944 resultados para multibeam welding


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La morfologia della piattaforma continentale della Sicilia Settentrionale è il risultato dell'assetto geodinamico della zona e delle più recenti fluttuazioni glacioeustatiche del livello marino.Oggetto di questa tesi è stato lo studio degli elementi geomorfologici sommersi, risalenti all’ultima trasgressione marina, e del cuneo sedimentario olocenico da cui sono sepolti. Tramite i dati forniti da strumenti geofisici, quali l’ecoscandaglio a fascio multiplo (Multibeam) e i profili sismici Chirp Sub-bottom, è stato possibile lo studio di tali elementi e la redazione di due mappe che riportano le isobate delle profondità della superficie di massima ingressione marina e degli isospessori del cuneo olocenico di stazionamento alto. I depositi, nel corso del lavoro, sono stati suddivisi per facilitare la loro descrizione. L'analisi dei depositi trasgressivi ha permesso il riconoscimento di elementi morfologici quali frecce litorali (spit), isole barriera (barrier island), sistemi barriera-laguna e un sistema deltizio sommerso. Queste elementi sono stati ricondotti dunque ad una piattaforma relitta, ormai sommersa, le cui morfologie sono state plasmate dall'ultima trasgressione marina. Grazie ai profili chirp subbottom è stato inoltre possibile riconoscere un basamento carbonatico Meso-Cenozoico con un area di 23 km². I depositi olocenici di stazionamento alto occupano circa l'88% della superficie della piattaforma analizzata. Gli spessori maggiori, corrispondenti a 25m, sono stati riscontrati in prossimità della costa da cui degradano verso nord fino ad estinguersi. L'estensione del cuneo olocenico risulta essere influenzata dalle correnti, che trasportano i sedimenti verso est, dalla presenza degli alti morfologici, in prossimità della cui superficie i sedimenti si arrestano, e dall'apporto fluviale fornito dalle fiumare che sfociano nella zona analizzata. Quest'ultimo è il fattore che influenza maggiormente lo spessore del cuneo. Nelle aree di piattaforma prossime alle foci fluviali inoltre è stata riscontrata la deposizione di materiali grossolani che lateralmente sfumano a fini attraverso contatti eteropici.

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L’utilizzo del Multibeam Echo sounder (MBES) in ambienti di transizione poco profondi, con condizioni ambientali complesse come la laguna di Venezia, è ancora in fase di studio e i dati biologici e sedimentologici inerenti ai canali della laguna di Venezia sono attualmente scarsi e datati in letteratura. Questo studio ha lo scopo di mappare gli habitat e gli oggetti antropici di un canale della laguna di Venezia in un intervallo di profondità tra 0.3 e 20 m (Canale San Felice) analizzando i dati batimetrici e di riflettività (backscatter) acquisiti da ISMAR-Venezia nell’ambito del progetto RITMARE. A tale scopo il fondale del canale San Felice (Venezia) è stato caratterizzato dal punto di vista geomorfologico, sedimentologico e biologico; descrivendo anche l’eventuale presenza di oggetti antropici. L’ecoscandaglio utilizzato è il Kongsberg EM2040 Dual-Compact Multibeam in grado di emettere 800 beam (400 per trasduttore) ad una frequenza massima di 400kHZ e ci ha consentito di ricavare ottimi risultati, nonostante le particolari caratteristiche degli ambienti lagunari. I dati acquisiti sono stati processati tramite il software CARIS Hydrographic information processing system (Hips) & Sips, attraverso cui è possibile applicare le correzioni di marea e velocità del suono e migliorare la qualità dei dati grezzi ricavati da MBES. I dati sono stati quindi convertiti in ESRI Grid, formato compatibile con il software ArcGIS 10.2.1 (2013) che abbiamo impiegato per le interpretazioni e per la produzione delle mappe. Tecniche di ground-truthing, basate su riprese video e prelievi di sedimento (benna Van Veen 7l), sono state utilizzate per validare il backscatter, dimostrandosi molto efficaci e soddisfacenti per poter descrivere i fondali dal punto di vista biologico e del substrato e quindi degli habitat del canale lagunare. Tutte le informazioni raccolte durante questo studio sono state organizzate all’interno di un geodatabase, realizzato per i dati relativi alla laguna di Venezia.

