980 resultados para ALMASat-EO, Modello termico, ESATAN


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Il tema generale di ricerca oggetto della presente trattazione è rappresentato dal diritto di difesa nel procedimento de libertate. Esso costituisce un tema da sempre controverso, materia di vivaci e mai sopiti dibattiti sia in dottrina che in giurisprudenza, poiché si colloca in un punto nevralgico non solo del procedimento penale, ma, addirittura, dell’intero ordinamento giuridico di uno stato, poiché in esso si incontrano, e sovente si scontrano, le istanze di garanzia del cittadino contro indebite limitazioni ante iudicium della libertà personale, da un lato, e le esigenze di tutela della collettività e del processo dai pericula libertatis (inquinamento delle prove, rischio di fuga, pericolo di reiterazione dei reati), dall’altro. Detto in altri termini, il procedimento de libertate è esattamente il luogo in cui un ordinamento che voglia definirsi liberale, nella sua naturale e incessante evoluzione, tenta faticosamente di trovare un equilibrio tra autorità e libertà. Trattandosi, per ovvie ragioni, di un argomento vastissimo, che spazia dall’esercizio del diritto di difesa nella fase applicativa delle misure cautelari personali, alle impugnazioni delle misure medesime, dalla revoca o sostituzione delle stesse al giudicato cautelare sulle decisioni de libertate, etc., il campo della ricerca è stato circoscritto a due temi specifici che interessano direttamente il diritto di difesa, limitatamente alla fase dell’applicazione delle misure cautelari personali, e che presentano profili di originalità, per alcune importanti modifiche intervenute a livello sia di legislazione ordinaria che di legislazione costituzionale: 1) l’accertamento dei gravi indizi di colpevolezza; 2) il principio del contraddittorio nel procedimento cautelare, alla luce dell’art. 111 Cost. Siffatti temi, apparentemente disomogenei, sono, in realtà, profondamente correlati tra loro, rappresentando, per usare una locuzione spicciola, l’uno la “sostanza” e l’altro “la forma” del procedimento de libertate, ed insieme concorrono ad individuare un modello di giusto processo cautelare.

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Il presente elaborato tratta l'analisi del quadro fessurativo esistente nella porzione inferiore del broncone e della gamba sinistra del David di Michelangelo. Si sono effettuate indagini con ultrasuoni al fine di caratterizzare lo stato conservativo del marmo e per stimare la profondità delle lesioni presenti. Si è poi creato un modello agli elementi finiti della fessura di maggiori dimensioni presente nel broncone al fine di individuarne la profondità e confermare i risultati conseguiti con le prove ad ultrasuoni.

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Questo lavoro di tesi è finalizzato fondamentalmente allo studio di un’importante problematica che caratterizza gli impianti fotovoltaici: il mismatching, ovvero la disomogeneità nelle caratteristiche elettriche delle celle e quindi dei pannelli fotovoltaici, dal quale scaturisce che la potenza massima, risultante dal collegamento in serie/parallelo dei vari pannelli, è sempre inferiore alla somma delle potenze massime dei pannelli fotovoltaici prima della connessione. In particolare, si è realizzato con il software Simulink un modello flessibile che consente, attraverso una rappresentazione compatta di pochissimi blocchi, di simulare un campo fotovoltaico del tutto arbitrario, in una qualunque condizione operativa di temperatura e di ombreggiamento solare dei pannelli che compongono il campo stesso. A fronte di ciò si è condotta un’analisi approfondita degli effetti del mismatching in un generico campo fotovoltaico sottoposto a diverse disomogeneità per quanto concerne le condizioni operative di temperatura e irraggiamento solare dei vari pannelli. Il software ha permesso, inoltre, di evidenziare l’importanza delle protezioni da impiegare opportunamente negli impianti fotovoltaici; ad esempio, a livello di simulazioni, si è visto come il collegamento di un diodo di by-pass in antiparallelo ai pannelli in ombra permetta di limitare notevolmente l’impatto degli ombreggiamenti. Infine è stato condotto uno studio analitico del mismatching per difformità di fabbricazione di una serie di pannelli dei quali erano noti solo i punti di funzionamento di massima potenza, con la finalità di valutare la possibilità di migliorare la disposizione dei pannelli, e quindi ottimizzare la massima potenza erogabile dal corrispondente campo fotovoltaico.

