1000 resultados para AUTONOMIA EDUCACIONAL


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Oggetto della ricerca sono l’esame e la valutazione dei limiti posti all’autonomia privata dal divieto di abuso della posizione dominante, come sancito, in materia di tutela della concorrenza, dall’art. 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, a sua volta modellato sull’art. 82 del Trattato CE. Preliminarmente, si è ritenuto opportuno svolgere la ricognizione degli interessi tutelati dal diritto della concorrenza, onde individuare la cerchia dei soggetti legittimati ad avvalersi dell’apparato di rimedi civilistici – invero scarno e necessitante di integrazione in via interpretativa – contemplato dall’art. 33 della legge n. 287/1990. È così emerso come l’odierno diritto della concorrenza, basato su un modello di workable competition, non possa ritenersi sorretto da ragioni corporative di tutela dei soli imprenditori concorrenti, investendo direttamente – e rivestendo di rilevanza giuridica – le situazioni soggettive di coloro che operano sul mercato, indipendentemente da qualificazioni formali. In tal senso, sono stati esaminati i caratteri fondamentali dell’istituto dell’abuso di posizione dominante, come delineatisi nella prassi applicativa non solo degli organi nazionali, ma anche di quelli comunitari. Ed invero, un aspetto importante che caratterizza la disciplina italiana dell’abuso di posizione dominante e della concorrenza in generale, distinguendola dalle normative di altri sistemi giuridici prossimi al nostro, è costituito dal vincolo di dipendenza dal diritto comunitario, sancito dall’art. 1, quarto comma, della legge n. 287/1990, idoneo a determinare peculiari riflessi anche sul piano dell’applicazione civilistica dell’istituto. La ricerca si è quindi spostata sulla figura generale del divieto di abuso del diritto, onde vagliarne i possibili rapporti con l’istituto in esame. A tal proposito, si è tentato di individuare, per quanto possibile, i tratti essenziali della figura dell’abuso del diritto relativamente all’esercizio dell’autonomia privata in ambito negoziale, con particolare riferimento all’evoluzione del pensiero della dottrina e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali sul tema, che hanno valorizzato il ruolo della buona fede intesa in senso oggettivo. Particolarmente interessante è parsa la possibilità di estendere i confini della figura dell’abuso del diritto sì da ricomprendere anche l’esercizio di prerogative individuali diverse dai diritti soggettivi. Da tale estensione potrebbero infatti discendere interessanti ripercussioni per la tutela dei soggetti deboli nel contesto dei rapporti d’impresa, intendendosi per tali tanto i rapporti tra imprenditori in posizione paritaria o asimmetrica, quanto i rapporti tra imprenditori e consumatori. È stato inoltre preso in considerazione l’aspetto dei rimedi avverso le condotte abusive, alla luce dei moderni contributi sull’eccezione di dolo generale, sulla tutela risarcitoria e sull’invalidità negoziale, con i quali è opportuno confrontarsi qualora si intenda cercare di colmare – come sembra opportuno – i vuoti di disciplina della tutela civilistica avverso l’abuso di posizione dominante. Stante l’evidente contiguità con la figura in esame, si è poi provveduto ad esaminare, per quanto sinteticamente, il divieto di abuso di dipendenza economica, il quale si delinea come figura ibrida, a metà strada tra il diritto dei contratti e quello della concorrenza. Tale fattispecie, pur inserita in una legge volta a disciplinare il settore della subfornitura industriale (art. 9, legge 18 giugno 1998, n. 192), ha suscitato un vasto interessamento della dottrina. Si sono infatti levate diverse voci favorevoli a riconoscere la portata applicativa generale del divieto, quale principio di giustizia contrattuale valevole per tutti i rapporti tra imprenditori. Nel tentativo di verificare tale assunto, si è cercato di individuare la ratio sottesa all’art. 9 della legge n. 192/1998, anche in considerazione dei suoi rapporti con il divieto di abuso di posizione dominante. Su tale aspetto è d’altronde appositamente intervenuto il legislatore con la legge 5 marzo 2001, n. 57, riconoscendo la competenza dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato a provvedere, anche d’ufficio, sugli abusi di dipendenza economica con rilevanza concorrenziale. Si