993 resultados para UNION EUROPEA - POLITICA EXTERIOR - 2006-2009
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Il coordinamento tra sistemi impositivi è una questione originaria e tipica del diritto comunitario. La tesi ne esplora le conseguenze sotto più aspetti.
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Questa tesi di dottorato ha per oggetto l’analisi della dimensione esterna della tutela dei dati personali, ossia lo studio dei meccanismi attraverso cui il diritto dell’Unione Europea assicura ai dati che vengono trasferiti verso Paesi terzi un elevato livello di protezione. In questo modo la tesi si propone di evidenziare i risultati conseguiti alla luce di quella che si rivela sempre più essere una vera e propria “politica estera legislativa” dell’Unione Europea volta alla protezione del diritto fondamentale alla tutela dei dati personali.
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La tesi si propone di ricostruire la struttura attuale dell'autonomia finanziaria degli enti locali italiani, e in particolare le regioni italiane, alla luce delle riforme legislative e costituzionali approvate dal Parlamento italiano negli ultimi anni (come ad esempio il bilancio riforma costituzionale equilibrata del 2012). Lo studio si concentra sulla situazione italiana alla luce dei vincoli europei introdotti nel corso degli anni, da quelli contenuti nel Trattato di Maastricht a quelli derivati dalla crisi economica e finanziaria. L'obiettivo è quello di verificare se le scelte del legislatore italiano possano dirsi coerenti con il processo di unione politica europea e quali conseguenze abbiano avuto sulla garanzia dei diritti. In particolare, lo studio si concentra sulla garanzia dei diritti sociali nel contesto politico ed economico attuale, a livello europeo e nazionale, con particolare attenzione al diritto alla salute.
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Il lavoro intende dimostrare che lo sviluppo giurisprudenziale del principio di equilibrio istituzionale, il rapporto tra detto principio e il principio di leale cooperazione, il riconoscimento istituzionale e giurisprudenziale dell’importanza della scelta della base giuridica nella tutela dell’equilibrio istituzionale hanno concorso a determinare la dinamicità dell’evoluzione dell’assetto interistituzionale della Comunità e dell’Unione. Focalizzata l’attenzione sulle nuove basi giuridiche introdotte dal Trattato di Lisbona, sono stati definiti gli assetti del nuovo equilibrio istituzionale analizzando, da un lato, il nuovo quadro istituzionale definito dal titolo III del Trattato sull’Unione europea e, in particolare la “costituzionalizzazione” del principio orizzontale di leale cooperazione. In conclusione, si rileva che con l´entrata in vigore del Trattato di Lisbona le dimensioni politica e giuridica dell’equilibrio istituzionale sono state interessate da due mutamenti di ampia portata. In primo luogo, il completamento del processo di revisione dei trattati apertosi con la dichiarazione di Laeken ha definito un nuovo quadro istituzionale, che si è riflesso in rinnovati meccanismi di funzionamento dell’architettura istituzionale. In secondo luogo, la risposta dell’Unione alla crisi economica e finanziaria ha messo al centro dell’agenda il suo bilancio, la programmazione pluriennale e l’Unione economica. Nel primo caso un’analisi dell’articolo 295 TFUE ha costituito la base di una riflessione sulle modalità di codificazione delle relazioni istituzionali attraverso accordi e sul rapporto tra questi ultimi e il titolo III TUE. Si è rilevata, in particolare, un’incongruenza tra gli obblighi di leale cooperazione orizzontale sanciti dall’articolo 13(2) TUE e gli strumenti finalizzati alla loro istituzionalizzazione. Nel secondo caso, invece, è stato evidenziato come il preminente ruolo del Consiglio europeo, al quale il Trattato di Lisbona ha riconosciuto lo status d'istituzione, abbia modificato gli equilibri, determinando un ritorno del ricorso all’integrazione differenziata rispetto a politiche disciplinate dai Trattati.
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La tesi analizza, sotto vari aspetti del diritto dell’Unione Europea, i servizi che sono offerti su spazi demaniali. Si articola in quattro capitoli: Il primo capitolo ricostruisce, valutandone l’impatto sui servizi che sono oggetto della presente indagine, lo sviluppo giurisprudenziale della Libertà di Stabilimento e della Libera Prestazione di Servizi, analizzando, altresì, i principi generali e l’art.16 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione. Il secondo capitolo è, invece, dedicato al diritto secondario, ossia alla Direttiva 2006/123/CE, alle Direttive “Appalti” e alla Direttiva “Concessioni”. La prima, che nulla aggiunge al quadro normativo trattato nel primo capitolo, svolge, pertanto una vera e propria funzione appaltante e concessoria. Le seconde, invece, seppur non applicabili alle fattispecie ivi esaminate, restano utili per comprendere quale declinazione possano avere i principi di eguaglianza, di non discriminazione, di trasparenza, di pubblicità e di concorrenza nella regolazione dei servizi offerti su spazi demaniali. La terza, invece, in quanto a rilevanza, presenta alcuni punti critici che fanno propendere per una sua non applicabilità. Resta comunque utile sempre in materia di principi, i quali, come evidenziato nell’ultima parte del secondo capitolo, sono stati utilizzati dalla Corte di Giustizia, pur nella totale assenza, fino alla recente direttiva, di strumenti di diritto secondario applicabili alle concessioni. Il terzo capitolo, invece, affronta le problematiche emerse all’interno dell’ordinamento italiano e attua una comparazione tra il sistema italiano e quello portoghese, croato, francese, spagnolo. Il quarto capitolo, da ultimo, prende in considerazione il delicato equilibrio, sempre più attuale, tra principi in materia di appalti pubblici e aiuti di Stato, valutando come, sia il permanere dello status quo, sia un riordino non conforme alla Direttiva 2006/123/CE e ai principi da essa richiamati possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.