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Il progetto di ricerca, dal titolo La Nuova destra dalla Francia all'Italia, prende come oggetto di studio specifico quel fenomeno politico, emerso in Italia verso la metà degli anni Settanta, che si originò in seno agli ambienti politici della destra radicale, noto con la definizione di Nuova Destra (ND), sul modello dell’omologa e più matura corrente francese il cui nucleo principale ruotava attorno all’associazione culturale GRECE (Groupement de recherche et d’études sur la civilisation européenne). Dal livello avanzato della ricerca sviluppata in questi anni, si è potuto notare che questo soggetto culturale ed ideologico è stato scarsamente studiato nel panorama scientifico italiano dove la maggior parte delle indagini ad esso dedicate sono state svolte da politologi, o comunque risultano riconducibili agli ambienti accademici delle Facoltà di Scienze Politiche, mentre pochissimi sono i lavori che si sono accostati alla ND con le armi specifiche della ricerca storica. Al contrario in Francia il fenomeno è stato oggetto di numerose ricerche da parte di autorevoli studiosi e ha dato avvio ad un florido dibattito ideologico. L’obiettivo principale a cui questa ricerca di dottorato tenta di rispondere è, quindi, quello di ricostruire le vicende storiche della ND italiana, sia attraverso i suoi rapporti con il Movimento sociale italiano (MSI), dalle cui sezioni giovanili essa nacque e si sviluppò per poi distaccarsene, sia tramite l’analisi delle sue evoluzioni politiche e concettuali, sia, infine, cercando di porre in evidenza i lasciti, le influenze e gli stretti legami, che intercorsero fra l’Italia e la più matura esperienza della Nouvelle Droite francese, ed in particolare con il pensiero politico e filosofico di Alain de Benoist, il suo maggiore esponente.

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Lo scopo della tesi è definire un modello e identificare un sistema d’inferenza utile per l’analisi della qualità dei dati. Partendo da quanto descritto in ambito accademico e business, la definizione di un modello facilita l’analisi della qualità, fornendo una descrizione chiara delle tipologie di problemi a cui possono essere soggetti i dati. I diversi lavori in ambito accademico e business saranno confrontati per stabilire quali siano i problemi di qualità più diffusi, in modo da realizzare un modello che sia semplice e riutilizzabile. I sistemi d’inferenza saranno confrontati a livello teorico e pratico per individuare lo strumento più adatto nell’analisi della qualità dei dati in un caso applicativo. Il caso applicativo è caratterizzato da requisiti funzionali e non; il principale requisito funzionale è l’individuazione di problemi di qualità nei dati, mentre quello non funzionale è l’ usabilità dello strumento, per permettere ad un qualunque utente di esprimere dei controlli sulla qualità. Il caso applicativo considera dati di un’enterprise architecture reale ed è stato fornito dall’azienda Imola Informatica.

