965 resultados para termografia infravermelho
Resumo:
Il presente studio si concentra sulle diverse applicazioni del telerilevamento termico in ambito urbano. Vengono inizialmente descritti la radiazione infrarossa e le sue interazioni con l’atmosfera terrestre, le leggi principali che regolano lo scambio di calore per irraggiamento, le caratteristiche dei sensori e le diverse applicazioni di termografia. Successivamente sono trattati nel dettaglio gli aspetti caratteristici della termografia da piattaforma satellitare, finalizzata principalmente alla valutazione del fenomeno dell'Urban Heat Island; vengono descritti i sensori disponibili, le metodologie di correzione per gli effetti atmosferici, per la stima dell'emissività delle superfici e per il calcolo della temperatura superficiale dei pixels. Viene quindi illustrata la sperimentazione effettuata sull'area di Bologna mediante immagini multispettrali ASTER: i risultati mostrano come sull'area urbana sia riscontrabile la presenza dell'Isola di Calore Urbano, anche se la sua quantificazione risulta complessa. Si procede quindi alla descrizione di potenzialità e limiti della termografia aerea, dei suoi diversi utilizzi, delle modalità operative di rilievo e degli algoritmi utilizzati per il calcolo della temperatura superficiale delle coperture edilizie. Tramite l’analisi di alcune esperienze precedenti vengono trattati l’influenza dell’atmosfera, la modellazione dei suoi effetti sulla radianza rilevata, i diversi metodi per la stima dell’emissività. Viene quindi introdotto il progetto europeo Energycity, finalizzato alla creazione di un sistema GeoWeb di supporto spaziale alle decisioni per la riduzione di consumi energetici e produzione di gas serra su sette città dell'Europa Centrale. Vengono illustrate le modalità di rilievo e le attività di processing dei datasets digitali per la creazione di mappe di temperatura superficiale da implementare nel sistema SDSS. Viene infine descritta la sperimentazione effettuata sulle immagini termiche acquisite nel febbraio 2010 sulla città di Treviso, trasformate in un mosaico georiferito di temperatura radiometrica tramite correzioni geometriche e radiometriche; a seguito della correzione per l’emissività quest’ultimo verrà trasformato in un mosaico di temperatura superficiale.
Resumo:
Ad oggi, grazie al progresso tecnologico, sono stati realizzati accuratissimi rivelatori di radiazione infrarossa, rendendo possibili misure altamente precise. L’impiego massiccio dell’indagine termografica infrarossa è basato sull’emissione termica da parte della materia. Tutta la materia a temperatura superiore dello zero assoluto emette radiazione elettromagnetica con una certa distribuzione spettrale, dipendente dalla temperatura e dalle caratteristiche costitutive. Le capacità emissive di un corpo sono quantificate da un parametro, l’emissività, che confronta i corpi reali con il corpo nero, modellizzazione matematica di un perfetto emettitore. I corpi a temperatura ambiente emettono principalmente nell’infrarosso. Poichè la radiazione infrarossa non è percepibile dall’occhio umano, i corpi a temperature ordinarie non appaiono luminosi e sono visti brillare unicamente di luce riflessa. Solo fornendo calore al sistema, aumentandone cioè la temperatura, l’emissione di picco si sposta verso le frequenze del visibile ed i corpi appaiono luminosi; si pensi ad esempio alle braci della legna bruciata. La possibilità di rivelare la radiazione infrarossa con opportuni dispositivi permette quindi di vedere la “luce” emessa da corpi relativamente freddi. Per questo motivo la termografia trova applicazione nella visione o videoregistrazione notturna o in condizioni di scarsa visibilità. Poichè la distribuzione spettrale dipende dalla temperatura, oltre al picco di emissione anche la quantità di radiazione emessa dipende dalla teperatura, in particolare è proporzionale alla quarta potenza della temperatura. Rilevando la quantità di radiazione emessa da un corpo se ne può dunque misurare la temperatura superficiale, o globale se il corpo è in equilibrio termico. La termometria, ovvero la misura della temperatura dei corpi, può dunque sfruttare la termografia per operare misure a distanza o non invasive.
Resumo:
La termografia è un metodo d’indagine ampiamente utilizzato nei test diagnostici non distruttivi, in quanto risulta una tecnica d’indagine completamente non invasiva, ripetibile nel tempo e applicabile in diversi settori. Attraverso tale tecnica è possibile individuare difetti superficiali e sub–superficiali, o possibili anomalie, mediante la rappresentazione della distribuzione superficiale di temperatura dell’oggetto o dell’impianto indagato. Vengono presentati i risultati di una campagna sperimentale di rilevamenti termici, volta a stabilire i miglioramenti introdotti da tecniche innovative di acquisizione termografica, quali ad esempio la super-risoluzione, valutando un caso di studio di tipo industriale. Si è effettuato un confronto tra gli scatti registrati, per riuscire a individuare e apprezzare le eventuali differenze tra le diverse modalità di acquisizione adottate. L’analisi dei risultati mostra inoltre come l’utilizzo dei dispositivi di acquisizione termografica in modalità super-resolution sia possibile anche su cavalletto.