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Swiss aquaculture farms were assessed according to their risk of acquiring or spreading viral haemorrhagic septicaemia (VHS) and infectious haematopoietic necrosis (IHN). Risk factors for the introduction and spread of VHS and IHN were defined and assessed using published data and expert opinions. Among the 357 aquaculture farms identified in Switzerland, 49.3% were categorised as high risk, 49.0% as medium risk and 1.7% as low risk. According to the new Directive 2006/88/EC for aquaculture of the European Union, the frequency of farm inspections must be derived from their risk levels. A sensitivity analysis showed that water supply and fish movements were highly influential on the output of the risk assessment regarding the introduction of VHS and IHN. Fish movements were also highly influential on the risk assessment output regarding the spread of these diseases.
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Purpose. To evaluate the presence of Community Associated–Methicillin Resistant Staphylococcus Aureus, CA-MRSA, in abscesses and skin and soft tissue infections presenting at 9 urgent care clinics in San Antonio, TX. ^ Methods. During the 40-month retrospective study (April 2006 to August 2009), wound cultures collected in 9 urgent care centers were evaluated for MRSA growth, antibiotics prescribed, follow up wound care, and antibiotic prescribing habits by physicians for all patients presenting with abscesses and skin/soft tissue infections. ^ Results. Across 9 urgent care centers in San Antonio, TX, 36,797 abscesses and cases of skin and soft tissue infections were treated during 40 months. Of the 36,797 cases, 9290 patients had wound cultures sent with 5,630 cultures sent to Texas MedClinic’s primary lab. Of the 5630 cultures sent to their primary lab, this reflected a prevalence of 4727 (84 %) cultures were positive for MRSA. Of the 9290 patients who had a wound culture sent (April 10th, 2006 to August 31st, 2009), a total of 4,307 antibiotics were prescribed. The top five antibiotics prescribed for CA-MRSA were Bactrim (55.5%), Clindamycin (18.4%), Bactroban (5%), Amoxicillin (3.5%), and Doxycycline (3%) representing 85.4% of the antibiotics prescribed. 8809/9290 (94.8%) of patients required no more than 3 follow up visits. Of the 33 physicians working full time during the entire study period, 29/33 (87.8%) of the physicians were family medicine physicians and represented varied prescribing rates of antibiotics between 11-76% with 26/33 (78.8%) of physicians prescribing antibiotics greater than 40% of the time.^ Conclusions. Abscesses and soft tissue infections are a common presenting complaint to urgent care centers. This study reveals that antibiotic-prescribing practices can be improved with physician education since this high prevalence was not known previously. Also, treating abscesses with limited packing has been shown to be a viable option in this particular circumstance and would be open field for additional clinical research. Due to the high prevalence of CA-MRSA skin and soft tissue infections among patients presenting to urgent care centers presumptive treatment for MRSA is indicated. Increasing levels of resistance to penicillin antibiotics is concerning and warrants alternative antibiotic management strategies.^
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Esta tesis examina las implicaciones técnicas, políticas y espaciales del aire urbano, y en concreto, de la calidad del aire, para tenerlo en cuenta desde una perspectiva arquitectónica. En oposición a formas de entender el aire como un vacío o como una metáfora, este proyecto propone abordarlo desde un acercamiento material y tecnológico, trayendo el entorno al primer plano y reconociendo sus múltiples agencias. Debido a la escasa bibliografía detectada en el campo de la arquitectura, el objetivo es construir un marco teórico-analítico para considerar el aire urbano. Para ello el trabajo construye Aeropolis, una metáfora heurística que describe el ensamblaje sociotecnico de la ciudad. Situada en la intersección de determinadas ramas de la filosofía de la cultura, los estudios sobre ciencia y tecnología y estudios feministas de la ciencia este nuevo paisaje conceptual ofrece una metodología y herramientas para abordar el objeto de estudio desde distintos ángulos. Estas herramientas metodológicas han sido desarrolladas en el contexto específico de Madrid, ciudad muy contaminada cuyo aire ha sido objeto de controversias políticas y sociales, y donde las políticas y tecnologías para reducir sus niveles no han sido exitosas. Para encontrar una implicación alternativa con el aire esta tesis propone un método de investigación de agentes invisibles a partir del análisis de sus dispositivos epistémicos. Se centra, en concreto, en los instrumentos que miden, visualizan y comunican la calidad del aire, proponiendo que no sólo lo representan, sino que son también instrumentos que diseñan el aire y la ciudad. La noción de “sensing” (en castellano medir y sentir) es expandida, reconociendo distintas prácticas que reconstruyen el aire de Madrid. El resultado de esta estrategia no es sólo la ampliación de los espacios desde los que relacionarnos con el aire, sino también la legitimación de prácticas existentes fuera de contextos científicos y administrativos, como por ejemplo prácticas relacionadas con el cuerpo, así como la redistribución de agencias entre más actores. Así, esta tesis trata sobre toxicidad, la Unión Europea, producción colaborativa, modelos de computación, dolores de cabeza, kits DIY, gases, cuerpos humanos, salas de control, sangre o políticos, entre otros. Los dispositivos que sirven de datos empíricos sirven como un ejemplo excepcional para investigar infraestructuras digitales, permitiendo desafiar nociones sobre Ciudades Inteligentes. La tesis pone