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Questa tesi si basa su una serie di lavori precedenti, volti ad analizzare la correlazione tra i modelli AUML e le reti di Petri, per riuscire a fornire una metodologia di traduzione dai primi alle seconde. Questa traduzione permetterà di applicare tecniche di model checking alle reti così create, al fine di stabilire le proprietà necessarie al sistema per poter essere realizzato effettivamente. Verrà poi discussa un'implementazione di tale algoritmo sviluppata in tuProlog ed un primo approccio al model checking utilizzando il programma Maude. Con piccole modifiche all'algoritmo utilizzato per la conversione dei diagrammi AUML in reti di Petri, è stato possibile, inoltre, realizzare un sistema di implementazione automatica dei protocolli precedentemente analizzati, verso due piattaforme per la realizzazione di sistemi multiagente: Jason e TuCSoN. Verranno quindi presentate tre implementazioni diverse: la prima per la piattaforma Jason, che utilizza degli agenti BDI per realizzare il protocollo di interazione; la seconda per la piattaforma TuCSoN, che utilizza il modello A&A per rendersi compatibile ad un ambiente distribuito, ma che ricalca la struttura dell'implementazione precedente; la terza ancora per TuCSoN, che sfrutta gli strumenti forniti dalle reazioni ReSpecT per generare degli artefatti in grado di fornire una infrastruttura in grado di garantire la realizzazione del protocollo di interazione agli agenti partecipanti. Infine, verranno discusse le caratteristiche di queste tre differenti implementazioni su un caso di studio reale, analizzandone i punti chiave.

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Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.

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Gli organismi biologici mostrano ricorrenti dinamiche di auto-organizzazione nei processi morfogenetici che sono alla base di come la materia acquisisce gerarchia e organizzazione.L’omeostasi è la condizione con la quale un corpo raggiunge il proprio equilibrio (termico, pressione, ecc.); un processo attraverso il quale questi sistemi stabilzzano le reazioni fisiologiche. Una delle caratteristiche fondamentali esibite da tali organismi è la capacità della materia di instaurare processi di auto-organizzazione, responsabile dei processi di ottimizzazione che guidano all’uso efficiente dell’energia nella lotta per la sopravvivenza. Questa ottimizzazione non mira al raggiungimento di un risultato globale deterministico e “chiuso” (precedentemente stabilito e poi perseguito ad ogni costo), quanto piuttosto al raggiungimento di un’efficienza di processi locali con obiettivi multipli e necessità divergenti; tali processi interagiscono organizzando sistemi nei quali proprietà peculiari uniche emergono dalle interazioni descritte. Le esigenze divergenti non sono negoziate sulla base di un principio di esclusività (una esigenza esclude o elimina le altre) ma da un principio di prevalenza, dove le necessità non prevalenti non cessano di esistere ma si modificano in funzione di quelle prevalenti (il proprio campo di espressione è vincolato dai percorsi tracciati in quello delle esigenze prevalenti). In questa tesi si descrive un’applicazione ad uno specifico caso di studio di progettazione architettonica: un parco con spazi polifunzionali nella città di Bologna. L’obiettivo principale del progetto Homeostatic Pattern è quello di dimostrare come questo tipo di processi possano essere osservati, compresi e traslati in architettura: come per gli organismi biologici, in questo progetto gli scambi di materia ed energia (stabilità, respirazione, porosità alla luce) sono regolati da sistemi integrati efficienti piuttosto che da raggruppamenti di elementi mono-ottimizzati. Una specifica pipeline di software è stata costituita allo scopo di collegare in modo bidirezionale e senza soluzione di continuità un software di progettazione parametrica generativa (Grasshopper®) con software di analisi strutturale ed ambientale (GSA Oasys®, Autodesk® Ecotect® analysis), riconducendo i dati nella stessa struttura attraverso cicli di feedback. Il sistema così ottenuto mostra caratteristiche sia a scala macroscopica, come la possibilità di utilizzo della superficie esterna che permette anche un’estensione dell’area verde (grazie alla continuità della membrana), sia alla scala del componente, come la propria capacità di negoziare, tra le altre, la radiazione solare e la modulazione della luce, così come la raccolta capillare delle acque meteoriche. Un sistema multiperformante che come tale non persegue l’ottimizzazione di una singola proprietà ma un miglioramento complessivo per una maggiore efficienza.

