984 resultados para Ejectment--Pennsylvania
Resumo:
Le intersezioni stradali, sono le aree individuate da tre o più tronchi stradali (archi) che convergono in uno stesso punto, nonchè dai dispositivi e dagli apprestamenti atti a consentire ed agevolare le manovre per il passaggio da un tronco all'altro. Rappresentano punti critici della rete viaria per effetto delle mutue interferenze tra le diverse correnti di traffico durante il loro attraversamento. Si acuiscono pertanto, nella loro "area di influenza", i problemi legati alla sicurezza e quelli relativi alla regolarità ed efficienza della circolazione. Dalla numerosità dei fattori da cui dipende la configurazione di un incrocio (numero e tipo di strade, entità dei flussi, situazioni locali, ecc.) deriva una ancor più vasta gamma di tipologie e di schemi. La rotatoria, come particolare configurazione di intersezione a raso, è lo schema che viene considerato nel presente lavoro di tesi, sia nei suoi caratteri essenziali e generali, sia nel particolare di una intersezione che, nel Comune di Bologna, è stata realizzata in luogo dell'intersezione semaforizzata precedente.
Resumo:
Call me Ismail. Così inizia notoriamente il celebre romanzo di Herman Melville, Moby Dick. In un altro racconto, ambientato nel 1797, anno del grande ammutinamento della flotta del governo inglese, Melville dedica un breve accenno a Thomas Paine. Il racconto è significativo di quanto – ancora nella seconda metà dell’Ottocento – l’autore di Common Sense e Rights of Man sia sinonimo delle possibilità radicalmente democratiche che l’ultima parte del Settecento aveva offerto. Melville trova in Paine la chiave per dischiudere nel presente una diversa interpretazione della rivoluzione: non come una vicenda terminata e confinata nel passato, ma come una possibilità che persiste nel presente, “una crisi mai superata” che viene raffigurata nel dramma interiore del gabbiere di parrocchetto, Billy Budd. Il giovane marinaio della nave mercantile chiamata Rights of Man mostra un’attitudine docile e disponibile all’obbedienza, che lo rende pronto ad accettare il volere dei superiori. Billy non contesta l’arruolamento forzato nella nave militare. Nonostante il suo carattere affabile, non certo irascibile, l’esperienza in mare sulla Rights of Man rappresenta però un peccato difficile da espiare: il sospetto è più forte della ragionevolezza, specie quando uno spettro di insurrezione continua ad aggirarsi nella flotta di sua maestà. Così, quando, imbarcato in una nave militare della flotta inglese, con un violento pugno Billy uccide l’uomo che lo accusa di tramare un nuovo ammutinamento, il destino inevitabile è quello di un’esemplare condanna a morte. Una condanna che, si potrebbe dire, mostra come lo spettro della rivoluzione continui ad agitare le acque dell’oceano Atlantico. Nella Prefazione Melville fornisce una chiave di lettura per accedere al testo e decifrare il dramma interiore del marinaio: nella degenerazione nel Terrore, la vicenda francese indica una tendenza al tradimento della rivoluzione, che è così destinata a ripetere continuamente se stessa. Se “la rivoluzione si trasformò essa stessa in tirannia”, allora la crisi segna ancora la società atlantica. Non è però alla classica concezione del tempo storico – quella della ciclica degenerazione e rigenerazione del governo – che Melville sembra alludere. Piuttosto, la vicenda rivoluzionaria che ha investito il mondo atlantico ha segnato un radicale punto di cesura con il passato: la questione non è quella della continua replica della storia, ma quella del continuo circolare dello “spirito rivoluzionario”, come dimostra nell’estate del 1797 l’esperienza di migliaia di marinai che tra grida di giubilo issano sugli alberi delle navi i colori britannici da cui cancellano lo stemma reale e la croce, abolendo così d’un solo colpo la bandiera della monarchia e trasformando il mondo in miniatura della flotta di sua maestà “nella rossa meteora di una violenta e sfrenata rivoluzione”. Raccontare la vicenda di Billy riporta alla memoria Paine. L’ammutinamento è solo un frammento di un generale spirito rivoluzionario che “l’orgoglio nazionale e l’opinione politica hanno voluto relegare nello sfondo della storia”. Quando Billy viene arruolato, non può fare a meno di portare con sé l’esperienza della Rights of Man. Su quel mercantile ha imparato a gustare il dolce sapore del commercio insieme all’asprezza della competizione sfrenata per il mercato, ha testato la libertà non senza subire la coercizione di un arruolamento forzato. La vicenda di Billy ricorda allora quella del Paine inglese prima del grande successo di Common Sense, quando muove da un’esperienza di lavoro all’altra in modo irrequieto alla ricerca di felicità – dal mestiere di artigiano all’avventura a bordo di un privateer inglese durante la guerra dei sette anni, dalla professione di esattore fiscale alle dipendenze del governo, fino alla scelta di cercare fortuna in America. Così come Paine rivendica l’originalità del proprio pensiero, il suo essere un autodidatta e le umili origini che gli hanno impedito di frequentare le biblioteche e le accademie inglesi, anche Billy ha “quel tipo e quel grado di intelligenza che si accompagna alla rettitudine non convenzionale di ogni integra creatura umana alla quale non sia ancora stato offerto il dubbio pomo della sapienza”. Così come il pamphlet Rights of man porta alla virtuale condanna a morte di Paine – dalla quale sfugge trovando rifugio a Parigi – allo stesso modo il passato da marinaio sulla Rights of Man porta al processo per direttissima che sentenzia la morte per impiccagione del giovane marinaio. Il dramma interiore di Billy replica dunque l’esito negativo della rivoluzione in Europa: la rivoluzione è in questo senso come un “violento accesso di febbre contagiosa”, destinato a scomparire “in un organismo costituzionalmente sano, che non tarderà a vincerla”. Non viene però meno la speranza: quella della rivoluzione sembra una storia senza fine perché Edward Coke e William Blackstone – i due grandi giuristi del common law inglese che sono oggetto della violenta critica painita contro la costituzione inglese – “non riescono a far luce nei recessi oscuri dell’animo umano”. Rimane dunque uno spiraglio, un angolo nascosto dal quale continua a emergere uno spirito rivoluzionario. Per questo non esistono cure senza effetti collaterali, non esiste ordine senza l’ipoteca del ricorso alla forza contro l’insurrezione: c’è chi come l’ufficiale che condanna Billy diviene baronetto di sua maestà, c’è chi come Billy viene impiccato, c’è chi come Paine viene raffigurato come un alcolizzato e impotente, disonesto e depravato, da relegare sul fondo della storia atlantica. Eppure niente più del materiale denigratorio pubblicato contro Paine ne evidenzia il grande successo. Il problema che viene sollevato dalle calunniose biografie edite tra fine Settecento e inizio Ottocento è esattamente quello del trionfo dell’autore di Common Sense e Rights of Man nell’aver promosso, spiegato e tramandato la rivoluzione come sfida democratica che è ancora possibile vincere in America come in Europa. Sono proprio le voci dei suoi detrattori – americani, inglesi e francesi – a mostrare che la dimensione nella quale è necessario leggere Paine è quella del mondo atlantico. Assumendo una prospettiva atlantica, ovvero ricostruendo la vicenda politica e intellettuale di Paine da una sponda all’altra dell’oceano, è possibile collegare ciò che Paine dice in spazi e tempi diversi in modo da segnalare la presenza costante sulla scena politica di quei soggetti che – come i marinai protagonisti dell’ammutinamento – segnalano il mancato compimento delle speranze aperte dall’esperienza rivoluzionaria. Limitando la ricerca al processo di costruzione della nazione politica, scegliendo di riassumerne il pensiero politico nell’ideologia americana, nella vicenda costituzionale francese o nel contesto politico inglese, le ricerche su Paine non sono riuscite fino in fondo a mostrare la grandezza di un autore che risulta ancora oggi importante: la sua produzione intellettuale è talmente segnata dalle vicende rivoluzionarie che intessono la sua biografia da fornire la possibilità di studiare quel lungo periodo di trasformazione sociale e politica che investe non una singola nazione, ma l’intero mondo atlantico nel corso della rivoluzione. Attraverso Paine è allora possibile superare quella barriera che ha diviso il dibattito storiografico tra chi ha trovato nella Rivoluzione del 1776 la conferma del carattere eccezionale della nazione americana – fin dalla sua origine rappresentata come esente dalla violenta conflittualità che invece investe il vecchio continente – e chi ha relegato il 1776 a data di secondo piano rispetto al 1789, individuando nell’illuminismo la presunta superiorità culturale europea. Da una sponda all’altra dell’Atlantico, la storiografia ha così implicitamente alzato un confine politico e intellettuale tra Europa e America, un confine che attraverso Paine è possibile valicare mostrandone la debolezza. Parlando di prospettiva atlantica, è però necessario sgombrare il campo da possibili equivoci: attraverso Paine, non intendiamo stabilire l’influenza della Rivoluzione americana su quella francese, né vogliamo mostrare l’influenza del pensiero politico europeo sulla Rivoluzione americana. Non si tratta cioè di stabilire un punto prospettico – americano o europeo – dal quale leggere Paine. L’obiettivo non è quello di sottrarre Paine agli americani per restituirlo agli inglesi che l’hanno tradito, condannandolo virtualmente a morte. Né è quello di confermare l’americanismo come suo unico lascito culturale e politico. Si tratta piuttosto di considerare il mondo atlantico come l’unico scenario nel quale è possibile leggere Paine. Per questo, facendo riferimento al complesso filone storiografico dell’ultimo decennio, sviluppato in modo diverso da Bernard Bailyn a Markus Rediker e Peter Linebaugh, parliamo di rivoluzione atlantica. Certo, Paine vede fallire nell’esperienza del Terrore quella rivoluzione che in America ha trionfato. Ciò non costituisce però un elemento sufficiente per riproporre l’interpretazione arendtiana della rivoluzione che, sulla scorta della storiografia del consenso degli anni cinquanta, ma con motivi di fascino e interesse che non sempre ritroviamo in quella storiografia, ha contribuito ad affermare un ‘eccezionalismo’ americano anche in Europa, rappresentando gli americani alle prese con il problema esclusivamente politico della forma di governo, e i francesi impegnati nel rompicapo della questione sociale della povertà. Rompicapo che non poteva non degenerare nella violenza francese del Terrore, mentre l’America riusciva a istituire pacificamente un nuovo governo rappresentativo facendo leva su una società non conflittuale. Attraverso Paine, è infatti possibile mostrare come – sebbene con intensità e modalità diverse – la rivoluzione incida sul processo di trasformazione commerciale della società che investe l’intero mondo atlantico. Nel suo andirivieni da una sponda all’altra dell’oceano, Paine non ragiona soltanto sulla politica – sulla modalità di organizzare una convivenza democratica attraverso la rappresentanza, convivenza che doveva trovare una propria legittimazione nel primato della costituzione come norma superiore alla legge stabilita dal popolo. Egli riflette anche sulla società commerciale, sui meccanismi che la muovono e le gerarchie che la attraversano, mostrando così precise linee di continuità che tengono insieme le due sponde dell’oceano non solo nella circolazione del linguaggio politico, ma anche nella comune trasformazione sociale che investe i termini del commercio, del possesso della proprietà e del lavoro, dell’arricchimento e dell’impoverimento. Con Paine, America e Europa non possono essere pensate separatamente, né – come invece suggerisce il grande lavoro di Robert Palmer, The Age of Democratic Revolution – possono essere inquadrate dentro un singolo e generale movimento rivoluzionario essenzialmente democratico. Emergono