esgoto ao solo, sendo a dose de 75 Mg ha-1, a de maior efeito residual. A produtividade do milho é menor no segundo cultivo sucessivo em razão do empobrecimento do solo em fósforo e potássio, recomendando-se novas adubações com lodo de esgoto, a cada cultivo realizado.

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O presente trabalho foi desenvolvido com o objetivo de avaliar o efeito do cultivo prévio do capim-Marandu (Brachiaria brizantha cv. Marandu), da aplicação de corretivos e da compactação do solo no acúmulo de macronutrientes pela soja cultivada em sucessão. O delineamento experimental foi inteiramente casualizado em esquema fatorial 4 x 6 x 2, com três repetições. Os fatores de estudo foram quatro densidades do solo: 1,0; 1,20; 1,40 e 1,60 Mg m-3; seis tratamentos de correção: 1) controle, sem correção; 2) calcário; 3) silicato de cálcio; 4) gesso; 5) calcário + gesso; 6) silicato de cálcio + gesso; além de dois sistemas de cultivo: com e sem cultivo prévio do capim-Marandu. As unidades experimentais foram compostas por vasos de tubos de PVC de 20 cm de diâmetro, compostos por dois anéis: o anel inferior, de 40 cm de altura, recebeu o solo sob condições naturais e densidade de 1,0 Mg m-3; o anel superior, com 20 cm de altura representando 6,28 dm³, recebeu os tratamentos de densidades, correção e gesso como descrito adiante. Em cada um foram conduzidas três plantas de soja (cv. Conquista) até o final do ciclo, quando o acúmulo de macronutrientes pela cultura foi avaliado. Os resultados mostraram que o cultivo prévio do capim-Marandu e o uso de corretivos amenizaram os efeitos negativos da compactação do solo sobre a nutrição da soja. A utilização de corretivos do solo contribuiu para o aumento no acúmulo de macronutrientes na parte aérea da soja, porém o incremento na compactação diminuiu o acúmulo de N, P, K, Ca, Mg e S. A compactação do solo persistiu parcialmente mediante o cultivo prévio com o capim marandu.

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Programa de doctorado de Oceanografía ; 2006-2008

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Questo lavoro di tesi si prefiggeva la produzione di nuovi materiali geopolimerici a partire da meta-caolino, come fonte allumino-silicatica, e silicato di sodio o potassio, come soluzione attivante. L’ambito di applicazione di questi materiali era il restauro di beni culturali, sia come riempimento di lacune che come adesivo nella giunzione di parti, che richiedeva un consolidamento a temperatura ambiente ed una trascurabile cessione di sali solubili da parte del materiale d’apporto, caratteristiche non facilmente realizzabili con i materiali tradizionali. Il progetto può essere temporalmente suddiviso in tre fasi principali: 1) caratterizzazione di tre caolini commerciali utilizzati come materie prime, analizzando la loro composizione chimica e mineralogica, la granulometria, la superficie specifica ed il comportamento termico. Sulla base dell’analisi termica è stato individuato l’intervallo di temperatura ottimale per la trasformazione in meta-caolini, mantenendo buone proprietà superficiali. 2) Caratterizzazione dei meta-caolini ottenuti, analizzando la composizione mineralogica, la granulometria, la superficie specifica ed il contenuto di Al(V). E’ stata inoltre valutata la loro attività pozzolanica, scegliendo sulla base di tutti i dati raccolti sei campioni per la fase successiva. 3) Preparazione di paste geopolimeriche utilizzando quantità di soluzione attivante (silicato di sodio o potassio) tali da raggiungere un rapporto molare SiO2/Al2O3 nella miscela di reazione pari a 3,6 e 4,0; sui prodotti così ottenuti sono state effettuate alcune prove di leaching in acqua. Sulla base risultati ottenuti in questo lavoro di tesi è stato possibile correlare le caratteristiche del caolino di partenza alla reattività nella reazione di geopolimerizzazione. È stato inoltre identificato l’intervallo di calcinazione per massimizzare la suddetta reattività e le condizioni per ridurre la cessione di sali solubili da parte del materiale geopolimerico. Sono stati inoltre evidenziati possibili effetti sinergici, legati alla presenza contemporanea di Na e K.

