969 resultados para Quinta do Cosme
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Un sistema mobile di comunicazione è un sistema di telecomunicazioni in cui è possibile mantenere la connessione o legame tra due o più utenti, anche nelle situazioni di mobilità totale o parziale degli stessi utenti. I sistemi radiomobili si stanno evolvendo dalla creazione del 1G (prima generazione) al 4G (quarta generazione). I telefoni di ogni generazione si differenziano in quattro aspetti principali : accesso radio, velocità di trasmissione dati, larghezza di banda e sistemi di commutazione. In questa tesi si affronta il tema dei sistemi 5G , negli ambienti terrestri e satellitari , in quanto sono l'ultima evoluzione dei sistemi mobili . Si introduce il passaggio dalla prima alla connessione di quarta generazione , al fine di capire perché 5G sta per cambiare la nostra vita . Quello che mi colpisce è il sito italiano www.Repubblica.it che dice : " con la nuova generazione 5 possiamo affidare le intere porzioni nette di vita". La tecnologia cellulare , infatti , ha cambiato radicalmente la nostra società e il nostro modo di comunicare . In primo luogo è cambiata la telefonia vocale , per poi trasferirsi all' accesso dati , applicazioni e servizi. Tuttavia , Internet non è stato ancora pienamente sfruttato dai sistemi cellulari. Con l'avvento del 5G avremo l'opportunità di scavalcare le capacità attuali di Internet . Il sistema di comunicazione di quinta generazione è visto come la rete wireless reale , in grado di supportare applicazioni web wireless a livello mondiale ( wwww ). Ci sono due punti di vista dei sistemi 5G : evolutivo e rivoluzionario. Dal punto di vista evolutivo, i sistemi 5G saranno in grado di supportare wwww permettendo una rete altamente flessibile come un Adhoc rete wireless dinamica ( DAWN ) . In questa visione tecnologie avanzate, tra cui antenna intelligente e modulazione flessibile , sono le chiavi per ottimizzare le reti wireless ad hoc. Dal punto di vista rivoluzionario, i sistemi 5G dovrebbe essere una tecnologia intelligente in grado di interconnettere tutto il mondo senza limiti . Un esempio di applicazione potrebbe essere un robot wireless con intelligenza artificiale .
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Il CP-ESFR è un progetto integrato di cooperazione europeo sui reattori a sodio SFR realizzato sotto il programma quadro EURATOM 7, che unisce il contributo di venticinque partner europei. Il CP-ESFR ha l'ambizione di contribuire all'istituzione di una "solida base scientifica e tecnica per il reattore veloce refrigerato a sodio, al fine di accelerare gli sviluppi pratici per la gestione sicura dei rifiuti radioattivi a lunga vita, per migliorare le prestazioni di sicurezza, l'efficienza delle risorse e il costo-efficacia di energia nucleare al fine di garantire un sistema solido e socialmente accettabile di protezione della popolazione e dell'ambiente contro gli effetti delle radiazioni ionizzanti. " La presente tesi di laurea è un contributo allo sviluppo di modelli e metodi, basati sull’uso di codici termo-idraulici di sistema, per l’ analisi di sicurezza di reattori di IV Generazione refrigerati a metallo liquido. L'attività è stata svolta nell'ambito del progetto FP-7 PELGRIMM ed in sinergia con l’Accordo di Programma MSE-ENEA(PAR-2013). Il progetto FP7 PELGRIMM ha come obbiettivo lo sviluppo di combustibili contenenti attinidi minori 1. attraverso lo studio di due diverse forme: pellet (oggetto della presente tesi) e spherepac 2. valutandone l’impatto sul progetto del reattore CP-ESFR. La tesi propone lo sviluppo di un modello termoidraulico di sistema dei circuiti primario e intermedio del reattore con il codice RELAP5-3D© (INL, US). Tale codice, qualificato per il licenziamento dei reattori nucleari ad acqua, è stato utilizzato per valutare come variano i parametri del core del reattore rilevanti per la sicurezza (es. temperatura di camicia e di centro combustibile, temperatura del fluido refrigerante, etc.), quando il combustibile venga impiegato per “bruciare” gli attinidi minori (isotopi radioattivi a lunga vita contenuti nelle scorie nucleari). Questo ha comportato, una fase di training sul codice, sui suoi modelli e sulle sue capacità. Successivamente, lo sviluppo della nodalizzazione dell’impianto CP-ESFR, la sua qualifica, e l’analisi dei risultati ottenuti al variare della configurazione del core, del bruciamento e del