Resumo:
Le immagini termiche all’ infrarosso sono utilizzate da molte decadi per monitorare la distribuzione di temperatura della pelle umana. Anormalità come infiammazioni ed infezioni causano un aumento locale della temperatura, visibile sulle immagini sotto forma di hot spot. In tal senso la termografia ad infrarossi può essere utilizzata nel campo ortopedico per rilevare le zone sovra-caricate dalla protesi. Per effettuare una valutazione precisa dell’interfaccia moncone-invasatura può essere utile combinare i dati termografici e i dati antropometrici (superficie tridimensionale del moncone), relativi ai singoli pazienti. Di ciò si occupa tale studio, che dopo aver fornito una panoramica sulla termografia e sulla reverse engineering, sperimenta delle tecniche semplici e low-cost per combinare i dati termici e i dati antropometrici. Buoni risultati si riescono ad ottenere utilizzando un Kinect come scanner e un software open-source per il texture mapping. I termogrammi 3D ricreati costituiscono un ottimo strumento di valutazione, per medici e tecnici ortopedici, circa il design dell’invasatura.
Resumo:
A utilização de substitutos ósseos para recuperação da função perdida é uma constante busca dentro da área médica. Por isso os biomateriais têm recebido uma atenção muito grande por parte da comunidade científica, dentre eles os materiais a base de fosfato de cálcio. A hidroxiapatita, Ca10 (PO4)6 (OH) 2, tem sido muito estudada, pois além de representar a constituição da massa dos ossos naturais e dentes em 30 a 70%, possui propriedades de bioatividade e osteocondutividade, favorecendo e auxiliando o crescimento do tecido ósseo. Em contrapartida, infecções bacterianas podem surgir após o implante ocasionando a perda da funcionalidade a curto e médio prazo. Várias alternativas estão sendo testadas, geralmente associadas ao uso de antibióticos convencionais incorporados aos biomateriais. Uma alternativa a tais antibióticos seria a utilização de metais que possuem propriedades antibacterianas. A prata (Ag) é conhecida como um metal bactericida e por isso ganhou lugar de destaque dentre os estudos como um aliado importante no controle das infecções pós-cirúrgicas. Este trabalho teve como objetivo sintetizar, caracterizar e avaliar o efeito antimicrobiano da adição de íons de prata em hidroxiapatita. Foram obtidos pós de hidroxiapatita contendo prata (HAAg), nas concentrações de 0,1M; 0,01M e 0,001M pelo método de precipitação em temperatura ambiente e por imersão do pó de hidroxiapatita em soluções aquosas. As fases cristalinas e os grupamentos iônicos foram analisados para cada condição por técnicas de difração de raios X (DRX) e espectroscopia no infravermelho (IV) respectivamente. As informações sobre a morfologia e identificação de elementos químicos foi realizado pela técnica de microscopia eletrônica de varredura com espectroscopia de energia dispersiva (MEV EDS). As avaliações antimicrobianas foram realizadas por ensaios qualitativos e quantitativos, o ensaio qualitativo utilizou o teste de halo de difusão em disco para Staphylococcus aureus e Escherichia coli e o ensaio quantitativo utilizou contagem de bactérias para as cepas de Staphylococcus aureus. Os resultados de DRX e IV indicaram que independentemente do método de obtenção da HAAg foi possível observar a presença de prata metálica caracterizada pelos picos em 2θ=38,1º e 44,3º nas amostras HAAg0,1Im, HAAg0,1Pr e HAAg0,01Pr. Observou-se também a presença de AgO, correspondente ao pico em 2θ=37,5º nas amostras de HAAg0,01Pr e HAAg0,001Pr. Nos espectros de IV estão presentes as bandas que caracterizam a fase HA, referentes aos grupamentos PO43-, OH- e CO32-. Analisados em conjunto os ensaios qualitativos e quantitativos, as amostras HAAg0,01Im e HAAg0,001Im sintetizadas por imersão indicaram os melhores resultados para o ensaio de disco difusão, por apresentarem formação de halo inibição do crescimento bacteriano para a bactéria S. aureus. Para os ensaios quantitativos as amostras obtidas por precipitação com concentrações 0,1M e 0,01M de prata apresentaram melhor resultado por inibirem o crescimento bacteriano para as cepas S. aureus.
