928 resultados para MALE REPRODUCTIVE-SYSTEM


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Auditory responses in the caudomedial neostriatum (NCM) of the zebra finch (Taeniopygia guttata) forebrain habituate to repeated presentations of a novel conspecific song. This habituation is long lasting and specific to individual stimuli. We here test the acoustic and ethological basis of this stimulus-specific habituation by recording extracellular multiunit activity in the NCM of awake male and female zebra finches presented with a variety of conspecific and heterospecific vocalizations, white noise, and tones. Initial responses to conspecific song and calls and to human speech were higher than responses to the other stimuli. Immediate habituation rates were high for all novel stimuli except tones, which habituated at a lower rate. Habituation to conspecific calls and songs outlasted habituation to other stimuli. The extent of immediate habituation induced by a particular novel song was not diminished when other conspecific songs were presented in alternation. In addition, the persistence of habituation was not diminished by exposure to other songs before testing, nor was it influenced by gender or laterality. Our results suggest that the NCM is specialized for remembering the calls and songs of many individual conspecifics.

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Several enzymes involved in the formation of steroids of the pregnene and pregnane series have been identified in the brain, but the biosynthesis of testosterone has never been reported in the central nervous system. In the present study, we have investigated the distribution and bioactivity of 17beta-hydroxysteroid dehydrogenase (17beta-HSD) (EC 1.1.1.62; a key enzyme that is required for the formation of testosterone and estradiol) in the brain of the male frog Rana ridibunda. By using an antiserum against human type I placental 17beta-HSD, immunoreactivity was localized in a discrete group of ependymal glial cells bordering the telencephalic ventricles. HPLC analysis of telencephalon and hypothalamus extracts combined with testosterone radioimmunoassay revealed the existence of two peaks coeluting with testosterone and 5alpha-dihydrotestosterone. After HPLC purification, testosterone was identified by gas chromatography/mass spectrometry. Incubation of telencephalon slices with [3H]pregnenolone resulted in the formation of metabolites which coeluted with progesterone, 17alpha-hydroxyprogesterone, dehydroepiandrosterone, androstenedione, testosterone, and 5alpha-dihydrotestosterone. The newly synthesized steroid comigrating with testosterone was selectively immunodetected by using testosterone antibodies. These data indicate that 17beta-HSD is expressed in a subpopulation of gliocytes in the frog telencephalon and that telencephalic cells are capable of synthesizing various androgens, including dehydroepiandrosterone, androstenedione, testosterone, and 5alpha-dihydrotestosterone.

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Among fruit-fly species of the genus Drosophila there is remarkable variation in sperm length, with some species producing gigantic sperm (e.g., > 10 times total male body length). These flies are also unusual in that males of some species exhibit a prolonged adult nonreproductive phase. We document sperm length, body size, and sex-specific ages of reproductive maturity for 42 species of Drosophila and, after controlling for phylogeny, test hypotheses to explain the variation in rates of sexual maturation. Results suggest that delayed male maturity is a cost of producing long sperm. A possible physiological mechanism to explain the observed relationship is discussed.

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Female moths often become depleted of sex pheromone after mating as the various components of virgin behavior are switched off. In examining a potential male contribution to these events in the corn earworm moth Helicoverpa zea, we have characterized a basic polypeptide from the tissues producing (accessory glands) and storing (duplex) the seminal fluids. The peptide evokes the depletion of sex pheromone when injected into virgin females. This pheromonostatic peptide (PSP) is 57 amino acids long and contains a single disulfide bridge. It is blocked at the N terminus with pyroglutamate and at the C terminus by amidation. As little as 23 ng of peptide evokes the near-complete depletion of pheromone in decapitated (neck-ligated) females that had been injected with pheromone biosynthesis-activating neuropeptide. Activity is approximately 15-fold less in intact virgins, showing that the head limits the expression of activity in these injected females. Females mated to surgically impaired males, capable of producing a spermatophore but not transferring spermatozoa or seminal fluids, are depleted of pheromone by injected peptide. Females whose abdominal nerve cords have been severed are not depleted of pheromone after mating. Thus, neural signals either descending or ascending via the nerve cord are required for the depletion of pheromone after mating. PSP, from the seminal fluids, may participate in this process by direct or indirect action on the glandular tissue; if so, it represents an unusual mechanism in insects for the regulation by seminal fluids of postmating reproductive behavior.