especial atención en los efectos del aire en el espacio público, reconociendo los procesos de invisibilización que han sufrido sus infraestructuras de monitorización. Para terminar se exponen líneas de trabajo y oportunidades para la arquitectura y el diseño urbano a través de nuevas relaciones entre infraestructuras urbanas, el medio construido, espacios domésticos y públicos y humanos y no humanos, para crear nuevas ecologías políticas urbanas (queer). ABSTRACT This thesis examines the technical, political and spatial implications of urban air, and more specifically "air quality", in order to consider it from an architectural perspective. In opposition to understandings of the air either as a void or as a metaphor, this project proposes to inspect it from a material and technical approach, bringing the background to the fore and acknowledging its multiple agencies. Due to the scarce bibliography within the architectural field, its first aim is to construct a theoretical and analytical framework from which to consider urban air. For this purpose, the work attempts the construction of Aeropolis, a heuristic metaphor that describes the city's aero socio-material assemblage. Located at the intersection of certain currents in cultural philosophy, science and technology studies as well as feminist studies in technoscience, this framework enables a methodology and toolset to be extracted in order to approach the subject matter from different angles. The methodological tools stemming from this purpose-built framework were put to the test in a specific case study: Madrid, a highly polluted city whose air has been subject to political and social controversies, and where no effective policies or technologies have been successful in reducing its levels of pollution. In order to engage with the air, the thesis suggests a method for researching invisible agents by examining the epistemic devices involved. It locates and focuses on the instruments that sense, visualise and communicate urban air, claiming that they do not only represent it, but are also instruments that design the air and the city. The notion of "sensing" is then expanded by recognising different practices which enact the air in Madrid. The work claims that the result of this is not only the opening up of spaces for engagement but also the legitimisation of existing practices outside science and policymaking environments, such as embodied practices, as well as the redistribution of agency among more actors. So this is a thesis about toxicity, the European Union, collaborative production, scientific computational models, headaches, DIY kits, gases, human bodies, control rooms, blood, or politicians, among many others. The devices found throughout the work serve as an exceptional substrate for an investigation of digital infrastructures, enabling to challenge Smart City tropes. There is special attention paid to the effects of the air on the public space, acknowledging the silencing processes these infrastructures have been subjected to. Finally there is an outline of the opportunities arising for architecture and urban design when taking the air into account, to create new (queer) urban political ecologies between the air, urban infrastructures, the built environment, public and domestic spaces, and humans and more than humans.
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El 10 de octubre de 2008 la Organización Marítima Internacional (OMI) firmó una modificación al Anexo VI del convenio MARPOL 73/78, por la que estableció una reducción progresiva de las emisiones de óxidos de azufre (SOx) procedentes de los buques, una reducción adicional de las emisiones de óxidos de nitrógeno (NOx), así como límites en las emisiones de dióxido de Carbono (CO2) procedentes de los motores marinos y causantes de problemas medioambientales como la lluvia ácida y efecto invernadero. Centrándonos en los límites sobre las emisiones de azufre, a partir del 1 de enero de 2015 esta normativa obliga a todos los buques que naveguen por zonas controladas, llamadas Emission Control Area (ECA), a consumir combustibles con un contenido de azufre menor al 0,1%. A partir del 1 de enero del año 2020, o bien del año 2025, si la OMI decide retrasar su inicio, los buques deberán consumir combustibles con un contenido de azufre menor al 0,5%. De igual forma que antes, el contenido deberá ser rebajado al 0,1%S, si navegan por el interior de zonas ECA. Por su parte, la Unión Europea ha ido más allá que la OMI, adelantando al año 2020 la aplicación de los límites más estrictos de la ley MARPOL sobre las aguas de su zona económica exclusiva. Para ello, el 21 de noviembre de 2013 firmó la Directiva 2012 / 33 / EU como adenda a la Directiva de 1999. Tengamos presente que la finalidad de estas nuevas leyes es la mejora de la salud pública y el medioambiente, produciendo beneficios sociales, en forma de reducción de enfermedades, sobre todo de tipo respiratorio, a la vez que se reduce la lluvia ácida y sus nefastas consecuencias. La primera pregunta que surge es ¿cuál es el combustible actual de los buques y cuál será el que tengan que consumir para cumplir con esta Regulación? Pues bien, los grandes buques de navegación internacional consumen hoy en día fuel oil con un nivel de azufre de 3,5%. ¿Existen fueles con un nivel de azufre de 0,5%S? Como hemos concluido en el capítulo 4, para las empresas petroleras, la producción de fuel oil como combustible marino es tratada como un subproducto en su cesta de productos refinados por cada barril de Brent, ya que la demanda de fuel respecto a otros productos está bajando y además, el margen de beneficio que obtienen por la venta de otros productos petrolíferos es mayor que con el fuel. Así, podemos decir que las empresas petroleras no están interesadas en invertir en sus refinerías para producir estos fueles con menor contenido de azufre. Es