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In questa tesi ci occuperemo di fornire un modello MIP di base e di alcune sue varianti, realizzate allo scopo di comprenderne il comportamento ed eventualmente migliorarne l’efficienza. Le diverse varianti sono state costruite agendo in particolar modo sulla definizione di alcuni vincoli, oppure sui bound delle variabili, oppure ancora nell’obbligare il risolutore a focalizzarsi su determinate decisioni o specifiche variabili. Sono stati testati alcuni dei problemi tipici presenti in letteratura e i diversi risultati sono stati opportunamente valutati e confrontati. Tra i riferimenti per tale confronto sono stati considerati anche i risultati ottenibili tramite un modello Constraint Programming, che notoriamente produce risultati apprezzabili in ambito di schedulazione. Un ulteriore scopo della tesi è, infatti, comparare i due approcci Mathematical Programming e Constraint Programming, identificandone quindi i pregi e gli svantaggi e provandone la trasferibilità al modello raffrontato.

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Nella mia tesi di dottorato mi propongo di indagare la metamorfosi del romanzo nella letteratura italiana contemporanea attraverso il lavoro di Paolo Volponi, che può essere descritto come un’«opera mondo», in accordo con la formula critica coniata da Franco Moretti. Volponi intende superare il divario fra l’io e il mondo e ricomporre il corpo come una mediazione umanistica di ragione e sensi. La sua opera può essere definita ‘epica’ perché recupera la tradizione del romanzo cavalleresco e la parodia esercitata su questa tradizione letteraria da Cervantes nel Don Chisciotte. Ma, come l’Ulysses di Joyce, è un’epica «moderna» perché fondata su una totalità disgiunta e sul conflitto dialogico, in una linea che accomuna la moltiplicazione dei punti di vista, propria del romanzo polifonico secondo Bachtin, alla pluralità di prospettive del discorso scientifico. Dopo un primo capitolo teorico, nel secondo e nel terzo capitolo della tesi i romanzi di Volponi vengono studiati in rapporto al filone dell’«epica moderna» e al genere satirico, che ha un suo modello fondativo nell’opera di Giacomo Leopardi. Il quarto capitolo si focalizza sulle ultime raccolte poetiche, che mostrano la tendenza a recuperare il linguaggio formulare e la matrice orale della poesia delle origini, servendosene per rappresentare in funzione contrappuntistica l’universo globale dell’età contemporanea.

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Il presente documento affronta l’impiego dell’effetto Coanda come metodo di sostentamento per velivoli UAV/UAS. A tal proposito è stato valutato il dimostratore costruito presso la facoltà mediante l’ottimizzazione del sistema propulsivo impiegato e la variazione di configurazioni atte a ricercare l’influenza sulla trazione, di alcuni parametri individuati dalla bibliografia. I dati raccolti sono stati posti a confronto con quelli pubblicati e in parte stimati, con alcuni dimostratori attualmente volanti. Dalle conclusioni elaborate dalla sperimentazione con il dimostratore, si è analizzato l’effetto Coanda su un semi-modello a profilo ellittico, variando la collocazione e la portata della sorgente, dandone una prima descrizione analitica.

