940 resultados para cancro,immunoterapia,biomateriali,scaffold,nanoparticelle,vaccini
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Aminoglydosid-Antibiotika wie Neomycin B oder Cyclopeptid-Antibiotike wie Viaomycin sind dafür bekannt, daß sie selektiv an RNA binden können. Diese Interaktionen beruhen sowohl auf elektrostatischen Wechselwirkungen als auch auf H-Brücken-Bindungen. Des weiteren ist die definierte räumliche Anordnung von Donor- und Akzeptor-Resten in den Strukturen der RNA-Liganden wichtig für die Affinität. Eine Möglichkeit natürliche RNA-Liganden zu imitieren ist der Einsatz polyfunktioneller Template wie zum Beispiel das 2,6-Diamino-2,6-didesoxy-D-glucose-Scaffold. Mit Hilfe dieser Scaffolds können dann verschiedene positv geladene Reste und Donatoren sowie Akzeptoren für H-Brücken-Bindungen oder auch Interkalatoren räumlich definiert präsentiert werden. Für die unabhängige Funktionalisierung einer jeden Position ist ein Satz orthogonal stabiler Schutzgruppen nötig, wobei eine Hydroxylguppe durch einen Anker ersetzt wird, der eine Anbindung des Scaffolds an einen polymeren Träger ermöglicht. Das neu entwickelte 2,6-Diamino-2,6-didesoxy-D-glucose-Scaffold ist das erste Monosaccharid-Templat, das in allen fünf Positionen mit orthogonal stabilen Schutzgruppen blockiert ist. Alle Positionen könne in beliebiger Reihenfolge selektiv deblockiert und anschließend derivatisiert werden. Das Scaffold kann mit Aminosäuren, Guanidinen oder Interkalatoren umgesetzt werden, um so natürlich vorkommende RNA-bindende Aminoglycoside oder Peptide zu imitieren. Aufbauend auf diesem Monosaccharid-Templat wurde eine Bibliothek von über 100 potentiellen RNA-Liganden synthetisiert, die im Rahmen des Sonderforschungsbereichs 579 (RNA-Liganden-Wechselwirkungen) in Zellassays auf ihre Fähigkeit zur Hemmung der Tat/TAR-Wechselwirkung untersucht wurden, wobei bis jetzt 9 Verbindungen mit einer hemmenden Wirkung im micromolaren Bereich gefunden wurden.
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Negli ultimi anni, affianco ai succhi di frutta “classici” è sempre più importante la produzione di “nuovi succhi” che vengono formulati a partire da frutta non convenzionalmente utilizzata per la produzione di succo. Un esempio particolare è il melograno, ricco di sostanze come ellagitannini, antociani e altri derivati dell’acido gallico ed ellagico. Al melograno sono state attribuite differenti attività biologiche tra le quali effetti benefici a livello cardiovascolare ed intestinale, attività di prevenzione del cancro e altre patologie neurodegenarative. Non è ancora chiaro quali siano i costituenti che dimostrano avere tali proprietà. L’alto potere antiossidante degli ellagitannini ha fatto supporre che fossero essi stessi i responsabili di alcune attività benefiche. Tuttavia, è stato dimostrato che la loro biodisponibilità è molto bassa, in particolare, alcuni studi hanno dimostrato che essi vengono trasformati dalla flora batterica intestinale in urolitine, che, in quella forma, possono essere assorbiti nell’intestino. Per questo motivo si pensa che questi composti, formati a partire dai tannini, presenti nel melograno, siano i responsabili dell’attività. Questo lavoro sperimentale si colloca all’interno del progetto finanziato dalla Regione Emilia-Romagna; in particolare fa parte dell’OR4 “componenti alimentari che concorrano al mantenimento di uno stato di benessere fisico e riduca il rischio di contrarre malattie”. In questo lavoro sperimentale sono stati analizzati succhi di melograno ottenuti da arilli, i semi del melograno, di cultivar e provenienze geografiche diverse. Lo scopo è quello di mettere a punto metodiche analitiche strumentali avanzate (HPLC-ESI-TOF-MS) per la determinazione di antociani e altri composti fenolici nei succhi oggetto della sperimentazione e di identificare i composti presenti nei diversi campioni. La possibilità di utilizzare un analizzatore di massa come il TOF, infatti, permetterà di avere un’ottima accuratezza/sicurezza nell’identificazione dei composti fenolici nei campioni in esame. I metodi messi a punto verranno poi utilizzati per la determinazione dei composti fenolici nei diversi succhi di melograno.