tipo di combustibile impiegato (i.e. diverso arricchimento di attinidi minori). Il testo è suddiviso in sei sezioni. La prima fornisce un’introduzione allo sviluppo tecnologico dei reattori veloci, evidenzia l’ambito in cui è stata svolta questa tesi e ne definisce obbiettivi e struttura. Nella seconda sezione, viene descritto l’impianto del CP-ESFR con attenzione alla configurazione del nocciolo e al sistema primario. La terza sezione introduce il codice di sistema termico-idraulico utilizzato per le analisi e il modello sviluppato per riprodurre l’impianto. Nella sezione quattro vengono descritti: i test e le verifiche effettuate per valutare le prestazioni del modello, la qualifica della nodalizzazione, i principali modelli e le correlazioni più rilevanti per la simulazione e le configurazioni del core considerate per l’analisi dei risultati. I risultati ottenuti relativamente ai parametri di sicurezza del nocciolo in condizioni di normale funzionamento e per un transitorio selezionato sono descritti nella quinta sezione. Infine, sono riportate le conclusioni dell’attività.
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Una teoria di unificazione ha il notevole compito di fornire un modello in grado di unificare le forze fondamentali della natura in una sola. Storicamente uno dei primi tentativi è rappresentato dal modello di Kaluza, che propone una formulazione unificata di gravità ed elettromagnetismo. In 4 dimensioni il campo gravitazionale e il campo elettromagnetico sono entità nettamente separate. Tale dualismo può essere superato estendendo la teoria della Relatività Generale ad uno spaziotempo a 5 dimensioni. Se alle consuete 4 si aggiunge una quinta dimensione spaziale, allora si dimostra che la gravità e l’elettromagnetismo possono essere visti come la manifestazione di un unico campo di forza, che è interpretabile in termini della geometria dello spaziotempo a 5 dimensioni. Nonostante i suoi intrinseci limiti, il modello di Kaluza rappresenta comunque un punto di partenza per molte altre teorie di campo unificato più moderne e a più di 5 dimensioni. L'obiettivo è di sviluppare le linee fondamentali del modello di Kaluza. Preliminarmente si riportano i risultati principali dell'elettromagnetismo e della Relatività Generale, dato che il modello si formula a partire da questi. Si stabilisce la condizione di cilindro, secondo cui le quantità fisiche non subiscono variazioni nella quinta dimensione. Si ipotizza un ansatz per il tensore metrico 5D e si scrivono le equazioni di campo unitario e della geodetica, come estensioni a 5 dimensioni di quelle in 4. Si dimostra che il campo unitario in 4 dimensioni si separa nel campo scalare costante, nel campo elettromagnetico e nel campo gravitazionale. Le componenti quadridimensionali della geodetica 5D riconducono a quella 4D e alle leggi del moto 4D in presenza dei campi gravitazionale ed elettromagnetico. Inoltre si interpreta la carica elettrica come la quinta componente della velocità covariante 5D.
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El objetivo de este proyecto de fin de carrera es el de proponer la traducción del italiano hacia el español de algunas páginas del sitio http://www.eataly.net/it_it/. Este trabajo se ha dividido en cinco partes: la primera presenta las características de la página web y explica por qué elegí traducir estas páginas, la segunda propone un análisis del texto en italiano, la tercera explica los instrumentos que he utilizado, es decir Catscradle y los textos paralelos, muy útiles para verificar en español las soluciones posibles. En la cuarta parte se encuentra la traducción y finalmente en la quinta mi comentario sobre la traducción, en el que se explican las dificultades traductoras que he encontrado y las estrategias que he elegido para solucionar el problema. En este último capítulo es posible comprender el papel fundamental de las barreras culturales, que constituyen un importante elemento en este tipo de texto, rico en términos culinarios italianos que un lector español no conoce. En conclusión, este proyecto ha sido muy estimulante para mí porque he tenido la oportunidad de conjugar mi pasión por la comida italiana, en particular la de Eataly, con mi pasión por la traducción. También ha sido importante porque me ha permitido utilizar algunas estrategias y conocimientos teóricos que he aprendido en los tres años de universidad y me ha permitido mejorar mi español.