piuttosto tensioni e contraddizioni che investono il mondo atlantico allontanando e avvicinando continuamente le due sponde dell’oceano come due estremità di un elastico. Per questo, parliamo di società atlantica. Quanto detto trova conferma nella difficoltà con la quale la storiografia ricostruisce la figura politica di Paine dentro la vicenda rivoluzionaria americana. John Pocock riconosce la difficoltà di comprendere e spiegare Paine, quando sostiene che Common Sense non evoca coerentemente nessun prestabilito vocabolario atlantico e la figura di Paine non è sistemabile in alcuna categoria di pensiero politico. Partendo dal paradigma classico della virtù, legata antropologicamente al possesso della proprietà terriera, Pocock ricostruisce la permanenza del linguaggio repubblicano nel mondo atlantico senza riuscire a inserire Common Sense e Rights of Man nello svolgimento della rivoluzione. Sebbene non esplicitamente dichiarata, l’incapacità di comprendere il portato innovativo di Common Sense, in quella che è stata definita sintesi repubblicana, è evidente anche nel lavoro di Bernard Bailyn che spiega come l’origine ideologica della rivoluzione, radicata nella paura della cospirazione inglese contro la libertà e nel timore della degenerazione del potere, si traduca ben presto in un sentimento fortemente contrario alla democrazia. Segue questa prospettiva anche Gordon Wood, secondo il quale la chiamata repubblicana per l’indipendenza avanzata da Paine non parla al senso comune americano, critico della concezione radicale del governo rappresentativo come governo della maggioranza, che Paine presenta quando partecipa al dibattito costituzionale della Pennsylvania rivoluzionaria. Paine è quindi considerato soltanto nelle risposte repubblicane dei leader della guerra d’indipendenza che temono una possibile deriva democratica della rivoluzione. Paine viene in questo senso dimenticato. La sua figura è invece centrale della nuova lettura liberale della rivoluzione: Joyce Appleby e Isaac Kramnick contestano alla letteratura repubblicana di non aver compreso che la separazione tra società e governo – la prima intesa come benedizione, il secondo come male necessario – con cui si apre Common Sense rappresenta il tentativo riuscito di cogliere, spiegare e tradurre in linguaggio politico l’affermazione del capitalismo. In particolare, Appleby critica efficacemente il concetto d’ideologia proposto dalla storiografia repubblicana, perché presuppone una visione statica della società. L’affermazione del commercio fornirebbe invece quella possibilità di emancipazione attraverso il lavoro libero, che Paine coglie perfettamente promuovendo una visione della società per la quale il commercio avrebbe permesso di raggiungere la libertà senza il timore della degenerazione della rivoluzione nel disordine. Questa interpretazione di Paine individua in modo efficace un aspetto importante del suo pensiero politico, la sua profonda fiducia nel commercio come strumento di emancipazione e progresso. Tuttavia, non risulta essere fino in fondo coerente e pertinente, se vengono prese in considerazione le diverse agende politiche avanzate in seguito alla pubblicazione di Common Sense e di Rights of Man, né sembra reggere quando prendiamo in mano The Agrarian Justice (1797), il pamphlet nel quale Paine mette in discussione la sua profonda fiducia nel progresso della società commerciale. Diverso è il Paine che emerge dalla storiografia bottom-up, secondo la quale la rivoluzione non può più essere ridotta al momento repubblicano o all’affermazione senza tensione del liberalismo: lo studio della rivoluzione deve essere ampliato fino a comprendere quell’insieme di pratiche e discorsi che mirano all’incisiva trasformazione dell’esistente slegando il diritto di voto dalla qualifica proprietaria, perseguendo lo scopo di frenare l’accumulazione di ricchezza nelle mani di pochi con l’intento di ordinare la società secondo una logica di maggiore uguaglianza. Come dimostrano Eric Foner e Gregory Claeys, attraverso Paine è allora possibile rintracciare, sulla sponda americana come su quella inglese dell’Atlantico, forti pretese democratiche che non sembrano riducibili al linguaggio liberale, né a quello repubblicano. Paine viene così sottratto a rigide categorie storiografiche che per troppo tempo l’hanno consegnato tout court all’elogio del campo liberale o al silenzio di quello repubblicano. Facendo nostra la metodologia di ricerca elaborata dalla storiografia bottom-up per tenere insieme storia sociale e storia intellettuale, possiamo allora leggere Paine non solo per parlare di rivoluzione atlantica, ma anche di società atlantica: società e politica costituiscono un unico orizzonte d’indagine dal quale esce ridimensionata l’interpretazione della rivoluzione come rivoluzione esclusivamente politica, che – sebbene in modo diverso – tanto la storiografia repubblicana quanto quella liberale hanno rafforzato, alimentando indirettamente l’eccezionale successo americano contro la clamorosa disfatta europea. Entrambe le sponde dell’Atlantico mostrano una società in transizione: la costruzione della finanza nazionale con l’istituzione del debito pubblico e la creazione delle banche, la definizione delle forme giuridiche che stabiliscono modalità di possesso e impiego di proprietà e lavoro, costituiscono un complesso strumentario politico necessario allo sviluppo del commercio e al processo di accumulazione di ricchezza. Per questo, la trasformazione commerciale della società è legata a doppio filo con la rivoluzione politica. Ricostruire il modo nel quale Paine descrive e critica la società da una sponda all’altra dell’Atlantico mostra come la separazione della società dal governo non possa essere immediatamente interpretata come essenza del liberalismo economico e politico. La lettura liberale rappresenta senza ombra di dubbio un salto di qualità nell’interpretazione storiografica perché spiega in modo convincente come Paine traduca in discorso politico il passaggio da una società fortemente