Resumo:
O presente trabalho tem por objetivo avaliar o desempenho físico-mecânico e a durabilidade de painéis de partículas de bagaço de cana-de-açúcar com resina bicomponente a base de mamona (BCP) e compará-los com painéis de partículas de madeira comerciais (Medium Density Particleboard - MDP). Os painéis de bagaço de cana de açúcar foram fabricados com um teor de resina poliuretana a base de óleo de maona de 15%. O desempenho físico e mecânico dos painéis particulados foi analisado com base nas prescrições dos documentos normativos vigentes. Ambos os materiais foram revestidos superficialmente com resina poliuretana bicomponente à base de óleo de mamona. Avaliou-se a influência do tratamento das bordas na deterioração e no desempenho dos painéis. O acompanhamento das propriedades físico-mecânicas foi realizado antes e após os ensaios de envelhecimento por exposição natural durante 3, 6 e 12 meses, envelhecimento acelerado e de intemperismo artificial. Foi feita a avaliação, da suscetibilidade ao crescimento gerada pelo ataque de fungos emboloradores e apodrecedores nos materiais durante o envelhecimento natural e no ensaio acelerado. Foi realizada a análise colorimétrica para a identificação de mudanças de cor e brilho nos materiais após os ensaios de deterioração. Foram utilizadas as técnicas de densitometria de raios X, espectroscopia por infravermelho próximo (NIR). Os resultados obtidos indicaram a selagem lateral permitiu avaliar a superfície exposta do material permitindo a entrada da água pela superfície avaliando o efeito dos agentes de deterioração. A porcentagem de retenção para o Módulo de ruptura após o ensaio de envelhecimento por imersão em agua e secagem (APA D1) foi de 87% e 3% para BCP e MDP sem revestimento respectivamente e de 90% e 3% para BCP e MDP com revestimento. A porcentagem de retenção das propriedades mecânicas em ambos os submetidos à exposição natural diminuiu em função do tempo. Entretanto o porcentagem de retenção para os materiais BCP e MDP com revestimento superficial foi de 76% e 60% para MOR. A exposição natural mostrou que os fungos emboloradores foram predominantes em ambos os materiais. Ambos os materiais com revestimento superficial apresentaram entre 1-10% de colonização com um 70% de probabilidade. Revestimento de resina de óleo de mamona reduz o crescimento de fungos em ambos os materiais no ensaio acelerado. O perfil de densitometria permitiu analisar o processo de fabricação dos painéis e permitiu identificar a deterioração gradativa do ambos os materiais após os ensaios de envelhecimento. A intepretação mediante a analise de componentes principais (ACP) na aplicação do NIR comportou a classificação das características relacionadas a cada ensaio de deterioração de ambos os materiais sem revestimento superficial. Com base nos resultados deste trabalho, foram propostas contribuições para ajustes de metodologias para a avaliação da durabilidade e do desempenho físico e mecânico dos painéis particulados, tendo em vista a sua viabilidade técnica, em sistemas construtivos da construção civil.
Resumo:
A indústria de alimentos está constantemente desenvolvendo produtos que fornecem, além de nutrientes, benefícios adicionais à saúde, tais como os enriquecidos com vitaminas. A vitamina D3 (colecalciferol) é sintetizada na pele durante a exposição da luz solar, controla a homeostase de cálcio e fósforo, metabolismo ósseo, pressão arterial e reabsorção renal de cálcio. O processo de microencapsulação vem sendo bastante aplicado em alimentos e um dos objetivos principais é o controle da liberação do agente ativo no momento e local desejado. A tecnologia de spray chilling é interessante para a microencapsulação de vitaminas lipossolúveis. O objetivo deste trabalho foi microencapsular vitamina D3, utilizando o método de spray chilling para a produção das micropartículas lipídicas sólidas (MLS). Para produção das MLS utilizou-se gordura vegetal com ponto de fusão em torno de 48 °C como carreador. Três tratamentos foram estabelecidos: sem aditivos (T1), com adição de 1% de cera de abelha (T2) e com 1% de lecitina de soja (T3). As micropartículas foram caracterizadas quanto à morfologia por microscopia eletrônica de varredura, tamanho médio por difração a laser, espectroscopia no infravermelho por transformada de Fourier (FTIR) e foi analisada a estabilidade da vitamina D3 durante o armazenamento a 10 e 25 °C, por meio de quantificações periódicas em cromatografia líquida de alta eficiência (CLAE). As micropartículas obtidas foram esféricas, semelhantes morfologicamente e com distribuição monocaudal de partículas. O tamanho médio das partículas variou em função dos seus ingredientes, sendo que as micropartículas produzidas apenas com vitamina e gordura foram menores em relação às demais (83,0% < 100 µm). A espectroscopia na região do infravermelho (FTIR) demonstrou que não ocorreu interação entre os ingredientes. A estabilidade da vitamina D3 encapsulada foi satisfatória ao longo de 65 dias com valores superiores a 87% para os três tratamentos e a temperatura apresentou influência na estabilidade. As MLS produzidas com cera apresentaram melhores resultados de estabilidade de vitamina D3 com valores de 90,18 ± 2,23 % após 65 dias de estocagem. Esses resultados são promissores e demostram a viabilidade da técnica de spray chilling na produção de MLS carregadas de vitamina D3, possibilitando uma futura aplicação em alimentos.
