999 resultados para temperatura cloacal
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
Resumo:
Salmonella sp. é um dos principais microrganismos causadores de surtos de enfermidades transmitidas por alimentos associados ao consumo de ovos e de alimentos formulados com este ingrediente. Ovos desidratados são largamente utilizados pelas indústrias de alimentos, por oferecer maior praticidade e maior padronização em relação ao produto \"in natura\". Apesar do processo tecnológico de desidratação do ovo incluir uma etapa de pasteurização, existe um risco de haver microrganismos sobreviventes, já que a pasteurização é feita em temperatura branda. Além disso, a pasteurização pode destruir os fatores intrínsecos antimicrobianos presentes na clara, possibilitando a multiplicação de microrganismos que sobreviveram ao processo de pasteurização ou que contaminaram o produto após a pasteurização. O controle da Aa do produto desidratado e o tempo de armazenamento são, portanto, fatores fundamentais para o controle da multiplicação de microrganismos indesejáveis. Nesse estudo, avaliou-se a cinética de multiplicação de Salmonella experimentalmente adicionada a ovo em pó Aa ajustada para 0,4, 0,6, 0,8 e 0,9, durante o armazenamento em quatro temperaturas: 8°C, 15°C, 25°C e 35°C. Os resultados indicaram que S. Enteritidis é capaz de sobreviver por longo tempo (pelo menos 56 dias) em ovo em pó com Aa próximo de 0,4 quando armazenado a 8°C, 15° e a 25°C. Essa sobrevivência é menor (até 28 dias) quando o armazenamento é feito a 35°C. No ovo em pó com Aa em tomo de 0,6 ou 0,8, S. Enteritidis sobrevive por menos tempo do que no produto com Aa de cerca de 0,4, independentemente da temperatura de armazenamento. No produto com Aa de cerca de 0,9, há grande multiplicação de S. Enteritidis quando o armazenamento é feito a 15°C, 25°C ou 35°C. Nesse produto, o armazenamento a 8°C impede a multiplicação do patógeno. Verificou-se também que Salmonella Radar, resistente a diversos antibióticos, apresentou o mesmo comportamento que S. Enteritidis nas amostras de ovo estudadas.
Resumo:
Na primeira parte do trabalho, foram investigados materiais ativos para eletro-oxidar etanol e acetaldeído seletivos para a rota C2 (Carbono 2) e, também, ativos para eletro-oxidar hidrogênio molecular, visando a aplicação em células a combustível de hidrogênio indireto. Neste tipo de célula, um processador de combustível externo desidrogena o etanol e os produtos desta reação, contendo H2, acetaldeído e, possivelmente, etanol residual, são direcionados para alimentar o ânodo. Neste sentido, o eletrocatalisador anódico pode ser ativo para a eletro-oxidação de etanol residual, bem como acetaldeído, mas este deve catalisar a reação via C2 com o objetivo de evitar a formação de espécies que envenenam a superfície catalítica (CO ou CHx), ou seja, a ligação C-C deve permanecer intacta. Os eletrocatalisadores bimetálicos foram formados por M/Pt/C (onde M = W, Ru ou Sn) e os produtos reacionais foram analisados por DEMS On-line. Os resultados mostraram que Ru/Pt/C e Sn/Pt/C apresentaram maiores taxas de reação global, no entanto, eles não foram seletivos. Por outro lado, W2/Pt3/C foi mais seletivo para a rota C2, dada a não formação de CH4 e CO2. Além disso, este material também foi ativo e estável para a eletro-oxidação de H2, mesmo na presença de acetaldeído, o que o torna um potencial catalisador para aplicação no ânodo de células a combustível de hidrogênio indireto. Na segunda parte do trabalho, o objetivo foi relacionado com o estudo de eletrocatalisadores seletivos para a rota C1 (Carbono 1). A oxidação eletroquímica do etanol e de seus produtos reacionais foram investigados por DEMS on-line em temperatura ambiente e intermediária (245oC). Para temperatura ambiente, utilizou-se solução aquosa de ácido sulfúrico (H2SO4) e, para temperatura intermediária, utilizou-se ácido sólido (CsH2PO4) como eletrólito. Os eletrocatalisadores investigados foram formados por SnOxRuOx-Pt/C e Pt/C. Em temperatura ambiente, os resultados de polarização potenciodinâmica mostraram uma maior atividade eletrocatalítica para o material SnOxRuOx-Pt/C, com eficiência de corrente para formação de CO2 de 15,6% contra 15,2% para Pt/C, sob condições estagnantes, sem controle por transporte de massa. O stripping de resíduos reacionais, após a eletro-oxidação de etanol bulk, sob condições de fluxo, mostraram o acúmulo de espécies com 1 átomo de carbono (CO e CHx) que causam o bloqueio dos sítios ativos e são oxidadas