993 resultados para globale Arbeitszufriedenheit, affektive Arbeitszufriedenheit, kognitive Arbeitszufriedenheit, selbst gesteuerte Situationsgestaltung,
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L’Inserimento Eterofamigliare Supportato di Adulti (IESA) sofferenti di disturbi psichici consiste nell’accogliere persone in cura presso i servizi psichiatrici territoriali, nel proprio domicilio, integrandole nelle proprie relazioni famigliari. Obiettivo è migliorare la qualità di vita dell’utente e favorirne l’integrazione nella comunità. Obiettivo. Valutare gli esiti dello IESA, con un disegno di ricerca longitudinale, considerando: psicopatologia, benessere psicologico, funzionamento sociale e familiare. Metodologia. 40 soggetti: 20 pazienti e 20 ospitanti. La valutazione clinica è stata effettuata all’inizio della convivenza e al follow-up di 1, 3, 6 e 12 mesi. Strumenti utilizzati: BPRS, VGF, PWB, SQ, FAD. Analisi statistica: Modello Lineare Generale (GLM) con l’Analisi della Varianza per prove ripetute e calcolo dell’effect-size. Risultati. 15 pazienti maschi e 5 femmine, 17 italiani. 11 soddisfano i criteri diagnostici (DSM-IV-TR) per schizofrenia e disturbi psicotici, 5 per i disturbi dell’umore e 4 per i disturbi di personalità. Dopo l’inserimento 3 sono stati i ricoveri e 4 le visite psichiatriche urgenti. 8 pazienti modificano/diminuiscono la terapia e 3 la sospendono. Aumenta il benessere psicologico (PWB); diminuiscono i sintomi psicopatologici (BPRS ed SQ) e migliora il funzionamento globale (VFG). Il gruppo dei famigliari composto da 11 uomini e 9 donne, 19 di nazionalità italiana; con età media di 55 anni. 8 sono coniugati, 6 celibi/nubili, 4 divorziati e 2 vedovi. 9 hanno figli, 11 lavorano e 8 sono pensionati. Nei famigliari aumenta il benessere psicologico (PWB), migliora il funzionamento famigliare (FAD) e la valutazione del funzionamento globale (VGF) rimane costante nel tempo. Discussioni e conclusioni. Il progetto IESA sembra migliorare la psicopatologia, con una diminuzione dei comportamenti maladattativi e un aumento delle capacità relazionali dell’ospite favorendone l’integrazione. Inoltre, lo IESA sembra diminuire i costi della cronicità psichiatrica: diminuzione degli accessi al Pronto Soccorso, delle visite psichiatriche urgenti e delle giornate di ricovero.
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Die Pathogenese chronisch inflammatorischer Erkrankungen ist von einer Dysregulation der pro-inflammatorischen Genexpression geprägt. Dieser liegen wahrscheinlich pathologische Veränderungen der Aktivität von verschiedenen Transkriptionsfaktoren und RNA-bindenden Proteinen zugrunde. In dieser Arbeit konnte die Regulation der KSRP-Expression in einem murinen Modell der rheumatoiden Arthritis (RA) nachgewiesen werden. In humanen Chondrozyten führte eine erhöhte KSRP-Expression zu einer Reduktion der Expression von bekannten KSRP-Zielgenen. Der Vergleich von verschiedenden Microarray-Analysen aus den verwendeten humanen und murinen Modellen der RA führte zur Identifikation von pro-inflammatorischen und pro-angiogenetischen Faktoren (SPARC, MMP2, MMP3, PLA2G2D, GZMA, HPSE, TNMD und IL-18-R), die in der RA eine Rolle spielen und höchstwahrscheinlich durch eine erhöhte KSRP-Expression reguliert werden. Daher könnte eine Modulation der KSRP-Expression bei der Therapie von Autoimmunerkrankungen von Bedeutung sein. In diesem Zusammenhang ist die Detektion der Bindung des cardioprotektiven und anti-inflammatorisch wirkenden Naturstoffs Resveratrol an KSRP zu nennen. Diese spezifische Interaktion führte zu einer Reduktion der p38-MAPK-vermittelten Thr-Phosphorylierung des KSRP-Proteins (in situ und in vivo), was eine Aktivierung der KSRP-vermittelten Mechanismen zur Folge hatte. Somit konnte in situ die mRNA-Stabilität der iNOS reduziert und die miR-155-Expression erhöht werden. Im murinen Atherosklerosemodell führte die Behandlung mit Resveratrol zu einer verringerten Expression bekannter KSRP-Ziel-mRNAs. rnNeben diesem post-translationalen Regulationsmechanismus von KSRP durch Resveratrol konnte die Modulation der KSRP-Expression auf transkriptioneller Ebene durch KSRP selbst gezeigt werden. Dies geschieht möglicherweise über die Bindung von KSRP an das FUSE-analoge Element innerhalb des KSRP-Promotors, welches eine positive Autoregulation der KSRP-Expression bewirkt. Bei der Analyse der post-transkriptionellen Regulation der KSRP-Expression interagierten die mRNA-bindenden Proteine HuR, PABP und die AUF-1-Isoformen p40, p42 und p45 in vitro mit der KSRP-3’UTR. Dabei konnte in Expressionsanalysen nachgewiesen werden, dass die KSRP-mRNA durch PABP positiv und durch p42 negativ reguliert wird.rnZusammenfassend ist zu sagen, dass die KSRP-Expression neben post-translationalen Mechanismen auch auf transkriptioneller und post-transkriptioneller Ebene moduliert wird. Zusätzlich wurde eine Regulation der KSRP-Expression innerhalb entzündlicher Erkrankungen nachgewiesen, die Bedeutung dieser Modulation für die pro-inflammatorischen Genexpression diskutiert und ein möglicher therapeutischer Angriffspunkt durch Resveratrol identifiziert.