gerarchica come quella inglese, segnata dalla condizione di povertà e miseria comune alle diverse figure del lavoro, a una realtà sociale come quella americana decisamente più dinamica, dove il commercio e le terre libere a ovest offrono ampie possibilità di emancipazione e arricchimento attraverso il lavoro libero. Tuttavia, leggendo The Case of Officers of Excise (1772) e ricostruendo la sua attività editoriale alla guida del Pennsylvania Magazine (1775) è possibile giungere a una conclusione decisamente più complessa rispetto a quella suggerita dalla storiografia liberale: il commercio non sembra affatto definire una qualità non conflittuale del contesto atlantico. Piuttosto, nonostante l’assenza dell’antico ordine ‘cetuale’ europeo, esso investe la società di una tendenza alla trasformazione, la cui direzione, intensità e velocità dipendono anche dall’esito dello scontro politico in atto dentro la rivoluzione. Spostando l’attenzione su figure sociali che in quella letteratura sono di norma relegate in secondo piano, Paine mira infatti a democratizzare la concezione del commercio indicando nell’indipendenza personale la condizione comune alla quale poveri e lavoratori aspirano: per chi è coinvolto in prima persona nella lotta per l’indipendenza, la visione della società non indica allora un ordine naturale, dato e immutabile, quanto una scommessa sul futuro, un ideale che dovrebbe avviare un cambiamento sociale coerente con le diverse aspettative di emancipazione. Senza riconoscere questa valenza democratica del commercio non è possibile superare il consenso come presupposto incontestabile della Rivoluzione americana, nel quale tanto la storiografia repubblicana quanto quella librale tendono a cadere: non è possibile superare l’immagine statica della società americana, implicitamente descritta dalla prima, né andare oltre la visione di una società dinamica, ma priva di gerarchie e oppressione, come quella delineata dalla seconda. Le entusiastiche risposte e le violente critiche in favore e contro Common Sense, la dura polemica condotta in difesa o contro la costituzione radicale della Pennsylvania, la diatriba politica sul ruolo dei ricchi mercanti mostrano infatti una società in transizione lungo linee che sono contemporaneamente politiche e sociali. Dentro questo contesto conflittuale, repubblicanesimo e liberalismo non sembrano affatto competere l’uno contro l’altro per esercitare un’influenza egemone nella costruzione del governo rappresentativo. Vengono piuttosto mescolati e ridefiniti per rispondere alla pretese democratiche che provengono dalla parte bassa della società. Common Sense propone infatti un piano politico per l’indipendenza del tutto innovativo rispetto al modo nel quale le colonie hanno fino a quel momento condotto la controversia con la madre patria: la chiamata della convenzione rappresentativa di tutti gli individui per scrivere una nuova costituzione assume le sembianze di un vero e proprio potere costituente. Con la mobilitazione di ampie fasce della popolazione per vincere la guerra contro gli inglesi, le élite mercantili e proprietarie perdono il monopolio della parola e il processo decisionale è aperto anche a coloro che non hanno avuto voce nel governo coloniale. La dottrina dell’indipendenza assume così un carattere democratico. Paine non impiega direttamente il termine, tuttavia le risposte che seguono la pubblicazione di Common Sense lanciano esplicitamente la sfida della democrazia. Ciò mostra come la rivoluzione non possa essere letta semplicemente come affermazione ideologica del repubblicanesimo in continuità con la letteratura d’opposizione del Settecento britannico, o in alternativa come transizione non conflittuale al liberalismo economico e politico. Essa risulta piuttosto comprensibile nella tensione tra repubblicanesimo e democrazia: se dentro la rivoluzione (1776-1779) Paine contribuisce a democratizzare la società politica americana, allora – ed è questo un punto importante, non sufficientemente chiarito dalla storiografia – il recupero della letteratura repubblicana assume il carattere liberale di una strategia tesa a frenare le aspettative di chi considera la rivoluzione politica come un mezzo per superare la condizione di povertà e le disuguaglianze che pure segnano la società americana. La dialettica politica tra democrazia e repubblicanesimo consente di porre una questione fondamentale per comprendere la lunga vicenda intellettuale di Paine nella rivoluzione atlantica e anche il rapporto tra trasformazione sociale e rivoluzione politica: è possibile sostenere che in America la congiunzione storica di processo di accumulazione di ricchezza e costruzione del governo rappresentativo pone la società commerciale in transizione lungo linee capitalistiche? Questa non è certo una domanda che Paine pone esplicitamente, né in Paine troviamo una risposta esaustiva. Tuttavia, la sua collaborazione con i ricchi mercanti di Philadelphia suggerisce una valida direzione di indagine dalla quale emerge che il processo di costruzione del governo federale è connesso alla definizione di una cornice giuridica entro la quale possa essere realizzata l’accumulazione del capitale disperso nelle periferie dell’America indipendente. Paine viene così coinvolto in un frammentato e dilatato scontro politico dove – nonostante la conclusione della guerra contro gli inglesi nel 1783 – la rivoluzione non sembra affatto conclusa perché continua a muovere passioni che ostacolano la costruzione dell’ordine: leggere Paine fuori dalla rivoluzione (1780-1786) consente paradossalmente di descrivere la lunga durata della rivoluzione e di considerare la questione della transizione dalla forma confederale a quella federale dell’unione come un problema di limiti della democrazia. Ricostruire la vicenda politica e intellettuale di Paine in America permette infine di evidenziare un ambiguità costitutiva della società commerciale dentro la quale il progetto politico dei ricchi mercanti entra in tensione con un’attitudine popolare critica del primo processo