Resumo:
O material Y2O3:Eu3+ vem sendo usado comercialmente como luminóforo vermelho desde da década de 1960, em uma grande variedade de aplicações devido ao seu elevado rendimento quântico (próximo de 100 %), elevada pureza de cor e boa estabilidade. Portanto, este trabalho propõe um novo método de síntese baseado nos complexos benzenotricarboxilatos (BTC) de terras raras trivalentes (RE3+) dopados com íons Eu3+. O objetivo principal é produzir materiais luminescente RE2O3:Eu3+ a temperatura mais baixa (500 °C) e em escala nanométrica. Os complexos precursores [RE(BTC):Eu3+] e [RE(TLA)·n(H2O):Eu3+], onde RE3+: Y, Gd e Lu; BTC: ácido trimésico (TMA) e ácido trimelítico (TLA) foram calcinados em diferentes temperaturas de 500 a 1000 °C, a fim de obter os materiais luminescentes RE2O3:Eu3+. Os complexos foram caracterizados por análise elementar de carbono e hidrogênio, analise térmica (TG), espectroscopia de absorção no infravermelho (FTIR), difração de raios-X - método do pó (XPD) e microscopia eletrônica de varredura (SEM). Todos os complexos são cristalinos e termo estáveis até 460 °C. Dados de fosforescência dos complexos de Y, Gd e Lu mostram que o nível T1 do aníon BTC3- tem energia acima do nível emissor 5D0 do íon Eu3+, indicando que os ligantes podem atuar como sensibilizadores de energia intramolecular. O estudo das propriedades fotoluminescentes dos complexos dopados foi baseado nos espectros de excitação e emissão e curvas de decaimento de luminescência. Ademais, foram determinados os parâmetros de intensidades experimentais (Ωλ), tempos de vida (τ), taxas de decaimentos radiativo (Arad) e não-radiativo (Anrad). Os materiais luminescentes RE2O3:Eu3+ foram sintetizados de forma bem sucedida por meio do método benzenotricarboxilatos calcinados a 500, 600, 700, 800, 900 e 1000 °C, apresentando alta homogeneidade química e controle de tamanho de cristalito. Os nanomateriais foram caracterizados pelas técnicas de FTIR, XPD SEM e TEM revelando a obtenção dos materiais C-RE2O3:Eu3+ mesmo a 500 °C. Os dados de XPD dos materiais confirmaram um aumento do tamanho dos cristalitos de 5 até 52 nm (equação de Scherrer) de em função da temperatura de calcinação de 500 a 1000 °C, respectivamente, corroborados pelas técnicas de SEM e TEM. Os espectros de emissão de RE2O3:Eu3+ mostram uma banda larga atribuída a transição interconfiguracional de transferência de carga ligante-metal (LMCT) em 260 nm, i.e. O2-(2p)→Eu3+(4f6). Além disso, foram observadas linhas finas de absorção devido as transições intraconfiguracionais 4f do íon európio (7F0,1LJ; J: 0, 1, 2, 3 e 4), como esperado. As propriedades fotoluminescentes dos luminóforos foram baseadas nos espectros (excitação e emissão) e curvas de decaimento luminescente. Os parâmetros de intensidade experimental, tempos de vida, assim como as taxas de decaimentos radiativos e não radiativos foram calculados. As propriedades fotônicas dos nanomateriais são consistentes com o sítio de baixa simetria C2 ocupado pelo íon Eu3+ no C-RE2O3:Eu3+, produzindo emissão vermelha dominada pela transição hipersensível 5D0F2 do íon Eu3+ no sitio C2, ao invés do sítio centrossimétrico S6. Além disso, os nanomateriais Y2O3:Eu3+ exibem características espectroscópicas semelhantes e elevados valores de eficiência quântica (η~91 %), compatível com os luminóforos comerciais disponíveis no mercado. Este novo método pode ser utilizado para o desenvolvimento de novos nanomateriais contendo íons terras raras, assim como outros íons metálicos.