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Scopo di questa tesi di laurea sperimentale (LM) è stata la produzione di geopolimeri a base metacaolinitica con una porosità controllata. Le principali tematiche affrontate sono state: -la produzione di resine geopolimeriche, studiate per individuare le condizioni ottimali ed ottenere successivamente geopolimeri con un’ultra-macro-porosità indotta; -lo studio dell’effetto della quantità dell’acqua di reazione sulla micro- e meso-porosità intrinseche della struttura geopolimerica; -la realizzazione di schiume geopolimeriche, aggiungendo polvere di Si, e lo studio delle condizioni di foaming in situ; -la preparazione di schiume ceramiche a base di allumina, consolidate per via geopolimerica. Le principali proprietà dei campioni così ottenuti (porosità, area superficiale specifica, grado di geopolimerizzazione, comportamento termico, capacità di scambio ionico sia delle resine geopolimeriche che delle schiume, ecc.) sono state caratterizzate approfonditamente. Le principali evidenze sperimentali riscontrate sono: A)Effetto dell’acqua di reazione: la porosità intrinseca del geopolimero aumenta, sia come quantità che come dimensione, all’aumentare del contenuto di acqua. Un’eccessiva diluizione porta ad una minore formazione di nuclei con l’ottenimento di nano-precipitati di maggior dimensioni. Nelle schiume geopolimeriche, l’acqua gioca un ruolo fondamentale nell’espansione: deve essere presente un equilibrio ottimale tra la pressione esercitata dall’H2 e la resistenza opposta dalla parete del poro in formazione. B)Effetto dell’aggiunta di silicio metallico: un elevato contenuto di silicio influenza negativamente la reazione di geopolimerizzazione, in particolare quando associato a più elevate temperature di consolidamento (80°C), determinando una bassa geopolimerizzazione nei campioni. C)Effetto del grado di geopolimerizzazione e della micro- e macro-struttura: un basso grado di geopolimerizzazione diminuisce l’accessibilità della matrice geopolimerica determinata per scambio ionico e la porosità intrinseca determinata per desorbimento di N2. Il grado di geopolimerizzazione influenza anche le proprietà termiche: durante i test dilatometrici, se il campione non è completamente geopolimerizzato, si ha un’espansione che termina con la sinterizzazione e nell’intervallo tra i 400 e i 600 °C è presente un flesso, attribuibile alla transizione vetrosa del silicato di potassio non reagito. Le prove termiche evidenziano come la massima temperatura di utilizzo delle resine geopolimeriche sia di circa 800 °C.

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Lo scopo del lavoro di tesi, svolto presso gli stabilimenti della Ditan Color Srl di Palazzolo Acreide (SR), è stato quello di realizzare un rivestimento colorato a base acquosa per il settore edile avente uno spessore medio del film essiccato di circa 150 micron, rivestimento definito a “basso spessore”, da applicare con sistemi tradizionali (rullo, spray, pennello) su intonaci “civili”, a base di calce e/o cemento, rasature cementizie e su pitture minerali esistenti. La caratteristica peculiare di questa pittura è la presenza di un sistema sinergico di “leganti” costituito da resine acriliche, silossaniche e da silice colloidale a dimensioni nanometriche. La presenza di PV con leganti acrilici, acril/silossanici, minerali a base di calce aerea o silicato di potassio è una realtà da tempo consolidata. Il mercato offre moltissime soluzioni legate alle caratteristiche delle superfici da trattare, alle esigenze dei clienti o semplicemente alle aree geografiche. Con questo progetto si è valutata la possibilità di includere tra i leganti un nuovo componente, il gel di silice a dimensioni nanometriche (diametro delle particelle < 100 nm) e di monitorare le proprietà del prodotto finito. Le caratteristiche fondamentali per classificare il PV sono: l’adesione della pittura ai supporti, intesa come misurazione dell’aderenza per trazione diretta; la traspirabilità del film essiccato – con conseguente ruolo attivo del PV nello scambio tra ambiente interno ed esterno - intesa come determinazione del grado di trasmissione del vapore acqueo secondo la norma UNI EN ISO 7783; la resistenza all’acqua meteorica - con conseguente protezione dello stato e della salubrità delle murature - intesa come determinazione del grado di trasmissione dell’acqua liquida secondo la UNI EN 1062-3. Lo studio è iniziato con la messa a punto del tipo di sistema disperdente/bagnante e del suo dosaggio, quindi del dosaggio di pigmento TiO2. Successivamente è stato valutato il comportamento di una serie di sistemi leganti contenenti vari tipi di polimeri e l’effetto della presenza di silice colloidale. Infine, sulle formulazioni ottimizzate, sono state condotte prove di adesione al supporto, traspirabilità e resistenza all’acqua meteorica.

