999 resultados para Congressional total abstinence society, Washington, D.C.


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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Cosa e’ stato fatto e il fine della ricerca in questi tre anni si è esaminato il materiale edito sui sarcofagi del periodo in esame, sui culti funerari, i problemi religiosi ed artistici. Per trovare confronti validi si sono resi necessari alcuni viaggi sia in Italia che all’estero. Lo scopo della ricerca è stato quello di “leggere” i messaggi insiti nelle figurazioni delle casse dei sarcofagi, per comprendere meglio la scelta dei committenti verso determinati temi e la ricezione di questi ultimi da parte del pubblico. La tomba, infatti, è l’ultima traccia che l’uomo lascia di sé ed è quindi importante cercare di determinare l’impatto psicologico del monumento funerario sul proprietario, che spesso lo acquistava quando ancora era in vita, e sui familiari in visita alla tomba durante la celebrazione dei riti per i defunti. Nell’ultimo anno, infine, si è provveduto a scrivere la tesi suddivindendo i capitoli e i pezzi in base all’argomento delle figurazioni (mitologici, di virtù, etc.). I capitoli introduttivi Nel primo capitolo di introduzione si è cercato di dare un affresco per sommi capi del periodo storico in esame da Caracalla a Teodosio e della Chiesa di III e IV secolo, mettendo in luce la profonda crisi che gravava sull’Impero e le varie correnti che frammentavano il cristianesimo. In particolare alcune dispute, come quella riguardante i lapsi, sarà alla base di ipotesi interpretative riguardanti la raffigurazione del rifiuto dei tre giovani Ebrei davanti a Nabuchodonosor. Nel capitolo seguente vengono esaminati i riti funerari e il ruolo dei sarcofagi in tali contesti, evidenziando le diverse situazioni emotive degli osservatori dei pezzi e, quindi, l’importanza dei temi trattati nelle casse. I capitolo Questo capitolo tratta dei sarcofagi mitologici. Dopo una breve introduzione, dove viene spiegata l’entrata in uso dei pezzi in questione, si passa alla discussione dei temi, suddivisi in paragrafi. La prima classe di materiali è qualla con la “caduta di Fetonte” la cui interpretazione sembra chiara: una tragedia familiare. Il compianto sul corpo di un ragazzo morto anzi tempo, al quale partecipa tutto il cosmo. L’afflizione dei familiari è immane e sembra priva di una possibile consolazione. L’unico richiamo a riprendere a vivere è solo quello del dovere (Mercurio che richiama Helios ai propri impegni). La seconda classe è data dalle scene di rapimento divino visto come consolazione e speranza in un aldilà felice, come quelle di Proserpina e Ila. Nella trasposizione della storia di Ila è interessante anche notare il fatto che le ninfe rapitrici del giovane – defunto abbiano le sembianze delle parenti già morte e di un fanciullo, probabilmente la madre, la nonna e un fratello deceduto anzi tempo. La terza classe presenta il tema del distacco e dell’esaltazione delle virtù del defunto nelle vesti dei cacciatori mitici Mealeagro, Ippolito e Adone tutti giovani, forti e coraggiosi. In questi sarcofagi ancor più che negli altri il motivo della giovinezza negata a causa della morte è fondamentale per sottolineare ancora di più la disperazione e il dolore dei genitori rimasti in vita. Nella seguente categoria le virtù del defunto sono ancora il tema dominante, ma in chiave diversa: in questo caso l’eroe è Ercole, intento ad affrontare le sue fatiche. L’interpretazione è la virtù del defunto che lo ha portato a vincere tutte le difficoltà incontrate durante la propria vita, come dimostrerebbe anche l’immagine del semidio rappresentato in età diverse da un’impresa all’altra. Vi è poi la categoria del sonno e della morte, con i miti di Endimione, Arianna e Rea Silvia, analizzato anche sotto un punto di vista psicologico di aiuto per il superamento del dolore per la perdita di un figlio, un marito, o, ancora, della sposa. Accanto ai sarcofagi con immagini di carattere narrativo, vi sono numerosi rilievi con personaggi mitici, che non raccontano una storia, ma si limitano a descrivere situazioni e stati d’animo di felicità. Tali figurazioni si possono dividere in due grandi gruppi: quelle con cortei marini e quelle con il tiaso dionisiaco, facendo dell’amore il tema specifico dei rilievi. Il fatto che quello del tiaso marino abbia avuto così tanta fortuna, forse, per la numerosa letteratura che metteva in relazione l’Aldilà con l’acqua: l’Isola dei Beati oltre l’Oceano, viaggi per mare verso il mondo dei morti. Certo in questo tipo di sarcofagi non vi sono esplicitate queste credenze, ma sembrano più che altro esaltare le gioie della vita. Forse il tutto può essere spiegato con la coesistenza, nei familiari del defunto, della memoria retrospettiva e della proiezione fiduciosa nel futuro. Sostanzialmente era un modo per evocare situazioni gioiose e di godimento sensibile, riferendole ai morti in chiave beneaugurale. Per quanto rigurda il tiaso di Bacco, la sua fortuna è stata dettata dal fatto che il suo culto è sempre stato molto attivo. Bacco era dio della festa, dell’estasi, del vino, era il grande liberatore, partecipe della crescita e della fioritura, il grande forestiero , che faceva saltare gli ordinamenti prestabiliti, i confini della città con la