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Resumo:
The Single Resolution Board (SRB) will be responsible for the resolution of banks in the euro area from 1 January 2016. However, the resources of the Single Resolution Fund (SRF) at the disposal of the SRB will only gradually be built up until 2023. This paper provides estimates of the potential financing needs of the SRF, based on the euro area bank resolutions that actually occurred between 2007 and 2014. We find that the SRF would have been asked to put a total amount of about €72 billion into these failing banks, which is more than the target for the SRF (€55 billion) but less than the amount the SRF could draw on, if the ex-post levies are also taken into account. As this sum would have been required over eight years, the broad conclusion is that bridge financing, in addition to the existing alternative funding, would only have been needed in the early years of the transition.
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La diagnostica strutturale è un campo in continuo sviluppo e attualmente sono numerosi gli studi tendenti alla definizione di tecniche e metodi in grado di fornire parametri che possano identificare, in modo sempre più accurato, lo stato di sicurezza di una struttura. Stato di sicurezza è un termine globale che si riferisce alla capacità portante di una struttura e alla sua resistenza alle sollecitazioni esterne, siano esse statiche o dinamiche. Per tanto, un qualsiasi danneggiamento strutturale potrebbe in varia misura influenzare tale stato. Per quanto riguarda i ponti stradali, negli ultimi anni l’attenzione è stata focalizzata allo studio di metodi di individuazione del danno a partire dai risultati ottenuti dal monitoraggio delle vibrazioni mediante accelerometri. Questo è stato possibile grazie agli avanzamenti raggiunti nell’identificazione modale e nei sensori per il monitoraggio strutturale. Questo lavoro si pone come obiettivo quello di proporre una nuova metodologia di analisi dei dati ottenuti da indagini sperimentali che possono essere svolte in sito. La definizione di tale metodologia è affidata a simulazioni numeriche volte a rappresentare stati di danneggiamento avanzati su elementi strutturali. In una prima fase verranno analizzati elementi semplificati rappresentativi di strutture esistenti, come ad esempio travi da ponte in calcestruzzo armato. In una seconda fase, il metodo verrà testato su modelli più complessi che tengano conto della tridimensionalità del problema, oltre alle variazioni sezionali e di materiali degli elementi che lo compongono.
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Lo Stone Matrix Asphalt (SMA) è un tipo di miscela chiusa costituita da uno scheletro litico di aggregato grosso, assortito in modo tale da ottenere una distribuzione granulometrica indicata con il termine gap-graded, e da un mastice, con funzione riempitiva, ottenuto dalla miscelazione di bitume, filler ed additivi stabilizzanti. In ambito di progettazione delle miscele per conglomerati bituminosi sta assumendo sempre più importanza l’utilizzo di materiali derivanti dalla frantumazione degli Pneumatici Fuori Uso, quali granulato e polverino di gomma. Quest’ultimo può essere impiegato come valida alternativa alla modifica polimerica del bitume garantendo maggiori prestazioni in termini di resistenza all’ormaiamento, a fatica e durabilità, con un conseguente contenimento dei costi di manutenzione della sovrastruttura nel medio e lungo periodo. Il presente studio è stato condotto con lo scopo di valutare le prestazioni meccaniche che una miscela di conglomerato bituminoso può esplicare a seguito della sua mescolazione con il polverino di gomma. In particolare, è stata impiegata una miscela bituminosa di tipo SMA che, data la sua composizione interna, conferisce allo strato di usura della pavimentazione ottime qualità soprattutto in termini di resistenza alle sollecitazioni, durabilità, fonoassorbenza e macrotessitura superficiale. Al fine di rendere più esaustiva la fase sperimentale, sono state messe a confronto due miscele di tipo SMA differenti tra loro per l’aggiunta del polverino di gomma. I dati ottenuti e le considerazioni effettuate al termine della fase sperimentale hanno permesso di affermare che la miscela indagata possiede proprietà meccaniche idonee per essere impiegata nella realizzazione di nuove infrastrutture o nella manutenzione delle pavimentazioni esistenti.
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L’elaborato verte sulla simulazione della gestione dei materiali dell’azienda Robopac. Il modello esposto è stato creato tramite il software Arena, il quale permette la riproduzione di una struttura aziendale reale ed è, per questo, uno strumento validissimo per esaminare situazioni critiche, nonché per confrontare alternative progettuali e validarle. Nello specifico, in tale tesi ci si propone di verificare, attraverso un’attenta analisi, come l’azienda Robopac gestisca i materiali nel suo percorso di elaborazione e trasformazione. Per gestione dei materiali si intende il coordinamento degli arrivi, il controllo sulle materie, il trasporto di tali materiali nei magazzini appositi e il successivo spostamento in linea. Questa indagine permetterà di valutare l’efficienza e l’utilizzo delle risorse, le tempistiche delle movimentazioni e l’eventuale creazione di code, così da cercare soluzioni che potrebbero migliorare e ottimizzare le operazioni. Il modello creato con Arena considera i sei codici-prodotto più rappresentativi e rende possibile una riproduzione conforme a ciò che è stato osservato. Inoltre sono analizzati i report forniti automaticamente da tale software e valutati l’utilizzo delle risorse e le giacenze a magazzino. Sarebbe interessante ampliare la simulazione esposta, prendendo in considerazione l’intero numero di codici prodotti, così da poter analizzare la totale gestione dei materiali e considerare eventuali differenze o scostamenti rispetto a quanto svolto in questa tesi. Un ulteriore ampliamento altrettanto valido potrebbe essere quello di coniugare la simulazione della gestione dei materiali con il modello della linea produttiva principale già realizzato con Arena. Ciò permetterebbe una più completa visione dell’azienda e l’indagine della realtà imprenditoriale diventerebbe più ampia, approfondita e dettagliata.