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Il tatto assume un'importanza fondamentale nella vita quotidiana, in quanto ci permette di discriminare le caratteristiche fisiche di un oggetto specifico, di identificarlo e di eventualmente integrare le suddette informazioni tattili con informazioni provenienti da altri canali sensoriali. Questa è la componente sensoriale-discriminativa del tatto. Tuttavia quotidianamente il tatto assume un ruolo fondamentale durante le diverse interazioni sociali, positive, come quando abbracciamo o accarezziamo una persona con cui abbiamo un rapporto affettivo e negative, per esempio quando allontaniamo una persona estranea dal nostro spazio peri-personale. Questa componente è la cosiddetta dimensione affettiva-motivazionale, la quale determina la codifica della valenza emotiva che l'interazione assume. Questa componente ci permette di creare, mantenere o distruggere i legami sociali in relazione al significato che il tocco assume durante l'interazione. Se per esempio riceviamo una carezza da un familiare, questa verrà percepita come piacevole e assumerà un significato affiliativo. Questo tipo di tocco è comunente definito come Tocco Sociale (Social Touch). Gli aspetti discriminativi del tatto sono stati ben caratterizzati, in quanto storicamente, il ruolo del tatto è stato considerato quello di discriminare le caratteristiche di ciò che viene toccato, mentre gli aspetti affettivi sono stati solo recentemente indagati considerando la loro importanza nelle interazioni sociali. Il tocco statico responsabile dell'aspetto discriminante attiva a livello della pelle le grandi fibre mieliniche (Aβ), modulando a livello del sistema nervoso centrale le cortecce sensoriali, sia primarie che secondarie. Questo permette la codifica a livello del sistema nervoso centrale delle caratteristiche fisiche oggettive degli oggetti toccati. Studi riguardanti le caratteristiche del tocco affiliativo sociale hanno messo in evidenza che suddetta stimolazione tattile 1) è un particolare tocco dinamico che avviene sul lato peloso delle pelle con una velocità di 1-10 cm/sec; 2) attiva le fibre amieliniche (fibre CT o C-LTMRs); 3) induce positivi effetti autonomici, ad esempio la diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca; e 4) determina la modulazione di regioni cerebrali coinvolte nella codifica del significato affiliativo dello stimolo sensoriale periferico, in particolare la corteccia insulare. Il senso del tatto, con le sue due dimensioni discriminativa e affiliativa, è quotidianamente usato non solo negli esseri umani, ma anche tra i primati non umani. Infatti, tutti i primati non umani utilizzano la componente discriminativa del tatto per identificare gli oggetti e il cibo e l'aspetto emotivo durante le interazioni sociali, sia negative come durante un combattimento, che positive, come durante i comportamenti affiliativi tra cui il grooming. I meccanismi di codifica della componente discriminativa dei primati non umani sono simili a quelli umani. Tuttavia, si conosce ben poco dei meccanismi alla base della codifica del tocco piacevole affiliativo. Pur essendo ben noto che i meccanorecettori amilienici C-LTMRs sono presenti anche sul lato peloso della pelle dei primati non umani, attualmente non ci sono studi riguardanti la correlazione tra il tocco piacevole e la loro modulazione, come invece è stato ampiamente dimostrato nell'uomo. Recentemente è stato ipotizzato (Dunbar, 2010) il ruolo delle fibre C-LTMRs durante il grooming, in particolare durante il cosiddetto swepping. Il grooming è costituito da due azioni motorie, lo sweeping e il picking che vengono eseguite in modo ritmico. Durante lo sweeping la scimmia agente muove il pelo della scimmia ricevente con un movimento a mano aperta, per poter vedere il preciso punto della pelle dove eseguire il picking, ovvero dove prendere la pelle a livello della radice del pelo con le unghie dell'indice e del pollice e tirare per rimuovere parassiti o uova di parassiti e ciò che è rimasto incastrato nel pelo. Oltre il noto ruolo igenico, il grooming sembra avere anche una importante funzione sociale affiliativa. Come la carezza nella società umana, cosi il grooming tra i primati non umani è considerato un comportamento. Secondo l'ipotesi di Dunbar l'attivazione delle C-LTMRs avverrebbe durante lo sweeping e questo porta a supporre che lo sweeping, come la carezza umana, costituisca una componente affiliativa del grooming, determinando quindi a contribuire alla sua codifica come comportamento sociale. Fino ad ora non vi è però alcuna prova diretta a sostegno di questa ipotesi. In particolare, 1) la velocità cui viene eseguito lo sweeping è compatibile con la velocità di attivazione delle fibre CT nell'uomo e quindi con la velocità tipica della carezza piacevole di carattere sociale affiliativo (1-10 cm/sec)?; 2) lo sweeping induce la stessa modulazione del sistema nervoso autonomo in direzione della modulazione del sistema vagale, come il tocco piacevole nell'uomo, attraverso l'attivazione delle fibre CT?; 3) lo sweeping modula la corteccia insulare, cosi come il tocco piacevole viene codificato come