campagna e le convenzioni sociali. Era il dio della follia, al quale le menadi si abbandonavano nella danza rituale, che aggrediva le belve, amante della natura, ma che penetra nella città, sconvolgendola. Del suo seguito facevano parte esseri ibridi, a metà tra l’ordine e la bestialità e animali feroci ammansiti dal vino. I suoi nemici hanno avuto destini orribili di indicibile crudeltà, ma chi si è affidato anima e corpo a lui ha avuto gioia, voluttà, allegria e pienezza di vita. Pur essendo un valente combattente, ha caratteri languidi e a tratti femminei, con forme floride e capelli lunghi, ebbro e inebriante. Col passare del tempo la conquista indiana di alessandro si intrecciò al mito bacchico e, a lungo andare, tutti i caratteri oscuri e minacciosi della divinità scomparirono del tutto. Un esame sistematico dei temi iconografici riconducibili al mito di Bacco non è per nulla facile, in quanto l’oggetto principale delle raffigurazioni è per lo più il tiaso o come corteo festoso, o come gruppi di figure danzanti e musicanti, o, ancora, intento nella vendemmia. Ciò che interessava agli scultori era l’atmosfera gioiosa del tiaso, al punto che anche un episodio importante, come abbiamo visto, del ritrovamento di Arianna si pèerde completamente dentro al corteo, affollatissimo di personaggi. Questo perché, come si è detto anche al riguardo dei corte marini, per creare immagini il più possibile fitte e gravide di possibilità associative. Altro contesto iconografico dionisiaco è quello degli amori con Arianna. Sui sarcofagi l’amore della coppia divina è raffigurato come una forma di stupore e rapimento alla vista dell’altro, un amore fatto di sguardi, come quello del marito sulla tomba della consorte. Un altro tema , che esalta l’amore, è senza ombra di dubbio quello di Achille e Pentesilea, allegoria dell’amore coniugale. Altra classe è qualla con il mito di Enomao, che celebra il coraggio virile e l’attitudine alla vittoria del defunto e, se è presente la scena di matrimonio con Ippodamia, l’amore verso la sposa. Infine vi sono i sarcofagi delle Muse: esaltazione della cultura e della saggezza del morto. II capitolo Accanto ad i grandi ambiti mitologici dei due tiasi del capitolo precedente era la natura a lanciare un messaggio di vita prospera e pacifica. Gli aspetti iconografici diq uesto tema sono due: le stagioni e la vita in un ambiente bucolico. Nonostante la varietà iconografica del soggetto, l’idea di fondo rimane invariata: le stagioni portano ai morti i loro doni affinchè possano goderne tutto l’anno per l’eternità. Per quanto riguarda le immagini bucoliche sono ispirate alla vita dei pastori di ovini, ma ovviamente non a quella reale: i committenti di tali sarcofagi non avevano mai vissuto con i pastori, né pensavano di farlo i loro parenti. Le immagini realistiche di contadini, pastori, pescatori, tutte figure di infimo livello sociale, avevano assunto tratti idilliaci sotto l’influsso della poesia ellenistica. Tutte queste visioni di felicità mancano di riferimenti concreti sia temporali che geografici. Qui non vi sono protagonisti e situazioni dialogiche con l’osservatore esterno, attraverso la ritrattistica. I defunti se appaiono sono all’interno di un tondo al centro della cassa. Nei contesti bucolici, che andranno via, via, prendendo sempre più piede nel III secolo, come in quelli filosofici, spariscono del tutto le scene di lutto e di cordoglio. Le immagini dovevano essere un invito a godersi la vita, ma dovevano anche dire qualcosa del defunto. In una visione retrospettiva, forse, si potrebbero intendere come una dichiarazione che il morto, in vita, non si era fatto mancare nulla. Nel caso opposto, poteve invece essere un augurio ad un’esistenza felice nell’aldilà. III capitolo Qui vengono trattati i sarcofagi con l’esaltazione e l’autorappresentazione del defunto e delle sue virtù in contesti demitizzati. Tra i valori ricorrenti, esaltati nei sarcofagi vi è l’amore coniugale espresso dal tema della dextrarum iunctio, simbolo del matrimonio, la cultura, il potere, la saggezza, il coraggio, esplicitato dalle cacce ad animali feroci, il valore guerriero e la giustizia, dati soprattutto dalle scene di battaglia e di giudizio sui vinti. IV capitolo In questo capitolo si è provato a dare una nuova chiave di lettura ai sarcofagi imperiali di S. Elena e di Costantina. Nel primo caso si tratterebbe della vittoria eterna sul male, mentre nel secondo era un augurio di vita felice nell’aldilà in comunione con Dio e la resurrezione nel giorno del giudizio. V capitolo Il capitolo tratta le mediae voces, quei pezzi che non trovano una facile collocazione in ambito religioso poiché presentano temi neutri o ambivalenti, come quelli del buon pastore, di Prometeo, dell’orante. VI capitolo Qui trovano spazio i sarcofagi cristiani, dove sono scolpite varie scene tratte dalle Sacre Scritture. Anche in questo caso si andati al di là della semplice analisi stilistica per cercare di leggere il messaggio contenuto dalle sculture. Si sono scoperte preghiere, speranze e polemiche con le correnti cristiane considerate eretiche o “traditrici” della vera fede, contro la tradizionale interpretazione che voleva le figurazioni essenzialmente didascaliche. VII capitolo Qui vengono esposte le conclusioni da un punto di vista sociologico e psicologico.