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El control de calidad en pinturas, barnices y recubrimientos afines está relacionado con su composición, formulación y caracterización. Al hablar de recubrimientos nos referimos a pinturas, temple, barnices, esmaltes, lacas, imprimaciones, e incluso recubrimientos electrolíticos. Se puede definir una pintura líquida como una mezcla heterogénea de componentes que una vez aplicada y seca se transforma en una película continua de espesor más o menos uniforme, sin pegajosidad al tacto y con las características o aptitud al uso con la que ha sido diseñada. Los componentes de la pintura varían en gran manera en función del tipo de acabado que se requiera y de las condiciones de aplicación y secado. El proceso de fabricación de pinturas es totalmente físico y se efectúa en cuatro fases: dispersión, molido, dilución y ajuste de viscosidad. Hay distintos tipos de pinturas al agua: temple, pintura al cemento, pintura a la cal, pintura al silicato y pintura plástica. El desarrollo y aplicación cada vez mayor de las pinturas hidrosolubles en todos los sectores permite reducir la emisión de grandes cantidades de disolventes orgánicos a la atmósfera y reduce en gran medida los riesgos de incendio. Por su utilización hay tres tipos de productos hidrosolubles: pinturas plásticas para decoración (emulsiones y dispersiones), pinturas electroforéticas (anaforesis y cataforesis) y pinturas hidrosolubles industriales (resinas en solución y en dispersión). Entre otros componentes formadores de la película se destaca el papel de los aceites y los pigmentos en sus distintas tipologías. En función del ratio pigmento/ resina en peso las pinturas se clasifican en acabados, imprimaciones, aparejos y masillas. Se desarrolla el procedimiento operativo para fabricar pintura al agua y distintos procedimientos matemáticos para calcular composiciones adecuadas de base de la molienda. A continuación se exponen distintos ensayos de control de calidad en pintura referidos a distintos aspectos: contenido de producto, estado de conservación en el envase y estabilidad al almacenaje, determinación de la densidad, porcentaje de sólidos, poder cubriente y rendimiento superficial específico; de los ensayos en pintura húmeda se destaca, entre otros aspectos la medida del índice de nivelación y la tendencia al descuelgue; de los ensayos en pintura aplicada y seca, se determina la resistencia al frote en húmedo; también se hace referencia a la viscosidad y la tensión superficial y su influencia en las pinturas, así como algunas cuestiones sobre el diseño de pinturas y afines, y a defectos en las pinturas, sus causas y posibles soluciones. Para terminar, se desarrollan algunos aspectos medioambientales relacionados con las pinturas y sus componentes.