Resumo:
A nistatina (NYS) é o fármaco de primeira escolha no tratamento da candidíase oral, que frequentemente acomete mais os indivíduos imunocomprometidos e pacientes com outras desordens (diabetes não tratada, neoplasias, imunodeficiências). No mercado brasileiro, a NYS é encontrada na forma de suspensão oral aquosa, onde o procedimento para sua administração consiste em bochechar o medicamento. Apesar de haver a indicação de que se mantenha o contato direto entre fármaco e a mucosa oral, na qual se encontra a Candida spp., o que aumentaria expressivamente o sucesso terapêutico, a suspensão não apresenta tal propriedade. Assim, a NYS que é fármaco com ação efetiva contra a candidíase oral, é considerada pertencente à Classe IV do Sistema de Classificação Biofarmacêutica, ou seja, apresenta baixa solubilidade e baixa permeabilidade. A baixa solubilidade pode comprometer sua disponibilidade na cavidade oral, e consequentemente, sua ação farmacológica. Diante desse quadro, o objetivo do presente trabalho foi o desenvolvimento de dispersões sólidas de NYS para o tratamento da candidíase oral, e sua posterior incorporação em gel mucoadesivo oral, favorecendo a formulação no local de ação. As dispersões sólidas são sistemas farmacêuticos, onde um fármaco pouco solúvel em água encontra-se dispersado em um carreador, no estado sólido. Os carreadores normalmente são hidrofílicos, o que permite que esses sistemas sejam empregados para aumentar a solubilidade aquosa do fármaco. Assim, foram desenvolvidas as dispersões sólidas de NYS, pelo método de eliminação do solvente, empregando como carreadores, lactose, HPMC, poloxamer 407 e poloxamer 188. Essas foram submetidas à caracterização por análise térmica, usando os ensaios de calorimetria exploratória diferencial (DSC) e termogravimetria/termogravimetria derivada (TG/DTG). Dentre essas dispersões sólidas, aquelas que se mostraram com comportamento térmico sugerindo a formação de um novo \"sistema\", foram analisadas por meio de ensaio de solubilidade. Dessa forma, a formulação NYS DS G2 (49) se destacou, pois apresentou maior solubilidade em água (4,484 mg/mL); em pH 5,5 (4,249 mg/mL) e em pH 7,0 (4,293 mg/mL), ou seja, houve um aumento de 1,426 vezes em água; 4,227 vezes em pH 5,5; e 2,743 vezes em pH 7,0. Essa formulação foi, por fim avaliada por difração de raio-X e espectroscopia de infravermelho com transformada de Fourier, técnicas que corroboraram com a análise térmica quanto à indicação de formação da dispersão sólida. Por sua vez, essa dispersão sólida foi incorporada em 4 bases de géis mucoadesivos de carbopol ® 934 PNF, alterando apenas a concentração do polímero (0,5; 1,0; 1,5; 2,0 %p/p). Foi observado que a liberação de NYS DS G2 (49) foi superior, quando comparada à liberação de NYS MP a partir do gel, e através do ensaio de mucoadesão, percebeu-se que os géis desenvolvidos apresentaram propriedades mucoadesivas compatíveis com relatos na literatura, independentemente da quantidade de carbopol ® empregada. As características reológicas foram distintas, e foi observado que as formulações Gel A e Gel B, que possuem menor quantidade de polímero, tiverem um indicativo de comportamento de fluido newtoniano, diferente dos demais, o que pode não ser desejado para esse tipo de forma farmacêutica tópica e semi-sólida. Ao final desse trabalho, pode-se concluir que foi possível desenvolver um sistema farmacêutico na forma de dispersão sólida com maior solubilidade que a NYS pura, e sua incorporação em uma forma farmacêutica mucoadesiva, e que a liberação da NYS na forma DS foi muito superior que o fármaco na forma \"convencional\", o que permite que a NYS esteja mais disponível na cavidade oral, e também junto à mucosa bucal, o que levaria a efeito farmacológico mais efetivo do antifúngico.
Resumo:
Compósitos de polímeros de polietileno linear de baixa densidade (LLDPE) possuem baixo desempenho mecânico devido principalmente à sua fraca interação, intermolecular, entre a cadeia polimérica e a carga. Uma maneira de minimizar esse baixo desempenho mecânico se faz com a mudança da estrutura química da poliolefina com a inserção de um grupo polar a sua cadeia, ou seja, faz-se a funcionalização das poliolefinas. O sistema de funcionalização adotado foi o processamento reativo, no qual foi utilizado para este sistema de processamento o misturador de dupla rosca acoplado a um reâmetro de torque. Neste trabalho, os grupos polares inseridos à cadeia dos polímeros de LLDPE\'s de copolímeros 1-buteno e 1-octeno (LLDPE-but e LLDPE-oct) foram o anidrido maléico (AM) e o anidrido tetrahidroftálico (ATF). Para a confecção dos compósitos foram utilizadas as cargas de microesferas de sílica modificada, no qual foi inserido compostos silanados em sua superfície (3-aminopropilsilano - APS - e trimetoxiclorosilano TMCISi) para estudo de interação com as poliolefinas funcionalizadas. Neste trabalho foram realizados ensaios de caracterização térmica, vibracional além de análises de torque do polímero fundido, análises do grau de reticulação e ensaios mecânicos de tração por elongação. Na caracterização térmica foram utilizadas as técnicas: termogravimetria (TG) e calorimetria exploratória diferencial (DSC). Na caracterização vibracional utilizou-se a espectroscopia fotoacústica no infravermelho (PAS-IR) e a espectroscopia de espalhamento Raman. Pela técnica PAS-IR foi possível comprovar a inserção dos anidridos à cadeia das poliolefinas assim como foi possível verificar a interação entre o polímero funcionalizado e a carga. Pelas técnicas térmicas de DSC e TG foi possível verificar mudanças das propriedades do compósito frente aos polímeros originais ou funcionalizados. Os ensaios mecânicos comprovaram que os compósitos de polímeros funcionalizados possuem maior elongação e tensão à ruptura comparada aos compósitos dos LLDPE\'s não funcionalizados