affiliativo nell'uomo mediante le proiezioni delle fibre CT a livello dell'insula posteriore? Lo scopo del presente lavoro è quella di testare l'ipotesi di Dunbar sopra citata, cercando quindi di rispondere alle suddette domande. Le risposte potrebbero consentire di ipotizzare la somiglianza tra lo sweeping, caratteristico del comportamento affiliativo di grooming tra i primati non umani e la carezza. In particolare, abbiamo eseguito 4 studi pilota. Nello Studio 1 abbiamo valutato la velocità con cui viene eseguito lo sweeping tra scimmie Rhesus, mediante una analisi cinematica di video registrati tra un gruppo di scimmie Rhesus. Negli Studi 2 e 3 abbiamo valutato gli effetti sul sistema nervoso autonomo dello sweeping eseguito dallo sperimentatore su una scimmia Rhesus di sesso maschile in una tipica situazione sperimentale. La stimolazione tattile è stata eseguita a diverse velocità, in accordo con i risultati dello Studio 1 e degli studi umani che hanno dimostrato la velocità ottimale e non ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs. In particolare, nello Studio 2 abbiamo misurato la frequenza cardiaca e la variabilità di questa, come indice della modulatione vagale, mentre nello Studio 3 abbiamo valutato gli effetti dello sweeping sul sistema nervoso autonomo in termini di variazioni di temperatura del corpo, nello specifico a livello del muso della scimmia. Infine, nello Studio 4 abbiamo studiato il ruolo della corteccia somatosensoriale secondaria e insulare nella codifica dello sweeping. A questo scopo abbiamo eseguito registrazioni di singoli neuroni mentre la medesima scimmia soggetto sperimentale dello Studio 2 e 3, riceveva lo sweeping a due velocità, una ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs secondo gli studi umani e i risultati dei tre studi sopra citati, ed una non ottimale. I dati preliminari ottenuti, dimostrano che 1) (Studio 1) lo sweeping tra scimmie Rhesus viene eseguito con una velocità media di 9.31 cm/sec, all'interno dell'intervallo di attivazione delle fibre CT nell'uomo; 2) (Studio 2) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina una diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca se eseguito alla velocità di 5 e 10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 1 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina l'aumento della frequenza cardiaca e la diminuzione della variabilità di questa, quindi il decremento dell'attivazione del sistema nervoso parasimpatico; 3) (Studio 3) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina l'aumento della temperatura corporea a livello del muso della scimmia se eseguito alla velocità di 5-10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 5 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina la diminuzione della temperatura del muso; 4) (Studio 4) la corteccia somatosensoriale secondaria e la corteccia insulare posteriore presentano neuroni selettivamente modulati durante lo sweeping eseguito ad una velocità di 5-13 cm/sec ma non neuroni selettivi per la codifica della velocità dello sweeping minore di 5 cm/sec. Questi risultati supportano l'ipotesi di Dunbar relativa al coinvolgimento delle fibre CT durante lo sweeping. Infatti i dati mettono in luce che lo sweeping viene eseguito con una velocità (9.31 cm/sec), simile a quella di attivazione delle fibre CT nell'uomo (1-10 cm/sec), determina gli stessi effetti fisiologici positivi in termini di frequenza cardiaca (diminuzione) e variabilità della frequenza cardiaca (incremento) e la modulazione delle medesime aree a livello del sistema nervoso centrale (in particolare la corteccia insulare). Inoltre, abbiamo dimostrato per la prima volta che suddetta stimolazione tattile determina l'aumento della temperatura del muso della scimmia. Il presente studio rappresenta la prima prova indiretta dell'ipotesi relativa alla modulazione del sistema delle fibre C-LTMRs durante lo sweeping e quindi della codifica della stimolazione tattile piacevole affiliativa a livello del sistema nervoso centrale ed autonomo, nei primati non umani. I dati preliminari qui presentati evidenziano la somiglianza tra il sistema delle fibre CT dell'uomo e del sistema C-LTMRs nei primati non umano, riguardanti il Social Touch. Nonostante ciò abbiamo riscontrato alcune discrepanze tra i risultati da noi ottenuti e quelli invece ottenuti dagli studi umani. La velocità media dello sweeping è di 9.31 cm / sec, rasente il limite superiore dell’intervallo di velocità che attiva le fibre CT nell'uomo. Inoltre, gli effetti autonomici positivi, in termini di battito cardiaco, variabilità della frequenza cardiaca e temperatura a livello del muso, sono stati evidenziati durante lo sweeping eseguito con una velocità di 5 e 10 cm/sec, quindi al limite superiore dell’intervallo ottimale che attiva le fibre CT nell’uomo. Al contrario, lo sweeping eseguito con una velocità inferiore a 5 cm/sec e superiore a 10 cm/sec determina effetti fisiologici negativo. Infine, la corteccia insula sembra essere selettivamente modulata dallo stimolazione eseguita alla velocità di 5-13 cm/sec, ma non 1-5 cm/sec. Quindi, gli studi sul sistema delle fibre