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O uso da irrigação em cafeeiro é uma tecnologia que vem se consolidando e mostrando-se economicamente viável ao longo dos tempos, trazendo junto com ela a técnica da fertirrigação. Desta forma, o presente estudo teve como objetivo avaliar a influência de formas de aplicação e fontes de fertilizantes sobre a condutividade elétrica e pH da solução do solo, bem como no desenvolvimento e produção do café conilon irrigado por gotejamento. O trabalho foi desenvolvido em São Gabriel da Palha, Espírito Santo, utilizando o clone 12V da variedade INCAPER 8142. O experimento foi delineado em blocos ao acaso (DBC) com seis tratamentos e quatro blocos. Os tratamentos adotados foram: T1 - Controle - adubação nitrogenada e potássica aplicada via solo nas fontes ureia e cloreto de potássio; T2 - Adubação nitrogenada e potássica aplicada via solo nas fontes ureia e cloreto de potássio de liberação controlada; T3 - Adubação nitrogenada e potássica aplicada via fertirrigação nas fontes ureia e cloreto de potássio; T4 - Adubação nitrogenada e potássica aplicada via fertirrigação nas fontes nitrato de amônio e sulfato de potássio; T5 - Adubação nitrogenada e potássica aplicada via fertirrigação nas fontes nitrato de amônio e nitrato de potássio; T6 - Adubação nitrogenada e potássica aplicada via solo nas fontes ureia e cloreto de potássio de liberação controlada no período de outubro a março (período chuvoso) e adubação nitrogenada e potássica aplicada via fertirrigação, nas fontes nitrato de amônio e sulfato de potássio no período de abril a setembro (período seco). Foi monitorado o pH e condutividade elétrica da solução do solo, avaliações biométricas das plantas tais como altura, comprimento do primeiro ramo plagiotrópico e número de nós no primeiro ramo plagiotrópico, além da produção por planta e estimativa de produtividade. Os tratamentos T1 e T3 que utilizaram ureia e cloreto de potássio e o T4 - nitrato de amônio e sulfato de potássio disponibilizaram maiores quantidade de nitrogênio na forma amoniacal, causando maior acidificação do bulbo. Em contrapartida os tratamentos T2, T5 e T6 apresentaram menor acidificação, com diferença estatística significativa na variação do pH nas duas profundidades analisadas a partir de 18 meses da aplicação dos tratamentos. Nos tratamentos T2 e T6 observou-se menor salinidade inicial na avaliação aos 90 dias após o plantio através da leitura da condutividade elétrica da solução do solo. Para as avaliações biométricas, os tratamentos T2, T4, T5 e T6 diferiram estatisticamente dos tratamentos T1 e T3, influenciando positivamente à altura de plantas, comprimento e número de nós no primeiro ramo plagiotrópico.

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Objetivou-se com este trabalho avaliar o potencial agrícola do lodo de esgoto produzido no estado de São Paulo, bem como, verificar a possibilidade de interação entre a composição química e a abundância relativa de bactérias no lodo. Foram realizadas coletas de amostra de lodo de esgoto em 19 estações de tratamento de esgoto, em três épocas distintas. Nas amostras provenientes das três épocas foram determinados as concentrações dos 16 hidrocarbonetos policíclicos aromáticos (HPAs) listados como prioritários no monitoramento ambiental pela USEPA (acenafteno, acenaftileno, antraceno, benzo(a)antraceno, benzo(a)pireno, benzo(b)fluoranteno, benzo(ghi)perileno, benzo(k)fluoranteno, criseno, dibenzo(a,h)antraceno, fenantreno, fluoranteno, fluoreno, indeno(1,2,3-cd)pireno, naftaleno e pireno). Nas amostras da segunda época de coleta, além da presença de HPAs, determinou-se as concentrações de poluentes orgânicos emergentes (hormônios, produtos farmacêuticos e produtos de uso industrial), realizou-se a caracterização completa segundo a Resolução CONAMA 375/2006 (umidade, pH, N-Kjeldahl e inorgânico, carbono orgânico, cálcio, potássio, fósforo, magnésio, enxofre, boro, cobre, ferro, níquel, manganês, molibdênio, selênio, zinco, alumínio, arsênio, bário, cádmio, cromo, chumbo, mercúrio e sódio) e a caracterização da comunidade bacteriana através de metodologia independente de cultivo (sequenciamento illumina). Os macronutrientes em maiores concentrações no lodo de esgoto são: N > Ca > S > P > Mg > K. Os elementos inorgânicos Ni e Zn apresentaram concentração superior à máxima permitida para utilização agrícola pela resolução Conama 375/2006 em 1 e 3 amostras, respectivamente. A substância inorgânica que mais limita o enquadramento do lodo de esgoto como adubo orgânico (Instrução Normativa 27/2006) é o Hg. Os compostos benzilparabeno, bisfenol AF (BPAF), ácido perfluorooctanoico (PFOA) e tetrabromobisfenol A (TBBPA) não foram detectados. Por outro lado, cimetidina, metilparabeno, bisfenol A (BPA) e triclocarban foram detectados nas 19 amostras avaliadas. O composto presente em maior concentração é o triclocarban. As concentrações de hidrocarbonetos policíclicos aromáticos são baixas, de acordo com a norma Europeia. Os filos Proteobacteria e Bacteroidetes estão presentes em maior abundância relativa. Existe uma comunidade bacteriana núcleo nas estações de tratamento de esgoto do estado de São Paulo, composta por 81 gêneros, presentes nas 19 ETEs avaliadas, dos quais, os que estão em maior abundância relativa são Treponema, Clostridium, Propionibacterium, Syntrophus e Desulfobulbus. A elevação do pH a valores próximos de 12 reduz a diversidade microbiana. Considerando a abundância relativa e a composição química do lodo de esgoto, as estações podem ser agrupadas em três grupos distintos, sendo que um deles é influenciado principalmente pelos teores de Ca, Zn e Cu, o outro pelos teores de Fe e S e o terceiro grupo que foi influenciado pelos demais fatores avaliados.