más, en el caso de que alguna compañía decidiese invertir en producir un fuel de 0,5%S, su precio debería ser muy similar al del gasóleo para poder recuperar las inversiones empleadas. Por lo tanto, el único combustible que actualmente cumple con los nuevos niveles impuestos por la OMI es el gasóleo, con un precio que durante el año 2014 estuvo a una media de 307 USD/ton más alto que el actual fuel oil. Este mayor precio de compra de combustible impactará directamente sobre el coste del trasporte marítimo. La entrada en vigor de las anteriores normativas está suponiendo un reto para todo el sector marítimo. Ante esta realidad, se plantean diferentes alternativas con diferentes implicaciones técnicas, operativas y financieras. En la actualidad, son tres las alternativas con mayor aceptación en el sector. La primera alternativa consiste en “no hacer nada” y simplemente cambiar el tipo de combustible de los grandes buques de fuel oil a gasóleo. Las segunda alternativa es la instalación de un equipo scrubber, que permitiría continuar con el consumo de fuel oil, limpiando sus gases de combustión antes de salir a la atmósfera. Y, por último, la tercera alternativa consiste en el uso de Gas Natural Licuado (GNL) como combustible, con un precio inferior al del gasóleo. Sin embargo, aún existen importantes incertidumbres sobre la evolución futura de precios, operación y mantenimiento de las nuevas tecnologías, inversiones necesarias, disponibilidad de infraestructura portuaria e incluso el desarrollo futuro de la propia normativa internacional. Estas dudas hacen que ninguna de estas tres alternativas sea unánime en el sector. En esta tesis, tras exponer en el capítulo 3 la regulación aplicable al sector, hemos investigado sus consecuencias. Para ello, hemos examinado en el capítulo 4 si existen en la actualidad combustibles marinos que cumplan con los nuevos límites de azufre o en su defecto, cuál sería el precio de los nuevos combustibles. Partimos en el capítulo 5 de la hipótesis de que todos los buques cambian su consumo de fuel oil a gasóleo para cumplir con dicha normativa, calculamos el incremento de demanda de gasóleo que se produciría y analizamos las consecuencias que este hecho tendría sobre la producción de gasóleos en el Mediterráneo. Adicionalmente, calculamos el impacto económico que dicho incremento de coste producirá sobre sector exterior de España. Para ello, empleamos como base de datos el sistema de control de tráfico marítimo Authomatic Identification System (AIS) para luego analizar los datos de todos los buques que han hecho escala en algún puerto español, para así calcular el extra coste anual por el consumo de gasóleo que sufrirá el transporte marítimo para mover todas las importaciones y exportaciones de España. Por último, en el capítulo 6, examinamos y comparamos las otras dos alternativas al consumo de gasóleo -scrubbers y propulsión con GNL como combustible- y, finalmente, analizamos en el capítulo 7, la viabilidad de las inversiones en estas dos tecnologías para cumplir con la regulación. En el capítulo 5 explicamos los numerosos métodos que existen para calcular la demanda de combustible de un buque. La metodología seguida para su cálculo será del tipo bottom-up, que está basada en la agregación de la actividad y las características de cada tipo de buque. El resultado está basado en la potencia instalada de cada buque, porcentaje de carga del motor y su consumo específico. Para ello, analizamos el número de buques que navegan por el Mediterráneo a lo largo de un año mediante el sistema AIS, realizando “fotos” del tráfico marítimo en el Mediterráneo y reportando todos los buques en navegación en días aleatorios a lo largo de todo el año 2014. Por último, y con los datos anteriores, calculamos la demanda potencial de gasóleo en el Mediterráneo. Si no se hace nada y los buques comienzan a consumir gasóleo como combustible principal, en vez del actual fuel oil para cumplir con la regulación, la demanda de gasoil en el Mediterráneo aumentará en 12,12 MTA (Millones de Toneladas Anuales) a partir del año 2020. Esto supone alrededor de 3.720 millones de dólares anuales por el incremento del gasto de combustible tomando como referencia el precio medio de los combustibles marinos durante el año 2014. El anterior incremento de demanda en el Mediterráneo supondría el 43% del total de la demanda de gasóleos en España en el año 2013, incluyendo gasóleos de automoción, biodiesel y gasóleos marinos y el 3,2% del consumo europeo de destilados medios durante el año 2014. ¿Podrá la oferta del mercado europeo asumir este incremento de demanda de gasóleos? Europa siempre ha sido excedentaria en gasolina y deficitaria en destilados medios. En el año 2009, Europa tuvo que importar 4,8 MTA de Norte América y 22,1 MTA de Asia. Por lo que, este aumento de demanda sobre la ya limitada capacidad de refino de destilados medios en Europa incrementará las importaciones y producirá también aumentos en los precios, sobre todo del mercado del gasóleo. El sector sobre el que más impactará el incremento de demanda de gasóleo será el de los cruceros que navegan por el Mediterráneo, pues consumirán un 30,4% de la demanda de combustible de toda flota mundial de cruceros, lo que supone un aumento en su gasto de combustible de 386 millones de USD anuales. En el caso de los RoRos, consumirían un 23,6% de la demanda de la flota mundial de este tipo de buque, con un aumento anual de 171 millones de USD sobre su gasto de combustible anterior. El mayor incremento de coste lo sufrirán los portacontenedores, con 1.168 millones de USD anuales sobre su gasto actual. Sin embargo, su consumo en el Mediterráneo representa sólo el 5,3% del consumo mundial de combustible de este tipo de buques. Estos números plantean la incertidumbre de si semejante aumento de gasto en buques RoRo hará que el transporte marítimo de corta distancia en