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Gli impianti di incenerimento di rifiuti solidi suscitano preoccupazione nella popolazione per i possibili effetti avversi associati all’esposizione. Gli effetti delle polveri sottili (PM2.5), generate dai processi di combustione, sulla salute umana includono l’insorgenza di patologie a carico del sistema respiratorio e cardiovascolare e l’aumento della mortalità per malattie polmonari e probabilmente cancro al polmone. Lo scopo della tesi è quello di valutare il profilo tossicologico e cancerogeno del particolato atmosferico in prossimità dell’inceneritore di Bologna rispetto alle aree adiacenti mediante l’utilizzo di test alternativi alle metodologie in vivo, come il test di trasformazione cellulare e approcci di tossicogenomica (soprattutto trascrittomica) oltre alla valutazione della variazione del rischio cancerogeno indotto dall’esposizione di PM2.5 in diversi siti (massima ricaduta, controllo, fondo urbano e fondo rurale) e in differenti periodi di campionamento (estate 2008 e inverno 2009). Gli estratti di PM2.5 relativi alla stagione invernale sono risultati più tossici rispetto ai campioni estivi, che inducono tossicità soprattutto alle alte dosi. Per i campioni invernali il numero medio di colonie di cellule BALB/c 3T3 A31-1-1 risulta ridotto in modo significativo anche per le dosi più basse saggiate indipendentemente dal sito di provenienza. Tutti i campioni analizzati sono risultati negativi nel test di trasformazione cellulare in vitro. L’analisi dell’espressione genica delle cellule BALB/c 3T3 A31-1-1, in seguito all’esposizione agli estratti di PM2.5, ha mostrato un effetto stagionale evidente. Relativamente ai campioni invernali è stato evidenziato un maggior effetto tossico da parte del sito di controllo rispetto alla massima ricaduta, poiché nel sito di controllo risultano attivati marcatori di morte cellulare per apoptosi. La valutazione del rischio cancerogeno in tutti i siti valutati non mostra situazioni preoccupanti legate alla predizione di eccessi di rischio di tumori imputabili all’attività dell’inceneritore in quanto le stime di rischio non eccedono mai il valore limite riportato in letteratura.
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Die Leistung multichromophorer Systeme geht oftmals über die der einzelnen Chromophor-Einheiten hinaus. Ziel der vorliegenden Dissertation mit dem Titel „Multichromophore Systeme auf Basis von Rylencarbonsäureimiden“ war daher die Synthese und Charakterisierung multichromophorer Molekülarchitekturen. Die verwendeten Rylenfarbstoffe zeichnen sich durch hohe photochemische Stabilitäten sowie nahezu quantitative Fluoreszenzquantenausbeuten aus. Die optischen und elektronischen Eigenschaften multichromophorer Systeme hängen stark von der geometrischen Ordnung ab, in der die Farbstoffe zueinander stehen. Daher wurden für den Einbau formpersistente Gerüststrukturen gewählt. Der erste Teil der Arbeit beschäftigt sich mit dem Einbau ein und desselben Chromophortyps und hat neben dem Verständnis von Chromophor-Wechselwirkungen vor allem die Erhöhung des Absorptionsquerschnitts und der Fluoreszenzintensität zum Ziel. Als Gerüststruktur dienen dabei Polyphenylen-Dendrimere, Ethinyl-verbrückte Dendrimere sowie Übergangsmetall-vermittelte supramolekulare Strukturen. Aufgrund der hohen Farbstoffanzahl, des ortsdefinierten Einbaus und den hohen Fluoreszenzquantenausbeuten eignen sich diese multichromophoren Systeme als Fluoreszenzsonden und als Einzelphotonenemitter. Im zweiten Teil der Arbeit werden verschiedene Chromophortypen zu multichromophoren Systemen verknüpft, mit deren Hilfe ein vektorieller Energietransfer möglich ist. Mit Hinsicht auf die Verwendung in photovoltaischen Zellen wurde eine dendritische Triade dargestellt. Eine lineare Variante einer Rylen-Triade stellt einen molekularen Draht dar, deren Brückenelement durch eine geeignete Syntheseführung verlängert und der Energietransport daher abstandsabhängig untersucht werden kann.