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Kafir Kala is a key-site to understand the historical dynamics of the Samarkand Region in the Early Middle Ages (5th - 8th centuries CE). The site is clearly associated with a Sogdian occupation, as both literature and archaeological research testify. But the chronological phase that follows the Sogdian period, as the Islamic occupation became stable, is still little known. Structures and finds (an hoard of 133 silver coins, in particular) clearly testify a new occupation of some parts of the citadel; and some rooms, dug in the northern side of it, present structures and materials connected with an Islamic activity. The study of material culture from these rooms, and from more ancient contexts, will help to understand the eventual continuity of traditions and the new productions. Besides the citadel, as a matter of fact, also some kilns have been dug, near the main site. Their material culture is very interesting because it represents an example of the typical Sogdian production (ceramics covered with white mica, and stamped). The work on the ceramic material has consisted in cataloguing and classifying all the diagnostics. Three main morphological classes have been individuated: cooking, coarse and table ware), and some other ones (lamps, ossuaries). A catalogue of the finds organized them in a typological system based on their morphology, function, fabric, and eventually decoration style. Crossing the stratigraphical data with information from this typological study, it has been possible to provide a chronological arrangement of the sites investigated by the italo-uzbek archaeological mission from 2001 to 2008.

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The transcription factor PU.1 is essential for myeloid development. Targeted disruption of an upstream regulatory element (URE) decreases PU.1 expression by 80% and leads to acute myeloid leukemia (AML) in mice. Here, we sequenced the URE sequences of PU.1 in 120 AML patients. Four polymorphisms (single nucleotide polymorphisms [SNPs]) in the URE were observed, with homozygosity in all SNPs in 37 patients. Among them, we compared samples at diagnosis and remission, and one patient with cytogenetically normal acute myeloid leukemia M2 was identified with heterozygosity in 3 of the SNPs in the URE at remission. Loss of heterozygosity was further found in this patient at 2 polymorphic sites in the 5' promoter region and in 2 intronic sites flanking exon 4, thus suggesting loss of heterozygosity covering at least 40 kb of the PU.1 locus. Consistently, PU.1 expression in this patient was markedly reduced. Our study suggests that heterozygous deletion of the PU.1 locus can be associated with human AML.