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La distorsione della percezione della distanza tra due stimoli puntuali applicati sulla superfice della pelle di diverse regioni corporee è conosciuta come Illusione di Weber. Questa illusione è stata osservata, e verificata, in molti esperimenti in cui ai soggetti era chiesto di giudicare la distanza tra due stimoli applicati sulla superficie della pelle di differenti parti corporee. Da tali esperimenti si è dedotto che una stessa distanza tra gli stimoli è giudicata differentemente per diverse regioni corporee. Il concetto secondo cui la distanza sulla pelle è spesso percepita in maniera alterata è ampiamente condiviso, ma i meccanismi neurali che manovrano questa illusione sono, allo stesso tempo, ancora ampiamente sconosciuti. In particolare, non è ancora chiaro come sia interpretata la distanza tra due stimoli puntuali simultanei, e quali aree celebrali siano coinvolte in questa elaborazione. L’illusione di Weber può essere spiegata, in parte, considerando la differenza in termini di densità meccano-recettoriale delle differenti regioni corporee, e l’immagine distorta del nostro corpo che risiede nella Corteccia Primaria Somato-Sensoriale (homunculus). Tuttavia, questi meccanismi sembrano non sufficienti a spiegare il fenomeno osservato: infatti, secondo i risultati derivanti da 100 anni di sperimentazioni, le distorsioni effettive nel giudizio delle distanze sono molto più piccole rispetto alle distorsioni che la Corteccia Primaria suggerisce. In altre parole, l’illusione osservata negli esperimenti tattili è molto più piccola rispetto all’effetto prodotto dalla differente densità recettoriale che affligge le diverse parti del corpo, o dall’estensione corticale. Ciò, ha portato a ipotizzare che la percezione della distanza tattile richieda la presenza di un’ulteriore area celebrale, e di ulteriori meccanismi che operino allo scopo di ridimensionare – almeno parzialmente – le informazioni derivanti dalla corteccia primaria, in modo da mantenere una certa costanza nella percezione della distanza tattile lungo la superfice corporea. E’ stata così proposta la presenza di una sorta di “processo di ridimensionamento”, chiamato “Rescaling Process” che opera per ridurre questa illusione verso una percezione più verosimile. Il verificarsi di questo processo è sostenuto da molti ricercatori in ambito neuro scientifico; in particolare, dal Dr. Matthew Longo, neuro scienziato del Department of Psychological Sciences (Birkbeck University of London), le cui ricerche sulla percezione della distanza tattile e sulla rappresentazione corporea sembrano confermare questa ipotesi. Tuttavia, i meccanismi neurali, e i circuiti che stanno alla base di questo potenziale “Rescaling Process” sono ancora ampiamente sconosciuti. Lo scopo di questa tesi è stato quello di chiarire la possibile organizzazione della rete, e i meccanismi neurali che scatenano l’illusione di Weber e il “Rescaling Process”, usando un modello di rete neurale. La maggior parte del lavoro è stata svolta nel Dipartimento di Scienze Psicologiche della Birkbeck University of London, sotto la supervisione del Dott. M. Longo, il quale ha contribuito principalmente all’interpretazione dei risultati del modello, dando suggerimenti sull’elaborazione dei risultati in modo da ottenere un’informazione più chiara; inoltre egli ha fornito utili direttive per la validazione dei risultati durante l’implementazione di test statistici. Per replicare l’illusione di Weber ed il “Rescaling Proess”, la rete neurale è stata organizzata con due strati principali di neuroni corrispondenti a due differenti aree funzionali corticali: • Primo strato di neuroni (il quale dà il via ad una prima elaborazione degli stimoli esterni): questo strato può essere pensato come parte della Corteccia Primaria Somato-Sensoriale affetta da Magnificazione Corticale (homunculus). • Secondo strato di neuroni (successiva elaborazione delle informazioni provenienti dal primo strato): questo strato può rappresentare un’Area Corticale più elevata coinvolta nell’implementazione del “Rescaling Process”. Le reti neurali sono state costruite includendo connessioni sinaptiche all’interno di ogni strato (Sinapsi Laterali), e connessioni sinaptiche tra i due strati neurali (Sinapsi Feed-Forward), assumendo inoltre che l’attività di ogni neurone dipenda dal suo input attraverso una relazione sigmoidale statica, cosi come da una dinamica del primo ordine. In particolare, usando la struttura appena descritta, sono state implementate due differenti reti neurali, per due differenti regioni corporee (per esempio, Mano e Braccio), caratterizzate da differente risoluzione tattile e differente Magnificazione Corticale, in modo da replicare l’Illusione di Weber ed il “Rescaling Process”. Questi modelli possono aiutare a comprendere il meccanismo dell’illusione di Weber e dare così una possibile spiegazione al “Rescaling Process”. Inoltre, le reti neurali implementate forniscono un valido contributo per la comprensione della strategia adottata dal cervello nell’interpretazione della distanza sulla superficie della pelle. Oltre allo scopo di comprensione, tali modelli potrebbero essere impiegati altresì per formulare predizioni che potranno poi essere verificate in seguito, in vivo, su soggetti reali attraverso esperimenti di percezione tattile. E’ importante sottolineare che i modelli implementati sono da considerarsi prettamente come modelli funzionali e non intendono replicare dettagli fisiologici ed anatomici. I principali risultati ottenuti tramite questi modelli sono la riproduzione del fenomeno della “Weber’s Illusion” per due differenti regioni corporee, Mano e Braccio, come riportato nei tanti articoli riguardanti le illusioni tattili (per esempio “The perception of distance and location for dual tactile pressures” di Barry G. Green). L’illusione di Weber è stata registrata attraverso l’output delle reti neurali, e poi rappresentata graficamente, cercando di spiegare le ragioni di tali risultati.

