1000 resultados para Castellammare di Stabia (Italie)


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Cette thèse de doctorat a comme sujet la poésie dialectale contemporaine du Nord de l'Italie. Il s'agit d'une étude métrique de poésies écrites dans divers dialectes sélectionnés sur la base d'un système linguistique unitaire tel que le galloitalico que l'on trouve au Piémont, en Lombardie, en Ligurie et en Emilie-Romagne. Plus précisément, le corpus soumis à examen prend en considération les formes poétiques qui, au cours de la deuxième moitié du XXème siècle, confèrent au vers libre une certaine régularité comme les structures « simples » presque archétypiques des quatrains, des huitains et de toutes les formes métriques qui optent pour une strophe unique avec un nombre de vers multiple de quatre. Ces dernières sont particulièrement intéressantes car elles peuvent cacher une structure en quatrain souvent dévoilée par la disposition des rimes, de la syntaxe et parfois également du rythme. Ces choix qui pourraient sembler arbitraires sont en réalité liés aux tentatives des poètes de reprendre des formes de la tradition pour les innover ou simplement pour les reproposer avec ou sans modification. Les liens avec la tradition et la notion de libertà nella chiusura ont été étudiés en fonction des composantes fondamentales de l'organisme métrique, c'est-à-dire la forme, les rimes, la syllabation et le rythme. Pour citer Raboni, il s'agit de comprendre la manière dont "la dissonanza può essere usata per «salvare» l'ipotesi tonale" et la manière dont "la trasgressione metrica finisce col prolungare la vita della regola alla quale, derivandone, si oppone" (Giovanni RABONI, L'opera poetica, a cura di Rodolfo Zucco, Milano, Mondadori, i Meridiani, 2006, p.403). L'objectif de cette recherche est donc d'explorer et d'expliquer l'ambiguïté métrique de la poésie dialectale du XXème siècle tout en se référant à un article fondamental pour ce genre d'étude écrit par Pier Vincenzo Mengaldo et intitulé Questioni metriche novecentesche. L'ambition de cette thèse ne se limite pas à prolonger une réflexion encore à ses débuts dans le cas de la poésie régionale contemporaine, mais elle réalise également un panorama essentiel, bien que sommaire, qui met au premier plan les aspects innovateurs, et parfois conservateurs de la poésie dialectale contemporaine de certaines régions du Nord de l'Italie.

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La tesi propone l'edizione critica dele traduzioni del Bellum Catilinae e del Bellum Iugurthinum di Sallustio eseguite dall'umanista ferrarese Ludovico Carbone intorno agli anni '70 del Quattrocento. I testi sono accompagnati dagli apparati delle varianti e delle correzioni d'autore; dal testo latino dell'edizione Ernout, con la segnalazione in corsivo delle parti in cui pare evidente che l'umanista aveva di fronte un testo latino diverso; e da note di commento in cui si riportano eventualmente lezioni della tradizione dell'opera sallustiana che potrebbero essere all'origine della traduzione. Nell'introduzione viene delineato il ruolo svolto da Ludovico Carbone nella Ferrara del secondo Quattrocento, tra corte, università e vita cittadina; particolare attenzione è data alle osservazioni sulla lingua italiana dell'umanista e alla sua frequentazione della letteratura in volgare. L'esame della tradizione e della diffusione dell'opera di Sallustio ha lo scopo di comprendere il significato della scelta operata dal traduttore e di cercar di capire che tipo di modello poteva trovarsi di fronte. I due volgarizzamenti sono inseriti nel contesto storico e culturale di Ferrara, che vide in questi anni un'intensa attività di traduzione - spesso su diretta richiesta del principe -, tra i cui autori si distinsero Matteo Maria Boiardo e Niccolò Leoniceno. Inoltre, per una comprensione più completa dell'operazione del Carbone, viene ricostruita la figura del dedicatario delle due traduzioni, Alberto d'Este, e la sua importanza all'interno della storia di Ferrara sia dal punto di vista politico che cultuale; operazione che permette di aggiungere elementi utili a una datazione più precisa delle opere qui pubblicate. Una parte centrale del lavoro riguarda l'analisi delle modalità di traduzione che mostra come l'operazione del Carbone, pur mantenendosi molto rispettosa del testo di partenza, abbia ambizioni letterarie. Lo sforzo del traduttore è incentrato in particolar modo sulla resa dei vocaboli e sul ritmo del periodare. E' interessante notare come l'umanista, la cui prosa latina ha un periodare ampio e ricco di subordinate su modello ciceroniano, in volgare mantenga queste caratteristiche stilistiche solo nelle lettere dedicatorie, mentre nella traduzione il suo stile si uniforma in gran parte al modello di Sallustio. La Nota al testo dà conto dei rapporti tra i manoscritti e dei criteri di edizione delle due opere. Nella Nota linguistica si trova un'analisi sistematica e approfondita della lingua del manoscritto autografo del Catilinario, mentre per gli altri manoscritti sono segnalati gli usi linguistici solo in funzione di una loro collocazione geografica. Un esame contrastivo delle abitudini linguistiche dei copisti rispetto a quelle del Carbone è alla base della scelta del manoscritto da utilizzare per l'edizione del Giugurtino, per il quale non si dispone di un autografo. Un capitolo è dedicato all'analisi delle varianti evolutive del manoscritto londinese contenente il Catilinario. Lo studio del lessico utilizzato nelle traduzioni ha portato alla costituzione del Glossario, che - attraverso un confronto con numerosi vocabolari e testi di area ferrarese o limitrofa - registra e illustra le più significative forme dialettali, i tecnicismi e i latinismi particolarmente crudi, rari o il cui significato si discosta da quello assunto più frequentemente in volgare. Si segnalano alcuni termini le cui prime attestazioni compaiono nella lingua volgare proprio in questo periodo.