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This thesis focused on the polymer’s influence on the interaction of polymeric NPs with epithelial cells. Furthermore, the measurement of single submicron nanoparticles in a commercially available flow cytometer was established, to provide a new method in the toolbox for nanoparticle-cell studies. This gave way to develop a routine for the absolute quantification of intracellular NPs via flow cytometry. rnThe cellular uptake of poly(methyl methacrylate) (PMMA), polystyrene (PS) and poly(L-lactide) (PLLA) nanoparticles was investigated via flow cytometry. PLLA-NPs were internalized the most efficiently. But upon co-incubation of PS and PLLA particles with cells, the two particles mutually influenced their uptake, slightly shifting the relative uptake efficiencies. This phenomenon should be based on specific properties of the different polymer materials. The findings indicated a competition (which is strongly influenced by properties of the respective polymeric material) for the uptake into the cells, allegedly due to competition for specific coatings with serum components that enhances the NPs’ cellular uptake. The fluorescence of single 150 nm particles was determined with a benchtop cytometer, breaching the machine’s detection limit but yielding precise NP fluorescence standardization factors. Up to now, these standardization factors are mostly determined by spectroscopic analysis of the particles’ dye content. Finally a flow cytometric routine for absolute particle counting in cells was devised. This quantitation revealed a low uptake efficiency for un-functionalized PMMA NPs of less than 150 NPs (approx. 0,001 % of added) per cell.rn
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Introduzione. Il rapido e globale incremento dell’utilizzo dei telefoni cellulari da parte degli adolescenti e dei bambini ha generato un considerevole interesse circa i possibili effetti sulla salute dell’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza. Perciò è stato avviato lo studio internazionale caso-controllo Mobi-kids, all’interno del quale si colloca quello italiano condotto in 4 Regioni (Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna). Obiettivi. Lo studio ha come obiettivo quello di valutare la stima del rischio degli effetti potenzialmente avversi di queste esposizioni sul sistema nervoso centrale nei bambini e negli adolescenti. Materiali e Metodi. La popolazione include tutte le persone di età compresa tra 10 e 24 anni residenti nelle 4 Regioni, con una diagnosi confermata di neoplasia cerebrale primitiva, diagnosticata durante il periodo di studio (3 anni). Sono stati selezionati due controlli - ospedalizzati per appendicite acuta - per ciascun caso. I controlli sono stati appaiati individualmente a ciascun caso per età, sesso e residenza del caso. Risultati. In Italia sono stati intervistati a Giugno 2014, 106 casi e 191 controlli. In Emilia-Romagna i casi reclutati sono stati fino ad ora 21 e i controlli 20, con una rispondenza del’81% e dell’65% rispettivamente. Dei 41 soggetti totali, il 61% era di sesso maschile con un’età media generale pari a 16,5 (±4,5) anni. Inoltre il 44% degli intervistati proveniva dalla classe di età più giovane (10-14). In merito allo stato di appaiamento, nella nostra Regione sono state effettuate 7 triplette (33%) - 1 caso e 2 controlli - e 6 doppiette (29%) - 1 caso ed 1 controllo. Conclusioni. Nonostante le varie difficoltà affrontate data la natura del progetto, l’esperienza maturata fin ad ora ha comunque portato alla fattibilità dello studio e porterà probabilmente a risultati che contribuiranno alla comprensione dei potenziali rischi di neoplasie cerebrali associati all'uso di telefoni cellulari tra i giovani.
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Nelle smart cities moderne, la mobilità di veicoli elettrici (EV) è considerata un fattore determinante nella riduzione del consumo di combustibili fossili e conseguenti emissioni inquinanti. Tuttavia, nonostante gli interessi e investimenti a livello globale, l'accettazione da parte degli utenti è ancora bassa, principalmente a causa della mancanza di infrastrutture e servizi a supporto dei guidatori di EV. Queste mancanze sono la causa principale della cosiddetta range anxiety (timore che il veicolo non abbia autonomia sufficiente per raggiungere la destinazione) e hanno portato al preconcetto che gli EV siano adatti alla sola percorrenza di brevi tragitti. Per contrastare questi problemi, in questo documento è proposta un'applicazione di route planning che supporti mobilità di EV anche su percorsi medio-lunghi, mediante utilizzo di un modello di predizione del consumo energetico e considerazione dell'eventuale necessità di ricarica. Saranno descritte tecniche per determinare il tragitto che un EV sia in grado di percorrere per arrivare a destinazione, in considerazione di restrizioni energetiche, fattore altimetrico del percorso ed eventuali operazioni di ricarica necessarie. Il modello di consumo e l'algoritmo che determina il miglior percorso (dal punto di vista energetico) sono implementati da un web service che interagisce con i servizi di Google Maps (per ottenere indicazioni stradali, dati altimetrici e informazioni in tempo reale sul traffico) e con servizi che offrono informazioni sulle stazioni di ricarica e relative posizioni. Dopo aver descritto il modello di consumo e l'algoritmo per la ricerca del percorso, sarà presentata l'architettura del servizio implementato. Sarà quindi fornita una valutazione del servizio, analizzandone performance e scalabilità, nonché l'efficacia nel supporto di percorsi di EV all'interno di scenari su larga scala (nello specifico la regione Emilia Romagna), attraverso tecniche di simulazione.