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Tumor is a lesion that may be formed by an abnormal growth of neoplastic cells. Many factors increase the risk of cancer and different targets are involved in tumor progression. Within this thesis, we have addressed two different biological targets, independently connected with tumor formation, e.g. Hsp90 and androgen receptor. The ATP-dependent chaperone Hsp90 is responsible for the conformational maturation and the renaturation of proteins. “Client” proteins are associated with the cancer hallmarks, as cell proliferation and tumor progression. Consequently, Hsp90 has evolved into promising anticancer target. Over the past decade, radicicol has been identified as potential anticancer agent targeting Hsp90, but it is not active in vivo. With that aim of obtaining radicicol-related derivatives, we developed the design and synthesis of new chalcones analogs. Chalcones, which are abundant in edible plants, own a diverse array of pharmacological activities and are considered a versatile scaffold for drug design. Antiproliferative assays and western blot analysis on the new compounds showed that some of those display an interesting cytotoxic effect and the ability to modulate Hsp90 client proteins expression. Androgen Receptor (AR) hypersensitivity plays crucial role in prostate cancer, which progression is stimulated by androgens. The therapy consists in a combination of surgical or chemical castration, along with antiandrogens treatment. Casodex® (bicalutamide), is the most widespread antiandrogen used in clinic. However, hormonal therapy is time-limited since many patients develop resistance. Commercially available antiandrogens show a common scaffold, e.g. two substituted aromatic rings linked by a linear or a cyclic spacer. With the aim of obtaining novel pure AR antagonists, we developed a new synthetic methodology, which allowed us to introduce, as linker between two suitably chosen aromatic rings, a triazole moiety. Preliminary data suggest that the herein reported new molecules generally decrease PSA expression, thus confirming their potential AR antagonistic activity.
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Critical lower limb ischemia is a severe disease. A common approach is infrainguinal bypass. Synthetic vascular prosthesis, are good conduits in high-flow low-resistance conditions but have difficulty in their performance as small diameter vessel grafts. A new approach is the use of native decellularized vascular tissues. Cell-free vessels are expected to have improved biocompatibility when compared to synthetic and are optimal natural 3D matrix templates for driving stem cell growth and tissue assembly in vivo. Decellularization of tissues represent a promising field for regenerative medicine, with the aim to develop a methodology to obtain small-diameter allografts to be used as a natural scaffold suited for in vivo cell growth and pseudo-tissue assembly, eliminating failure caused from immune response activation. Material and methods. Umbilical cord-derived mesenchymal cells isolated from human umbilical cord tissue were expanded in advanced DMEM. Immunofluorescence and molecular characterization revealed a stem cell profile. A non-enzymatic protocol, that associate hypotonic shock and low-concentration ionic detergent, was used to decellularize vessel segments. Cells were seeded cell-free scaffolds using a compound of fibrin and thrombin and incubated in DMEM, after 4 days of static culture they were placed for 2 weeks in a flow-bioreactor, mimicking the cardiovascular pulsatile flow. After dynamic culture, samples were processed for histological, biochemical and ultrastructural analysis. Discussion. Histology showed that the dynamic culture cells initiate to penetrate the extracellular matrix scaffold and to produce components of the ECM, as collagen fibres. Sirius Red staining showed layers of immature collagen type III and ultrastructural analysis revealed 30 nm thick collagen fibres, presumably corresponding to the immature collagen. These data confirm the ability of cord-derived cells to adhere and penetrate a natural decellularized tissue and to start to assembly into new tissue. This achievement makes natural 3D matrix templates prospectively valuable candidates for clinical bypass procedures
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Con lo sviluppo di nuovi sistemi di telecomunicazione e con i progressi nelle applicazioni mediche ed industriali, l’uomo è sempre più esposto a campi elettromagnetici. Sorge quindi la volontà di indagare sui loro potenziali effetti nocivi, manifestatasi nel corso di diversi decenni di ricerca. Risultano di particolare interesse sanitario i campi elettromagnetici ad alta frequenza (HF-EMF) prodotti dai telefoni cellulari, in quanto il loro utilizzo implica il posizionamento dell’apparecchio in prossimità dell’orecchio, e quindi del cervello. Nel 2011 l’Agenzia Internazionale dell'OMS per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato gli HF-EMF come “possibilmente cancerogeni”, in quanto l’evidenza epidemiologica è stata giudicata “limitata”. Successivamente l’OMS si è espressa in favore di ulteriori ricerche giustificate dal crescente uso di telefoni cellulari, mentre non è stata richiesta l’adozione di misure precauzionali di limitazione al loro utilizzo. Emerge