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As águas residuárias provenientes da indústria do charque são conhecidas por apresentarem elevado teor de cloreto de sódio, aliado a grandes concentrações de matéria orgânica proveniente do sangue liberado ao longo do processo industrial. Esse tipo de água residuária apresenta potencial para degradação biológica, contudo, o cloreto de sódio, em concentração elevada, pode inibir a atividade dos microrganismos e, em alguns casos, levar sistemas biológicos à falência. No presente trabalho, foi avaliada a viabilidade de degradação anaeróbia de efluente sintético de Charqueada contendo elevado teor de cloreto de sódio, em reator anaeróbio tipo UASB (Upflow Anaerobic Sludge Blanket), em escala de laboratório. Foram utilizados 4 reatores, alimentados com água residuária sintética com características similares à água residuária de Charqueada. O reator 1 foi utilizado como controle, o reator 2 recebeu NaCl e os demais (3 e 4) foram operados na presença de NaCl acrescidos de: betaína e potássio com cálcio, respectivamente. Os compostos citados são conhecidos como antagonizantes, por possuirem capacidade de minimizar o efeito inibitório do sódio sobre o processo de digestão anaeróbia. Os reatores foram inoculados com lodo de reator UASB e submetidos à concentração de 5000 mg/L de matéria orgânica, como DQO. A carga orgânica aplicada foi de 5 Kg/m3.d e os reatores não suportaram tal carga. Reiniciou-se a operação com aumento progressivo da DQO de 500 a 2000 mg/L resultando em cargas orgânicas de 0,5 a 2,0 Kg/m3.d, respectivamente. Após estabilização dos reatores, iniciou-se a fase de introdução de cloreto de sódio (1.500 a 13.500 mg/L) e antagonizantes com aumento progressivo a cada fase. Na presença ou ausência de antagonizantes, os reatores 2, 3 e 4 não tiveram o desempenho alterado até a concentração de NaCl de 6000 mg/L. Na presença de 9000 mg/L de NaCl, a betaína se mostrou pouco efetiva como soluto compatível no reator 3 e os antagonizantes do reator 4, potássio e cálcio, apresentaram efeitos estimulatórios. As morfologias encontradas ao longo do experimento foram cocos, víbrios, bacilos, sarcinas, além de morfologias semelhantes a Methanosarcina sp. e Methanosaeta sp. O aumento da concentração de cloreto de sódio provocou a redição da população de Arqueas.

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Processos de fotodegradação de compostos orgânicos tóxicos têm sido bastante estudados. Este trabalho trata da aplicação do processo foto-Fenton para a degradação de atrazina em água (composto modelo). O efeito das concentrações dos seguintes compostos foi avaliado: peróxido de hidrogênio (2 a 6 mmol L-1) e ferrioxalato de potássio (0,2 a 1 mmol L-1). Os experimentos foram realizados em um reator com lâmpada UV - 8W (254nm). O processo de fotodegradação foi monitorado por medidas de espectrofotometria de absorção molecular automatizada por injeção seqüencial (SIA) para determinação de peróxido de hidrogênio e por cromatografia a líquido de alta eficiência (CLAE) para determinação de atrazina e metabólitos. Os experimentos demonstram que o processo de foto-Fenton é viável para o tratamento de atrazina em água.