eletroquimicamente somente em mais altos potenciais (ca. 1,0 V). Por outro lado, as curvas de polarização a 245oC mostraram maiores valores de eficiências de correntes para formação de CO2 (45% para Pt/C em ambos potenciais 0,5 V e 0,8 V contra 36% e 50% para SnOxRuOx-Pt/C em 0,5 V e 0,8 V respectivamente) quando comparado com os valores obtidos em temperatura ambiente, mas com atividades similares para SnOxRuOx-Pt/C e Pt/C. Para ambos os eletrocatalisadores, os estudos de espectrometria de massas a 245oC evidenciaram que as rotas eletroquímicas ocorrem em paralelo com rotas puramente químicas, envolvendo catálise heterogênea, de decomposição do etanol, produzindo H2 e CO2 como produtos majoritários.
Resumo:
O transformador de potência é um importante equipamento utilizado no sistema elétrico de potência, responsável por transmitir energia elétrica ou potência elétrica de um circuito a outro e transformar tensões e correntes de um circuito elétrico. O transformador de potência tem ampla aplicação, podendo ser utilizado em subestações de usinas de geração, transmissão e distribuição. Neste sentido, mudanças recentes ocorridas no sistema elétrico brasileiro, causadas principalmente pelo aumento considerável de carga e pelo desenvolvimento tecnológico tem proporcionado a fabricação de um transformador com a aplicação de alta tecnologia, aumentando a confiabilidade deste equipamento e, em paralelo, a redução do seu custo global. Tradicionalmente, os transformadores são fabricados com um sistema de isolação que associa isolantes sólidos e celulose, ambos, imersos em óleo mineral isolante, constituição esta que define um limite à temperatura operacional contínua. No entanto, ao se substituir este sistema de isolação formado por papel celulose e óleo mineral isolante por um sistema de isolação semi- híbrida - aplicação de papel NOMEX e óleo vegetal isolante, a capacidade de carga do transformador pode ser aumentada por suportar maiores temperaturas. Desta forma, o envelhecimento do sistema de isolação poderá ser em longo prazo, significativamente reduzido. Esta técnica de aumentar os limites térmicos do transformador pode eliminar, essencialmente, as restrições térmicas associadas à isolação celulósica, provendo uma solução econômica para aperfeiçoar o uso de transformadores de potência, aumentando a sua confiabilidade operacional. Adicionalmente, à aplicação de sensores de fibra óptica, em substituição aos sensores de imagem térmica no monitoramento das temperaturas internas do transformador, se apresentam como importante opção na definição do equacionamento do comportamento do transformador sob o ponto de vista térmico.
Resumo:
A remoção da vegetação para dar lugar a edificações e superfícies pavimentadas implica na anulação de diversos serviços ambientais. Entre eles está o sombreamento, que impede a aquecimento do ar derivado da re-emissão da radiação solar pelas superfícies. O ar quente e seco contribui para o aumento da sensação de desconforto e favorece a incidência de doenças respiratórias. O objetivo deste trabalho foi analisar valores de temperatura e umidade do ar, comparando-se dados coletados por estações meteorológicas automáticas instaladas em regiões arborizadas e áridas da cidade, durante a ocorrência de episódios representativos do clima da região. Os procedimentos metodológicos, baseados na Climatologia Dinâmica, consistiram em relacionar a sucessão de tipos de tempo meteorológico de escala regional às diferenças observadas entre os pontos de estudo, provocadas por fenômenos provenientes das atividades humanas. Isto permitiu a clara identificação de variações climáticas críticas para o conforto e a saúde humanos, tais como grandes amplitudes térmicas e baixos valores de umidade do ar. Os resultados mostraram amplitudes térmicas menores nas áreas arborizadas (em média 3ºC) e, em alguns casos, umidade do ar mais elevada em comparação aos valores observados nas partes áridas estudadas. Estas verificações reforçam a afirmação da necessidade de ampliação das áreas verdes de São Carlos, que contribuem na atenuação as condições climáticas de desconforto e insalubridade. Em conseqüência, aumentam a qualidade de vida da população e as condições de sustentabilidade do ambiente urbano. Tal afirmação vem ao encontro da legislação ambiental brasileira e dos anseios da população são-carlense. Espera-se que as constatações deste trabalho sejam um elemento adicional na adoção de políticas públicas mais comprometidas com a saúde humana e ambiental.