di accumulazione che rappresenta un presupposto indispensabile all’affermazione del capitalismo. La rivoluzione politica apre in questo senso la società commerciale a una lunga e conflittuale transizione verso il capitalismo Ciò risulta ancora più evidente leggendo Paine in Europa (1791-1797). Da una sponda all’altra dell’Atlantico, con Rights of Man egli esplicita ciò che in America ha preferito mantenere implicito, pur raccogliendo la sfida democratica lanciata dai friend of Common Sense: il salto in avanti che la rivoluzione atlantica deve determinare nel progresso dell’umanità è quello di realizzare la repubblica come vera e propria democrazia rappresentativa. Tuttavia, il fallimento del progetto politico di convocare una convenzione nazionale in Inghilterra e la degenerazione dell’esperienza repubblicana francese nel Terrore costringono Paine a mettere in discussione quella fiducia nel commercio che la storiografia liberale ha con grande profitto mostrato: il mancato compimento della rivoluzione in Europa trova infatti spiegazione nella temporanea impossibilità di tenere insieme democrazia rappresentativa e società commerciale. Nel contesto europeo, fortemente disgregato e segnato da durature gerarchie e forti disuguaglianze, con The Agrarian Justice, Paine individua nel lavoro salariato la causa del contraddittorio andamento – di arricchimento e impoverimento – dello sviluppo economico della società commerciale. La tendenza all’accumulazione non è quindi l’unica qualità della società commerciale in transizione. Attraverso Paine, possiamo individuare un altro carattere decisivo per comprendere la trasformazione sociale, quello dell’affermazione del lavoro salariato. Non solo in Europa. Al ritorno in America, Paine non porta con sé la critica della società commerciale. Ciò non trova spiegazione esclusivamente nel minor grado di disuguaglianza della società americana. Leggendo Paine in assenza di Paine (1787-1802) – ovvero ricostruendo il modo nel quale dall’Europa egli discute, critica e influenza la politica americana – mostreremo come la costituzione federale acquisisca gradualmente la supremazia sulla conflittualità sociale. Ciò non significa che l’America indipendente sia caratterizzata da un unanime consenso costituzionale. Piuttosto, è segnata da un lungo e tortuoso processo di stabilizzazione che esclude la democrazia dall’immediato orizzonte della repubblica americana. Senza successo, Paine torna infatti a promuovere una nuova sfida democratica come nella Pennsylvania rivoluzionaria degli anni settanta. E’ allora possibile vedere come la rivoluzione atlantica venga stroncata su entrambe le sponde dell’oceano: i grandi protagonisti della politica atlantica che prendono direttamente parola contro l’agenda democratica painita – Edmund Burke, Boissy d’Anglas e John Quincy Adams – spostano l’attenzione dal governo alla società per rafforzare le gerarchie determinate dal possesso di proprietà e dall’affermazione del lavoro salariato. Dentro la rivoluzione atlantica, viene così svolto un preciso compito politico, quello di contribuire alla formazione di un ambiente sociale e culturale favorevole all’affermazione del capitalismo – dalla trasformazione commerciale della società alla futura innovazione industriale. Ciò emerge in tutta evidenza quando sulla superficie increspata dell’oceano Atlantico compare nuovamente Paine: a Londra come a New York. Abbandonando quella positiva visione del commercio come vettore di emancipazione personale e collettiva, nel primo trentennio del diciannovesimo secolo, i lavoratori delle prime manifatture compongono l’agenda radicale che Paine lascia in eredità in un linguaggio democratico che assume così la valenza di linguaggio di classe. La diversa prospettiva politica sulla società elaborata da Paine in Europa torna allora d’attualità, anche in America. Ciò consente in conclusione di discutere quella storiografia secondo la quale nella repubblica dal 1787 al 1830 il trionfo della democrazia ha luogo – senza tensione e conflittualità – insieme con la lineare e incontestata affermazione del capitalismo: leggere Paine nella rivoluzione atlantica consente di superare quell’approccio storiografico che tende a ricostruire la circolazione di un unico paradigma linguistico o di un’ideologia dominante, finendo per chiudere la grande esperienza rivoluzionaria atlantica in un tempo limitato – quello del 1776 o in alternativa del 1789 – e in uno spazio chiuso delimitato dai confini delle singole nazioni. Quello che emerge attraverso Paine è invece una società atlantica in transizione lungo linee politiche e sociali che tracciano una direzione di marcia verso il capitalismo, una direzione affatto esente dal conflitto. Neanche sulla sponda americana dell’oceano, dove attraverso Paine è possibile sottolineare una precisa congiunzione storica tra rivoluzione politica, costruzione del governo federale e transizione al capitalismo. Una congiunzione per la quale la sfida democratica non risulta affatto sconfitta: sebbene venga allontanata dall’orizzonte immediato della rivoluzione, nell’arco di neanche un ventennio dalla morte di Paine nel 1809, essa torna a muovere le acque dell’oceano – con le parole di Melville – come un violento accesso di febbre contagiosa destinato a turbare l’organismo costituzionalmente sano del mondo atlantico. Per questo, come scrive John Adams nel 1805 quella che il 1776 apre potrebbe essere chiamata “the Age of Folly, Vice, Frenzy, Brutality, Daemons, Buonaparte -…- or the Age of the burning Brand from the Bottomless Pit”. Non può però essere chiamata “the Age of Reason”, perché è l’epoca di Paine: “whether any man in the world has had more influence on its inhabitants or affairs for the last thirty years than Tom Paine” -…- there can be no severer satyr on the age. For such a mongrel between pig and puppy, begotten by a wild boar on a bitch wolf, never before in any age of the world was suffered by the poltroonery of mankind, to run through such a career of mischief. Call it then the Age of Paine”.