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Hintergrund: Die antimetabolitgestützte Trabekulektomie stellt seit längeren denrnGoldstandard bei medikamentös nicht ausreichend therapierbaren Glaukomen dar. Kurz- und mittelfristige Erfolge wurden durch viele Studien bestätigt. Allerdings unterliegen diese sehr unterschiedlichen Erfolgsdefinitionen. Eine strikte Druckkontrolle ≤ 15 mm Hg ohne zusätzliche medikamentöse Therapie erscheint sinnvoll einen risikofreien Therapieerfolg zu bewerten. Es existieren nur wenige Langzeitstudien mit diesem Erfolgskriterium. Die durchgeführte Studie soll einen Eindruck der ophthalmologischen Versorgung trabekulektomierter Patienten an der Universitätsaugenklinik Mainz über einen bewusst langen Zeitraum bieten. Patienten und Methoden: In diese retrospektiven Studie wurden alle Patienten, die aufgrund einer fortgeschrittenen Glaukomerkrankung in den Jahren 1996, 2001 oder 2006 eine Trabekulektomie erhielten, aufgenommen. Von den 723 Augen der 664 Patienten dieser Jahrgänge konnten 447 (61,8%) nachverfolgt werden. Die Zusammensetzung der Patienten war mit anderen Studien vergleichbar. 28% konnten mindestens 7 Jahre, 10% sogar 10 Jahre nachverfolgt werden. Esrnwurde untersucht, ob ein signifikanter Zusammenhang zwischen dem ophthalomologisch-internistischem Entlassstatus (Visus, Tensio, Gesichtsfeld,rnGlaukomtyp, Voroperationen, Medikation, Vorerkrankungen, Art der Operation) undrnder erstrebten Kontrolle des Intraokulardruckes besteht. Ergebnisse: Die mittlere Nachbeobachtungszeit betrug 4,3 ± 3,4 Jahre. Nach 1, 3,rn5, 7 und 10 Jahren wiesen 217 (82,1%) (p < 0,001), 133 (67,7%) (p < 0,001), 70rn(50%) (p < 0,001), 59 (47,7%) (p = 0,056) und 16 (38,1%) (p = 0,06) Augen Intraokulardrücke ≤ 15 mm Hg ohne zusätzliche Antiglaukomatosa auf. Nichtrnstatistisch signifikant waren die 7- und 10-Jahresergebnisse. Mit Hilfe von Antiglaukomatosa waren es insgesamt, 225 (85,1%), 156 (79,7%), 87 (62,5%), 93 (75%) und 23 (54,7%) (alle p < 0,001). Die mediane Überlebenszeit für IOD ≤ 15 mm Hg ohne Medikation betrug 7,4 Jahre ± 5 Monate. Druckobergrenzen von ≤ 18 bzw. 21 mm Hg erfüllten bis zu 20% mehr Patienten. Der mittlere Visus von 0,32 ± 6 Stufen blieb nach einem mittleren postoperativen Abfall auf 0,25 ± 5 Stufen in den Folgeuntersuchungen stabil. Er zeigte ab dem 3-Jahresintervall keine statistisch signifikante Verschlechterung zum präoperativen Visus. 5,8 Jahre ± 80 Tage betrug die mediane Überlebenszeit für ein stabiles Gesichtsfeld. Gesichtsfelddaten, MD und PSD zeigten keine statistisch signifikante Verschlechterung (p > 0,05). Risikofaktoren für ein Scheitern der Operation waren Patientenalter (RR = 1,01, KI: 0,95 - 1,34, p = 0,043), arterielle Hypertonie (RR = 1,87, KI: 1,21-2,9, p = 0,005) und männliches Geschlecht (RR = 1,24; KI: 1,07 – 1,43; p = 0,004). Komplikationen waren passagere okuläre Hypotonien an 85 (19%), Fistulation an 46(10,2%), Aderhautschwellung an 29 (6,4%) –abhebung an 14 (3,1%), retinale Amotio an 9 (2%), hypotone Makulopathie an 5 (1,1%) und Hypertonien an 70 (15,6%) Augen. 150 (33,5%) Augen erhielten einen Folgeeingriff, 117 (26%) eine Phakoemulsifikation, 149 (33%) eine Fadenlockerung, 122 (27%) 5-FU-Injektionen, 42 (9,4%) eine Fadennachlegung, 33 (7,4%) ein Needling, 26 (5,8%) eine Zyklophotokoagulation, 19 (4,3%) eine Re-TE und 9 (2%) sonstige chirurgische Revisionen. Schlussfolgerung: Die Kontrolle des Augeninnendruckes ≤ 15 mm Hg ohne zusätzliche Medikation erreichten viele Patienten über einen langen Nachbeobachtungszeitraum. Die Häufigkeit der Komplikationen oder nötiger Folgeeingriffe war meist niedriger als in vergleichbaren Studien. Selbst Patienten mit hohem Risikoprofil hatten gute Ergebnisse. Aufgrund mangelnder Gesichtsfelddaten fanden sich keine Hinweise auf statistisch relevantes Fortschreiten des Glaukoms zur angestrebten medikationsfreien Druckkontrolle. Weitere Studien für einen Untersuchungszeitraum von 10 Jahren mit gleichen Erfolgskriterien wie in der vorliegenden Arbeit mit genauer Analyse der Gesichtsfelddaten wären wünschenswert, um zu belegen, dass die guten Langzeitergebnisse nach Trabekulektomie an der Universitätsaugenklinik Mainz auch eine Glaukomprogredienz dauerhaft verhindern. Damit stellt die an der Universitätsaugenklinik Mainz durchgeführte antimetabolitgestützte Trabekulektomie und deren postoperative Nachbetreuung an einer repräsentativen Population eine sichere und komplikationsarme Methode dar.