possono così prospettare due fattispecie normative di abusi di dipendenza economica, quella con effetti circoscritti al singolo rapporto interimprenditoriale, la cui disciplina è rimessa al diritto civile, e quella con effetti negativi per il mercato, soggetta anche – ma non solo – alle regole del diritto antitrust; tracciare una netta linea di demarcazione tra i reciproci ambiti non appare comunque agevole. Sono stati inoltre dedicati brevi cenni ai rimedi avverso le condotte di abuso di dipendenza economica, i quali involgono problematiche non dissimili a quelle che si delineano per il divieto di abuso di posizione dominante. Poste tali basi, la ricerca è proseguita con la ricognizione dei rimedi civilistici esperibili contro gli abusi di posizione dominante. Anzitutto, è stato preso in considerazione il rimedio del risarcimento dei danni, partendo dall’individuazione della fonte della responsabilità dell’abutente e vagliando criticamente le diverse ipotesi proposte in dottrina, anche con riferimento alle recenti elaborazioni in tema di obblighi di protezione. È stata altresì vagliata l’ammissibilità di una visione unitaria degli illeciti in questione, quali fattispecie plurioffensive e indipendenti dalla qualifica formale del soggetto leso, sia esso imprenditore concorrente, distributore o intermediario – o meglio, in generale, imprenditore complementare – oppure consumatore. L’individuazione della disciplina applicabile alle azioni risarcitorie sembra comunque dipendere in ampia misura dalla risposta al quesito preliminare sulla natura – extracontrattuale, precontrattuale ovvero contrattuale – della responsabilità conseguente alla violazione del divieto. Pur non sembrando prospettabili soluzioni di carattere universale, sono apparsi meritevoli di approfondimento i seguenti profili: quanto all’individuazione dei soggetti legittimati, il problema della traslazione del danno, o passing-on; quanto al nesso causale, il criterio da utilizzare per il relativo accertamento, l’ammissibilità di prove presuntive e l’efficacia dei provvedimenti amministrativi sanzionatori; quanto all’elemento soggettivo, la possibilità di applicare analogicamente l’art. 2600 c.c. e gli aspetti collegati alla colpa per inosservanza di norme di condotta; quanto ai danni risarcibili, i criteri di accertamento e di prova del pregiudizio; infine, quanto al termine di prescrizione, la possibilità di qualificare il danno da illecito antitrust quale danno “lungolatente”, con le relative conseguenze sull’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale. In secondo luogo, è stata esaminata la questione della sorte dei contratti posti in essere in violazione del divieto di abuso di posizione dominante. In particolare, ci si è interrogati sulla possibilità di configurare – in assenza di indicazioni normative – la nullità “virtuale” di detti contratti, anche a fronte della recente conferma giunta dalla Suprema Corte circa la distinzione tra regole di comportamento e regole di validità del contratto. È stata inoltre esaminata – e valutata in senso negativo – la possibilità di qualificare la nullità in parola quale nullità “di protezione”, con una ricognizione, per quanto sintetica, dei principali aspetti attinenti alla legittimazione ad agire, alla rilevabilità d’ufficio e all’estensione dell’invalidità. Sono poi state dedicate alcune considerazioni alla nota questione della sorte dei contratti posti “a valle” di condotte abusive, per i quali non sembra agevole configurare declaratorie di nullità, mentre appare prospettabile – e, anzi, preferibile – il ricorso alla tutela risarcitoria. Da ultimo, non si è trascurata la valutazione dell’esperibilità, avverso le condotte di abuso di posizione dominante, di azioni diverse da quelle di nullità e risarcimento, le sole espressamente contemplate dall’art. 33, secondo comma, della legge n. 287/1990. Segnatamente, l’attenzione si è concentrata sulla possibilità di imporre a carico dell’impresa in posizione dominante un obbligo a contrarre a condizioni eque e non discriminatorie. L’importanza del tema è attestata non solo dalla discordanza delle pronunce giurisprudenziali, peraltro numericamente scarse, ma anche dal vasto dibattito dottrinale da tempo sviluppatosi, che investe tuttora taluni aspetti salienti del diritto delle obbligazioni e della tutela apprestata dall’ordinamento alla libertà di iniziativa economica.