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The pH-dependent membrane adsorption and distribution of three chlorin derivatives, chlorin e6 (CE), rhodin G7 (RG), and monoaspartyl-chlorin e6 (MACE), in the physiological pH range (pH 6-8) were probed by NMR spectroscopy. Unilamellar vesicles consisting of dioleoyl-phosphatidyl-choline (DOPC) were used as membrane models. The chlorin derivatives were characterized with respect to their aggregation behavior, the pK(a) values of individual carboxylate groups, the extent of membrane adsorption, and their flip-flop rates across the bilayer membrane for pH 6-8. External membrane adsorption was found to be lower for RG than for CE and MACE. Both electrostatic interactions and the extent of aggregation seemed to be the main determinants of membrane adsorption. Rate constants for chlorin transfer across the membrane were found to correlate strongly with the pH of the surrounding medium, in particular, for CE and RG. In acidic solution, CE and RG transfer across the membrane was strongly accelerated, and in basic solution, all compounds were retained, mostly in the outer monolayer. In contrast, MACE flip-flop across the membrane remained very low even at pH 6. The protonation of ionizable groups is suggested to be a major determinant of chlorin transfer rates across the bilayer. pK(a) values of CE and RG were found to be between 6 and 8, and two of the carboxylate groups in MACE had pK(a) values below 6. For CE and RG, the kinetic profiles at acidic pH indicated that the initial fast membrane distribution was followed by secondary steps that are discussed in this article.

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Pseudomonas aeruginosa infection in ventilator-associated pneumonia is a serious and often life-threatening complication in intensive care unit patients, and new treatment options are needed. We used B-cell-enriched peripheral blood lymphocytes from a volunteer immunized with a P. aeruginosa O-polysaccharide-toxin A conjugate vaccine to generate human hybridoma cell lines producing monoclonal antibodies specific for individual P. aeruginosa lipopolysaccharide serotypes. The fully human monoclonal antibody secreted by one of these lines, KBPA101, is an IgM/kappa antibody that binds P. aeruginosa of International Antigenic Typing System (IATS) serotype O11 with high avidity (5.81 x 10(7) M(-1) +/- 2.8 x 10(7) M(-1)) without cross-reacting with other serotypes. KBPA101 specifically opsonized the P. aeruginosa of IATS O11 serotype and mediated complement-dependent phagocytosis in vitro by the human monocyte-like cell line HL-60 at a very low concentration (half-maximal phagocytosis at 0.16 ng/ml). In vivo evaluation of KBPA101 demonstrated a dose-response relationship for protection against systemic infections in a murine burn wound sepsis model, where 70 to 100% of animals were protected against lethal challenges with P. aeruginosa at doses as low as 5 microg/animal. Furthermore, a high efficacy of KBPA101 in protection from local respiratory infections in an acute lung infection model in mice was demonstrated. Preclinical toxicology evaluation on human tissue, in rabbits, and in mice did not indicate any toxicity of KBPA101. Based on these preclinical findings, the first human clinical trials have been initiated.

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Although it is well established that stromal intercellular adhesion molecule-1 (ICAM-1), ICAM-2, and vascular cell adhesion molecule-1 (VCAM-1) mediate lymphocyte recruitment into peripheral lymph nodes (PLNs), their precise contributions to the individual steps of the lymphocyte homing cascade are not known. Here, we provide in vivo evidence for a selective function for ICAM-1 > ICAM-2 > VCAM-1 in lymphocyte arrest within noninflamed PLN microvessels. Blocking all 3 CAMs completely inhibited lymphocyte adhesion within PLN high endothelial venules (HEVs). Post-arrest extravasation of T cells was a 3-step process, with optional ICAM-1-dependent intraluminal crawling followed by rapid ICAM-1- or ICAM-2-independent diapedesis and perivascular trapping. Parenchymal motility of lymphocytes was modestly reduced in the absence of ICAM-1, while ICAM-2 and alpha4-integrin ligands were not required for B-cell motility within follicles. Our findings highlight nonredundant functions for stromal Ig family CAMs in shear-resistant lymphocyte adhesion in steady-state HEVs, a unique role for ICAM-1 in intraluminal lymphocyte crawling but redundant roles for ICAM-1 and ICAM-2 in lymphocyte diapedesis and interstitial motility.