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Il litorale di Senigallia si sviluppa ai due lati del porto ed è caratterizzato da una costa bassa e sabbiosa, che già nei decenni passati ha risentito dell’influenza del porto nel tratto sottocorrente, in cui sono state installate delle opere di difesa. Nei primi anni del 2000 il porto ha subito ulteriori modifiche con possibili altri impatti sulla spiaggia emersa e sommersa. In tale ambito, la ditta Geomarine S.r.l. di Senigallia, su commissione del Comune di Senigallia, ha eseguito dei rilievi topo-batimetrici su un tratto del litorale del medesimo Comune dal 2009 al 2015. In questo lavoro di tesi ho partecipato personalmente alla campagna di misura del 2015. Per le indagini nella spiaggia sommersa è stata utilizzata una strumentazione Singlebeam e Multibeam mentre per i rilievi topografici è stato utilizzato un sistema GPS-NRTK. Con i dati acquisiti, elaborati e processati, è stato costruito un DTM con una carta delle isoipse e isobate dell’area. Allo scopo di integrare la ricostruzione morfologica ottenuta per l’area con informazioni sul sedimento presente, sono stati realizzati dei campionamenti lungo gli stessi transetti adottati in precedenti campagne sedimentologiche svolte dalla Regione Marche. I campioni sono stati successivamente sottoposti ad un’analisi granulometrica e i risultati confrontati tra loro e con quelli raccolti nei decenni precedenti. I risultati dei rilievi topo-batimetrici sono stati, infine, confrontati tra loro sui diversi intervalli temporali di acquisizione, per comprendere l’evoluzione del tratto di costa studiato nel breve termine e come i fattori naturali e antropici possano aver influito sui cambiamenti osservati. Per inquadrare l’evoluzione dell’area d’interesse su un arco temporale più ampio (1955-2015) si è poi effettuata un’analisi semi-qualitativa/quantitativa dell’andamento nel medio termine della linea di riva a partire da foto aeree.

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Il Lago di Cavazzo (o dei Tre Comuni) è il più esteso lago naturale del Friuli Venezia Giulia. Situato nelle Prealpi Carniche, in provincia di Udine, è ubicato in un’antica valle scavata in epoca pre – glaciale dal fiume Tagliamento, che oggi scorre circa 3 km ad Est. A partire dagli anni ’40, la S.A.D.E. (ora Edipower) ottenne le concessioni per la costruzione di una serie di impianti idroelettrici in tutto il Friuli Venezia Giulia che nel 1954 portò alla realizzazione della Centrale idroelettrica di Somplago, costruita in caverna lungo la sponda Nord – occidentale del lago. La Centrale turbina le acque di scarico provenienti dai bacini di accumulo superiori («Lumiei», «Ambiesta») e da altre prese minori sul Tagliamento, immettendo a sua volta le acque turbinate all’interno del lago di Cavazzo tramite galleria. Dai dati disponibili in letteratura, dalle cronache e dai resoconti riportati dalla popolazione locale, l’attività della Centrale ha notevolmente influenzato l’equilibrio di questo ambiente, in termini geologici, biologici ed idrologici, soprattutto a causa dell’enorme volume di acqua fredda (e relativi sedimenti) scaricata, delle continue variazioni di livello dell’acqua per regolarne il volume di invaso e dello scavo del canale emissario, localizzato nell’estremità meridionale. Nel Maggio 2015 l’ISMAR – CNR di Bologna ha effettuato un rilievo geofisico del lago, tramite tecniche non distruttive di ecografia e sismica a riflessione, in grado di analizzare la stratigrafia superficiale e la distribuzione degli apporti sedimentari, con lo scopo di quantificare da questo punto di vista l’impatto della Centrale sul lago. I dati acquisiti, che comprendono profili sismici ad alta risoluzione, profili batimetrici single/multi – beam ed immagini side – scan sonar, sono stati successivamente elaborati per realizzare varie mappe tematiche (morfobatimetria, riflettività, gradiente topografico e spessore dei sedimenti penetrabili dal segnale sismico) che hanno permesso di descrivere l’attuale assetto deposizionale del lago. Sono stati inoltre effettuati alcuni carotaggi in vari punti della conca lacustre, al fine di quantificare il tasso di sedimentazione e le caratteristiche fisiche dei depositi. Scopo di questo lavoro di Tesi è stato analizzare, interpretare e discutere in una prospettiva di evoluzione ambientale del lago i dati geofisici e geologici raccolti nell’ambito della campagna del Maggio 2015 e reperiti in bibliografia.