Resumo:
Este trabalho concentra-se na preparação e caracterizações estrutural e espectroscópica de materiais nanoestruturados à base de SiO2-Nb2O5 dopados e codopados com íons Er3+, Yb3+ e Eu3+ na forma de pós e guias de onda planares. Os nanocompósitos foram preparados através de uma nova rota sol-gel utilizando óxido de nióbio como precursor em substituição ao alcóxido de nióbio. A correlação estrutura propriedades luminescentes foi estudada por difração de raios X, microscopia eletrônica de transmissão, espectroscopia vibracional de absorção no infravermelho, espectroscopia vibracional de espalhamento Raman, análise térmica, reflectância difusa e especular, espectroscopia de fotoluminescência e acoplamento M-line. Inicialmente foi avaliado a influência da concentração de nióbio nas propriedades estruturais e luminescentes de nanocompósitos (100-x)Si-xNb dopados e codopados com íons Er3+, Yb3+ e Eu3+ tratados termicamente a 900 °C por 3h. A cristalização do Nb2O5 foi dependente da concentração de Nb na matriz, com a distribuição dos íons lantanídeos preferencialmente no Nb2O5, afetando as propriedades luminescentes. Para os nanocompósitos codopados com íons Er3+ e Yb3+ foram obtidos valores de largura de banda a meia altura (FWHM) da ordem de 70 nm na região de 1550 nm e tempos de vida de até 5,2 ms. A emissão na região do visível, decorrente de processos de conversão ascendente, revelou-se dependente da concentração de nióbio. Foi verificada emissão preferencial na região do verde para menores concentrações de Nb. Enquanto que, para as maiores concentrações, processos de relaxação cruzada levaram a um aumento relativo na intensidade de emissão na região do vermelho. A eficiência quântica de emissão dos nanocompósitos (100-x)Si-xNb dopados com Eu3+ variou com o comprimento de onda de excitação, refletindo os diferentes sítios de simetria ocupados por este íons nesta estrutura complexa. A influência da temperatura de tratamento térmico no processo de cristalização do Nb2O5 em nanocompósitos 70Si:30Nb codopados com íons Er3+ e Yb3+ foi avaliada. Material amorfo foi obtido a 700 °C enquanto que a 900 e 1100 °C foram identificas as fases ortorrômbica (fase T) e monoclínica (fase M) do Nb2O5. Intensa emissão na região de 1550 nm com valores de FWHM de 52 e 67 nm e tempos de vida de 5,6 e 5,4 ms foram verificados a 700 e 900 °C sob excitação em 977 nm, respectivamente. Por fim, foram obtidos guias de onda planares com excelentes propriedades ópticas e com grande potencial de aplicação em dispositivos de amplificação óptica. Especificamente, materiais fotônicos com banda larga de emissão na região do infravermelho foram preparados, indicando fortemente a potencialidade para a aplicação em telecomunicações envolvendo não somente a banda C como também as bandas L e S em materiais contendo somente íons Er3+ como centros emissores.
Resumo:
A presente Dissertação relata a síntese e o estudo conformacional das α-fenilseleno-α-dietóxifosforilacetofenonas para-substituídas p-X-Φ-C(O)CH[SeΦ][P(O)(OEt2] (X=OMe 1, Me 2, H 3, F 4, Cl 5, Br 6 e NO2 7) através da banda de estiramento da carbonila no infravermelho, em solventes de polaridade crescente apoiado por cálculos ab initio HF/6-3IG**. A comparação entre a freqüência e a intensidade relativa dos componentes do dubleto, para os derivados 6 e 7, e do singleto para os derivados 1-5, no solvente apolar tetracloreto de carbono, e dos componentes do dubleto, nos solventes de polaridade crescente (clorofórmio, diclorometano e acetonitrila), para os derivados 1-7, com os dados do cálculo ab initio de 3 (composto de referência), indicou que ambas as conformações estáveis (g1 e g2) apresentam a ligação C-Se na geometria anti-clinal (gauche) em relação à carbonila (C=O), enquanto que a ligação C-P assume uma geometria sin-periplanar (cis) em relação à carbonila. A análise dos contatos interatômicos de átomos relevante em comparação com a soma de seus raios de van der Waals, indicou que ambas as conformações g1 e g2 são fortemente estabilizadas pelo sinergismo das interações orbitalares e eletrostáticas π*(CO) / nSe e Oδ-[CO].....Pδ+[PO]. Analogamente, as interações mais fracas Oδ-[OR]..... Cδ+[CO], 0-Hδ+[SeΦ]....Oδ-[PO] e 0-Hδ+[ΦC(O)]....Oδ-[CO] estabilizam as conformações g1 e g2, aproximadamente na mesma extensão. No entanto, somente a conformação g1 é estabilizada pela interação eletrostática (ligação de hidrogênio) Hδ+[α-CH].....Oδ-[OR], enquanto que sómente a conformação g2 é desestabilizada pelo Efeito de Campo Repulsivo entre os dipolos Cδ+=.Oδ- e Pδ+-ORδ- Assim sendo, pode-se concluir que no dubleto de VCO no IV, o componente de maior freqüência e de menor intensidade corresponde à conformação menos estável g2 (do cálculo) enquanto que o componente de menor freqüência e mais intenso corresponde à conformação mais estável g1 (do cálculo). Estes dados estão de pleno acordo com os deslocamentos de freqüência mais negativos da carbonila (ΔVCO) do confôrmero mais estável g1 em relação ao menos estável g2.