general pierda competitividad sobre otros medios de transporte alternativos en determinadas rutas. De manera que, parte del volumen de mercancías que actualmente transportan los buques se podría trasladar a la carretera, con los inconvenientes medioambientales y operativos, que esto produciría. En el caso particular de España, el extra coste por el consumo de gasóleo de todos los buques con escala en algún puerto español en el año 2013 se cifra en 1.717 millones de EUR anuales, según demostramos en la última parte del capítulo 5. Para realizar este cálculo hemos analizado con el sistema AIS a todos los buques que han tenido escala en algún puerto español y los hemos clasificado por distancia navegada, tipo de buque y potencia. Este encarecimiento del transporte marítimo será trasladado al sector exterior español, lo cual producirá un aumento del coste de las importaciones y exportaciones por mar en un país muy expuesto, pues el 75,61% del total de las importaciones y el 53,64% del total de las exportaciones se han hecho por vía marítima. Las tres industrias que se verán más afectadas son aquellas cuyo valor de mercancía es inferior respecto a su coste de transporte. Para ellas los aumentos del coste sobre el total del valor de cada mercancía serán de un 2,94% para la madera y corcho, un 2,14% para los productos minerales y un 1,93% para las manufacturas de piedra, cemento, cerámica y vidrio. Las mercancías que entren o salgan por los dos archipiélagos españoles de Canarias y Baleares serán las que se verán más impactadas por el extra coste del transporte marítimo, ya que son los puertos más alejados de otros puertos principales y, por tanto, con más distancia de navegación. Sin embargo, esta no es la única alternativa al cumplimiento de la nueva regulación. De la lectura del capítulo 6 concluimos que las tecnologías de equipos scrubbers y de propulsión con GNL permitirán al buque consumir combustibles más baratos al gasoil, a cambio de una inversión en estas tecnologías. ¿Serán los ahorros producidos por estas nuevas tecnologías suficientes para justificar su inversión? Para contestar la anterior pregunta, en el capítulo 7 hemos comparado las tres alternativas y hemos calculado tanto los costes de inversión como los gastos operativos correspondientes a equipos scrubbers o propulsión con GNL para una selección de 53 categorías de buques. La inversión en equipos scrubbers es más conveniente para buques grandes, con navegación no regular. Sin embargo, para buques de tamaño menor y navegación regular por puertos con buena infraestructura de suministro de GNL, la inversión en una propulsión con GNL como combustible será la más adecuada. En el caso de un tiempo de navegación del 100% dentro de zonas ECA y bajo el escenario de precios visto durante el año 2014, los proyectos con mejor plazo de recuperación de la inversión en equipos scrubbers son para los cruceros de gran tamaño (100.000 tons. GT), para los que se recupera la inversión en 0,62 años, los grandes portacontenedores de más de 8.000 TEUs con 0,64 años de recuperación y entre 5.000-8.000 TEUs con 0,71 años de recuperación y, por último, los grandes petroleros de más de 200.000 tons. de peso muerto donde tenemos un plazo de recuperación de 0,82 años. La inversión en scrubbers para buques pequeños, por el contrario, tarda más tiempo en recuperarse llegando a más de 5 años en petroleros y quimiqueros de menos de 5.000 toneladas de peso muerto. En el caso de una posible inversión en propulsión con GNL, las categorías de buques donde la inversión en GNL es más favorable y recuperable en menor tiempo son las más pequeñas, como ferris, cruceros o RoRos. Tomamos ahora el caso particular de un buque de productos limpios de 38.500 toneladas de peso muerto ya construido y nos planteamos la viabilidad de la inversión en la instalación de un equipo scrubber o bien, el cambio a una propulsión por GNL a partir del año 2015. Se comprueba que las dos variables que más impactan sobre la conveniencia de la inversión son el tiempo de navegación del buque dentro de zonas de emisiones controladas (ECA) y el escenario futuro de precios del MGO, HSFO y GNL. Para realizar este análisis hemos estudiado cada inversión, calculando una batería de condiciones de mérito como el payback, TIR, VAN y la evolución de la tesorería del inversor. Posteriormente, hemos calculado las condiciones de contorno mínimas de este buque en concreto para asegurar una inversión no sólo aceptable, sino además conveniente para el naviero inversor. En el entorno de precios del 2014 -con un diferencial entre fuel y gasóleo de 264,35 USD/ton- si el buque pasa más de un 56% de su tiempo de navegación en zonas ECA, conseguirá una rentabilidad de la inversión para inversores (TIR) en el equipo scrubber que será igual o superior al 9,6%, valor tomado como coste de oportunidad. Para el caso de inversión en GNL, en el entorno de precios del año 2014 -con un diferencial entre GNL y gasóleo de 353,8 USD/ton FOE- si el buque pasa más de un 64,8 % de su tiempo de navegación en zonas ECA, conseguirá una rentabilidad de la inversión para inversores (TIR) que será igual o superior al 9,6%, valor del coste de oportunidad. Para un tiempo en zona ECA estimado de un 60%, la rentabilidad de la inversión (TIR) en scrubbers para los inversores será igual o superior al 9,6%, el coste de oportunidad requerido por el inversor, para valores del diferencial de precio entre los dos combustibles alternativos, gasóleo (MGO) y fuel oil (HSFO) a partir de 244,73 USD/ton. En el caso de una inversión en propulsión GNL se requeriría un diferencial de precio entre MGO y GNL de 382,3 USD/ton FOE o superior. Así, para un buque de productos limpios de 38.500 DWT, la inversión en una reconversión para instalar un equipo scrubber es más conveniente que la de GNL, pues alcanza rentabilidades de la inversión (TIR) para inversores del 