Resumo:
Although associated with adverse outcomes in other cardiopulmonary diseases, limited evidence exists on the prognostic value of anaemia in patients with acute pulmonary embolism (PE). We sought to examine the associations between anaemia and mortality and length of hospital stay in patients with PE. We evaluated 14,276 patients with a primary diagnosis of PE from 186 hospitals in Pennsylvania, USA. We used random-intercept logistic regression to assess the association between anaemia at the time of presentation and 30-day mortality and discrete-time logistic hazard models to assess the association between anaemia and time to hospital discharge, adjusting for patient (age, gender, race, insurance type, clinical and laboratory variables) and hospital (region, size, teaching status) factors. Anaemia was present in 38.7% of patients at admission. Patients with anaemia had a higher 30-day mortality (13.7% vs. 6.3%; p <0.001) and a longer length of stay (geometric mean, 6.9 vs. 6.6 days; p <0.001) compared to patients without anaemia. In multivariable analyses, anaemia remained associated with an increased odds of death (OR 1.82, 95% CI: 1.60-2.06) and a decreased odds of discharge (OR 0.85, 95% CI: 0.82-0.89). Anaemia is very common in patients presenting with PE and is independently associated with an increased short-term mortality and length of stay.
Resumo:
Many global amphibian declines have been linked to the fungal pathogen Batrachochytrium dendrobatidis (Bd). The knowledge on Bd distribution provides a fundamental basis for amphibian conservation planning. Yet, such Bd distribution information is currently insufficient, in particular at a regional scale. The college classroom provides an excellent opportunity to expand the knowledge of Bd distribution. Here we provide an example of such research projects to detect Bd prevalence among local amphibians in a college course setting and present the results of work conducted in central Pennsylvania, USA. We collected toe clips and conducted PCR assays of six species, Plethodon cinereus, Desmognathus fuscus, Notophthalmus viridescens, Lithobates catesbeianus, L. clamitans, and L. sylvaticus (59 individuals). Four groups of students independently conducted entire projects, orally presented their findings, and submitted manuscripts to the professor at the end of the semester. This example demonstrates that it is feasible for an undergraduate class to complete a Bd-detection project within a single semester. Such a project not only contributes to Bd research but also promotes conservation education among students through hands-on research experiences. We found Bd infection in only one sample of N. viridescens, but no sign of infection in the rest of the samples. As a relatively high prevalence of Bd has been reported in surrounding areas, our results suggest spatial heterogeneity in Bd occurrence at a regional scale and thus, the need for continued efforts to monitor Bd prevalence.
Abandoned Coal Mine Drainage and Its Remediation: Impacts on Stream Ecosystem Structure and Function
Resumo:
The effects of abandoned mine drainage (AMD) on streams and responses to remediation efforts were studied using three streams (AMD-impacted, remediated, reference) in both the anthracite and the bituminous coal mining regions of Pennsylvania (USA). Response variables included ecosystem function as well as water chemistry and macroinvertebrate community composition. The bituminous AMD stream was extremely acidic with high dissolved metals concentrations, a prolific mid-summer growth of the filamentous alga, Mougeotia, and .10-fold more chlorophyll than the reference stream. The anthracite AMD stream had a higher pH, substrata coated with iron hydroxide(s), and negligible chlorophyll. Macroinvertebrate communities in the AMD streams were different from the reference streams, the remediated streams, and each other. Relative to the reference stream, the AMD stream(s) had (1) greater gross primary productivity (GPP) in the bituminous region and undetectable GPP in the anthracite region, (2) greater ecosystem respiration in both regions, (3) greatly reduced ammonium uptake and nitrification in both regions, (4) lower nitrate uptake in the bituminous (but not the anthracite) region, (5) more rapid phosphorus removal from the water column in both regions, (6) activities of phosphorus-acquiring, nitrogenacquiring, and hydrolytic-carbon-acquiring enzymes that indicated extreme phosphorus limitation in both regions, and (7) slower oak and maple leaf decomposition in the bituminous region and slower oak decomposition in the anthracite region. Remediation brought chlorophyll concentrations and GPP nearer to values for respective reference streams, depressed ecosystem respiration, restored ammonium uptake, and partially restored nitrification in the bituminous (but not the anthracite) region, reduced nitrate uptake to an undetectable level, restored phosphorus uptake to near normal rates, and brought enzyme activities more in line with the reference stream in the bituminous (but not the anthracite) region. Denitrification was not detected in any stream. Water chemistry and macroinvertebrate community structure analyses capture the impact of AMD at the local reach scale, but functional measures revealed that AMD has ramifications that can cascade to downstream reaches and perhaps to receiving estuaries.