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This work analyses the limits that the principle of State liability for damages suffered by individuals because of breach of EU law poses to the procedural autonomy of the Member States of the EU. The introductory part of this work is dedicated to the general character of the limitations EU law poses to the State’s competence in procedural matters. The first part of the research, instead, focuses on the specific limits that european law poses on the rules of procedure related to the legal regime of the right to compensation and its operating conditions; in particular, this first part explores respectively the “substantive” and “procedural” limits that EU law poses to the State’s autonomy to regulate actions for damages for breaches of EU law. The substantial limits concern the conditions of eligibility of liability and the constitutive conditions of the right to compensation; the procedural limits to the action for damages refer to the concrete organization and characteristics of the judicial action. The second part of the research is devoted to rules of procedure governing the relations between judicial remedies explicitly aimed at protecting the right to reparation and other remedies that may be relevant, both europeans and nationals. The first chapter of the second part of this work focuses on the rules governing the relations between the action for damages brought up at the national level and the remedies provided by european Treaties; finally, I explore the relations between the action for damages brought up at the national level and other remedies present in the same national juridical order. I reconstruct all the limits to the procedural autonomy of Member States concerning the right to compensation; consequently, I verify that those limits represent part of the system of internal procedures, able to guarantee the respect of european law.

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La tesi si propone di ricostruire la struttura attuale dell'autonomia finanziaria degli enti locali italiani, e in particolare le regioni italiane, alla luce delle riforme legislative e costituzionali approvate dal Parlamento italiano negli ultimi anni (come ad esempio il bilancio riforma costituzionale equilibrata del 2012). Lo studio si concentra sulla situazione italiana alla luce dei vincoli europei introdotti nel corso degli anni, da quelli contenuti nel Trattato di Maastricht a quelli derivati dalla crisi economica e finanziaria. L'obiettivo è quello di verificare se le scelte del legislatore italiano possano dirsi coerenti con il processo di unione politica europea e quali conseguenze abbiano avuto sulla garanzia dei diritti. In particolare, lo studio si concentra sulla garanzia dei diritti sociali nel contesto politico ed economico attuale, a livello europeo e nazionale, con particolare attenzione al diritto alla salute.

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Nell’ambito della riflessione sui processi di riproduzione e trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze sociali, la presente tesi dottorale propone un’analisi in prospettiva intersezionale dei percorsi verso l’indipendenza abitativa dei giovani bolognesi di origine popolare, e il ruolo svolto dalle loro famiglie in questi percorsi. Nell’approfondimento teorico si offre una ricostruzione del dibattito sociologico nazionale e internazionale sul tema delle disuguaglianze sociali e abitative delle giovani generazioni, nonché dello studio della classe sociale e i principali approcci presenti in letteratura. La ricerca sul campo si concentra, in particolare, sui modi in cui le famiglie appartenenti ad una determinata classe sociale, intesa nel senso conferito al termine da Bourdieu, negoziano e sostengono la transizione all’indipendenza abitativa dei loro figli. L’approfondimento empirico consiste in una ricerca qualitativa longitudinale retrospettiva, condotta nel bolognese nel 2013-2014 su un campione di famiglie working class. Ai giovani-adulti coinvolti e ai loro genitori è stato chiesto di ricostruire le loro biografie attraverso lo strumento delle life histories. La ricerca evidenzia il delinearsi di “micro sistemi economici” familiari specifici e creativi. Le molteplici forme di sostegno genitoriale nei percorsi di autonomizzazione dei figli, individuate nel corso dell’analisi del materiale raccolto, si innestano quindi all’interno di un più ampio sistema di supporto intergenerazionale, che continua anche dopo l’uscita dalla famiglia di origine, a conferma dello stretto legame che caratterizza le famiglie italiane. Nello studio una particolare attenzione viene rivolta alle logiche di legittimazione del sostegno genitoriale, adottate dalle famiglie per orientare i propri interventi di aiuto. Infine, mettendo a confronto la concezione di indipendenza dei giovani adulti con quella dei loro genitori, l’indagine rileva l’esistenza di una apparente contraddizione tra le rappresentazioni dell’indipendenza e dell’autonomia abitativa e i comportamenti attuati nella vita quotidiana, contraddizione che trova una risoluzione nella negoziazione, tra le due diverse generazioni, del concetto stesso di indipendenza.