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The past decade has seen significant increases in combustion-generated ambient particles, which contain a nanosized fraction (less than 100 nm), and even greater increases have occurred in engineered nanoparticles (NPs) propelled by the booming nanotechnology industry. Although inhalation of these particulates has become a public health concern, human health effects and mechanisms of action for NPs are not well understood. Focusing on the human airway smooth muscle cell, here we show that the cellular mechanical function is altered by particulate exposure in a manner that is dependent upon particle material, size and dose. We used Alamar Blue assay to measure cell viability and optical magnetic twisting cytometry to measure cell stiffness and agonist-induced contractility. The eight particle species fell into four categories, based on their respective effect on cell viability and on mechanical function. Cell viability was impaired and cell contractility was decreased by (i) zinc oxide (40-100 nm and less than 44 microm) and copper(II) oxide (less than 50 nm); cell contractility was decreased by (ii) fluorescent polystyrene spheres (40 nm), increased by (iii) welding fumes and unchanged by (iv) diesel exhaust particles, titanium dioxide (25 nm) and copper(II) oxide (less than 5 microm), although in none of these cases was cell viability impaired. Treatment with hydrogen peroxide up to 500 microM did not alter viability or cell mechanics, suggesting that the particle effects are unlikely to be mediated by particle-generated reactive oxygen species. Our results highlight the susceptibility of cellular mechanical function to particulate exposures and suggest that direct exposure of the airway smooth muscle cells to particulates may initiate or aggravate respiratory diseases.

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Laser tissue welding and soldering is being increasingly used in the clinical setting for defined surgical procedures. The exact induced changes responsible for tensile strength are not yet fully investigated. To further improve the strength of the bonding, a better understanding of the laser impact at the subcellular level is necessary. The goal of this study was to analyze whether the effect of laser irradiation on covalent bonding in pure collagen using irradiances typically applied for tissue soldering. Pure rabbit and equine type I collagen were subjected to laser irradiation. In the first part of the study, rabbit and equine collagen were compared using identical laser and irradiation settings. In the second part of the study, equine collagen was irradiated at increasing laser powers. Changes in covalent bonding were studied indirectly using the sodium dodecylsulfate polyacrylamide gel electrophoresis (SDS-PAGE) technique. Tensile strengths of soldered membranes were measured with a calibrated tensile force gauge. In the first experiment, no differences between the species-specific collagen bands were noted, and no changes in banding were found on SDS-PAGE after laser irradiation. In the second experiment, increasing laser irradiation power showed no effect on collagen banding in SDS-PAGE. Finally, the laser tissue soldering of pure collagen membranes showed virtually no determinable tensile strength. Laser irradiation of pure collagen at typical power settings and exposure times generally used in laser tissue soldering does not induce covalent bonding between collagen molecules. This is true for both rabbit and equine collagen proveniences. Furthermore, soldering of pure collagen membranes without additional cellular components does not achieve the typical tensile strength reported in native, cell-rich tissues. This study is a first step in a better understanding of laser impact at the molecular level and might prove useful in engineering of combined collagen-soldering matrix membranes for special laser soldering applications.

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OBJECTIVES: To analyse the results of recent studies not yet included in a 2003 report of the International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) on occupational exposure to low-frequency electromagnetic fields as potential risk factor for neurodegenerative diseases. METHODS: A literature search was conducted in the online databases of PubMed, ISI Web of Knowledge, DIMDI and COCHRANE, as well as in specialised databases and journals. Eight studies published between January 2000 and July 2005 were included in the review. RESULTS: The findings of these studies contribute to the evidence of an association between occupational magnetic field exposure and the risk of dementia. Regarding amyotrophic lateral sclerosis, the recent results confirm earlier observations of an association with electric and electronic work and welding. Its relationship with magnetic field exposure remains unsolved. There are only few findings pointing towards an association between magnetic field exposure and Parkinson's disease. CONCLUSIONS: The epidemiological evidence for an association between occupational exposure to low-frequency electromagnetic fields and the risk of dementia has increased during the last five years. The impact of potential confounders should be evaluated in further studies.