Resumo:
In an effort to understand some of the ways that accountability-based reform efforts have influenced teacher education, this article details the politics of accountability in Pennsylvania that motivated sweeping changes in the policies governing teacher preparation in 2006. This case study provides a poignant example of the kind of complex accountability systems now being constructed across the United States in an effort to change teacher preparation. By analyzing primary documents including the legal statutes governing teacher preparation in Pennsylvania, correspondence from the Pennsylvania Department of Education, related newsletters, memos, reports, transcripts of meetings, and testimony before the Pennsylvania House of Representatives, the complex nature of the conflicts underlying the development and implementation of teacher education reform is brought into focus. The study's findings suggest that a deep and uncritical acceptance of accountability-based teacher education reform on the part of educational policy makers is likely to do more harm than good. The article concludes by outlining a framework for developing more intelligent measures of accountability that might preserve professional autonomy and judgment.
Resumo:
Extraction of natural gas by hydraulic fracturing of the Middle Devonian Marcellus Shale, a major gas-bearing unit in the Appalachian Basin, results in significant quantities of produced water containing high total dissolved solids (TDS). We carried out a strontium (Sr) isotope investigation to determine the utility of Sr isotopes in identifying and quantifying the interaction of Marcellus Formation produced waters with other waters in the Appalachian Basin in the event of an accidental release, and to provide information about the source of the dissolved solids. Strontium isotopic ratios of Marcellus produced waters collected over a geographic range of ∼375 km from southwestern to northeastern Pennsylvania define a relatively narrow set of values (εSr SW = +13.8 to +41.6, where εSr SW is the deviation of the 87Sr/86Sr ratio from that of seawater in parts per 104); this isotopic range falls above that of Middle Devonian seawater, and is distinct from most western Pennsylvania acid mine drainage and Upper Devonian Venango Group oil and gas brines. The uniformity of the isotope ratios suggests a basin-wide source of dissolved solids with a component that is more radiogenic than seawater. Mixing models indicate that Sr isotope ratios can be used to sensitively differentiate between Marcellus Formation produced water and other potential sources of TDS into ground or surface waters.
Resumo:
The US penitentiary at Lewisburg, Pennsylvania, was retrofitted in 2008 to offer the country’s first federal Special Management Unit (SMU) program of its kind. This model SMU is designed for federal inmates from around the country identified as the most intractably troublesome, and features double-celling of inmates in tiny spaces, in 23-hour or 24-hour a day lockdown, requiring them to pass through a two-year program of readjustment. These spatial tactics, and the philosophy of punishment underlying them, contrast with the modern reform ideals upon which the prison was designed and built in 1932. The SMU represents the latest punitive phase in American penology, one that neither simply eliminates men as in the premodern spectacle, nor creates the docile, rehabilitated bodies of the modern panopticon; rather, it is a late-modern structure that produces only fear, terror, violence, and death. This SMU represents the latest of the late-modern prisons, similar to other supermax facilities in the US but offering its own unique system of punishment as well. While the prison exists within the system of American law and jurisprudence, it also manifests features of Agamben’s lawless, camp-like space that emerges during a state of exception, exempt from outside scrutiny with inmate treatment typically beyond the scope of the law.
Resumo:
The formation of aerosols is a key component in understanding cloud formation in the context of radiative forcings and global climate modeling. Biogenic volatile organic compounds (BVOCs) are a significant source of aerosols, yet there is still much to be learned about their structures, sources, and interactions. The aims of this project were to identify the BVOCs found in the defense chemicals of the brown marmorated stink bug Halymorpha halys and quantify them using gas chromatography-mass spectrometry (GC/MS) and test whether oxidation of these compounds by ozone-promoted aerosol and cloud seed formation. The bugs were tested under two conditions: agitation by asphyxiation and direct glandular exposure. Tridecane, 2(5H)-furanone 5-ethyl, and (E)-2-decenal were identified as the three most abundant compounds. H. halys were also tested in the agitated condition in a smog chamber. It was found that in the presence of 100-180 ppm ozone, secondary aerosols do form. A scanning mobility particle sizer (SMPS) and a cloud condensation nuclei counter (CCNC) were used to characterize the secondary aerosols that formed. This reaction resulted in 0.23 mu g/bug of particulate mass. It was also found that these secondary organic aerosol particles could act as cloud condensation nuclei. At a supersaturation of 1%, we found a kappa value of 0.09. Once regional populations of these stink bugs stablilize and the populations estimates can be made, the additional impacts of their contribution to regional air quality can be calculated. Implications: Halymorpha halys (brown marmorated stink bugs) are a relatively new invasive species introduced in the United States near Allentown, Pennsylvania. The authors chemically speciated the bugs' defense pheromones and found that tridecane, 5-ethyl-2(5H)-furanone, and (E)-2-decenal dominated their emissions. Their defense emissions were reacted with atmospherically relevant concentrations of ozone and resulted in 0.23 g of particulate matter per emission per bug. Due to the large population of these bugs in some regions, these emissions could contribute appreciably to a region's PM2.5 (particulate matter with an aerodynamic diameter 2.5 m) levels.