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La tesi è una ricerca di storia politica che affianca due diverse “storie” di centro-sinistra, quella nazionale e quella che vide protagonista la Democrazia Cristiana del Trentino. Lo studio analizza i fatti attraverso il filtro delle DC come se quello trentino e quello nazionale fossero due partiti, per poi tentare di capire ciò che accadeva alla loro sinistra alla ricerca dei diversi pesi e dei differenti equilibri che al centro e alla periferia si manifestavano nei rapporti con il PSI e con il PCI, e per osservare le reazioni della Chiesa così da valutare se le gerarchie romane e quelle trentine interagirono in modo differente sugli sviluppi delle rispettive esperienze politiche di quegli anni. Il testo è organizzato in quattro capitoli. Il primo e il secondo (speculari e dedicati allo stesso lustro: 1955-1960) rappresentano un confronto tra i differenti iter d’avvicinamento al centro-sinistra che la politica nazionale e quella trentina sperimentarono nella seconda metà degli anni Cinquanta. Nel terzo capitolo (1960-1964) e nel quarto (1964-1968) le vicende nazionali e quelle locali sono invece raccontate in modo intrecciato, ripercorrendo le diverse fasi dell’alleanza tra Democrazia Cristiana e Partito Socialista, e nel contempo dando conto della trasformazione del Trentino da una realtà di tipo agricolo ad una di tipo industriale, del passaggio da una comunità di tipo cattolico tradizionale ad una che si accinge a vivere in un contesto secolarizzato, e da una società che si autopercepisce come periferica ad una che ospita una delle contestazioni studentesche più peculiari, incisive e note d’Italia.

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Le tematiche che saranno affrontate all’interno del mio elaborato toccano diversi temi sensibili, tutti relativi all’ambiente e alla sua conservazione. Nella prima parte della tesi parlerò di riscaldamento globale, cambiamento climatico ma soprattutto di energie rinnovabili, in particolare l’energia da biomasse. Nella parte centrale la lente di ingrandimento verrà posta sui diversi tipi di energia e sulle relative tecnologie. Mi concentrerò prevalentemente sugli oli vegetali a scopo energetico descrivendo le principali colture e le tecnologie di estrazione. Proseguirò quindi con un excursus sulla Jatropha Curcas descrivendo in dettaglio le caratteristiche di tale coltura in termini di arboricoltura e utilizzi energetici. L’ultima parte dell’elaborato sarà dedicata all’esposizione di due casi applicativi riguardanti la Jatropha Curcas, in particolare il dimensionamento energetico di una scuola e di un ambulatorio medico in Tanzania e Madagascar.