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Wie alle Eukaryoten besitzen auch höhere Pflanzen ein mikrotubuläres Cytoskelett. Einige Funktionen dieses Cytoskeletts sind relativ stark konserviert, andere dagegen scheinen sehr pflanzenspezifisch zu sein. Dies betrifft insbesondere charakteristische mikrotubuläre Netzwerke, die bei der Neubildung und der Verstärkung der Zellwände wichtige Rollen übernehmen. Wie der Aufbau dieser Netzwerke kontrolliert wird, ist bisher relativ unklar. Typische Mikrotubuli organisierende Zentren (MTOC), insbesondere Centrosomen oder Spindelpolkörper, sind bei höheren Pflanzen nicht beobachtet worden. Von pilzlichen und tierischen Organismen weiß man, dass gamma-Tubulin (gTUB) mit seinen assoziierten Proteinen in den MTOC bei der Nukleation von Mikrotubuli eine Schlüsselfunktion hat. Dieses Mitglied der Tubulin-Superfamilie wird aber auch in Pflanzen gefunden, dessen genaue Funktion bisher unbekannt ist. Zu Beginn der Arbeit wurden mittels in silico Berechnungen Strukturmodelle des pflanzlichen gTUBs aus Nicotiana tabacum erarbeitet, da die Struktur, die zu einem Verständnis der pflanzlichen Wachstumsregulation beitragen könnte, bisher unbekannt ist. Auf Grundlage der bioinformatischen Daten konnte für weitere Studien eine notwendige gTUB-Deletionsmutante entwickelt werden. Für Röntgendiffraktionsstudien und gTUB-Interaktionspartneranalysen war die Verfügbarkeit verhältnismäßig großer Proteinmengen notwendig. Die Expression der gTUB-Volllängensequenz in gelöster und aktiver Form stellte einen immanent wichtigen Zwischenschritt dar. Das Escherichia coli T7/lacO-Expressionssystem lieferte, trotz vielversprechender Erfolge in der Vergangenheit, kein gelöstes rekombinantes gTUB. So wurden zwar verhältnismäßig hohe Expressionsraten erzielt, aber das rekombinante gTUB lag quantitativ als Inclusion bodies vor. Eine Variationen der Expressionsparameter sowie umfangreiche Versuche mittels verschiedenster Konstrukte sowie potentiell die Löslichkeit erhöhenden Tags gTUB in gelöster Form in E. coli zu exprimieren blieben erfolglos. Eine Denaturierung der Inclusion bodies und Rückfaltung wurde aufgrund der wohl bei der Tubulinfaltung notwendigen komplexeren Chaperone sowie thermodynamischer Überlegungen ausgeschlossen. Die höher evolvierte Chaperonausstattung war ein Hauptgrund für die Verwendung der eukaryotischen Hefe-Expressionssysteme K. lactis und des S. cerevisiae-Stammes FGY217 zur gTUB-Expression. So konnten nach der Selektion nur transgene Hefe-Zellen dokumentiert werden, die die gTUB-Expressionskassette nachweislich an der vorgesehenen Zielposition in ihrem Genom integrierten, aber keine dokumentierbare Expression zeigten. Die wahrscheinlichste Begründung hierfür ist, dass ein erhöhter intrazellulärer gTUB-Titer mit dem Zellwachstum und der Zellteilung dieser eukaryotischen Organismen interferierte und durch Rückkopplungen die rekombinante gTUB-CDS aus N. tabacum ausgeschaltet wurde. Der Versuch einer transienten gTUB-Überexpression in differenzierten Blattgeweben höherer Pflanzen war eine logische Konsequenz aus den vorherigen Ergebnissen und lieferte, wenn auch nicht die für eine Proteinkristallisation notwendigen Mengen, gelöstes gTUB. Bestrebungen einer stabilen Transfektion von A. thaliana oder BY-2-Zellkulturen mit einer gTUB-CDS lieferten keine transgenen Organismen, was starke Interferenzen der rekombinanten gTUB-CDS in den Zellen vermuten lies. Transfektionsversuche mit nur GFP tragenden Konstrukten ergaben hingegen eine hohe Anzahl an transgenen Organismen, die auch verhältnismäßig starke Expressionsraten zeigten. Die erzielten Proteinmengen bei der transienten gTUB-Überexpression in N. benthamiana Blattgeweben, in Co-Expression mit dem Posttransriptional Gene Silencing-Suppressorprotein p19, waren für einen Pull-Down sowie eine massenspektroskopische Analyse der Interaktionspartner ausreichend und ergaben Befunde. Eine abschließende Auswertung des erarbeiteten massenspektroskopischen Datensatzes wird jedoch erst dann möglich sein, wenn das Tabak-Proteom vollständig sequenziert ist. Die Erweiterung der bestehenden pflanzlichen Vergleichsdatenbanken um das bisher bekannte Tabak-Proteom vervielfachte die Anzahl der in dieser Studie identifizierten gTUB-Interaktionspartner. Interaktionen mit dem TCP1-Chaperon untermauern die Hypothese der zur Faltung pflanzlichen gTUBs notwendigen Chaperone. Beobachtete gTUB-Degradationsmuster in Verbindung mit Interaktionen des 26S-Proteasoms deuten auf eine Gegenregulationen bei erhöhtem gTUB-Titer auf Proteinebene hin. Da Blattgewebe selbst nur noch über eine sehr geringe und inhomogene Teilungsaktivität verfügen ist diese Regulation hoch spannend. Auch konnte durch Co-Expression des PTGS-Suppressorproteins p19 gezeigt werden, dass bei der gTUB-Expression eine Regulation auf RNA-Ebene erfolgt.