Resumo:
Filmes à base de biopolímeros podem ser utilizados para produção de embalagens ativas, que além de proteger os alimentos, podem interagir com o produto. No caso de embalagens ativas com atividade antioxidante, tem-se privilegiado o uso de agentes antioxidantes naturais, considerando-se que o uso de antioxidantes sintéticos tem sido questionado, sobretudo em relação à sua inocuidade. Existem muitos extratos de plantas já conhecidos por sua atividade antioxidante, que têm sido utilizados com frequência em estudos de filmes à base de biopolímeros, não somente por serem ricos em polifenóis, mas principalmente por sua boa interação com a matriz polimérica. O extrato de boldo-do-Chile (Peumus boldus) possui atividade antioxidante comprovada, entretanto, não existem relatos sobre sua adição em filmes. Dessa forma, o objetivo geral desta tese foi o desenvolvimento de filmes à base de colágeno ou gelatina adicionados de extrato de boldo-do-Chile, com propriedades físicas e funcionais para seu emprego como embalagens bioativas. Foram realizadas as caracterizações (fenólicos totais, ABTS, DPPH, cor, °Brix e pH) do extrato aquoso de boldo-do-Chile, preparado em quatro diferentes temperaturas. Além disso, foram avaliadas as propriedades reológicas e térmicas da solução de gelatina, e também foram elaborados filmes com as soluções de gelatina e colágeno a partir de soluções filmogênicas com diferentes concentrações de macromoléculas e extrato de boldo. Esses filmes foram caracterizados para conhecimento de suas propriedades mecânicas (tração e perfuração), propriedades óticas (cor e opacidade), espessura, umidade e solubilidade em água. Uma concentração de macromoléculas foi escolhida para a realização de análises complementares, a saber: análises térmicas (DSC), cristalinidade por difração de raio X (DRX), permeabilidade ao vapor de água (PVA), microscopia eletrônica de varredura (MEV), brilho, espectroscopia de infravermelho com transformada de Fourier (FTIR), ângulo de contato, propriedades de barreira UV/Visível e atividade antioxidante. A adição do extrato de boldo-do-Chile nos filmes de gelatina e colágeno produziu filmes com atividade antioxidante, sem prejuízo às demais propriedades estudadas. Observou-se que o extrato aquoso de boldo-do-Chile apresentou propriedades antioxidantes, mas que foram dependentes da temperatura de extração. O extrato de boldo-do-Chile foi capaz de modificar as propriedades térmicas das soluções filmogênicas de gelatina, não sendo observado efeito nas análises reológicas. Por outro lado, o extrato aquoso de boldo-do-Chile não influenciou as propriedades mecânicas, solubilidade, umidade, cristalinidade e a permeabilidade ao vapor de água dos filmes de gelatina ou colágeno. Algumas propriedades térmicas sofreram efeito dos extratos, mas as análises de FTIR não mostraram a formação de novas interações. As propriedades óticas e de barreira UV/Visível foram influenciadas pelo extrato de boldo-do-Chile, sendo que os filmes se apresentaram mais amarelados com o aumento da concentração do extrato de boldo-do-Chile. As micrografias mostraram filmes de gelatina bastante homogêneos e filmes de colágeno com superfícies mais rugosas. Os resultados de brilho e ângulo de contato corroboraram com estas respostas. Em conclusão, os filmes de ambas macromoléculas apresentaram atividade antioxidante, podendo dessa forma, serem considerados como filmes ativos.
Resumo:
Este trabalho sobre o minério de manganês da Serra do Navio (SNV) analisa os seguintes minerais: criptomelana e os minerais correlacionados do tipo \"alfa\", polianita, pirolusita, groutita, manganita e hidróxidos de manganês com outros metais, como a litioforita. São fornecidos os dados obtido através de estudo óptico, térmico, de infravermelho e de difração de raios X, de todos os minerais acima citados, assim como os resultados de pesquisa sobre a morfologia (pirolusita), cálculo e variação de parâmetros (criptomelana e pirolusita), difração e microscopia eletrônicas (litioforita), análises espectrográficas e termodiferenciais. O minério é constituído, principalmente, de minerais do tipo \"alfa\", erroneamente denominados de \"psilomelanas\", de um modo genérico, quando na realidade, a espécie predominante é a criptomelana. Subsidiariamente, ocorrem pirolusita, manganita e hidróxidos de manganês e outros metais. A ganga é constituída dos seguintes minerais: argilas (caulinita), micas (sericita e illita), minerais de Fe (goethita e hematita), alumina (gibbsita e boehmita), sílica (quartzo e calcedônea), grafita, turmalina e cloritas. O minério é de origem supérgena, formado à custa do intemperismo das rochas portadoras de rodocrosita, espessartita, tefroíta, rodonita, piroxmangita, anfibólios manganesíferos, etc. que, por decomposição meteórica e solubilização, sofrem enriquecimento residual. As soluções que contêm manganês migram, mineralizando as rochas encaixantes estéreis e as zonas superficiais de laterização. As condições topográficas e climáticas favorecem constantes solubilizações e redeposições de manganês, assim como a lixiviação de ganga, formando uma couraça residual de minério cada vez mais rico. O intemperismo do protominério e a caracterização dos diferentes tipos de minério são descritos suscintamente.