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To assess pain and swelling in the first 7 days after periapical surgery and their relationship with the agent used for bleeding control.
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OBJECTIVES: To evaluate pain and swelling during the first week after periapical surgery and its relation to patient age, gender, oral hygiene, and smoking. STUDY DESIGN: One hundred two patients (31 men and 71 women) with a mean age of 40.2 years underwent periapical surgery. Age, gender, and oral hygiene and cigarette smoking before and during the postoperative course were noted. Pain and swelling scores were recorded on a descriptive 4-point scale at 2, 6, and 12 hours after surgery, and each day thereafter for 1 week. The data were statistically evaluated for significant differences. RESULTS: The highest intensity of pain occurred during the first 48 hours, and swelling peaked on the second postoperative day. Patient age and gender had no significant effect on postoperative symptoms (P > .05). Patients with poor oral hygiene before surgery presented greater pain and swelling during the first postsurgical hours, and smokers before surgery also suffered more pain. The number of cigarettes smoked in the postoperative period and oral hygiene after surgery had no effect on pain or inflammation (P > .05). CONCLUSIONS: Periapical surgery caused little pain and moderate swelling during the first 2 days after the intervention; these findings were more distinct in patients with poor oral hygiene before surgery and in smokers.
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INTRODUCTION: In periapical surgery, the absence of standardization between different studies makes it difficult to compare the outcomes. OBJECTIVE: To compare the healing classification of different authors and evaluate the prognostic criteria of periapical surgery at 12 months. MATERIAL AND METHODS: 278 patients (101 men and 177 women) with a mean age of 38.1 years (range 11 to 77) treated with periapical surgery using the ultrasound technique and a 2.6x magnifying glass, and silver amalgam as root-end filling material were included in the study. Evolution was analyzed using the clinical criteria of Mikkonen et al., 1983; radiographic criteria of Rud et al., 1972; the overall combined clinical and radiographic criteria of von Arx and Kurt, 1999; and the Friedman (2005) concept of functional tooth at 12 months of surgery. RESULTS: After 12 months, 87.2% clinical success was obtained according to the Mikkonen et al., 1983 criteria; 73.9% complete radiographic healing using Rud et al. criteria; 62.1% overall success, following the clinical and radiographic parameters of von Arx and Kurt, and 91.9% of teeth were functional. The von Arx and Kurt criteria was found to be the most reliable. CONCLUSION: Overall evolution according to von Arx and Kurt agreed most closely with the other scales.
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1944/1945 wurde in Cham-Hagendorn eine Wassermühle ausgegraben, die dank ihrer aussergewöhnlich guten Holzerhaltung seit langem einen prominenten Platz in der Forschung einnimmt. 2003 und 2004 konnte die Kantonsarchäologie Zug den Platz erneut archäologisch untersuchen. Dabei wurden nicht nur weitere Reste der Wassermühle, sondern auch Spuren älterer und jüngerer Anlagen geborgen: eine ältere und eine jüngere Schmiedewerkstatt (Horizont 1a/Horizont 3) sowie ein zweiphasiges Heiligtum (Horizonte 1a/1b). All diese Anlagen lassen sich nun in das in den neuen Grabungen erkannte stratigraphische Gerüst einhängen (s. Beil. 2). Dank der Holzerhaltung können die meisten Phasen dendrochronologisch datiert werden (s. Abb. 4.1/1a): Horizont 1a mit Schlagdaten zwischen 162(?)