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A saliva é um fluido biológico com importante papel nos fenômenos que ocorrem na cavidade bucal. O efeito da sua composição sobre as perdas de estruturas dentais de origem não cariosa, como o desgaste dental, tem sido estudado. No entanto, há conflitos nos resultados apresentados por esses estudos, mostrando uma dificuldade em identificar os fatores salivares que possam proteger ou intensificar a evolução do processo. Assim, o presente estudo se propôs a analisar as características clínicas, comportamentais e de alguns parâmetros salivares em dois grupos experimentais: pacientes que apresentam lesões cervicais não cariosas (LCNCs) (n=20) e um grupo controle (n=20). Foram coletados dados clínicos e comportamentais através de um exame clínico e de uma entrevista, a seguir amostras de saliva estimulada e não-estimulada foram coletadas e analisados: pH, capacidade tampão, fluxo salivar, concentração de proteínas totais, atividade da amilase salivar, concentração de ureia salivar e a concentração dos íons sódio, fósforo, potássio, magnésio e cálcio. A capacidade tampão foi medida pela titulação da saliva com uma solução de HCL 0,01N; o fluxo salivar se deu pela relação entre o volume de saliva e o tempo de coleta (ml/min); as concentrações de proteínas totais, ureia e a atividade da amilase foram determinadas por método colorimétrico; as concentrações dos íons cálcio, fósforo, magnésio, potássio e sódio foram determinadas por espectrometria de emissão óptica com plasma acoplado indutivamente (ICP-OES). Os resultados foram submetidos aos testes Qui-quadrado, teste t e Mann-Whitney (p<0,05). As características relacionadas aos hábitos de higiene dental, dieta ácida, hábitos parafuncionais, presença de distúrbios gástricos, secura bucal e prévio tratamento periodontal, não mostraram relação com a presença de lesões cervicais não cariosas. Os pacientes portadores de LCNCs se queixaram mais de sensibilidade dental (p=0,0014). Foi observado um maior número de lesões cervicais de pequena profundidade (79%), em formato de cunha (72%), apresentando hipersensibilidade dentinária (HD) (86%), localizados nos dentes posteriores (88,18%) e na maxila (66,14%), sendo os pré-molares os dentes mais afetados (56,69%). Os níveis de cálcio na saliva não-estimulada do grupo de pacientes com LCNCs foi significativamente maior em relação ao controle (p=0,041). A concentração de potássio na saliva estimulada foi significativamente maior no grupo controle (p=0,028). As variáveis fluxo salivar, pH, capacidade tampão, concentração de proteínas totais, ureia, amilase, sódio, magnésio e fósforo não mostraram diferenças estatisticamente significativas entre os dois grupos. Conclui-se que os fatores comportamentais não interferiram no aparecimento das lesões cervicais não cariosas. As LCNCs são pouco profundas, em formato de cunha, acometem mais dentes superiores e pré-molares e são acompanhadas de HD. As concentrações de cálcio e potássio podem interferir na formação das LCNCs.