12,77%, frente a un 6,81% en el caso de invertir en GNL. Para ambos cálculos se ha tomado un buque que navegue un 60% de su tiempo por zona ECA y un escenario de precios medios del año 2014 para el combustible. Po otro lado, las inversiones en estas tecnologías a partir del año 2025 para nuevas construcciones son en ambos casos convenientes. El naviero deberá prestar especial atención aquí a las características propias de su buque y tipo de navegación, así como a la infraestructura de suministros y vertidos en los puertos donde vaya a operar usualmente. Si bien, no se ha estudiado en profundidad en esta tesis, no olvidemos que el sector marítimo debe cumplir además con las otras dos limitaciones que la regulación de la OMI establece sobre las emisiones de óxidos de Nitrógeno (NOx) y Carbono (CO2) y que sin duda, requerirán adicionales inversiones en diversos equipos. De manera que, si bien las consecuencias del consumo de gasóleo como alternativa al cumplimiento de la Regulación MARPOL son ciertamente preocupantes, existen alternativas al uso del gasóleo, con un aumento sobre el coste del transporte marítimo menor y manteniendo los beneficios sociales que pretende dicha ley. En efecto, como hemos demostrado, las opciones que se plantean como más rentables desde el punto de vista financiero son el consumo de GNL en los buques pequeños y de línea regular (cruceros, ferries, RoRos), y la instalación de scrubbers para el resto de buques de grandes dimensiones. Pero, por desgracia, estas inversiones no llegan a hacerse realidad por el elevado grado de incertidumbre asociado a estos dos mercados, que aumenta el riesgo empresarial, tanto de navieros como de suministradores de estas nuevas tecnologías. Observamos así una gran reticencia del sector privado a decidirse por estas dos alternativas. Este elevado nivel de riesgo sólo puede reducirse fomentando el esfuerzo conjunto del sector público y privado para superar estas barreras de entrada del mercado de scrubbers y GNL, que lograrían reducir las externalidades medioambientales de las emisiones sin restar competitividad al transporte marítimo. Creemos así, que los mismos organismos que aprobaron dicha ley deben ayudar al sector naviero a afrontar las inversiones en dichas tecnologías, así como a impulsar su investigación y promover la creación de una infraestructura portuaria adaptada a suministros de GNL y a descargas de vertidos procedentes de los equipos scrubber. Deberían además, prestar especial atención sobre las ayudas al sector de corta distancia para evitar que pierda competitividad frente a otros medios de transporte por el cumplimiento de esta normativa. Actualmente existen varios programas europeos de incentivos, como TEN-T o Marco Polo, pero no los consideramos suficientes. Por otro lado, la Organización Marítima Internacional debe confirmar cuanto antes si retrasa o no al 2025 la nueva bajada del nivel de azufre en combustibles. De esta manera, se eliminaría la gran incertidumbre temporal que actualmente tienen tanto navieros, como empresas petroleras y puertos para iniciar sus futuras inversiones y poder estudiar la viabilidad de cada alternativa de forma individual. ABSTRACT On 10 October 2008 the International Maritime Organization (IMO) signed an amendment to Annex VI of the MARPOL 73/78 convention establishing a gradual reduction in sulphur oxide (SOx) emissions from ships, and an additional reduction in nitrogen oxide (NOx) emissions and carbon dioxide (CO2) emissions from marine engines which cause environmental problems such as acid rain and the greenhouse effect. According to this regulation, from 1 January 2015, ships travelling in an Emission Control Area (ECA) must use fuels with a sulphur content of less than 0.1%. From 1 January 2020, or alternatively from 2025 if the IMO should decide to delay its introduction, all ships must use fuels with a sulphur content of less than 0.5%. As before, this content will be 0.1%S for voyages within ECAs. Meanwhile, the European Union has gone further than the IMO, and will apply the strictest limits of the MARPOL directives in the waters of its exclusive economic zone from 2020. To this end, Directive 2012/33/EU was issued on 21 November 2013 as an addendum to the 1999 Directive. These laws are intended to improve public health and the environment, benefiting society by reducing disease, particularly respiratory problems. The first question which arises is: what fuel do ships currently use, and what fuel will they have to use to comply with the Convention? Today, large international shipping vessels consume fuel oil with a sulphur level of 3.5%. Do fuel oils exist with a sulphur level of 0.5%S? As we conclude in Chapter 4, oil companies regard marine fuel oil as a by-product of refining Brent to produce their basket of products, as the demand for fuel oil is declining in comparison to other products, and the profit margin on the sale of other petroleum products is higher. Thus, oil companies are not interested in investing in their refineries to produce low-sulphur fuel oils, and if a company should decide to invest in producing a 0.5%S fuel oil, its price would have to be very similar to that of marine gas oil in order to recoup the investment. Therefore, the only fuel which presently complies with the new levels required by the IMO is marine gas oil, which was priced on average 307 USD/tonne higher than current fuel oils during 2014. This higher purchasing price for fuel will have a direct impact on the cost of maritime transport. The entry into force of the above directive presents a challenge for the entire maritime sector. There are various alternative approaches to this situation, with different technical, operational and financial implications. At present three options are the most widespread in the sector. The first option consists of “doing nothing” and simply switching from fuel oil to marine