CT nell’uomo hanno dimostrato che la velocità ottimale è 1-10 cm/sec, mentre dai nostri risultati la velocità ottimale sembra essere 5-13 cm / sec. Quindi, nonostante l'omologia tra il sistema delle fibre CT nell'umano deputato alla codifica del tocco piacevole affiliativo ed il sistema delle fibre C-LTMRs nei primati non umani, ulteriori studi saranno necessari per definire con maggiore precisione la velocità ottimale di attivazione delle fibre C-LTMR e per dimostrare direttamente la loro attivazione durante lo sweeping, mediante la misurazione diretta della loro modulazione. Studi in questa direzione potranno confermare l'omologia tra lo sweeping in qualità di tocco affiliativo piacevole tra i primati non umani e la carezza tra gli uomini. Infine, il presente studio potrebbe essere un importante punto di partenza per esplorare il meccanismo evolutivo dietro la trasformazione dello sweeping tra primati non umani, azione utilitaria eseguita durante il grooming, a carezza, gesto puramente affiliativo tra gli uomini.

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SUMMARY The Porcine Reproductive and Respiratory Syndrome (PRRS) virus is one of the most spread pathogens in swine herds all over the world and responsible for a reproductive and respiratory syndrome that causes severe heath and economical problems. This virus emerged in late 1980’s but although about 30 years have passed by, the knowledge about some essential facets related to the features of the virus (pathogenesis, immune response, and epidemiology) seems to be still incomplete. Taking into account that the development of modern vaccines is based on how innate and acquire immunity react, a more and more thorough knowledge on the immune system is needed, in terms of molecular modulation/regulation of the inflammatory and immune response upon PRRSV infection. The present doctoral thesis, which is divided into 3 different studies, is aimed to increase the knowledge about the interaction between the immune system and the PRRS virus upon natural infection. The objective of the first study entitled “Coordinated immune response of memory and cytotoxic T cells together with IFN-γ secreting cells after porcine reproductive and respiratory syndrome virus (PRRSV) natural infection in conventional pigs” was to evaluate the activation and modulation of the immune response in pigs naturally infected by PRRSV compared to an uninfected control group. The course of viremia was evaluated by PCR, the antibody titres by ELISA, the number of IFN-γ secreting cells (IFN- SC) by an ELISPOT assay and the immunophenotyping of some lymphocyte subsets (cytotoxic cells, memory T lymphocytes and cytotoxic T lymphocytes) by flow cytometry. The results showed that the activation of the cell-mediated immune response against PRRSV is delayed upon infection and that however the levels of IFN-γ SC and lymphocyte subsets subsequently increase over time. Furthermore, it was observed that the course of the different immune cell subsets is time-associated with the levels of PRRSV-specific IFN-γ SC and this can be interpreted based on the functional role that such lymphocyte subsets could have in the specific production/secretion of the immunostimulatory cytokine IFN-γ. In addition, these data support the hypothesis that the age of the animals upon the onset of infection or the diverse immunobiological features of the field isolate, as typically hypothesized during PRRSV infection, are critical conditions able to influence the qualitative and quantitative course of the cell-mediated immune response during PRRSV natural infection. The second study entitled “Immune response to PCV2 vaccination in PRRSV viremic piglets” was aimed to evaluate whether PRRSV could interfere with the activation of the immune response to PCV2 vaccination in pigs. In this trial, 200 pigs were divided into 2 groups: PCV2-vaccinated (at 4 weeks of age) and PCV2-unvaccinated (control group). Some piglets of both groups got infected by PRRSV, as determined by PRRSV viremia detection, so that 4 groups were defined as follows: PCV2 vaccinated - PRRSV viremic PCV2 vaccinated - PRRSV non viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV non viremic The following parameters were evaluated in the 4 groups: number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells, antibody titres by ELISA and IPMA. Based on the immunological data analysis, it can be deduced that: 1) The low levels of antibodies against PCV2 in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group at vaccination (4 weeks of age) could be related to a reduced colostrum intake influenced by PRRSV viremia. 2) Independently of the viremia status, serological data of the PCV2-vaccinated group by ELISA and IPMA does not show statistically different differences. Consequently, it can be be stated that, under the conditions of the study, PRRSV does not interfere with the antibody response induced by the PCV2 vaccine. 