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Xanthene dyes, including fluorescein, are a well-known class of fluorescent dyes, which have widespread applications in natural sciences. The synthesis of xanthene derivatives via acid catalyzed condensation of substituted phenols with phthalic anhydride, to afford the asymmetric derivatives, is well established. The high temperature, harsh reaction conditions and often low yields make this method less convenient. The synthesis of xanthene dyes by direct modification of the fluorophore moiety is a great option to circumvent the above mentioned drawbacks. rnOur new synthetic strategy for the preparation of novel asymmetric xanthene dyes via direct conversion of hydroxyl groups on 3'- and 6'-positions into leaving groups by mesylation is reported. It was discovered that 3',6'-di-mesylated fluorescein underwent a nucleophilic aromatic substitution with sulfur nucleophiles and afforded new asymmetric xanthene sulfides. rnThe impact of substituents possessing an electron-withdrawing character such as chlorines and bromines was investigated with the aim to improve the aromatic substitution on the electron-rich fluorescein structure. It was observed that the incorporation of these groups did not considerably affect the substitution reaction and the yields were comparable with the unsubstituted fluorescein. rnThis strategy provided novel fluorescent probes with the linker suitable to further modifications. The modifications of the linker delivered fluorescein derivatives that could be used as fluorescent labels in peptides, oligonucleotides and for cell imaging. rnThe hydroxyl group on the linker was modified to achieve potent bioconjugate functionality such as azide. The new fluorescent azides were obtained in a 4-step synthesis, namely 2-(6-(2-azidoethylthio)-3-oxo-3H-xanthen-9-yl)benzoic acid with an overall yield of 13%, its 2',7'-dichloro derivative with an overall yield of 10% and its 2',4',5'-tribromo derivative with an overall yield of 1%, respectively. rnAn asymmetric xanthene sulfide with an amino functionality placed on the aliphatic linker, namely 2-(6-((2-aminoethyl)thio)-3-oxo-3H-xanthen-9-yl)benzoic acid, was obtained in a 3-step synthesis with an overall yield of 33%. rnThe impact of the substitution with sulfur nucleophiles on the 6'-position of the xanthene moiety on its fluorescent characteristics was investigated. In comparison with fluorescein new asymmetric xanthene sulfides afforded lower extinction coefficients and fluorescent quantum yields. On the other hand, the substitution with a sulfur nucleophile significantly improved the photostability of xanthene dyes. It was shown that after 10 hours of continuous excitation, the asymmetric sulfur-containing xanthene fluorophores exhibited 58-94% of their initial fluorescent intensities. This observation suggested that the novel dyes were 1-2 orders of magnitude more stable than fluorescein. rnThe azido-modified xanthenes were “clicked” via Cu(I)-catalyzed azide-alkyne cycloaddition with an oligonucleotide, which contained the terminal alkyne residue. rn
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La tesi analizza l'evoluzione del rapporto fra turista e monumento, dalla nascita del fenomeno turistico, individuata nel Grand Tour, sino a giungere al turismo contemporaneo, che si identifica nel fenomeno del turismo globale. In particolare si è approfondito il caso specifico della città di Ravenna e del Mausoleo di Galla Placidia.
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Scopo della tesi è illustrare l’evoluzione delle tecniche ecocardiografiche relativamente alla diagnosi precoce della cardiotossicità. L’elaborato espone le modalità di imaging ecocardiografico che vengono utilizzate per diagnosticare la cardiotossicità a partire dall’ecocardiografia bidimensionale, fino alle tecniche tridimensionali con acquisizione in tempo reale, attualmente in evoluzione. Si analizzano le varie tecniche diagnostiche rese disponibili dall’esame ecocardiografico: ecocardiografia a contrasto, doppler ad onda continua e pulsata e color doppler, e i metodi e le stime attraverso i quali è possibile quantificare i volumi cardiaci, indici della funzionalità del miocardio. La frazione di eiezione è infatti stata, fino ad ora, il parametro di riferimento per la verifica di lesioni cardiache riportate a seguito di terapia antitumorale. La cardiotossicità viene riscontrata per riduzioni dei valori della frazione di eiezione da ≥5% a <55% con sintomi di scompenso cardiaco e riduzione asintomatica da ≥10% al 55%. Tuttavia, l’osservazione di questo parametro, permette di quantificare il danno riportato quando ormai ha avuto ripercussioni funzionali. In campo clinico, si sta imponendo, al giorno d’oggi, l’analisi delle deformazioni cardiache per una valutazione precoce dell’insorgenza della cardiotossicità. Lo studio delle deformazioni cardiache viene effettuato tramite una nuova tecnica di imaging: l’ecocardiografia speckle tracking (STE), che consente un’analisi quantitativa e oggettiva, poiché indipendente dall’angolo di insonazione, della funzionalità miocardica sia globale sia locale, analizzando le dislocazioni spaziali degli speckles, punti generati dall’interazione tra ultrasuoni e fibre miocardiche. I parametri principali estrapolati dall’indagine sono: deformazione longitudinale, deformazione radiale e deformazione circonferenziale che descrivono la meccanica del muscolo cardiaco derivante dall’anatomia delle fibre miocardiche. La STE sviluppata inizialmente in 2D, è disponibile ora anche in 3D, permettendo la valutazione del vettore delle dislocazioni lungo le tre dimensioni e non più limitatamente ad un piano. Un confronto tra le due mostra come nella STE bidimensionale venga evidenziata una grande variabilità nella misura delle dislocazioni mentre la 3D mostra un pattern più uniforme, coerente con la normale motilità delle pareti cardiache. La valutazione della deformazione longitudinale globale (GLS), compiuta tramite ecocardiografia speckle tracking, viene riconosciuta come indice quantitativo della funzione del ventricolo sinistro le cui riduzioni sono predittive di cardiotossicità. Queste riduzioni vengono riscontrate anche per valori di frazioni di eiezione normale: ne risulta che costituiscono un più efficace e sensibile indicatore di cardiotossicità e possono essere utilizzate per la sua diagnosi precoce.