gas oil in large ships. The second option is installing a scrubber system, which would enable ships to continue consuming fuel oil, cleaning the combustion gases before they are released to the atmosphere. And finally, the third option is using Liquefied Natural Gas (LNG), which is priced lower than marine gas oil, as a fuel. However, there is still significant uncertainty on future variations in prices, the operation and maintenance of the new technologies, the investments required, the availability of port infrastructure and even future developments in the international regulations themselves. These uncertainties mean that none of these three alternatives has been unanimously accepted by the sector. In this Thesis, after discussing all the regulations applicable to the sector in Chapter 3, we investigate their consequences. In Chapter 4 we examine whether there are currently any marine fuels on the market which meet the new sulphur limits, and if not, how much new fuels would cost. In Chapter 5, based on the hypothesis that all ships will switch from fuel oil to marine gas oil to comply with the regulations, we calculate the increase in demand for marine gas oil this would lead to, and analyse the consequences this would have on marine gas oil production in the Mediterranean. We also calculate the economic impact such a cost increase would have on Spain's external sector. To do this, we also use the Automatic Identification System (AIS) system to analyse the data of every ship stopping in any Spanish port, in order to calculate the extra cost of using marine gas oil in maritime transport for all Spain's imports and exports. Finally, in Chapter 6, we examine and compare the other two alternatives to marine gas oil, scrubbers and LNG, and in Chapter 7 we analyse the viability of investing in these two technologies in order to comply with the regulations. In Chapter 5 we explain the many existing methods for calculating a ship's fuel consumption. We use a bottom-up calculation method, based on aggregating the activity and characteristics of each type of vessel. The result is based on the installed engine power of each ship, the engine load percentage and its specific consumption. To do this, we analyse the number of ships travelling in the Mediterranean in the course of one year, using the AIS, a marine traffic monitoring system, to take “snapshots” of marine traffic in the Mediterranean and report all ships at sea on random days throughout 2014. Finally, with the above data, we calculate the potential demand for marine gas oil in the Mediterranean. If nothing else is done and ships begin to use marine gas oil instead of fuel oil in order to comply with the regulation, the demand for marine gas oil in the Mediterranean will increase by 12.12 MTA (Millions Tonnes per Annum) from 2020. This means an increase of around 3.72 billion dollars a year in fuel costs, taking as reference the average price of marine fuels in 2014. Such an increase in demand in the Mediterranean would be equivalent to 43% of the total demand for diesel in Spain in 2013, including automotive diesel fuels, biodiesel and marine gas oils, and 3.2% of European consumption of middle distillates in 2014. Would the European market be able to supply enough to meet this greater demand for diesel? Europe has always had a surplus of gasoline and a deficit of middle distillates. In 2009, Europe had to import 4.8 MTA from North America and 22.1 MTA from Asia. Therefore, this increased demand on Europe's already limited capacity for refining middle distillates would lead to increased imports and higher prices, especially in the diesel market. The sector which would suffer the greatest impact of increased demand for marine gas oil would be Mediterranean cruise ships, which represent 30.4% of the fuel demand of the entire world cruise fleet, meaning their fuel costs would rise by 386 million USD per year. ROROs in the Mediterranean, which represent 23.6% of the demand of the world fleet of this type of ship, would see their fuel costs increase by 171 million USD a year. The greatest cost increase would be among container ships, with an increase on current costs of 1.168 billion USD per year. However, their consumption in the Mediterranean represents only 5.3% of worldwide fuel consumption by container ships. These figures raise the question of whether a cost increase of this size for RORO ships would lead to short-distance marine transport in general becoming less competitive compared to other transport options on certain routes. For example, some of the goods that ships now carry could switch to road transport, with the undesirable effects on the environment and on operations that this would produce. In the particular case of Spain, the extra cost of switching to marine gas oil in all ships stopping at any Spanish port in 2013 would be 1.717 billion EUR per year, as we demonstrate in the last part of Chapter 5. For this calculation, we used the AIS system to analyse all ships which stopped at any Spanish port, classifying them by distance travelled, type of ship and engine power. This rising cost of marine transport would be passed on to the Spanish external sector, increasing the cost of imports and exports by sea in a country which relies heavily on maritime transport, which accounts for 75.61% of Spain's total imports and 53.64% of its total exports. The three industries which would be worst affected are those with goods of lower value relative to transport costs. The increased costs over the total value of each good would be 2.94% for wood and cork, 2.14% for mineral products and 1.93% for manufactured stone, cement, ceramic and glass products. Goods entering via the two Spanish archipelagos, the Canary Islands and the Balearic Islands, would suffer the greatest impact from the extra cost of marine transport, as these ports are further away