/173 und 200 n. Chr., Horizont 1b um 215/218 n. Chr. und Horizont 2 um 231 n. Chr. Ferner konnten in den neuen Grabungen Proben für mikromorphologische und archäobotanische Untersuchungen entnommen werden (Kap. 2.2; 3.11). In der vorliegenden Publikation werden der Befund und die Baustrukturen vorgelegt, (Kap. 2), desgleichen sämtliche stratifizierten Funde und eine umfassende Auswahl der 1944/1945 geborgenen Funde (Kap. 3). Dank anpassender Fragmente, sog. Passscherben, lassen sich diese zum Teil nachträglich in die Schichtenabfolge einbinden. Die mikromorphologischen und die archäobotanischen Untersuchungen (Kap. 2.2; 3.11) zeigen, dass der Fundplatz in römischer Zeit inmitten einer stark vom Wald und dem Fluss Lorze geprägten Landschaft lag. In unmittelbarer Nähe können weder eine Siedlung noch einzelne Wohnbauten gelegen haben. Die demnach nur gewerblich und sakral genutzten Anlagen standen an einem Bach, der vermutlich mit jenem Bach identisch ist, der noch heute das Groppenmoos entwässert und bei Cham-Hagendorn in die Lorze mündet (s. Abb. 2.4/1). Der antike Bach führte wiederholt Hochwasser ─ insgesamt sind fünf grössere Überschwemmungsphasen auszumachen (Kap. 2.2; 2.4). Wohl anlässlich eines Seehochstandes durch ein Überschwappen der Lorze in den Bach ausgelöst, müssen diese Überschwemmungen eine enorme Gewalt entwickelt haben, der die einzelnen Anlagen zum Opfer fielen. Wie die Untersuchung der Siedlungslandschaft römischer Zeit rund um den Zugersee wahrscheinlich macht (Kap. 6 mit Abb. 6.2/2), dürften die Anlagen von Cham-Hagendorn zu einer in Cham-Heiligkreuz vermuteten Villa gehören, einem von fünf grösseren Landgütern in diesem Gebiet. Hinweise auf Vorgängeranlagen fehlen, mit denen die vereinzelten Funde des 1. Jh. n. Chr. (Kap. 4.5) in Verbindung gebracht werden könnten. Diese dürften eher von einer der Überschwemmungen bachaufwärts weggerissen und nach Cham-Hagendorn eingeschwemmt worden sein. Die Nutzung des Fundplatzes (Horizont 1a; s. Beil. 6) setzte um 170 n. Chr. mit einer Schmiedewerkstatt ein (Kap. 2.5.1). Der Fundanfall, insbesondere die Schmiedeschlacken (Kap. 3.9) belegen, dass hier nur hin und wieder Geräte hergestellt und repariert wurden (Kap. 5.2). Diese Werkstatt war vermutlich schon aufgelassen und dem Verfall preisgegeben, als man 200 n. Chr. (Kap. 4.2.4) auf einer Insel zwischen dem Bach und einem Lorzearm ein Heiligtum errichtete (Kap. 5.3). Beleg für den sakralen Status dieser Insel ist in erster Linie mindestens ein eigens gepflanzter Pfirsichbaum, nachgewiesen mit Pollen, einem Holz und über 400 Pfirsichsteinen (Kap. 3.11). Die im Bach verlaufende Grenze zwischen dem sakralen Platz und der profanen Umgebung markierte man zusätzlich mit einer Pfahlreihe (Kap. 2.5.3). In diese war ein schmaler Langbau integriert (Kap. 2.5.2), der an die oft an Temenosmauern antiker Heiligtümer angebauten Portiken erinnert und wohl auch die gleiche Funktion wie diese gehabt hatte, nämlich das Aufbewahren von Weihegaben und Kultgerät (Kap. 5.3). Das reiche Fundmaterial, das sich in den Schichten der ersten Überschwemmung fand (s. Abb. 5./5), die um 205/210 n. Chr. dieses Heiligtum zerstört hatte, insbesondere die zahlreiche Keramik (Kap. 3.2.4), und die zum Teil auffallend wertvollen Kleinfunde (Kap. 3.3.3), dürften zum grössten Teil einst in diesem Langbau untergebracht gewesen sein. Ein als Glockenklöppel interpretiertes, stratifiziertes Objekt spricht dafür, dass die fünf grossen, 1944/1945 als Stapel aufgefundenen Eisenglocken vielleicht auch dem Heiligtum zuzuweisen sind (Kap. 3.4). In diesen Kontext passen zudem die überdurchschnittlich häufig kalzinierten Tierknochen (Kap. 3.10). Nach der Überschwemmung befestigte man für 215 n. Chr. (Kap. 4.2.4) das unterspülte Bachufer mit einer Uferverbauung (Kap. 2.6.1). Mit