dunque la necessità di proseguire gli studi, che con questa tesi abbiamo indirizzato all’enzima acetilcolinesterasi (AChE). L’AChE svolge un ruolo importante nella trasmissione sinaptica in quanto catalizza l’idrolisi dell’acetilcolina (ACh), importante neurotrasmettitore nel sistema nervoso umano e animale. Lo studio dell’attività dell’AChE presenta una rilevante importanza dal punto di vista sanitario considerando che il deterioramento progressivo delle cellule neuronali, riscontrato nel Morbo di Alzheimer, è attribuito ad una diminuzione del livello del neurotrasmettitore ACh (Lane et al. 2005). A partire dagli anni 80, sono stati svolti studi sull’attività dell’enzima a seguito di esposizioni a EMF, i quali hanno evidenziato nella maggior parte dei casi un cambiamento dell’attività stessa. Il presente lavoro si avvale di un valido sistema di irraggiamento ad alta frequenza che simula l’esposizione ai segnali GSM; lo studio è stato svolto sulla linea cellulare PC12, cellule tumorali derivanti da feocromocitoma di ratto capaci di secernere e immagazzinare ACh e AChE. Sono state valutate in particolare l’attività enzimatica e l’espressione genica dell’AChE nelle cellule PC12 esposte ad una frequenza portante di 1,8 GHz con frequenza di modulazione di 217 Hz, condizioni alle quali lavorano comunemente gli apparati di telefonia mobile in modalità GSM, per un periodo di 24 h. I risultati ottenuti mostrano un aumento dell’attività dell’enzima AChE dei campioni irraggiati rispetto ai controlli, con variazione della Vmax ma non della Km, mentre non è stata rilevata alcuna variazione significativa dell’espressione genica, analizzata mediante PCR real-time. Nelle cellule PC12, si aveva una maggiore attività ed espressione genica dell’enzima in cellule trattate con forskolin e dbcAMP, impiegati come stimoli positivi. Questi risultati suggeriscono il coinvolgimento del sistema AMPc–dipendente nel controllo dell’espressione genica dell’enzima. L’AMPc, pur agendo tipicamente come secondo messaggero nella trasduzione del segnale chimico, in molte cellule di diversi organismi sembra essere aumentato anche in condizioni di stress. In particolare l’effetto si esplicava infatti sulla isoforma AChER, indotta in condizioni di stress. Il fatto che l’aumento dell’attività enzimatica di AChE indotto da HF-EMF non sia associato né all’aumento dell’affinità per il substrato, né all’aumento del numero di molecole, suggerisce l’ipotesi che i campi elettromagnetici ad alta frequenza agiscano sul microambiente di membrana che circonda l’enzima, per esempio determinando cambiamenti delle condizioni all’interno della matrice lipidica, influenzando fortemente la sua attività. Sarà interessante valutare in futuro come l’aumento della Vmax di reazione venga indotto in assenza di aumento dei trascritti genici. In conclusione il presente lavoro non fornisce risposte circa gli effetti del segnale GSM sulla salute umana, ma consente di affermare l’esistenza di un’interazione dei campi elettromagnetici con il modello biologico da noi utilizzato, richiamando l’attenzione sull’attività di questo enzima come possibile “indicatore” dell’interazione cellulare con tali segnali. Tale “indicatore”, ricercato da molti anni, non è mai stato individuato.
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Mitochondria have a central role in energy supply in cells, ROS production and apoptosis and have been implicated in several human disease and mitochondrial dysfunctions in hypoxia have been related with disorders like Type II Diabetes, Alzheimer Disease, inflammation, cancer and ischemia/reperfusion in heart. When oxygen availability becomes limiting in cells, mitochondrial functions are modulated to allow biologic adaptation. Cells exposed to a reduced oxygen concentration readily respond by adaptive mechanisms to maintain the physiological ATP/ADP ratio, essential for their functions and survival. In the beginning, the AMP-activated protein kinase (AMPK) pathway is activated, but the responsiveness to prolonged hypoxia requires the stimulation of hypoxia-inducible factors (HIFs). In this work we report a study of the mitochondrial bioenergetics of primary cells exposed to a prolonged hypoxic period . To shine light on this issue we examined the bioenergetics of fibroblast mitochondria cultured in hypoxic atmospheres (1% O2) for 72 hours. Here we report on the mitochondrial organization in cells and on their contribution to the cellular energy state. Our results indicate that prolonged hypoxia cause a significant reduction of mitochondrial mass and of the quantity of the oxidative phosphorylation complexes. Hypoxia is also responsible to damage mitochondrial complexes as shown after normalization versus citrate synthase activity. HIF-1α plays a pivotal role in wound healing, and its expression in the multistage process of normal wound healing has been well characterized, it is necessary for cell motility, expression of angiogenic growth factor and recruitment of endothelial progenitor cells. We studied hypoxia in the pathological status of diabetes and complications of diabetes and we evaluated the combined effect of hyperglycemia and hypoxia on human dermal fibroblasts (HDFs) and human dermal micro-vascular endothelial cells (HDMECs) that were grown in high glucose, low glucose concentrations and mannitol as control for the osmotic challenge.