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Gießen, Univ., Diss. 1739

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A proposta da Educaçao Física Escolar, conforme os Parâmetros Curriculares Nacionais (PCN's) é trabalhar a diversidade de manifestaçoes da cultura corporal de movimentos, entre elas a riqueza de estilos e possibilidades de expressao em dança. Contudo, é comum observarmos no cotidiano escolar da disciplina Educaçao Física a hegemonia de alguns jogos populares e esportes, em detrimento dos outros conteúdos. Esta pesquisa teve como objetivo diagnosticar e analisar o ensino da dança, nas aulas de EFE de até três escolas de Ensino Fundamental Anos Iniciais na cidade de Ouro Preto/MG, segundo discussao no PCN- Educaçao Física. E utilizada a abordagem qualitativa do tipo descritiva, pautada na pesquisa documental e pesquisa de campo com aplicaçao de entrevista semiestruturada. Observa-se que o ensino/prática da dança no contexto escolar ouro-pretano se apresenta ou pautado no padrao veiculado em mídia ou restrito a um estilo específico, lidando com reproduçoes de movimentos com vistas às apresentaçoes em datas comemorativas, e em ambos os casos desvinculados de uma proposta educativa. Isso aponta precariedade no ato educacional na disciplina educaçao física, negligência sobre os conhecimentos oriundos desse conteúdo da EFE, desconsideraçao ao direito e à autonomia dos discentes, e imprudência sobre a legitimidade de descobertas individuais inerentes às propostas educativas através da dança

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O presente trabalho destaca as políticas educacionais vinculadas à Educaçao Básica no país, mais especificamente aquelas direcionadas ao Ensino Médio e à situaçao da Sociologia nessa modalidade de ensino nas últimas décadas. A partir do aparato legal, verificou-se as políticas educacionais direcionadas ao Ensino Médio e os caminhos e objetivos percorridos pela legislaçao em suas diferentes nuances e períodos. Para isso,evidenciamos a Lei de Diretrizes e Bases da Educaçao Nacional no. 9.394/96 e as posteriores medidas tomadas pelos governos Fernando Henrique Cardoso e Luiz Inácio Lula da Silva. Num segundo momento, a partir das políticas dimensionadas para o Ensino Médio, abordamosa documentaçao legal que vincula a Sociologia enquanto disciplina a educaçao básica. Partindo do aparato educacional legal lançamos luz sobre a realidade escolar e o papel destinado à Sociologia no Ensino Médio, bem como seus desafios

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Esta comunicaçao oral apresenta resultados de uma pesquisa financiada pela representaçao da UNESCO no Brasil, no campo da análise de políticas públicas de educaçao, cujo objetivo foi compreender os processos de proposiçao, implementaçao e recontextualizaçao do Pacto Nacional pela Alfabetizaçao na Idade Certa - PNAIC, política de estado brasileira iniciada em 2012 e adotada em praticamente todos municípios do país. Articulando fundamentos teóricos da sociologia política da educaçao e da ciência política e combinando metodologias qualitativa e quantitativa, o estudo de caso concluiu que o cruzamento entre um pacto federativo com graves indefiniçoes e um tecido social que ainda apresenta severas desigualdades sociais comprometeu, em parte, os resultados esperados nesta primeira fase de implementaçao da política. Também identificou a dificuldade da universidade em dialogar com o desafio do combate à desigualdade educativa e com sua responsabilidade no campo da formaçao de educadores. Por outro lado, a análise evidenciou a importância dos esforços de articulaçao entre as diferentes açoes no campo de políticas educacionais e diferentes instâncias federativas, bem como a centralidade da regulaçao dos interesses do mercado editorial para a diminuiçao das disparidades no que diz respeito ao direito pleno à educaçao