Resumo:
Este trabalho apresenta as propriedades morfológicas, físicas e químicas do diamante da região do Alto Araguaia, situada na borda norte da Bacia do Paraná. Os cristais estudados provém dos garimpos dos rios Garças, Araguaia, Caiapó e seus tributários menores. As dimensões dos cristais embora variáveis concentram-se no intervalo 2-15 mm. Ao contrário do que se observa no Alto Paranaíba, são raros os achados de grande porte. Os fragmentos de clivagem são abundantes, indicando transporte prolongado. Cerca de metade dos indivíduos cristalinos são incolores, sendo os demais castanhos, amarelos, verdes e cinzas. Outras cores como rosa e violeta ocorrem excepcionalmente. A morfologia dos cristais é complexa e variada, caracterizando-se pelo acentuado predomínio do hábito rombododecaédrico, grande número de geminados de contato e ausência de formas cúbicas. As faces exibem grau variável de curvatura e diversos padrões de microestruturas resultantes da dissolução provocada por agentes oxidantes. O ataque parece ocorrer durante a colocação do kimberlito, quando o alívio de pressão eleva a temperatura favorecendo a corrosão. As microestruturas mais freqüentes são degraus, colinas e micro-discos em (110), depressões triangulares eqüiláteras em (111), e depressões quadráticas em (100). Alguns diamantes contém inclusões cristalinas, sendo as mais comuns olivina (forsterita), granada (piropo) e o próprio diamante. Esses minerais apresentam-se geralmente idiomorfos e circundados por anomalias ópticas (birrefringência anômala), evidenciando o caráter epigenético dessas inclusões. Anàlogamente ao que ocorre nos kimberlitos africanos e siberianos, essas inclusões são minerais característicos de altas pressões e temperaturas, sendo a olivina a variedade mais freqüente, seguida pelo diamante e granada. Essa é uma evidência de que o diamante do Alto Araguaia provém de matrizes ultrabásicas (kimberlíticas). As inclusões negras (carvões) são extremamente comuns e parecem constituir defeitos do retículo cristalino (clivagens internas, deslocamentos estruturais), resultando talvez de impactos sofridos pelos cristais durante as diversas fases de transporte. O comportamento ao infravermelho indica que a maior parte dos cristais (85%) contém impurezas de nitrogênio (tipo I), sob forma de placas submicroscópicas paralelas a (100) (tipo Ia), ou átomos dispersos no retículo cristalino (tipo Ib). Os espécimes desprovidos de nitrogênio (tipo II) são relativamente raros (6%), sendo os demais intermediários (9%) entre I e II. Além do nitrogênio, os espectros infravermelhos revelaram que alguns diamantes contém hidrogênio. A presença deste elemento juntamente com o carbono e nitrogênio, sugere uma derivação a partir de sedimentos ricos em matéria orgânica, os quais teriam sido incorporados ao magma kimberlítico por correntes de convecção subcrostais. Outras impurezas menores (elementos traços) são: Al, Ca, Si, Mg, Fe, Cu, Cr e Co. Estes elementos são os mesmos encontrados nos diamantes dos kimberlitos africanos. Observado sob luz ultravioleta, 36% dos cristais exibem cores de fluorescência, sendo as mais comuns o azul e verde, e mais raramente amarelo e castanho. Entre as variedades fluorescentes, 27% são também fosforescentes, sendo a cor mais comum o azul. Não foi observada nenhuma relação entre o comportamento luminescente e as demais propriedades estudadas. O peso específico varia entre 3,500 a 3,530. As principais causas dessa variação são as impurezas de nitrogênio, as inclusões minerais e alguns defeitos cristalinos. Os resultados desta pesquisa indicam claramente que as propriedades do diamante do Alto araguaia são semelhantes às dos diamantes africanos e siberianos, originários de matrizes kimberlíticas. Nenhum dado foi obtido que sugerisse uma origem \"sui generis\" para o material estudado. Em relação à localização das possíveis chaminés dispersoras dos cristais, duas alternativas se apresentam: 1) poderiam estar relacionadas ao magmatismo Neocretáceo, responsável por numerosos focos vulcânicos próximos à área; ou 2) ligadas a episódios mais antigos ocorridos no Pré-Cambriano. Em qualquer das alternativas, poderiam estar recobertas por sedimentos mais recentes ou alteradas superficialmente, sendo que, no caso de uma idade pré-cambriana, há ainda a possibilidade destas matrizes terem sido totalmente destruídas.