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Recenti analisi sull’intero trascrittoma hanno rivelato una estensiva trascrizione di RNA non codificanti (ncRNA), le quali funzioni sono tuttavia in gran parte sconosciute. In questo lavoro è stato dimostrato che alte dosi di camptotecina (CPT), un farmaco antitumorale inibitore della Top1, aumentano la trascrizione di due ncRNA antisenso in 5’ e 3’ (5'aHIF-1α e 3'aHIF-1α rispettivamente) al locus genico di HIF-1α e diminuiscono i livelli dell’mRNA di HIF-1α stesso. Gli effetti del trattamento sono Top1-dipendenti, mentre non dipendono dal danno al DNA alla forca di replicazione o dai checkpoint attivati dal danno al DNA. I ncRNA vengono attivati in risposta a diversi tipi di stress, il 5'aHIF-1α è lungo circa 10 kb e possiede sia il CAP in 5’ sia poliadenilazione in 3’ (in letteratura è noto che il 3'aHIF-1α è un trascritto di 1,7 kb, senza 5’CAP né poliadenilazione). Analisi di localizzazione intracellulare hanno dimostrato che entrambi sono trascritti nucleari. In particolare 5'aHIF-1α co-localizza con proteine del complesso del poro nucleare, suggerendo un suo possibile ruolo come mediatore degli scambi della membrana nucleare. È stata dimostrata inoltre la trascrizione dei due ncRNA in tessuti di tumore umano del rene, evidenziandone possibili ruoli nello sviluppo del cancro. È anche noto in letteratura che basse dosi di CPT in condizioni di ipossia diminuiscono i livelli di proteina di HIF-1α. Dopo aver dimostrato su diverse linee cellulari che i due ncRNA sopracitati non potessero essere implicati in tale effetto, abbiamo studiato le variazioni dell’intero miRnoma alle nuove condizioni sperimentali. In tal modo abbiamo scoperto che il miR-X sembra essere il mediatore molecolare dell’abbattimento di HIF-1α dopo trattamento con basse dosi di CPT in ipossia. Complessivamente, questi risultati suggeriscono che il fattore di trascrizione HIF-1α venga finemente regolato da RNA non-codificanti indotti da danno al DNA.
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Das Usher Syndrom (USH) führt beim Menschen zur häufigsten Form erblicher Taub-Blindheit und wird aufgrund klinischer Merkmale in drei Typen unterteilt (USH1-3). Das Ziel dieser Arbeit war die Analyse der Expression und subzellulären Lokalisation des USH1G-Proteins SANS („Scaffold protein containing Ankyrin repeats and SAM domain“) in der Retina. Ein weiterer Fokus lag auf der Identifikation neuer Interaktionspartner zur funktionellen Charakterisierung von SANS. Im Rahmen der vorliegenden Arbeit konnte ein USH-Proteinnetzwerk identifiziert werden, das im Verbindungscilium und benachbarter Struktur, dem apikalen Innensegment von Photorezeptorzellen lokalisiert ist. Als Netzwerkkomponenten konnten die USH-Proteine SANS, USH2A Isoform b (USH2A), VLGR1b („Very Large G-protein coupled Receptor 1b“, USH2C) sowie Whirlin (USH2D) ermittelt werden. Innerhalb dieses Netzwerkes interagieren die Gerüstproteine SANS und Whirlin direkt miteinander. Die Transmembranproteine USH2A Isoform b und VLGR1b sind durch die direkte Interaktion mit Whirlin in ciliären-periciliären Membranen verankert und projizieren mit ihren langen Ektodomänen in den extrazellulären Spalt zwischen Verbindungscilium und apikalem Innensegment. Darüber hinaus konnte die Partizipation von SANS an Mikrotubuli-assoziiertem Vesikeltransport durch Identifikation neuer Interaktionspartner, wie dem MAGUK-Protein MAGI-2 („Membrane-Associated Guanylate Kinase Inverted-2“) sowie Dynaktin-1 (p150Glued) eruiert werden. Die Funktion des ciliären-periciliären USH-Proteinnetzwerkes könnte demnach in der Aufrechterhaltung benachbarter Membranstrukturen sowie der Beteiligung der Positionierung und Fusion von Transportvesikeln liegen.