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O processo de beneficiamento do zinco, extraído em Vazante pela Companhia Mineira de Metais - CMM produz um rejeito alcalino e com baixa disponibilidade de nutrientes. Esta dissertação tem como objetivo avaliar o potencial de utilização de espécies leguminosas noduladas e micorrizadas na revegetação de barragem de rejeito da CMM. Neste sentido, foram instalados dois experimentos de campo onde foi realizado o plantio prévio de Brachiaria sp. O primeiro experimento foi composto por 36 tratamentos que foram formados por uma combinação de 17 espécies + 1 testemunha (ausência de plantas) na presença e na ausência de esterco de curral (2,0 L) na cova de plantio. Cada unidade experimental foi formada por 20 exemplares da mesma espécie que foram plantadas em covas abertas manualmente (25 x 25 x 25 cm) num espaçamento de 2 x 2 m. Todas as covas receberam a adubação básica formada por 125 g de superfosfato simples e 60 g de cloreto de potássio. Entre as 17 espécies avaliadas, 3 não pertencem a família Leguminosae e receberam, além da adubação básica, cerca de 25 g de sulfato de amônio por cobertura. O segundo experimento foi montado com o objetivo de avaliar o potencial de espécies leguminosas beneficiarem o estabelecimento e crescimento de espécies não leguminosas na revegetação de barragem de rejeito da CMM. Foram utilizadas três espécies leguminosas (Enterolobium scomburkii, Acacia mangium e Acacia holosericea) e três não leguminosas (Lithraea brasiliensis, Cinnamomum glaziovii e Eugenia jambolana) num esquema fatorial (3 x 3) + 1 testemunha, formando dez tratamentos distribuídos em blocos ao acaso com três repetições. Cada parcela foi formada por 20 plantas (10 leguminosas + 10 não leguminosas) plantadas em espaçamento 2 x 2 m e com a mesma adubação básica utilizada no primeiro experimento. Todas as espécies leguminosas utilizadas foram previamente inoculadas com estirpes selecionadas de bactérias fixadoras de Nitrogênio atmosférico e com uma mistura de fungos micorrízicos provenientes da Embrapa/Agrobiologia. Os experimentos foram avaliados quanto ao estabelecimento e crescimento de plantas (altura e diâmetro do colo) aos 4, 12 e 24 meses após o plantio. Os resultados obtidos permitem concluir que dentre as espécies avaliadas, as mais indicadas para a primeira etapa da revegetação da barragem de rejeito da CMM são: Acacia holosericea, Acacia farnesiana, Acacia auriculiformis, Mimosa caesalpiniifolia, Leucaena leucocephala, Mimosa birmucronata, Enterolobium schomburkii e Prosopis juliflora. O sucesso do consórcio de espécies leguminosas e não leguminosas depende da escolha das espécies a serem combinadas, de maneira que não exista uma efetiva competição por água, nutrientes e luz que possa prejudicar as espécies de menor plasticidade. Das combinações avaliadas, as de maiores potencialidades para o programa de revegetação das barragens de rejeito da CMM são aquelas envolvendo a espécieLithraea brasiliensis.

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A área de Potiraguá, no sul do Estado da Bahia, é constituída geologicamente por rochas metamórficas pré-cambrianas de pelo menos três idades diferentes. Os granulitos da parte oriental, representados localmente por associações ácidas e intermediárias (enderbitos), são orientados segundo N-NE, com fortes mergulhos para W. Essas rochas têm idades superiores a 2,5 bilhões de anos. Aos granulitos parecem associados migmatitos e gnaisses que ocorrem em torno de Potiraguá. Na parte ocidental, quartzitos, quartzo-muscovita-xistos e gnaisses cataclásticos formam uma seqüência mais nova, que foi correlacionada às rochas do embasamento sul do Grupo Rio Pardo, datadas do Pré-Cambriano Superior. Ao sul da área, rochas carbonáticas fracamente metamórficas foram assumidas do Grupo Rio Pardo, cujo metamorfismo ocorreu a 470 milhões de anos. Anortositos formam um maciço alongado de direção N-S, encaixado em rochas granulíticas. São compostos principalmente de andesina-labradorita, augita, hiperstênio e olivina, apresentando todas as características dos anortositos que formam intrusões independentes em terrenos pré-cambrianos de diversas partes do mundo. Não foram encontradas evidências que pudessem relacionar os anortositos às rochas da série charnoquítica (granulitos). Três maciços alcalinos foram delimitados, alinhando-se na direção N-NW. A idade das rochas alcalinas de Potiraguá foi determinada, sendo da ordem de 765 milhões de anos, bastante mais antiga em relação as outras províncias alcalinas brasileiras. Petrograficamente, foram determinadas rochas da família dos nefelina-sienitos, com tipos de transição para os litchfielditos. Em muitos casos, sodalita substitui completamente a nefelina, formando os sodalita-sienitos. Pertita constituída de microclina e albita, nefelina, cancrinita, biotita, anfibólio e sodalita são os minerais mais difundidos nas rochas da área, enquanto esfeno é, sem dúvida, o mais importante dos minerais acessórios. As determinações químicas mostraram que são rochas pobres em sílica, cálcio e magnésio e ricas em sódio e potássio, tendo um caráter atlântico forte. Alguns diagramas de variação apontaram resultados em grande parte concordantes com uma origem a partir da cristalização de um magma basáltico, não existindo, entretanto, qualquer outra prova de que este tenha sido o processo genético envolvido. Sienitos e quartzo-sienitos ocorrem próximos às rochas alcalinas, havendo notável concordância estrutural entre os quartzo-sienitos da Serra das Araras e os nefelina-sienitos, tendo sido sugerido um relacionamento genético.