from other major ports and thus the distance travelled is greater. However, this is not the only option for compliance with the new regulations. From our readings in Chapter 6 we conclude that scrubbers and LNG propulsion would enable ships to use cheaper fuels than marine gas oil, in exchange for investing in these technologies. Would the savings gained by these new technologies be enough to justify the investment? To answer this question, in Chapter 7 we compare the three alternatives and calculate both the cost of investment and the operating costs associated with scrubbers or LNG propulsion for a selection of 53 categories of ships. Investing in scrubbers is more advisable for large ships with no fixed runs. However, for smaller ships with regular runs to ports with good LNG supply infrastructure, investing in LNG propulsion would be the best choice. In the case of total transit time within an ECA and the pricing scenario seen in 2014, the best payback periods on investments in scrubbers are for large cruise ships (100,000 gross tonnage), which would recoup their investment in 0.62 years; large container ships, with a 0.64 year payback period for those over 8,000 TEUs and 0.71 years for the 5,000-8,000 TEU category; and finally, large oil tankers over 200,000 deadweight tonnage, which would recoup their investment in 0.82 years. However, investing in scrubbers would have a longer payback period for smaller ships, up to 5 years or more for oil tankers and chemical tankers under 5,000 deadweight tonnage. In the case of LNG propulsion, a possible investment is more favourable and the payback period is shorter for smaller ship classes, such as ferries, cruise ships and ROROs. We now take the case of a ship transporting clean products, already built, with a deadweight tonnage of 38,500, and consider the viability of investing in installing a scrubber or changing to LNG propulsion, starting in 2015. The two variables with the greatest impact on the advisability of the investment are how long the ship is at sea within emission control areas (ECA) and the future price scenario of MGO, HSFO and LNG. For this analysis, we studied each investment, calculating a battery of merit conditions such as the payback period, IRR, NPV and variations in the investors' liquid assets. We then calculated the minimum boundary conditions to ensure the investment was not only acceptable but advisable for the investor shipowner. Thus, for the average price differential of 264.35 USD/tonne between HSFO and MGO during 2014, investors' return on investment (IRR) in scrubbers would be the same as the required opportunity cost of 9.6%, for values of over 56% ship transit time in ECAs. For the case of investing in LNG and the average price differential between MGO and LNG of 353.8 USD/tonne FOE in 2014, the ship must spend 64.8% of its time in ECAs for the investment to be advisable. For an estimated 60% of time in an ECA, the internal rate of return (IRR) for investors equals the required opportunity cost of 9.6%, based on a price difference of 244.73 USD/tonne between the two alternative fuels, marine gas oil (MGO) and fuel oil (HSFO). An investment in LNG propulsion would require a price differential between MGO and LNG of 382.3 USD/tonne FOE. Thus, for a 38,500 DWT ship carrying clean products, investing in retrofitting to install a scrubber is more advisable than converting to LNG, with an internal rate of return (IRR) for investors of 12.77%, compared to 6.81% for investing in LNG. Both calculations were based on a ship which spends 60% of its time at sea in an ECA and a scenario of average 2014 prices. However, for newly-built ships, investments in either of these technologies from 2025 would be advisable. Here, the shipowner must pay particular attention to the specific characteristics of their ship, the type of operation, and the infrastructure for supplying fuel and handling discharges in the ports where it will usually operate. Thus, while the consequences of switching to marine gas oil in order to comply with the MARPOL regulations are certainly alarming, there are alternatives to marine gas oil, with smaller increases in the costs of maritime transport, while maintaining the benefits to society this law is intended to provide. Indeed, as we have demonstrated, the options which appear most favourable from a financial viewpoint are conversion to LNG for small ships and regular runs (cruise ships, ferries, ROROs), and installing scrubbers for large ships. Unfortunately, however, these investments are not being made, due to the high uncertainty associated with these two markets, which increases business risk, both for shipowners and for the providers of these new technologies. This means we are seeing considerable reluctance regarding these two options among the private sector. This high level of risk can be lowered only by encouraging joint efforts by the public and private sectors to overcome these barriers to entry into the market for scrubbers and LNG, which could reduce the environmental externalities of emissions without affecting the competitiveness of marine transport. Our opinion is that the same bodies which approved this law must help the shipping industry invest in these technologies, drive research on them, and promote the creation of a port infrastructure which is adapted to supply LNG and handle the discharges from scrubber systems. At present there are several European incentive programmes, such as TEN-T and Marco Polo, but we do not consider these to be sufficient. For its part, the International Maritime Organization should confirm as soon as possible whether the new lower sulphur levels in fuels will be postponed until 2025. This would eliminate the great uncertainty among shipowners, oil companies and ports regarding the timeline for beginning their future investments and for studying their viability.