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Centrine sind kleine Ca2+-bindende Proteine aus der Familie der EF-Hand Proteine. Erstmals wurden Centrine als Hauptbestandteil der kontraktilen Flagellenwurzeln von Grünalgen beschrieben. Mittlerweile konnten Centrine in nahezu allen eukaryotischen Organismen nachgewiesen werden. In Säugetieren wurden bis zu vier Isoformen identifiziert, die an Centrosomen oder davon abgeleiteten Strukturen, wie Spindelpolkörpern und Basalkörper, aber auch in Übergangszonen von Cilien exprimiert werden. In der vorliegenden Arbeit konnte gezeigt werden, dass die Centrine im zellulären Kontext der Photorezeptorzellen nicht nur durch die Bindung von Ca2+ reguliert werden, sondern auch durch reversible Phosphorylierungen. Die Phosphorylierung der Centrin-Isoformen findet in der Retina von Vertebraten lichtabhängig während der Dunkeladaption statt. Die Protein Kinase CK2 (CK2) ist für die beschriebenen lichtabhängigen Phosphorylierungen hauptverantwortlich. Obwohl alle Centrin-Isoformen mehrere mögliche Zielsequenzen für die CK2 besitzen, kommt es nur zur Phosphorylierung einer einzigen Aminosäure in Cen1p, Cen2p und Cen4p. Im Gegensatz dazu stellt die Isoform Cen3p kein Substrat für die CK2 dar. Zudem wurden hier erstmals Phosphatasen identifiziert, die in der Lage sind Centrine zu dephosphorylieren. Die Dephosphorylierung durch die PP2Cund PP2C ist sehr spezifisch, da keine andere Phosphatase der Retina die CK2-vermittelte Phosphorylierung der Centrine rückgängig machen kann. Hoch auflösende licht- und elektronenmikroskopische Analysen zeigten erstmals, dass die Centrine sowohl mit der CK2 als auch mit der PP2C im Verbindungscilium der Photorezeptorzellen colokalisiert sind. Cen1p und CK2 sind in der Lage, direkt an Mikrotubuli zu binden, was die notwendige räumliche Nähe zwischen Enzymen und Substrat herstellt. Bisherige Arbeiten zeigten, dass alle Centrine Ca2+-abhängig mit dem visuellen G-Protein Transducin interagieren. Diese Wechselwirkung dürfte an der Regulation der lichtabhängigen Translokation des visuellen G-Proteins Transducin zwischen dem Außen- und dem Innensegment der Photorezeptorzelle beteiligt sein. In der vorliegenden Arbeit zeigten Interaktionsstudien, dass die Bindungsaffinitäten der Centrine für Transducin durch die CK2-vermittelte Phosphorylierung drastisch verringert wurden. Dieser beobachtete Effekt beruht auf deutlich verringerten Ca2+-Affinitäten der Centrin-Isoformen nach der CK2-vermittelten Phosphorylierung. In der vorliegenden Arbeit wurde ein neuartiger Regulationsmechanismus der Centrine in den Photorezeptorzellen der Vertebraten beschrieben. Centrine werden nicht nur durch Ca2+-Bindung zur Bildung von Protein Komplexen stimuliert, sondern durch die Phosphorylierung zum Auflösen dieser Komplexe angeregt. Damit reguliert die CK2-vermittelte, lichtabhängige Phosphorylierung der Centrine möglicherweise ebenfalls die adaptive Translokation des visuellen G-Proteins Transducin zwischen dem Außen- und Innensegment der Photorezeptorzellen.
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Life Cycle Assessment (LCA) is a chain-oriented tool to evaluate the environment performance of products focussing on the entire life cycle of these products: from the extraction of resources, via manufacturing and use, to the final processing of the disposed products. Through all these stages consumption of resources and pollutant releases to air, water, soil are identified and quantified in Life Cycle Inventory (LCI) analysis. Subsequently to the LCI phase follows the Life Cycle Impact Assessment (LCIA) phase; that has the purpose to convert resource consumptions and pollutant releases in environmental impacts. The LCIA aims to model and to evaluate environmental issues, called impact categories. Several reports emphasises the importance of LCA in the field of ENMs. The ENMs offer enormous potential for the development of new products and application. There are however unanswered questions about the impacts of ENMs on human health and the environment. In the last decade the increasing production, use and consumption of nanoproducts, with a consequent release into the environment, has accentuated the obligation to ensure that potential risks are adequately understood to protect both human health and environment. Due to its holistic and comprehensive assessment, LCA is an essential tool evaluate, understand and manage the environmental and health effects of nanotechnology. The evaluation of health and environmental impacts of nanotechnologies, throughout the whole of their life-cycle by using LCA methodology. This is due to the lack of knowledge in relation to risk assessment. In fact, to date, the knowledge on human and environmental exposure to nanomaterials, such ENPs is limited. This bottleneck is reflected into LCA where characterisation models and consequently characterisation factors for ENPs are missed. The PhD project aims to assess limitations and challenges of the freshwater aquatic ecotoxicity potential evaluation in LCIA phase for ENPs and in particular nanoparticles as n-TiO2.