3) The cell-mediated immune response in terms of number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group seems to be compromised, as demonstrated by the reduction of the number of IFN-γ secreting cells after PCV2 vaccination, compared to the PCV2-vaccinated – PRRSV-non-viremic group. The data highlight and further support the inhibitory role of PRRSV on the development and activation of the immune response and highlight how a natural infection at early age can negatively influence the immune response to other pathogens/antigens. The third study entitled “Phenotypic modulation of porcine CD14+ monocytes, natural killer/natural killer T cells and CD8αβ+ T cell subsets by an antibody-derived killer peptide (KP)” was aimed to determine whether and how the killer peptide (KP) could modulate the immune response in terms of activation of specific lymphocyte subsets. This is a preliminary approach also aimed to subsequently evaluate such KP with a potential antivural role or as adjuvant. In this work, pig peripheral blood mononuclear cells (PBMC) were stimulated with three KP concentrations (10, 20 and 40 g/ml) for three time points (24, 48 and 72 hours). TIME POINTS (hours) KP CONCENTRATIONS (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 By using flow cytometry, the qualitative and quantitative modulation of the following immune subsets was evaluated upon KP stimulation: monocytes, natural killer (NK) cells, natural killer T (NKT) cells, and CD4+ and CD8α/β+ T lymphocyte subsets. Based on the data, it can be deduced that: 1) KP promotes a dose-dependent activation of monocytes, particularly after 24 hours of stimulation, by inducing a monocyte phenotypic and maturation shift mainly involved in sustaining the innate/inflammatory response. 2) KP induces a strong dose-dependent modulation of NK and NKT cells, characterized by an intense increase of the NKT cell fraction compared to NK cells, both subsets involved in the antibody-dependent cell cytotoxicity (ADCC). The increase is observed especially after 24 hours of stimulation. 3) KP promotes a significant activation of the cytotoxic T lymphocyte subset (CTL). 4) KP can modulate both the T helper and T cytotoxic phenotype, by inducing T helper cells to acquire the CD8α thus becoming doube positive cells (CD4+CD8+) and by inducing CTL (CD4-CD8+high) to acquire the double positive phenotype (CD4+CD8α+high). Therefore, KP may induce several effects on different immune cell subsets. For this reason, further research is needed aimed at characterizing each “effect” of KP and thus identifying the best use of the decapeptide for vaccination practice, therapeutic purposes or as vaccine adjuvant. RIASSUNTO Il virus della PRRS (Porcine Reproductive Respiratory Syndrome) è uno dei più diffusi agenti patogeni negli allevamenti suini di tutto il mondo, responsabile di una sindrome riproduttiva e respiratoria causa di gravi danni ad impatto sanitario ed economico. Questo virus è emerso attorno alla fine degli anni ’80 ma nonostante siano passati circa una trentina di anni, le conoscenze su alcuni punti essenziali che riguardano le caratteristiche del virus (patogenesi, risposta immunitaria, epidemiologia) appaiono ancora spesso incomplete. Considerando che lo sviluppo dei vaccini moderni è basato sui principi dell’immunità innata e acquisita è essenziale una sempre più completa conoscenza del sistema immunitario inteso come modulazione/regolazione molecolare della risposta infiammatoria e immunitaria in corso di tale infezione. Questo lavoro di tesi, suddiviso in tre diversi studi, ha l’intento di contribuire all’aumento delle informazioni riguardo l’interazione del sistema immunitario, con il virus della PRRS in condizioni di infezione naturale. L’obbiettivo del primo studio, intitolato “Associazione di cellule memoria, cellule citotossiche e cellule secernenti IFN- nella risposta immunitaria in corso di infezione naturale da Virus della Sindrome Riproduttiva e Respiratoria del Suino (PRRSV)” è stato di valutare l’attivazione e la modulazione della risposta immunitaria in suini naturalmente infetti da PRRSV rispetto ad un gruppo controllo non infetto. I parametri valutati sono stati la viremia mediante PCR, il titolo anticorpale mediante ELISA, il numero di cellule secernenti IFN- (IFN- SC) mediante tecnica ELISPOT e la fenotipizzazione di alcune sottopopolazioni linfocitarie (Cellule citotossiche, linfociti T memoria e linfociti T citotossici) mediante citofluorimetria a flusso. Dai risultati ottenuti è stato possibile osservare che l’attivazione della risposta immunitaria cellulo-mediata verso PRRSV appare ritardata durante l’infezione e che l’andamento, in termini di IFN- SC e dei cambiamenti delle sottopopolazioni linfocitarie, mostra comunque degli incrementi seppur successivi nel tempo. E’ stato inoltre osservato che gli andamenti delle diverse sottopopolazioni immunitarie cellulari appaiono temporalmente associati ai livelli di IFN- SC PRRSV-specifiche e ciò potrebbe essere interpretato sulla base del ruolo funzionale che tali sottopopolazioni linfocitarie potrebbero avere nella produzione/secrezione specifica della citochina immunoattivatrice IFN-. Questi dati inoltre supportano l’ipotesi che l’età degli animali alla comparsa dell’infezione o, come tipicamente ipotizzato nell’infezione da PRRSV, le differenti caratteristiche