Resumo:
O desenvolvimento dos aços inoxidáveis Super-Martensíticos (SM) nasce da necessidade de implementar novas tecnologias, mais econômicas e amigáveis ao meio ambiente. Os aços inoxidáveis SM são uma derivação dos aços inoxidáveis martensíticos convencionais, diferenciando-se basicamente no menor teor de carbono, na adição de Ni e Mo. Foram desenvolvidos como uma alternativa para aços inoxidáveis duplex no uso de dutos para a extração de petróleo offshore em meados dos anos 90. Para que esses aços apresentem as propriedades mecânicas de resistência à tração e tenacidade é necessário que sejam realizados tratamentos de austenitização, seguido de têmpera, e de revenimento, onde, particularmente para este último, há várias opções de tempos e temperaturas. Como os tratamentos térmicos geram as propriedades mecânicas através de transformações de fase (precipitação) podem ocorrer alterações da resistência à corrosão. São conhecidos os efeitos benéficos da adição de Nb em aços inoxidáveis tradicionais. Por isso, o objetivo desta pesquisa foi estudar aços inoxidáveis SM contendo Nb. Foi pesquisada a influência da temperatura de revenimento sobre a resistência à corrosão de três aços inoxidáveis SM, os quais contêm 13% Cr, 5% Ni, 1% a 2% Mo, com e sem adições de Nb. No presente trabalho, foram denominados de SM2MoNb, SM2Mo e SM1MoNb, que representam aços com 2% Mo, 1% Mo e 0,11% Nb. Dado que os principais tipos de corrosão para aços inoxidáveis são a corrosão por pite (por cloreto) e a corrosão intergranular (sensitização), optou-se por determinar os Potenciais de Pite (Ep) e os Graus de Sensitização (GS) em função da temperatura de revenimento. Os aços passaram por recozimento a 1050°C por 48 horas, para eliminação de fase ferrita delta. Em seguida foram tratados a 1050 °C por 30 minutos, com resfriamento ao ar, para uniformização do tamanho de grão. A estrutura martensítica obtida recebeu tratamentos de revenimento em temperaturas de: 550 °C, 575 °C, 600 °C, 625 °C, 650 °C e 700 °C, por 2 horas. O GS foi medido através da técnica de reativação eletroquímica potenciodinâmica na versão ciclo duplo (DL-EPR), utilizando-se eletrólito de 1M H2SO4 + 0,01M KSCN. Para determinar o Ep foram realizados ensaios de polarização potenciodinâmica em 0,6M NaCl. Os resultados obtidos foram discutidos através das variações microestruturais encontradas. Foram empregadas técnicas de microscopia ótica (MO), microscopia eletrônica de varredura (MEV), simulação termodinâmica de fases através do programa Thermo-Calc e determinação de austenita revertida mediante difração de raios X (DRX) e ferritoscópio. A quantificação da austenita por DRX identificou que a partir de 600 °C há formação desta fase, apresentando máximo em 650 °C, e novamente diminuindo para zero a 700 °C. Por sua vez, o método do ferritoscópio detectou austenita nas condições em que a analise de DRX indicou valor nulo, sendo as mais críticas a do material temperado (sem revenimento) e do aço revenido a 700 °C. Propõe-se que tais diferenças entre os dois métodos se deve à morfologia fina da austenia retida, a qual deve estar localizada entre as agulhas de martensita. Os resultados foram discutidos em termos da precipitação de Cr23C6, Mo6C, NbC, fase Chi, austenita e ferrita, bem como das consequências do empobrecimento em Cr e Mo, gerados por tais microconstituintes. São propostos três mecanismos para explicar a sensitização: o primeiro é devido a precipitação de Cr23C6, o segundo a precipitação de fase Chi (rica em Cr e Mo) e o terceiro é devido a formação de ferrita durante o revenimento. O melhor desempenho quanto ao GS foi obtido para os revenimentos a 575 °C e 600°C, por 2 horas. Os resultados de Ep indicaram que o aço SM2MoNb, revenido a 575°C, tem o melhor desempenho quanto à resistência à corrosão por cloreto. Isso associado ao baixo GS coloca este aço, com este tratamento térmico, numa posição de destaque para aplicações onde a resistência à corrosão é um critério de seleção de material, uma vez que, segundo a literatura a temperatura de 575 °C está no intervalo de temperaturas de revenimento onde são obtidas as melhores propriedades mecânicas.