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Este trabajo se propone continuar y profundizar un estudio exploratorio acerca del desarrollo de la psicología en la ciudad de La Plata durante el decenio comprendido entre 1948 y 1958, abordado en un trabajo anterior (Barros y Kierbel, 2010). En este caso se ahondará en las condiciones político-económicas-sociales que permitieron la creación, en 1948, de la Dirección de Psicología Educacional y Orientación Profesional (DPEOP) de la Provincia de Buenos Aires. Para ello se tomarán fuentes bibliográficas que permiten, por un lado, abordar aspectos del gobierno del Coronel Domingo A. Mercante (1946-1952) relevantes en materia de educación y trabajo, dos dimensiones que la psicología aplicada comienza a articular en estos años. Por otro lado, fuentes ineludibles como el trabajo de Helena Munín (1989), para trabajar lo específico de la creación de esta Dirección, y aspectos de la psicología argentina a mediados de siglo. Finalmente, se articulará con categorías del marco teórico para una historiografía crítica en sentido fuerte que aporta Kurt Danziger, las cuales nos permiten abrir preguntas respecto a las relaciones entre los intereses sociales y los intereses intelectuales de la psicología, y por tanto, nos lleva a cuestionarnos si es posible el desarrollo autónomo de la psicología, especialmente en un período de fuerte intervencionismo del Estado. En un marco de fuerte crecimiento económico del país, de avances en la industrialización y la producción, la educación comienza a jugar un rol primordial para una mejor distribución de las oportunidades sociales. La idea de dar sentido social a la educación articulándola con el sector productivo del país es una nueva problemática que se abre en este período, y que da lugar a un nuevo marco de posibles. Nuevos actores institucionales provenientes de las esferas del Estado comienzan a expresar interés por las herramientas que la psicología aplicada podría ofrecer como soluciones a estos nuevos problemas. La gestión educativa de la provincia de Buenos Aires se caracterizó entonces por innovar y ampliar la injerencia estatal en las necesidades populares, y es en este marco de transformación institucional que es bien recibida la propuesta de la inspectora Alba Chavez de Vanni respecto a la creación del Instituto de Orientación Profesional, que en 1949 se convertiría en Dirección (DPEOP). Según entendemos, la propuesta es aceptada en tanto representa una solución institucional a la necesidad del gobierno provincial de ampliar las funciones de la escuela hasta alcanzar la inserción laboral-productiva de los sujetos formados por el sistema educativo. En este sentido, la orientación profesional cobra interés en tanto posibilita aportar tanto a un beneficio individual, de equidad en las oportunidades laborales y educativas, como a otro económico-social, en materia de optimización de recursos humanos en el proceso de industrialización del país. Se encontró que la creación de esta nueva institución conllevó múltiples nuevas actividades asociadas a la aplicación práctica de la psicología. La realización del consejo profesional, o del diagnóstico y derivación de niños 'problemáticos', son actividades prácticas novedosas, que se ven expresadas en la producción de una batería de instrumentos de tecnología educacional inéditos en la Argentina (ficha escolar anual, ficha social, test de inteligencia estandarizados en la provincia de Buenos Aires, etc.). En palabras de Danziger, lo que se observa es la generación de nuevos objetos técnicos. Asimismo, el nuevo espacio institucional crea la figura del asistente educacional, es decir, el agente que llevaría adelante las acciones concretas de la DPEOP. Esto representa sin dudas un objeto social nuevo, y nuevos sujetos de práctica: el alumno, la familia y el docente son ahora también objeto de prácticas psicológicas diversas. Aparecen también nuevas concepciones respecto al problema del rendimiento y de la capacidad en la escuela y el trabajo, sobre el problema de las aptitudes, técnicas de personalidad o de inteligencia para el diagnóstico y orientación de los sujetos de la práctica. Lo que encontramos entonces es que el desarrollo disciplinar aislado de las problemáticas sociales no existe, aunque sí puede estar invisibilizada la relación entre los productores de conocimiento psicológico y la estructura social de la que forman parte. Esos intereses que exceden la actividad del actor histórico específico, agregan un componente reproductivo a la producción de conocimiento, componente del cual no podemos perder rastro en una historiografía crítica

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El artículo analiza los procesos de cambio en el pensamiento educacional durante los años sesenta, a partir de una relectura de la revista Archivos de Ciencias de la Educación en su 3ra época (1961-1967). El trabajo también constituye un primer intento de apropiación del concepto de externalización desarrollado por Jurguen Schriewer (1993 y 2010) para el estudio del conocimiento educacional, siguiendo la sociología de Niklas Luhmann. La relevancia de esta perspectiva teórica radica -a nuestro juicio- en que posibilita reinscribir las derivas del pensamiento pedagógico local en el contexto más amplio de las dinámicas de circulación, difusión y apropiación selectiva del conocimiento educacional a nivel mundial y regional