immunobiologiche dell’isolato di campo, sia condizioni critiche nell’ influenzare l’andamento qualitativo e quantitativo della risposta cellulo-mediata durante l’infezione naturale da PRRSV. Il secondo studio, dal titolo “Valutazione della risposta immunitaria nei confronti di una vaccinazione contro PCV2 in suini riscontrati PRRSV viremici e non viremici alla vaccinazione” ha avuto lo scopo di valutare se il virus della PRRS potesse andare ad interferire sull’attivazione della risposta immunitaria indotta da vaccinazione contro PCV2 nel suino. In questo lavoro sono stati arruolati 200 animali divisi in due gruppi, PCV2 Vaccinato (a 4 settimane di età) e PCV2 Non Vaccinato (controllo negativo). Alcuni suinetti di entrambi i gruppi, si sono naturalmente infettati con PRRSV, come determinato con l’analisi della viremia da PRRSV, per cui è stato possibile creare quattro sottogruppi, rispettivamente: PCV2 vaccinato - PRRSV viremico PCV2 vaccinato - PRRSV non viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV non viremico Su questi quattro sottogruppi sono stati valutati i seguenti parametri: numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche, ed i titoli anticorpali mediante tecniche ELISA ed IPMA. Dall’analisi dei dati immunologici derivati dalle suddette tecniche è stato possibile dedurre che:  I bassi valori anticorpali nei confronti di PCV2 del gruppo Vaccinato PCV2-PRRSV viremico già al periodo della vaccinazione (4 settimane di età) potrebbero essere messi in relazione ad una ridotta assunzione di colostro legata allo stato di viremia da PRRSV  Indipendentemente dallo stato viremico, i dati sierologici del gruppo vaccinato PCV2 provenienti sia da ELISA sia da IPMA non mostrano differenze statisticamente significative. Di conseguenza è possibile affermare che in questo caso PRRSV non interferisce con la risposta anticorpale promossa dal vaccino PCV2.  La risposta immunitaria cellulo-mediata, intesa come numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche nel gruppo PCV2 vaccinato PRRS viremico sembra essere compromessa, come viene infatti dimostrato dalla diminuzione del numero di cellule secernenti IFN- dopo la vaccinazione contro PCV2, comparata con il gruppo PCV2 vaccinato- non viremico. I dati evidenziano ed ulteriormente sostengono il ruolo inibitorio del virus della PRRSV sullo sviluppo ed attivazione della risposta immunitaria e come un infezione naturale ad età precoci possa influenzare negativamente la risposta immunitaria ad altri patogeni/antigeni. Il terzo studio, intitolato “Modulazione fenotipica di: monociti CD14+, cellule natural killer (NK), T natural killer (NKT) e sottopopolazioni linfocitarie T CD4+ e CD8+ durante stimolazione con killer peptide (KP) nella specie suina” ha avuto come scopo quello di stabilire se e come il Peptide Killer (KP) potesse modulare la risposta immunitaria in termini di attivazione di specifiche sottopopolazioni linfocitarie. Si tratta di un approccio preliminare anche ai fini di successivamente valutare tale KP in un potenziale ruolo antivirale o come adiuvante. In questo lavoro, periferal blood mononuclear cells (PBMC) suine sono state stimolate con KP a tre diverse concentrazioni (10, 20 e 40 g/ml) per tre diversi tempi (24, 48 e 72 ore). TEMPI DI STIMOLAZIONE (ore) CONCENTRAZIONE DI KP (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 Mediante la citometria a flusso è stato dunque possibile analizzare il comportamento qualitativo e quantitativo di alcune sottopopolazioni linfocitarie sotto lo stimolo del KP, tra cui: monociti, cellule Natural Killer (NK), cellule T Natural Killer (NKT) e linfociti T CD4 e CD8+. Dai dati ottenuti è stato possibile dedurre che: 1) KP promuove un’attivazione dei monociti dose-dipendente in particolare dopo 24 ore di stimolazione, inducendo uno “shift” fenotipico e di maturazione monocitaria maggiormente coinvolto nel sostegno della risposta innata/infiammatoria. 2) KP induce una forte modulazione dose-dipendente di cellule NK e NKT con un forte aumento della frazione delle cellule NKT rispetto alle NK, sottopopolazioni entrambe coinvolte nella citotossicità cellulare mediata da anticorpi (ADCC). L’aumento è riscontrabile soprattutto dopo 24 ore di stimolazione. 3) KP promuove una significativa attivazione della sottopopolazione del linfociti T citotossici (CTL). 4) Per quanto riguarda la marcatura CD4+/CD8+ è stato dimostrato che KP ha la capacità di modulare sia il fenotipo T helper che T citotossico, inducendo le cellule T helper ad acquisire CD8 diventando quindi doppio positive (CD4+CD8+) ed inducendo il fenotipo CTL (CD4-CD8+high) ad acquisire il fenotipo doppio positivo (CD4+CD8α+high). Molti dunque potrebbero essere gli effetti che il decapeptide KP potrebbe esercitare sulle diverse sottopopolazioni del sistema immunitario, per questo motivo va evidenziata la necessità di impostare e attuare nuove ricerche che portino alla caratterizzazione di ciascuna “abilità” di KP e che conducano successivamente alla scoperta del migliore utilizzo che si possa fare del decapeptide sia dal punto di vista vaccinale, terapeutico oppure sotto forma di adiuvante vaccinale.