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Ziel: Die Radiotherapie hat in der Behandlung von Plattenepithelkarzinomen des Kopf- und Halsbereichs nach wie vor einen hohen Stellenwert. Der Erfolg eines Therapieregimes, das die Behandlung mit ionisierenden Strahlen einschließt, ist jedoch häufig limitiert durch die Entwicklung radioresistenter Tumorzellpopulationen, die nicht selten durch die Bestrahlung selbst induziert wird. Die Mechanismen, die zu einer solchen bestrahlungsinduzierten Radioresistenz führen sind bisher nur unvollständig verstanden und Methoden, durch die die Entwicklung von Radioresistenz verhindert werden könnte, wie beispielsweise der präventive Einsatz von Pharmazeutika, sind bislang nicht systematisch untersucht. Das Ziel der vorliegenden Arbeit war es zu überprüfen, ob der Cyclooxygenase-Inhibitor Flurbiprofen durch Bestrahlung induzierte Veränderungen der Phosphoprotein-Expression verstärken oder abschwächen kann und ob sich aus solchen Modifikationen des Bestrahlungsergebnisses ein radioprotektiver Effekt der Flurbiprofenapplikation ableiten lässt. Methoden: Es wurde ein experimenteller Ansatz gewählt, der mittels 2D PAGE und anschließender MALDI-TOF Massenspektrometrie das Phosphoproteom einer HNSCC-Zelllinie unter verschiedenen Bedingungen untersuchte. Die Zellen wurden entweder mit einer Energiedosis von 8 Gy bestrahlt, mit einer 200 μM Flurbiprofen enthaltenden Lösung inkubiert oder sie wurden mit einer Kombination aus Flurbiprofenapplikation und Bestrahlung behandelt. Vor der 2D PAGE wurden die Phosphoproteine durch IMAC angereichert. Zur Verbesserung der Gel-Analytik wurde die Software Delta 2D angewendet, die zum Ausgleich von Laufweitenunterschieden zwischen den Gelen ein Warping vorsieht. Ergebnisse und Diskussion: Bei der Analyse, der unter den verschiedenen experimentellen Bedingungen differentiell exprimierten Phosphoproteinen mittels bioinformatischer Hilfsprogramme wie z.B. WEBGestalt und STRING, wurden sieben Proteine mit Bedeutung für das Wachstum und die Entdifferenzierung von Tumoren identifiziert und einer ausführlichen Literaturrecherche unterzogen. Auf diese Weise konnten die Ergebnisse der für die vorliegende Arbeit durchgeführten Experimente in den systembiologischen Kontext eingeordnet werden. Besonders hervorzuheben ist die Herabregulierung der möglicherweise Radioresistenz vermittelnden Proteine GRP-75, 14-3-3 sigma und CRT sowie die Herabregulierung des anti-apoptotischen und tumor-begünstigenden Hsp60 durch Flurbiprofen. Die Verminderung der Expression unterstreicht das Potential dieses Pharmakons sowie der Klasse der COX-Inhibitoren als mögliche radiosensitivierende und tumorsuppressive Substanzen.