dem Bau eines weiteren, im Bach stehenden Langbaus (Kap. 2.6.2) stellte man 218 n. Chr. das Heiligtum auf der Insel in ähnlicher Form wieder her (Horizont 1b; s. Beil. 7). Von der Pfahlreihe, die wiederum die sakrale Insel von der profanen Umgebung abgrenzte, blieben indes nur wenige Pfähle erhalten. Dennoch ist der sakrale Charakter der Anlage gesichert. Ausser dem immer noch blühenden Pfirsichbaum ist es ein vor dem Langbau aufgestelltes Ensemble von mindestens 23 Terrakottafigurinen (s. Abb. 3.6/1), elf Veneres, zehn Matres, einem Jugendlichen in Kapuzenmantel und einem kindlichen Risus (Kap. 3.6; s. auch Kap. 2.6.3). In den Sedimenten der zweiten Überschwemmung, der diese Anlage um 225/230 n. Chr. zum Opfer gefallen war, fanden sich wiederum zahlreiche Keramikgefässe (Kap. 3.2.4) und zum Teil wertvolle Kleinfunde wie eine Glasperle mit Goldfolie (Kap. 3.8.2) und eine Fibel aus Silber (Kap. 3.3.3), die wohl ursprünglich im Langbau untergebracht waren (Kap. 5.3.2 mit Abb. 5/7). Weitere Funde mit sicherem oder möglichem sakralem Charakter finden sich unter den 1944/1945 geborgenen Funden (s. Abb. 5/8), etwa ein silberner Fingerring mit Merkurinschrift, ein silberner Lunula-Anhänger, eine silberne Kasserolle (Kap. 3.3.3), eine Glasflasche mit Schlangenfadenauflage (Kap. 3.8.2) und einige Bergkristalle (Kap. 3.8.4). Im Bereich der Terrakotten kamen ferner mehrere Münzen (Kap. 3.7) zum Vorschein, die vielleicht dort niedergelegt worden waren. Nach der zweiten Überschwemmung errichtete man um 231 n. Chr. am Bach eine Wassermühle (Horizont 2; Kap. 2.7; Beil. 8; Abb. 2.7/49). Ob das Heiligtum auf der Insel wieder aufgebaut oder aufgelassen wurde, muss mangels Hinweisen offen bleiben. Für den abgehobenen Zuflusskanal der Wassermühle verwendete man mehrere stehen gebliebene Pfähle der vorangegangenen Anlagen der Horizonte 1a und 1b. Obwohl die Wassermühle den 28 jährlichen Überschwemmungshorizonten (Kap. 2.2) und den Funden (Kap. 4.3.2; 4.4.4; 45) zufolge nur bis um 260 n. Chr., während gut einer Generation, bestand, musste sie mindestens zweimal erneuert werden – nachgewiesen sind drei Wasserräder, drei Mühlsteinpaare und vermutlich drei Podeste, auf denen jeweils das Mahlwerk ruhte. Grund für diese Umbauten war wohl der weiche, instabile Untergrund, der zu Verschiebungen geführt hatte, so dass das Zusammenspiel von Wellbaum bzw. Sternnabe und Übersetzungsrad nicht mehr funktionierte und das ganze System zerbrach. Die Analyse von Pollen aus dem Gehhorizont hat als Mahlgut Getreide vom Weizentyp nachgewiesen (Kap. 3.11.4). Das Abzeichen eines Benefiziariers (Kap. 3.3.2 mit Abb. 3.3/23,B71) könnte dafür sprechen, dass das verarbeitete Getreide zumindest zum Teil für das römische Militär bestimmt war (s. auch Kap. 6.2.3). Ein im Horizont 2 gefundener Schreibgriffel und weitere stili sowie eine Waage für das Wägen bis zu 35-40 kg schweren Waren aus dem Fundbestand von 1944/1945 könnten davon zeugen, dass das Getreide zu wägen und zu registrieren war (Kap. 3.4.2). Kurz nach 260 n. Chr. fiel die Wassermühle einem weiteren Hochwasser zum Opfer. Für den folgenden Horizont 3 (Beil. 9) brachte man einen Kiesboden ein und errichtete ein kleines Gebäude (Kap. 2.8). Hier war wohl wiederum eine Schmiede untergebracht, wie die zahlreichen Kalottenschlacken belegen (Kap. 3.9), die im Umfeld der kleinen Baus zum Vorschein kamen. Aufgrund der Funde (Kap. 4.4.4; 4.5) kann diese Werkstatt nur kurze Zeit bestanden haben, höchstens bis um 270 n. Chr., bevor sie einem weiteren Hochwasser zum Opfer fiel. Von der jüngsten Anlage, die wohl noch in römische Zeit datiert (Horizont 4; Beil. 10), war lediglich eine Konstruktion aus grossen Steinplatten zu fassen (Kap. 2.9.1). Wozu sie diente, muss offen bleiben. Auch der geringe Fundanfall spricht dafür, dass