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Female mating preferences can influence both intraspecific sexual selection and interspecific reproductive isolation, and have therefore been proposed to play a central role in speciation. Here, we investigate experimentally in the African cichlid fish Pundamilia nyererei if differences in male coloration between three para-allopatric populations (i.e. island populations with gene flow) of P. nyererei are predicted by differences in sexual selection by female mate choice between populations. Second, we investigate if female mating preferences are based on the same components of male coloration and go in the same direction when females choose among males of their own population, their own and other conspecific populations and a closely related para-allopatric sister-species, P. igneopinnis. Mate-choice experiments revealed that females of the three populations mated species-assortatively, that populations varied in their extent of population-assortative mating and that females chose among males of their own population based on different male colours. Females of different populations exerted directional intrapopulation sexual selection on different male colours, and these differences corresponded in two of the populations to the observed differences in male coloration between the populations. Our results suggest that differences in male coloration between populations of P. nyererei can be explained by divergent sexual selection and that population-assortative mating may directly result from intrapopulation sexual selection.

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Nongenetic inheritance mechanisms such as transgenerational plasticity (TGP) can buffer populations against rapid environmental change such as ocean warming. Yet, little is known about how long these effects persist and whether they are cumulative over generations. Here, we tested for adaptive TGP in response to simulated ocean warming across parental and grandparental generations of marine sticklebacks. Grandparents were acclimated for two months during reproductive conditioning, whereas parents experienced developmental acclimation, allowing us to compare the fitness consequences of short-term vs. prolonged exposure to elevated temperature across multiple generations. We found that reproductive output of F1 adults was primarily determined by maternal developmental temperature, but carry-over effects from grandparental acclimation environments resulted in cumulative negative effects of elevated temperature on hatching success. In very early stages of growth, F2 offspring reached larger sizes in their respective paternal and grandparental environment down the paternal line, suggesting that other factors than just the paternal genome may be transferred between generations. In later growth stages, maternal and maternal granddam environments strongly influenced offspring body size, but in opposing directions, indicating that the mechanism(s) underlying the transfer of environmental information may have differed between acute and developmental acclimation experienced by the two generations. Taken together, our results suggest that the fitness consequences of parental and grandparental TGP are highly context dependent, but will play an important role in mediating some of the impacts of rapid climate change in this system.

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There are two datasets on the reproductive investment in female Gambusia affinis: The mass of a number of propagules and their genotypic sex, as well as the mass and length of the mother from which they were removed. And the mass, length and number of offspring of each sex from a mother.