Resumo:
The US penitentiary at Lewisburg, Pennsylvania, was retrofitted in 2008 to offer the country's first federal Special Management Unit (SMU) program of its kind. This model SMU is designed for federal inmates from around the country identified as the most intractably troublesome, and features double-celling of inmates in tiny spaces, in 23-hour or 24-hour a day lockdown, requiring them to pass through a two-year program of readjustment. These spatial tactics, and the philosophy of punishment underlying them, contrast with the modern reform ideals upon which the prison was designed and built in 1932. The SMU represents the latest punitive phase in American penology, one that neither simply eliminates men as in the premodern spectacle, nor creates the docile, rehabilitated bodies of the modern panopticon; rather, it is a late-modern structure that produces only fear, terror, violence, and death. This SMU represents the latest of the late-modern prisons, similar to other supermax facilities in the US but offering its own unique system of punishment as well. While the prison exists within the system of American law and jurisprudence, it also manifests features of Agamben's lawless, camp-like space that emerges during a state of exception, exempt from outside scrutiny with inmate treatment typically beyond the scope of the law
Resumo:
For virtually all hospitals, utilization rates are a critical managerial indicator of efficiency and are determined in part by turnover time. Turnover time is defined as the time elapsed between surgeries, during which the operating room is cleaned and preparedfor the next surgery. Lengthier turnover times result in lower utilization rates, thereby hindering hospitals’ ability to maximize the numbers of patients that can be attended to. In this thesis, we analyze operating room data from a two year period provided byEvangelical Community Hospital in Lewisburg, Pennsylvania, to understand the variability of the turnover process. From the recorded data provided, we derive our best estimation of turnover time. Recognizing the importance of being able to properly modelturnover times in order to improve the accuracy of scheduling, we seek to fit distributions to the set of turnover times. We find that log-normal and log-logistic distributions are well-suited to turnover times, although further research must validate this finding. Wepropose that the choice of distribution depends on the hospital and, as a result, a hospital must choose whether to use the log-normal or the log-logistic distribution. Next, we use statistical tests to identify variables that may potentially influence turnover time. We find that there does not appear to be a correlation between surgerytime and turnover time across doctors. However, there are statistically significant differences between the mean turnover times across doctors. The final component of our research entails analyzing and explaining the benefits of introducing control charts as a quality control mechanism for monitoring turnover times in hospitals. Although widely instituted in other industries, control charts are notwidely adopted in healthcare environments, despite their potential benefits. A major component of our work is the development of control charts to monitor the stability of turnover times. These charts can be easily instituted in hospitals to reduce the variabilityof turnover times. Overall, our analysis uses operations research techniques to analyze turnover times and identify manners for improvement in lowering the mean turnover time and thevariability in turnover times. We provide valuable insight into a component of the surgery process that has received little attention, but can significantly affect utilization rates in hospitals. Most critically, an ability to more accurately predict turnover timesand a better understanding of the sources of variability can result in improved scheduling and heightened hospital staff and patient satisfaction. We hope that our findings can apply to many other hospital settings.
Resumo:
This study seeks to answer whether the availability heuristic leads physicians to utilize more medical care than is economically efficient. Do rare, salient events alter physicians' perceptions about the probability of patient harm? Do these events lead physicians to overutilize certain medical procedures? This study uses Pennsylvania inpatient hospital admissions data from 2009 aggregated at the physician level to investigate these questions. The data come from the 2009 Pennsylvania Health Care Cost Containment Council (PHC4). The study is divided into two parts. In Part I, we examine whether bad outcomes during childbirth (defined as maternal mortality, an obstetric fistula or a uterine rupture) lead physicians to utilize more cesarean sections on future patients. In Part II, we examine whether bad outcomes associated with appendicitis (defined as patient death, a perforated or ruptured appendix or sepsis) lead physicians to perform more negative appendectomies (appendectomies performed when the patient did not have appendicitis) on future patients. Overall the study does not find evidence to support the claim that the availability heuristic leads physicians to overutilize medical care on future patients. However, the study does find evidence that variations in health care utilization are strongly correlated with individual physician practice patterns. The results of the study also imply that physicians' financial incentives may be a source of variation in health care utilization.
Resumo:
Mansfield University, founded on January 7, 1857 as Mansfield Classical Seminary, has an overwhelming history of persistence. Along with the institution, the women’s athletic programs also have a strong past. This paper outlines the history of women’s athletics at Mansfield from the establishment of the school in 1857, to the first women’s athletic program starting in 1900, and through the present day. It is organized according to the eras the institution went through and the athletic opportunities given to the women at that time. The focus of each chapter reflects the major accomplishments of both the institution and the women’s athletic programs, events, and issues that transpired during each time period. Research was conducted by reviewing yearbooks, memorandums, and reports in the Mansfield University archives, school newspaper articles, and the university website, along with several other supplemental materials. Personal interviews also accompanied the documentary research to give a first-hand historical viewpoint of several eras. It was concluded that the women at Mansfield University have fought for, and created athletic opportunities for over 100 years. In comparison to other Pennsylvania state universities, women’s athletics at Mansfield are under-funded and on the low end of receiving athletic scholarship monies. The future of women’s athletics at Mansfield is uncertain due to budgetary factors that are unknown at this time.