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In dieser Arbeit werden neue Rylenimide und Anwendungsmöglichkeiten für diese Farbstoffklasse beschrieben, die sich durch hohe Photostabilitäten und hohe Fluoreszenzquantenausbeute auszeichnet. Ziel dieser Arbeit war es, durch systematische Wahl der Substituenten in den Imidstrukturen und/oder den bay-Regionen von Rylendiimidfarbstoffen vollkommen neue Produkteigenschaften zu verwirklichen, Reaktionen bzw. Anwendungen zu ermöglichen und den Aufbau von komplexeren Chromophorarchitekturen zu gestatten. Das Strukturmotiv des Terrylendiimids nahm dabei die zentrale Rolle ein. Die Arbeit wurde in vier Kapitel aufgeteilt. Das Ziel des ersten Kapitels war es, wasserlösliche Terrylendiimide zur Untersuchung von biologischen Proben im Wellenlängenbereich über 600 nm einzusetzen. Ein wasserlösliches Terrylendiimid erwies sich dabei als deutlich photostabiler als zwei weitverbreitete Fluoreszenzfarbstoffe. Eine erste Proteinmarkierung mit monofunktionellem Farbstoff wurde an Proteinmolekülen erfolgreich durchgeführt. Durch gezielte Modifikationen konnten zwei Terrylendiimide hergestellt werden, die sich noch deutlich besser zum Abbilden von Zellstrukturen eignen. In dem zweiten Kapitel spielte die Löslichkeit von Rylendiimiden in organischen Lösungsmitteln eine zentrale Rolle. Es wurde eine Rylendiimidserie hergestellt, deren löslichkeitssteigernde Gruppen eine Organisation der Moleküle in ausgedehnten Stapelstrukturen nicht verhindern. Mit dieser Serie konnte das flüssigkristalline Verhalten und die Selbstorganisation in der Rylendiimidreihe untersucht werden. Aufbauend auf diesen Ergebnissen wurde die Selbstorganisation der Diimide in Donor-Akzeptor Gemischen untersucht. In STM-Experimenten konnten für alle drei Diimide selbstorganisierte Monoschichten mit dem Rastertunnelmikroskop mit molekularer Auflösung abgebildet werden. Darüber hinaus wurden in diesem Kapitel die ersten organischen Feldeffekttransistoren (OFET) auf der Basis des synthetisierten Terrylendiimids beschrieben. Im Rahmen eines Projektes in dem die elektronische Energieübertragung in Donor-Akzeptor-Diaden mit Hilfe von Einzelmolekülspektroskopie untersucht wird, wurde eine Perylendiimid-Terrylediimid Diade hergestellt. Die geringere Photostabilität des Donors ermöglichte zeitaufgelöste Einzelmolekül-messungen der Akzeptoremission mit und ohne Energietransfer vom Donor auf den Akzeptor. Durch diese Messungen konnten die Zeitkonstanten des Energietransfers für einzelne Diaden ermittelt werden. Ein weiterer Chromophor aus diesem Donor-Akzeptor-Paar soll die Möglichkeit eröffnen, den Energiefluß im Molekül gezielt zu manipulieren. Dazu wurde ein Donorchromophor mit zwei Akzeptoren in einem Multichromophor kombiniert. Im Rahmen der Synthesen dieser Arbeit wurden Terrylendiimide hergestellt, die in einer Imidstruktur eine Halogenfunktion trugen. Diese waren wichtige Synthesebausteine zum Aufbau von komplexen Chromophorarchitekturen. Ziel eines weiteren Kapitels war es, ein Terrylendiimid herzustellen, das als Sensibilisatorfarbstoff gemeinsam mit dem Haupt-Antennenkomplex von höheren Pflanzen LHCII in einer photoelektrochemischen Farbstoff-Solarzelle integriert werden konnte. Das hergestellte Terrylendiimid mit Carbonsäuregruppe eignete sich für Farbstoffsolarzellen auf Zinndioxidbasis.