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Amphiphile Peptide, Pro-Glu-(Phe-Glu)n-Pro, Pro-Asp-(Phe-Asp)n-Pro, und Phe-Glu-(Phe-Glu)n-Phe, können so aus n alternierenden Sequenzen von hydrophoben und hydrophilen Aminosäuren konstruiert werden, dass sie sich in Monolagen an der Luft-Wasser Grenzfläche anordnen. In biologischen Systemen können Strukturen an der organisch-wässrigen Grenzfläche als Matrix für die Kristallisation von Hydroxyapatit dienen, ein Vorgang der für die Behandlung von Osteoporose verwendet werden kann. In der vorliegenden Arbeit wurden Computersimulationenrneingesetzt, um die Strukturen und die zugrunde liegenden Wechselwirkungen welche die Aggregation der Peptide auf mikroskopischer Ebene steuern, zu untersuchen. Atomistische Molekulardynamik-Simulationen von einzelnen Peptidsträngen zeigen, dass sie sich leicht an der Luft-Wasser Grenzfläche anordnen und die Fähigkeit haben, sich in β-Schleifen zu falten, selbst für relativ kurze Peptidlängen (n = 2). Seltene Ereignisse wie diese (i.e. Konformationsänderungen) erfordern den Einsatz fortgeschrittener Sampling-Techniken. Hier wurde “Replica Exchange” Molekulardynamik verwendet um den Einfluss der Peptidsequenzen zu untersuchen. Die Simulationsergebnisse zeigten, dass Peptide mit kürzeren azidischen Seitenketten (Asp vs. Glu) gestrecktere Konformationen aufwiesen als die mit längeren Seitenketten, die in der Lage waren die Prolin-Termini zu erreichen. Darüber hinaus zeigte sich, dass die Prolin-Termini (Pro vs. Phe) notwendig sind, um eine 2D-Ordnung innerhalb derrnAggregate zu erhalten. Das Peptid Pro-Asp-(Phe-Asp)n-Pro, das beide dieser Eigenschaften enthält, zeigt das geordnetste Verhalten, eine geringe Verdrehung der Hauptkette, und ist in der Lage die gebildeten Aggregate durch Wasserstoffbrücken zwischen den sauren Seitenketten zu stabilisieren. Somit ist dieses Peptid am besten zur Aggregation geeignet. Dies wurde auch durch die Beurteilung der Stabilität von experimentnah-aufgesetzten Peptidaggregaten, sowie der Neigung einzelner Peptide zur Selbstorganisation von anfänglich ungeordneten Konfigurationen unterstützt. Da atomistische Simulationen nur auf kleine Systemgrößen und relativ kurze Zeitskalen begrenzt sind, wird ein vergröbertes Modell entwickelt damit die Selbstorganisation auf einem größeren Maßstab studiert werden kann. Da die Selbstorganisation an der Grenzfläche vonrnInteresse ist, wurden existierenden Vergröberungsmethoden erweitert, um nicht-gebundene Potentiale für inhomogene Systeme zu bestimmen. Die entwickelte Methode ist analog zur iterativen Boltzmann Inversion, bildet aber das Update für das Interaktionspotential basierend auf der radialen Verteilungsfunktion in einer Slab-Geometrie und den Breiten des Slabs und der Grenzfläche. Somit kann ein Kompromiss zwischen der lokalen Flüssigketsstruktur und den thermodynamischen Eigenschaften der Grenzfläche erreicht werden. Die neue Methode wurde für einen Wasser- und einen Methanol-Slab im Vakuum demonstriert, sowie für ein einzelnes Benzolmolekül an der Vakuum-Wasser Grenzfläche, eine Anwendung die von besonderer Bedeutung in der Biologie ist, in der oft das thermodynamische/Grenzflächenpolymerisations-Verhalten zusätzlich der strukturellen Eigenschaften des Systems erhalten werden müssen. Daraufrnbasierend wurde ein vergröbertes Modell über einen Fragment-Ansatz parametrisiert und die Affinität des Peptids zur Vakuum-Wasser Grenzfläche getestet. Obwohl die einzelnen Fragmente sowohl die Struktur als auch die Wahrscheinlichkeitsverteilungen an der Grenzfläche reproduzierten, diffundierte das Peptid als Ganzes von der Grenzfläche weg. Jedoch führte eine Reparametrisierung der nicht-gebundenen Wechselwirkungen für eines der Fragmente der Hauptkette in einem Trimer dazu, dass das Peptid an der Grenzfläche blieb. Dies deutet darauf hin, dass die Kettenkonnektivität eine wichtige Rolle im Verhalten des Petpids an der Grenzfläche spielt.
Resumo:
L'interrogativo da cui nasce la ricerca riguarda la possibilità di individuare, in controtendenza con la logica neoliberista, strategie per l'affermarsi di una cultura dello sviluppo che sia sostenibile per l'ambiente e rispettosa della dignità delle persone, in grado di valorizzarne le differenze e di farsi carico delle difficoltà che ognuno può incontrare nel corso della propria esistenza. Centrale è il tema del lavoro, aspetto decisivo delle condizioni di appartenenza sociale e di valorizzazione delle risorse umane. Vengono richiamati studi sulla realtà in cui siamo immersi, caratterizzata dal pensiero liberista diventato negli ultimi decenni dominante su scala globale e che ha comportato una concezione delle relazioni sociali basata su di una competitività esasperata e sull’esclusione di chi non sta al passo con le leggi di mercato: le conseguenze drammatiche dell'imbroglio liberista; la riduzione delle persone a consumatori; la fuga dalla comunità ed il rifugio in identità separate; il tempo del rischio, della paura e della separazione fra etica e affari. E gli studi che, in controtendenza, introducono a prospettive di ricerca di uno sviluppo inclusivo e umanizzante: le prospettive della decrescita, del business sociale, di una via cristiana verso un'economia giusta, della valorizzazione delle capacità delle risorse umane. Vengono poi indagati i collegamenti con le esperienze attive nel territorio della città di Bologna che promuovono, attraverso la collaborazione fra istituzioni, organizzazioni intermedie e cittadini, occasioni di un welfare comunitario che sviluppa competenze e diritti insieme a responsabilità: l'introduzione delle clausole sociali negli appalti pubblici per la realizzazione professionale delle persone svantaggiate; la promozione della responsabilità sociale d'impresa per l'inclusione socio-lavorativa; la valorizzazione delle risorse delle persone che vivono un’esperienza carceraria. Si tratta di esperienze ancora limitate, ma possono costituire un riferimento culturale e operativo di un modello di sviluppo possibile, che convenga a tutti, compatibile con i limiti ambientali e umanizzante.