die Nutzung des Platzes, zumindest für die römische Zeit, allmählich ein Ende fand (Kap. 4.5). Zu den jüngsten Strukturen gehören mehrere Gruben (Kap. 2.9.2), die vielleicht der Lehmentnahme dienten. Mangels Funden bleibt ihre Datierung indes ungewiss. Insbesondere wissen wir nicht, ob sie noch in römische Zeit datieren oder jünger sind. Spätestens mit der fünften Überschwemmung, die zur endgültigen Verlandung führte und wohl schon in die frühe Neuzeit zu setzen ist, wurde der Platz aufgelassen und erst mit dem Bau der bestehenden Fensterfabrik Baumgartner wieder besetzt.
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Induced defenses play a key role in plant resistance against leaf feeders. However, very little is known about the signals that are involved in defending plants against root feeders and how they are influenced by abiotic factors. We investigated these aspects for the interaction between rice (Oryza sativa) and two root-feeding insects: the generalist cucumber beetle (Diabrotica balteata) and the more specialized rice water weevil (Lissorhoptrus oryzophilus). Rice plants responded to root attack by increasing the production of jasmonic acid (JA) and abscisic acid, whereas in contrast to in herbivore-attacked leaves, salicylic acid and ethylene levels remained unchanged. The JA response was decoupled from flooding and remained constant over different soil moisture levels. Exogenous application of methyl JA to the roots markedly decreased the performance of both root herbivores, whereas abscisic acid and the ethylene precursor 1-aminocyclopropane-1-carboxylic acid did not have any effect. JA-deficient antisense 13-lipoxygenase (asLOX) and mutant allene oxide cyclase hebiba plants lost more root biomass under attack from both root herbivores. Surprisingly, herbivore weight gain was decreased markedly in asLOX but not hebiba mutant plants, despite the higher root biomass removal. This effect was correlated with a herbivore-induced reduction of sucrose pools in asLOX roots. Taken together, our experiments show that jasmonates are induced signals that protect rice roots from herbivores under varying abiotic conditions and that boosting jasmonate responses can strongly enhance rice resistance against root pests. Furthermore, we show that a rice 13-lipoxygenase regulates root primary metabolites and specifically improves root herbivore growth.
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Plant–microbe mutualisms can improve plant defense, but the impact of root endophytes on below-ground herbivore interactions remains unknown. We investigated the effects of the root endophyte Piriformospora indica on interactions between rice (Oryza sativa) plants and its root herbivore rice water weevil (RWW; Lissorhoptrus oryzophilus), and how plant jasmonic acid (JA) and GA regulate this tripartite interaction. Glasshouse experiments with wild-type rice and coi1-18 and Eui1-OX mutants combined with nutrient, jasmonate and gene expression analyses were used to test: whether RWW adult herbivory above ground influences subsequent damage caused by larval herbivory below ground; whether P. indica protects plants against RWW; and whether GA and JA signaling mediate these interactions. The endophyte induced plant tolerance to root herbivory. RWW adults and larvae acted synergistically via JA signaling to reduce root growth, while endophyte-elicited GA biosynthesis suppressed the herbivore-induced JA in roots and recovered plant growth. Our study shows for the first time the impact of a root endophyte on plant defense against below-ground herbivores, adds to growing evidence that induced tolerance may be an important root defense, and implicates GA as a signal component of inducible plant tolerance against biotic stress.