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Al giorno d’oggi, la produzione di energia e di molecole di base per l’industria chimica è completamente dipendente da risorse non rinnovabili come petrolio, carbone e gas naturale ; con tali risorse in via di esaurimento e la sempre crescente domanda di energia e materiali da parte di tutte le economie, risulta obbligatorio sviluppare tecniche per la loro produzione da risorse rinnovabili. Le biomasse, oltre ad essere una fonte rinnovabile, generano minori emissioni di gas serra rispetto ai combustibili fossili, perché la CO2 rilasciata nei processi di utilizzo viene bilanciata da quella consumata nel processo di crescita delle biomasse stesse. Tuttavia, ad oggi, lo sfruttamento di queste fonti risulta ancora sfavorito economicamente a causa di processi industriali non ancora ottimizzati, i cui costi si ripercuotono sul prodotto finale. Le molecole derivanti dagli scarti lignocellulosici possono essere usate come molecole di partenza per industrie chimiche di qualsiasi tipo, da quelle farmaceutiche a quelle plastiche. Queste molecole sono già parzialmente funzionalizzate; ciò significa che la sintesi di prodotti chimici specifici richiede un minor numero di stadi rispetto ai building blocks petroliferi, con conseguente diminuzione di prodotti di scarto e sottoprodotti . Una delle molecole “piattaforma” identificate tra le più importanti per la produzione di diversi prodotti chimici, risulta essere il 5-idrossimetilfurfurale (HMF) , derivante dalla disidratazione di polisaccaridi esosi, da cui si può ottenere tramite ossidazione selettiva, l’acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), potenziale sostituto dell’acido tereftalico nella produzione del PET e molti altri prodotti. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato lo studio della reattività di catalizzatori a base di Pd e Au/Pd utilizzati nella reazione di ossidazione dell’HMF a FDCA. Il lavoro svolto ha avuto come obiettivi principali: • L’ottimizzazione della sintesi di nanoparticelle di Pd e Au/Pd a diverso rapporto molare, e la caratterizzazione delle sospensioni ottenute mediante analisi DLS, XRD e TEM. • La preparazione di catalizzatori supportati su TiO2 e la caratterizzazione dei catalizzatori ottenuti tramite analisi BET, TEM e analisi termiche TGA/DSC. • Lo studio dell’attività catalitica dei catalizzatori preparati nell’ossidazione selettiva in fase liquida del 5-idrossimetilfurfurale (HMF) ad acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA) e del meccanismo di reazione.
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L’acido adipico (AA) è un importante intermedio chimico prodotto in quantità pari a circa tre milioni di tonnellate annue, i cui usi riguardano principalmente la produzione di Nylon-6,6. Tutti i processi industriali odierni per la produzione dell’AA hanno in comune lo stadio finale di ossidazione con acido nitrico dell’ultimo intermedio di sintesi, che in genere è una miscela di cicloesanolo e cicloesanone (KA Oil). Esistono diversi problemi riguardanti questo processo, come la pericolosità che deriva dall’uso di acido nitrico concentrato. Dal punto di vista ambientale, il problema principale riguarda la produzione di protossido di azoto e di altri ossidi di azoto durante l’ultima fase di ossidazione con HNO3, per questo motivo, tutte le aziende che producono AA devono essere munite per legge di sistemi di abbattimento quantitativi o di recupero degli ossidi di azoto, che però risultano essere molto incisivi sul costo del processo. A livello industriale, quindi, il problema riguarda principalmente la sostenibilità economica, ma poiché queste procedure hanno un prezzo in termini di materiali ed energia, si ha anche un forte legame con la sostenibilità ambientale. Gli studi riguardanti nuovi processi per la produzione di AA sono numerosi; alcuni hanno portato a vie più “green”, ma solo pochi esempi sono veramente sostenibili dal punto di vista sia ambientale che economico. Il presente lavoro di tesi è diviso in due parti, entrambe riguardanti vie di sintesi alternative per la produzione di AA. La prima parte riguarda lo studio del secondo passaggio di una via di sintesi in due step che parte da cicloesene e che ha come intermedio l’1,2-cicloesandiolo.Sono stati provati catalizzatori eterogenei a base di nanoparticelle di Au supportate su MgO per il cleavage ossidativo in fase liquida del diolo con O2 in ambiente basico. La seconda parte invece riguarda il processo di sintesi dell’AA a partire da cicloesanone mediante l’ossidazione con perossido di idrogeno a e- caprolattone e la successiva ossidazione ad AA. Nello specifico, è stato studiato il meccanismo di reazione del primo passaggio in quanto evidenze sperimentali ottenute nel corso di lavori precedenti avevano dimostrato la presenza di un cammino di reazione differente da quello tipico per un’ossidazione di Baeyer-Villiger. In questa parte, si è studiato l’effetto di alcuni catalizzatori eterogenei a base di acidi di Lewis sui prodotti ottenuti nel primo stadio ossidativo.