Resumo:
Amostras de um aço inoxidável martensítico AISI 410 temperado e revenido foram nitretadas a plasma em baixa temperatura usando o tratamento de nitretação plasma DC e a nitretação a plasma com tela ativa. Ambos os tratamentos foram realizados a 400 °C, utilizando mistura gasosa de 75 % de nitrogênio e 25 % de hidrogênio durante 20 horas e 400 Pa de pressão. As amostras de aço AISI 410 temperado e revenido foram caracterizadas antes e depois dos tratamentos termoquímicos, usando as técnicas de microscopia óptica, microscopia eletrônica de varredura, medidas de microdureza, difração de raios X e medidas de teor de nitrogênio em função da distância à superfície por espectrometria WDSX de raios X. A resistência à erosão por cavitação do aço AISI 410 nitretado DC e com tela ativa foi avaliada segundo a norma ASTM G32 (1998). Os ensaios de erosão, de erosão - corrosão e de esclerometria linear instrumentada segundo norma ASTM C1624 (2005) somente foram realizados no aço AISI 410 nitretado com tela ativa. Ensaios de nanoindentação instrumentada forma utilizados para medir a dureza (H) e o módulo de elasticidade reduzido (E*) e calcular as relações H/E* e H3/E*2 e a recuperação elástica (We), utilizando o método proposto por Oliver e Pharr. Ambos os tratamentos produziram camadas nitretadas de espessura homogênea constituídas por martensita expandida supersaturada em nitrogênio e nitretos de ferro com durezas superiores a 1200 HV, porém, a nitretação DC produziu maior quantidade de nitretos de ferro do que o tratamento de tela ativa. Os resultados de erosão por cavitação do aço nitretado DC mostraram que a precipitação de nitretos de ferro é prejudicial para a resistência à cavitação já que reduziu drasticamente o período de incubação e aumentou a taxa de perda de massa nos estágios iniciais do ensaio; entretanto, depois da remoção desses nitretos de ferro, a camada nitretada formada somente por martensita expandida resistiu bem ao dano por cavitação. Já no caso do aço nitretado com tela ativa, a resistência à erosão por cavitação aumentou 27 vezes quando comparada com o aço AISI 410 sem nitretar, fato atribuído à pequena fração volumétrica e ao menor tamanho dos nitretos de ferro presente na camada nitretada, às maiores relações H/E* e H3/E*2 e à alta recuperação elástica da martensita expandida. A remoção de massa ocorreu, principalmente, pela formação de crateras e de destacamento de material da superfície dos grãos por fratura frágil sem evidente deformação plástica. As perdas de massa acumulada mostradas pelo aço nitretado foram menores do que aquelas do aço AISI 410 nos ensaios de erosão e de erosão corrosão. O aço nitretado apresentou uma diminuição nas taxas de desgaste em ambos os ensaios de aproximadamente 50 % quando comparadas com o aço AISI 410. O mecanismo de remoção de material foi predominantemente dúctil, mesmo com o grande aumento na dureza. Os resultados de esclerometria linear instrumentada mostraram que a formação de martensita expandida possibilitou uma diminuição considerável do coeficiente de atrito em relação ao observado no caso do aço AISI 410 sem nitretar. O valor de carga crítica de falha foi de 14 N. O mecanismo de falha operante no aço nitretado foi trincamento por tensão.