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Vorlage d. Digitalisats aus d. Besitz d. Theol. Hochschule St. Georgen
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The ends of eukaryotic chromosomes are protected by specialized ribonucleoprotein structures termed telomeres. Telomeres protect chromosomes from end-to-end fusions, inappropriate repair and degradation. Disruption of this complex activates an ATM/ATR DNA damage response (DDR) pathway. One component of the complex is the Protection Of Telomeres 1 (POT1) protein, an evolutionarily conserved protein which binds single-stranded 3' overhang and is required for both chromosomal end protection and telomere length regulation. The mouse contains two POT1 orthologs, Pot1a and Pot1b. Here we show that both proteins colocalize with telomeres through interaction with the adapter protein TPP1. In addition, compared to Pot1a, the OB-folds of Pot1b possess less sequence specificity for telomeres. Disruption of POT1 proteins result in telomere dysfunction and activation of an ATR-dependent DDR at telomeres, suggesting that this response is normally suppressed by POT1 binding to the single-stranded G-overhang. ^ Telomeres are maintained by telomerase, and its absence in somatic cells results in telomere progressive loss that triggers the activation of p53. Telomere dysfunction initiates genomic instability and induces both p53-dependent replicative senescence and apoptosis to suppress tumorigenesis. In the absence of functional p53, this genomic instability promotes cancer. It was previously not known which aspect of the p53 dependent DNA damage response is important to suppress tumorigenesis initiated by dysfunctional telomeres. The p53R172P knock-in mouse, which is unable to induce apoptosis but retains intact cell cycle arrest/cellular senescence pathways, allowed us to examine whether p53-dependent apoptosis is a major tumor suppression pathway initiated in the setting of telomere dysfunction. Spontaneous tumorigenesis remains potently suppressed in late generation telomerase null mice possessing the p53P/P mutation. These results suggest that suppression of spontaneous tumorigenesis initiated by dysfunctional telomeres requires activation of a p53-dependent senescence pathway. In addition, we used another knock-in mouse model with a p53R172H (p53H) point mutation to test the hypothesis that telomere dysfunction promotes chromosomal instability and accelerates the onset of tumorigenesis in vivo in the setting of this most common gain-of-function mutation in the human Li Fraumeni cancer syndrome. We unexpectedly observed that telomerase null mice possessing dysfunctional telomeres in the setting of the p53H/+ mutation develop significantly fewer tumors, die prematurely and exhibit higher level of cellular senescence, apoptosis and elevated genomic instability compared to telomerase intact p53H/+ and telomerase null p53+/+ mice. These contrasting results thus link cancer and aging to the functional status of telomeres and the integrity of the p53 pathway. ^
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—Elaboración de tres entradas en francés para el Vocabulário Bourdieu a ser publicado por la Editorial Autêntica de Belo Horizonte (MG, Brasil). Se adjuntan impresiones y documentos pdf de cada entrada. —Re-elaboración del artículo originalmente enviado a la revista Apuntes del CECyP y luego retirado: "Antropología social y sociología argentinas: identidades disciplinares en cuatro congresos". La nueva presentación tuvo lugar el 18 de noviembre a la Revista Latinoamericana de Metodología de las Ciencias Sociales (ReLMeCS). Se adjunta documentos pdf con el artículo y los mensajes de correo electrónico referidos al tema. —Concurrencia al Congreso de la ALAS en Recife con presentación de una ponencia. —Recuperación de las versiones de todas las ponencias en pdf incluidas en la página web del ALAS-Recife 2011 (en la ausencia de un CD elaborado por los organizadores), y elaboración de una matriz con datos de las mismas. —Escritura de un prólogo para la quinta edición del libro de A. Gutiérrez Pierre Bourdieu: las prácticas sociales a ser realizada por la editorial de la U. N. de Villa María.
Resumo:
La Revista Proyección en su quinta edición quiere presentar la situación de Argentina en temas relacionados con Ordenamiento Territorial. Los artículos referentes a Salta, Tucumán, Córdoba, Santa Fe, Buenos Aires, Mendoza, Chubut y Santa Cruz analizan diferentes problemáticas sociales, económicas, políticas – institucionales y las que surgen de la relación Sociedad – Naturaleza, que se presentan en el territorio. . El Ordenamiento Territorial se constituye en una opción de planificación que puede llegar a minimizar efectos negativos, siempre y cuando las políticas sean integrales y produzcan innovaciones en la manera de gestionar el territorio.