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The gastrin-releasing peptide receptor (GRPR) is overexpressed on a number of human tumors and has been targeted with radiolabeled bombesin analogues for the diagnosis and therapy of these cancers. Seven bombesin analogues containing various linkers and peptide sequences were designed, synthesized, radiolabeled with (18)F, and characterized in vitro and in vivo as potential PET imaging agents. Binding studies displayed nanomolar binding affinities toward human GRPR for all synthesized bombesin analogues. Two high-affinity peptide candidates 6b (K(i) = 0.7 nM) and 7b (K(i) = 0.1 nM) were chosen for further in vivo evaluation. Both tracers revealed specific uptake in GRPR-expressing PC-3 tumors and the pancreas. Compared to [(18)F]6b, compound [(18)F]7b was characterized by superior tumor uptake, higher specificity of tracer uptake, and more favorable tumor-to-nontarget ratios. In vivo PET imaging allowed for the visualization of PC-3 tumor in nude mice suggesting that [(18)F]7b is a promising PET tracer candidate for the diagnosis of GRPR-positive tumors in humans.

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Deep vein thrombosis (DVT) and its complication, pulmonary embolism, are frequent causes of disability and mortality. Although blood flow disturbance is considered an important triggering factor, the mechanism of DVT initiation remains elusive. Here we show that 48-hour flow restriction in the inferior vena cava (IVC) results in the development of thrombi structurally similar to human deep vein thrombi. von Willebrand factor (VWF)-deficient mice were protected from thrombosis induced by complete (stasis) or partial (stenosis) flow restriction in the IVC. Mice with half normal VWF levels were also protected in the stenosis model. Besides promoting platelet adhesion, VWF carries Factor VIII. Repeated infusions of recombinant Factor VIII did not rescue thrombosis in VWF(-/-) mice, indicating that impaired coagulation was not the primary reason for the absence of DVT in VWF(-/-) mice. Infusion of GPG-290, a mutant glycoprotein Ib?-immunoglobulin chimera that specifically inhibits interaction of the VWF A1 domain with platelets, prevented thrombosis in wild-type mice. Intravital microscopy showed that platelet and leukocyte recruitment in the early stages of DVT was dramatically higher in wild-type than in VWF(-/-) IVC. Our results demonstrate a pathogenetic role for VWF-platelet interaction in flow disturbance-induced venous thrombosis.

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Survival of patients with thrombotic thrombocytopenic purpura (TTP) improved dramatically with plasma exchange treatment, revealing risk for relapse. The Oklahoma TTP Registry is a population-based inception cohort of all 376 consecutive patients with an initial episode of clinically diagnosed TTP (defined as microangiopathic hemolytic anemia and thrombocytopenia with or without signs and symptoms of ischemic organ dysfunctions) for whom plasma exchange was requested, 1989 to 2008. Survival was not different between the first and second 10-year periods for all patients (68% and 69%, P = .83) and for patients with idiopathic TTP (83% and 77%, P = .33). ADAMTS13 activity was measured in 261 (93%) of 282 patients since 1995. Survival was not different between patients with ADAMTS13 activity < 10% (47 of 60, 78%) and patients with 10% or more (136 of 201, 68%, P = .11). Among patients with ADAMTS13 activity < 10%, an inhibitor titer of 2 or more Bethesda units/mL was associated with lower survival (P = .05). Relapse rate was greater among survivors with ADAMTS13 activity < 10% (16 of 47, 34%; estimated risk for relapse at 7.5 years, 41%) than among survivors with ADAMTS13 activity of 10% or more (5 of 136, 4%; P < .001). In 41 (93%) of 44 survivors, ADAMTS13 deficiency during remission was not clearly related to subsequent relapse.

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Coagulation factor XIII (FXIII) stabilizes fibrin fibers and is therefore a major player in the maintenance of hemostasis. FXIII is activated by thrombin resulting in cleavage and release of the FXIII activation peptide (AP-FXIII). The objective of this study was to characterize the released AP-FXIII and determine specific features that may be used for its specific detection. We analyzed the structure of bound AP-FXIII within the FXIII A-subunit and interactions of AP-FXIII by hydrogen bonds with both FXIII A-subunit monomers. We optimized our previously developed AP-FXIII ELISA by using 2 monoclonal antibodies. We determined high binding affinities between the antibodies and free AP-FXIII and demonstrated specific binding by epitope mapping analyses with surface plasmon resonance and enzyme-linked immunosorbent assay. Because the structure of free AP-FXIII had been characterized so far by molecular modeling only, we performed structural analysis by nuclear magnetic resonance. Recombinant AP-FXIII was largely flexible both in plasma and water, differing significantly from the rigid structure in the bound state. We suggest that the recognized epitope is either occluded in the noncleaved form or possesses a structure that does not allow binding to the antibodies. On the basis of our findings, we propose AP-FXIII as a possible new marker for acute thrombotic events.