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Nella tesi si parlerà del grafene, una forma allotropica del carbonio, e del suo uso in fotocatalisi. Si illustreranno alcuni utilizzi dei fotocatalizzatori grafene-semiconduttore, sottolineando i benefici che comporta l'introduzione del grafene. Oltre a questo, si parlerà dei metodi di produzione di tale compositi, trattando la produzione del grafene stesso, la formazione di compositi GR-semiconduttore e le modifiche diche è possibile introdurre in fase di produzione con lo scopo di aumentare l'attività fotocatalitica e la durata dei materiali.
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The middle Miocene Climatic Optimum (17-15 Ma; MCO) is a period of global warmth and relatively high CO2 and is thought to be associated with a significant retreat of the Antarctic Ice Sheet (AIS). We present here a new planktic foraminiferal d11B record from 16.6 to 11.8 Ma from two deep ocean sites currently in equilibrium with the atmosphere with respect to CO2. These new data demonstrate that the evolution of global climate during the middle Miocene (as reflected by changes in the cyrosphere) was well correlated to variations in the concentration of atmospheric CO2. What is more, within our sampling resolution (~1 sample per 300 kyr) there is no evidence of hysteresis in the response of ice volume to CO2 forcing during the middle Miocene, contrary to what is understood about the Antarctic Ice Sheet from ice sheet modelling studies. In agreement with previous data, we show that absolute levels of CO2 during the MCO were relatively modest (350-400 ppm) and levels either side of the MCO are similar or lower than the pre-industrial (200-260 ppm). These new data imply the presence of either a very dynamic AIS at relatively low CO2 during the middle Miocene or the advance and retreat of significant northern hemisphere ice. Recent drilling on the Antarctic margin and shore based studies indicate significant retreat and advance beyond the modern limits of the AIS did occur during the middle Miocene, but the complete loss of the AIS was unlikely. Consequently, it seems that ice volume and climate variations during the middle Miocene probably involved a more dynamic AIS than the modern but also some component of land-based ice in the northern hemisphere.
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The capillary-pressure characteristics of 22 samples of lithified post-Paleozoic Indian-Ocean carbonates were compared to published data from older carbonate rocks (lower Paleozoic Hunton Group of Texas and Oklahoma). The Indian-Ocean samples are considerably more porous than are the Paleozoic samples, yet all of the Indian-Ocean samples fit readily into a descriptive petrofacies scheme previously established for the Hunton Group. The Indian-Ocean samples may be assigned to four petrophysical facies (petrofacies) based on the shapes of their capillary-pressure curves, their pore-throat-size distributions, their estimated recovery efficiency values (for nonwetting fluids), and the visual characteristics of their pore systems, as observed with a scanning-electron microscope. Petrofacies assignments for the Indian-Ocean samples are as follows. Petrofacies I includes six samples collected from the coarse basal portions of event deposits (primarily turbidites). These samples have large throats, leptokurtic throat-size distributions, low- to moderate recovery efficiency values, concave cumulative-intrusion capillary-pressure curves, and high porosity values. Petrofacies II includes two sedimentologically dissimilar samples that have medium-size throats, platykurtic throat-size distributions, moderate- to-high recovery efficiency values, gently sloping cumulative-intrusion capillary-pressure curves, and high porosity values. Petrofacies III includes two polymictic sandstones and a skeletal packstone that have small throats, polymodal throat-size distributions, moderate recovery efficiency values, gently sloping cumulative-intrusion capillary-pressure curves, and high porosity values. Petrofacies IV includes 11 samples, mostly recrystallized neritic carbonates, that have small throats, leptokurtic throat-size distributions, high recovery efficiency values, convex cumulative-intrusion capillary-pressure curves, and low porosity values. Comparison of petrofacies assignment to core-, thin-section-, and smear-slide data, and to inferred depositional setting, suggests that pore systems in most samples from Holes 765C and 766A result from primary depositional features, whereas pore systems in samples from Hole 761C and one sample from Hole 765C have been strongly influenced by diagenetic processes. For Hole 761C, prediction of petrophysical parameters should be most successful if based on diagenetic facies patterns. By contrast, the distribution of favorable reservoir facies and of permeability barriers in less highly altered rocks collected from Holes 765C and 766A is related to depositional patterns. Recovery efficiency is inversely related to both porosity and median throat size for the present data set. This relationship is similar to that observed for carbonates of the lower Paleozoic Hunton Group and the Ordovician Ellenburger dolomite, but opposite of that observed for some other ancient carbonates. The coarse deposits of the massive basal units of turbidites are petrophysically distinct and form a coherent petrophysical group (Petrofacies I) with substantial reservoir potential. Two samples assigned to Petrofacies I have extremely large throats (median throat size at least 4 ?m, and at least six times that of any other sample) and therefore high permeability values. These two samples come from thin, coarse turbidites that lack or have poorly developed fine divisions and are interpreted to have been deposited on channeled suprafan lobes in a proximal mid-fan setting. The restriction of extremely high permeability values to a single depositional facies suggests that careful facies mapping of deep-sea fans in a deliberate search for such coarse turbidites could dramatically enhance the success of exploration for aquifers or hydrocarbon reservoirs. Such reservoirs should have substantial vertical heterogeneity. They should have high lateral permeability values but low vertical permeability values, and reservoir sections should include numerous thin units having widely differing petrophysical characteristics.