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Hall thrusters have been under active development around the world since the 1960’s. Thrusters using traditional propellants such as xenon have been flown on a variety of satellite orbit raising and maintenance missions with an excellent record. To expand the mission envelope, it is necessary to lower the specific impulse of the thrusters but xenon and krypton are poor performers at specific impulses below 1,200 seconds. To enhance low specific impulse performance, this dissertation examines the development of a Hall-effect thruster which uses bismuth as a propellant. Bismuth, the heaviest non-radioactive element, holds many advantages over noble gas propellants from an energetics as well as a practical economic standpoint. Low ionization energy, large electron-impact crosssection and high atomic mass make bismuth ideal for low-specific impulse applications. The primary disadvantage lies in the high temperatures which are required to generate the bismuth vapors. Previous efforts carried out in the Soviet Union relied upon the complete bismuth vaporization and gas phase delivery to the anode. While this proved successful, the power required to vaporize and maintain gas phase throughout the mass flow system quickly removed many of the efficiency gains expected from using bismuth. To solve these problems, a unique method of delivering liquid bismuth to the anode has been developed. Bismuth is contained within a hollow anode reservoir that is capped by a porous metallic disc. By utilizing the inherent waste heat generated in a Hall thruster, liquid bismuth is evaporated and the vapors pass through the porous disc into the discharge chamber. Due to the high temperatures and material compatibility requirements, the anode was fabricated out of pure molybdenum. The porous vaporizer was not available commercially so a method of creating a refractory porous plate with 40-50% open porosity was developed. Molybdenum also does not respond well to most forms of welding so a diffusion bonding process was also developed to join the molybdenum porous disc to the molybdenum anode. Operation of the direct evaporation bismuth Hall thruster revealed interesting phenomenon. By utilizing constant current mode on a discharge power supply, the discharge voltage settles out to a stable operating point which is a function of discharge current, anode face area and average pore size on the vaporizer. Oscillations with a 40 second period were also observed. Preliminary performance data suggests that the direct evaporation bismuth Hall thruster performs similar to xenon and krypton Hall thrusters. Plume interrogation with a Retarding Potential Analyzer confirmed that bismuth ions were being efficiently accelerated while Faraday probe data gave a view of the ion density in the exhausted plume.

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The original objective of this project was to determine the effect of varying current intensity and electrode coating composition upon the spatter losses and porosity of arc welds made by alternating current. This subject was suggested by the Welding Research Council of the Engineering Foundation, which is a clearing house for welding research in order to avoid du­plication of work.

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Two sets of weld-test coupons, supposedly made under identical conditions, were submitted to this institution last year for approval and certification under the A.S.M.E. Welder's Qualification Code. The first set of coupons was unsatisfactory. The second set, made by the same operators one month later, was satisfactory.

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In the modern aspect of powder metallurgy, the first use of a sintering process was in making filaments for incandescent electric lamps.In the short while from the day of Edison to the pres­ent, the science of working with metal powders has advanced by leaps and bounds.

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In a relatively short period of sixty-five years, aluminum has grown to the rank of fifth in total weight of met­als produced in the world. Throughout its short life, aluminum has been found to have excellent corrosion-resistant properties; yet only in recent years has aluminum been under consideration as a corrosion-resistant coating for iron and steel.

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Hydroakustische Methoden werden oft zur Vermessung von archäologischen Fundstellen und zur Objektsuche in der Flachwasserzone von Seen und Flüssen eingesetzt. In diesem Beitrag werden die technischen Grundlagen hydroakustischer Messverfahren erläutert und eine kurze Beschreibung üblicherweise eingesetzter Mess- geräte gegeben. Anschließend zeigen wir Beispiele von Vermessungen mit unterschiedlichen Singlebeam-Echo- loten, Multibeam-Echoloten, einem Sidescan-Sonar und einem Interferometrischen Sonar. Mit den Arbeiten aus dem Bodensee, Zürichsee und dem Vierwaldstättersee werden die Möglichkeiten und Grenzen der Hydroakus- tik in der Binnengewässerarchäologie erläutert.

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Sanidine separates from pumice of the early Miocene Peach Springs Tuff are concordantly dated at 18.5 ± 0.2 Ma by two isotopic techniques. The Peach Springs Tuff is the only known unit that can be correlated between isolated outcrops of Miocene strata from the central Mojave Desert of southeastern California to the western Colorado Plateau in Arizona, across five structural provinces, a distance of 350 km. Thus the age of the Peach Springs Tuff is important to structural and paleogeographic reconstructions of a large region. Biotite and sanidine separates from bulk samples of the Peach Springs Tuff from zones of welding and vapor-phase alteration have not produced consistent ages by the K-Ar method. Published ages of mineral separates from 17 localities ranged from 16.2 to 20.5 Ma. Discordant 40Ar/39Ar incremental release spectra were obtained for one biotite and two of the sanidine separates. Ages that correspond to the last gas increments are as old as 27 Ma. The 40Ar/39Ar incremental release determinations on sanidine separated from blocks of Peach Springs Tuff pumice yield ages of 18.3 ± 0.3 and 18.6 ± 0.4 Ma. Laser fusion measurements yield a mean age of 18.51 ± 0.10. The results suggest that sanidine and biotite K-Ar ages older than about 18.5 Ma are due to inherited Ar from pre-Tertiary contaminants, which likely were incorporated into the tuff during deposition. Sanidine K-Ar ages younger than 18 Ma probably indicate incomplete extraction of radiogenic 40Ar, whereas laser fusion dates of biotite and hornblende younger than 18 Ma likely are due to postdepositional alteration. Laser fusion ages as high as 19.01 Ma on biotite grains from pumice suggest that minerals from pre-Tertiary country rocks also were incorporated in the magma chamber.