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Thesis (Ph.D.)--University of Washington, 2016-06

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Tetratheca juncea Smith (Tremandraceae) has undergone a range contraction of approx. 50 km in the last 100 years and is now listed as a vulnerable sub-shrub restricted to the central and north coast regions of New South Wales, Australia. There are approx. 250 populations in a 110 km north-south distribution and populations are usually small with fewer than 50 plants/clumps. The reproductive ecology of the species was studied to determine why seed-set is reportedly rare. Flowers are bisexual, odourless and nectarless. Flowers are presented dependentally and there are eight stamens recurved around the pistil. Anthers are poricidal, contain viable pollen and basally contain a deep-red tapetal fluid that is slightly oily. Thus flowers are presented for buzz pollinators, although none were observed at flowers during our study. The species was found to be facultatively xenogamous with only one in 50 glasshouse flowers setting seed autogamously, i.e. without pollinator assistance. Field studies revealed fertile fruit in 24 populations but production varied significantly across sites from exceedingly low (0.6 fruits per plant clump) to low (17 fruits per plant clump). Fruit-set ranged from 0 to 65%, suggesting that pollen vectors exist or that autogamy levels in the field are variable and higher than glasshouse results. Fruit production did not vary with population size, although in three of the five populations in the south-west region more than twice as much fruit was produced as in populations elsewhere. A moderately strong relationship between foliage volume and fruit : flower ratios suggests that bigger plants may be more attractive than smaller plants to pollinators. A review of Tetratheca pollination ecology revealed that several species are poorly fecund and pollinators are rare. The habitat requirements for Tetratheca, a genus of many rare and threatened species, is discussed. (C) 2003 Annals of Botany Company.

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Males of the eastern mosquito fish (Gambusia holbrooki) possess one of the widest reproductively active temperature ranges for any ectotherm, ranging across seasons from at least 18degreesC to 34degreesC. In this study, we tested the ability of male G. holbrooki to acclimate their sustained swimming performance following long-term exposure to 18degreesC or 30degreesC. We also investigated some of the possible physiological mechanisms associated with thermal acclimation responses in swimming performance, including changes in slow muscle fibre size and abundance and the expression of myosin heavy chains (MyHC). We found that U-crit, of 18degreesC-acclimated G. holbrooki was 20% greater at 18degreesC than 30degreesC-acclimated fish, and the Ucrit of the 30degreesC-acclimated group was more than 15% greater at 30degreesC. Slow, fast and intermediate muscle fibres were identified on the basis of their myosin ATPase staining reaction. Although the number of slow and intermediate muscle fibres was similar between groups, the total cross-sectional area of aerobic fibre types was 40% greater in 18degrees-than 30degreesC-acclimated fish, reflecting an increase in the average fibre diameter. An S58 antibody raised against chicken slow skeletal muscle myosin stained a sub-set of the slow fibres identified by myosin ATPase staining. The number of S58-positive muscle fibres was 50% greater in 30degreesC-than 18degreesC-acclimated fish, implying that different MyHCs are being expressed in cold and warm acclimated individuals. Given the sexually coercive mating system of this species, increases in the sustained swimming performance via thermal acclimation may benefit the ability of males to maintain a high rate of sneaky copulations. (C) 2004 Elsevier Ltd. All rights reserved.

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Frequent calls for more male teachers are being made in English-speaking countries. Many of these calls are based upon the fact that the teaching profession has become (even more) 'feminized' and the presumption that this has had negative effects for the education of boys. The employment of more male teachers is sometimes suggested as a way to re-masculinize schools so they become more 'boy-friendly' and thus contribute to improving boys' school performance. The focus of this paper is on an Australian education policy document in the state of Queensland that is concerned with the attraction, recruitment and retention of male teachers in the government education system. It considers the failure of this document, as with many of the calls for more male teachers, to take into account complex matters of gender raised by feminism and the sociology of masculinities. The paper then critiques the primary argument given for the need for more male teachers: that is, that male teachers provide boys with much needed role models.

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Purpose. The aims of this study are to evaluate whether cytochrome P450 (CYP)2D1/2D2-deficient dark agouti (DA) rats and/or CYP2D1/2D2-replete Sprague-Dawley (SD) rats are suitable preclinical models of the human, with respect to mirroring the very low plasma concentrations of metabolically derived oxymorphone seen in humans following oxycodone administration, and to examine the effects of streptozotocin-induced diabetes on the pharmacokinetics of oxycodone and its metabolites, noroxycodone and oxymorphone, in both rodent strains. Methods. High-performance liquid chromatography-electrospray ionization-tandem mass spectrometry was used to quantify the serum concentrations of oxycodone, noroxycodone, and oxymorphone following subcutaneous administration of bolus doses of oxycodone (2 mg/kg) to groups of nondiabetic and diabetic rats. Results. The mean (+/- SEM) areas under the serum concentration vs. time curves for oxycodone and noroxycodone were significantly higher in DA relative to SD rats (diabetic, p < 0.05; nondiabetic, p < 0.005). Serum concentrations of oxymorphone were very low (< 6.9 nM). Conclusions. Both DA and SD rats are suitable rodent models to study oxycodone's pharmacology, as their systemic exposure to metabolically derived oxymorphone (potent mu-opioid agonist) is very low, mirroring that seen in humans following oxycodone administration. Systemic exposure to oxycodone and noroxycodone was consistently higher for DA than for SD rats showing that strain differences predominated over diabetes status.