Resumo:
Il lavoro di ricerca è rivolto ad indagare l’emersione di schemi di variazione comuni all’arte e al design, limitatamente al contesto italiano e in un arco di tempo che va dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso a oggi. L’analisi vuole rintracciare, mediante l’applicazione della metodologia fenomenologica, un sentire condiviso tra le due discipline e, nel pieno rispetto dei relativi linguaggi e con nessuna volontà di sudditanza degli uni rispetto agli altri, individuare i rapporti di corrispondenza omologica capaci di mettere in luce lo spirito del tempo che le ha generate. La ricerca si pone l’obiettivo di estendere gli studi sul contemporaneo attraverso un’impostazione che intende applicare gli strumenti metodologici della critica d’arte all’evoluzione stilistica delle tendenze del design italiano. Non si è voluto redigere una “storia” del design italiano ma, considerata anche l’ampiezza dell’argomento, si è necessariamente proceduto a delimitare il territorio di applicazione scegliendo di prendere in considerazione il solo settore del design dell’arredo. Si è dunque optato per una visione globale delle vicende del design del prodotto, tesa ad indagare gli snodi principali, concentrando pertanto l’analisi su alcuni protagonisti della cultura del progetto, ossia su quelle figure risultate dominanti nel proprio tempo perché capaci con il loro lavoro di dare un contribuito determinante alla comprensione delle fasi evolutive del design italiano. Gli strumenti utili a condurre l’analisi provengono principalmente dalla metodologia binaria individuata dallo storico dell’arte Heinrich Wölfflin e dagli studi di Renato Barilli, il cui impianto culturologico ha fornito un indispensabile contributo al processo di sistematizzazione dei meccanismi di variazione interni alle arti; sia quelli di tipo orizzontale, di convergenza reciproca con gli altri saperi, che di tipo verticale, in rapporto cioè con le scoperte scientifiche e tecnologiche della coeva cultura materiale.
Resumo:
In den Briefen 4, 6, 11 und 12 der Heroides hat Ovid direkt oder indirekt Figuren des Mythos zum Gegenstand seiner Dichtung gemacht, die den zeitgenössischen wie auch den heutigen Rezipienten insbesondere durch Tragödien des Euripides bekannt sind. Die zu Beginn dieser Arbeit dazu durchgeführte historische Analyse der grundsätzlichen Bedingungen der Rezeption der Tragödien des Euripides in der Zeit Ovids zeigt, dass der römische Dichter für ein intertextuelles Dichten in den Heroides die Werke des griechischen Tragikers als Prätexte nutzen konnte, da die Rezipienten über die theoretische und praktische Kompetenz verfügten, entsprechende Verweisungen zu identifizieren, diese in einem Prozess der intertextuellen Lektüre zu dekodieren und den Text auf diese Weise zu interpretieren. Eine Beschreibung dieses antiken literarischen Kommunikationsprozesses zwischen Ovid und seinen Rezipienten erfolgt dabei mit den Mitteln einer für die Euripidesrezeption Ovids konkretisierten Intertextualitätstheorie (Kapitel A.I und II). Die ausführlichen Interpretationen zu den Heroides-Briefen 12, 6, 4 und 11 sowie zur Rezeption des Medea-Prologs in verschiedenen Gedichten Ovids (Kapitel B.I bis V) zeigen, dass der römische Dichter verschiedene Formen intertextueller Verweisungen nutzt, um in den bekannten Geschichten von Medea, Hypsipyle, Phaedra und Canace bislang ungenutztes narratives Potential zu entdecken und auf dieser Grundlage eine alte Geschichte neu zu erzählen. Das in der Forschung bereits vielfach beschriebene Prinzip Ovids des idem aliter referre ist in den untersuchten Texten konkret darauf ausgerichtet, die aus den Tragödien bekannten Heroinen in einer bestimmten Phase ihrer Geschichte zu Figuren einer elegischen Welt werden zu lassen. Diese neu geschaffene elegische Dimension einer ursprünglich tragischen Geschichte dient dabei nicht einer umwertenden Neuinterpretation der bekannten tragischen Figur. Vielmehr lässt Ovid seine Briefe zu einem Teil des Mythos werden, zu einem elegischen Vorspiel der Tragödie, die einen durch Euripides vorgegebenen Rahmen des Mythos erweitern und damit zugleich zentrale Motive der tragischen Prätexte vorbereiten. Ovid gestaltet aus, was in dem von Euripides initiierten Mythos angelegt ist, und nutzt das elegische Potential der tragischen Erzählung, um das Geschehen und vor allem die Heroine selbst in seinem Brief zur Tragödie hinzuführen. Damit bereitet Ovid in den Heroides die weitere Entwicklung der äußeren tragischen Handlung vor, indem er vor allem eine innere Entwicklung der von ihm geschaffenen Briefschreiberin aufzeigt und auf diese Weise jeweils aus einer von ihm geschaffenen elegischen Frau jene tragische Heldin werden lässt, die den Rezipienten aus der jeweiligen Tragödie des Euripides bekannt ist. Die sich daraus notwendigerweise ergebenden Spannungen und Interferenzen zwischen den Erwartungen der Rezipienten und der Realität der von Ovid neu gestalteten Figur in ihrem elegischen Kontext werden von dem römischen Dichter produktiv genutzt und durch die im Text initiierte Entwicklung aufgehoben. So scheinen dann letztlich aus den Elegien Ovids die Tragödien des Euripides hervorzugehen.