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L’interazione che abbiamo con l’ambiente che ci circonda dipende sia da diverse tipologie di stimoli esterni che percepiamo (tattili, visivi, acustici, ecc.) sia dalla loro elaborazione per opera del nostro sistema nervoso. A volte però, l’integrazione e l’elaborazione di tali input possono causare effetti d’illusione. Ciò si presenta, ad esempio, nella percezione tattile. Infatti, la percezione di distanze tattili varia al variare della regione corporea considerata. Il concetto che distanze sulla cute siano frequentemente erroneamente percepite, è stato scoperto circa un secolo fa da Weber. In particolare, una determinata distanza fisica, è percepita maggiore su parti del corpo che presentano una più alta densità di meccanocettori rispetto a distanze applicate su parti del corpo con inferiore densità. Oltre a questa illusione, un importante fenomeno osservato in vivo è rappresentato dal fatto che la percezione della distanza tattile dipende dall’orientazione degli stimoli applicati sulla cute. In sostanza, la distanza percepita su una regione cutanea varia al variare dell’orientazione degli stimoli applicati. Recentemente, Longo e Haggard (Longo & Haggard, J.Exp.Psychol. Hum Percept Perform 37: 720-726, 2011), allo scopo di investigare come sia rappresentato il nostro corpo all’interno del nostro cervello, hanno messo a confronto distanze tattili a diverse orientazioni sulla mano deducendo che la distanza fra due stimoli puntuali è percepita maggiore se applicata trasversalmente sulla mano anziché longitudinalmente. Tale illusione è nota con il nome di Illusione Tattile Orientazione-Dipendente e diversi risultati riportati in letteratura dimostrano che tale illusione dipende dalla distanza che intercorre fra i due stimoli puntuali sulla cute. Infatti, Green riporta in un suo articolo (Green, Percpept Pshycophys 31, 315-323, 1982) il fatto che maggiore sia la distanza applicata e maggiore risulterà l’effetto illusivo che si presenta. L’illusione di Weber e l’illusione tattile orientazione-dipendente sono spiegate in letteratura considerando differenze riguardanti la densità di recettori, gli effetti di magnificazione corticale a livello della corteccia primaria somatosensoriale (regioni della corteccia somatosensoriale, di dimensioni differenti, sono adibite a diverse regioni corporee) e differenze nella dimensione e forma dei campi recettivi. Tuttavia tali effetti di illusione risultano molto meno rilevanti rispetto a quelli che ci si aspetta semplicemente considerando i meccanismi fisiologici, elencati in precedenza, che li causano. Ciò suggerisce che l’informazione tattile elaborata a livello della corteccia primaria somatosensoriale, riceva successivi step di elaborazione in aree corticali di più alto livello. Esse agiscono allo scopo di ridurre il divario fra distanza percepita trasversalmente e distanza percepita longitudinalmente, rendendole più simili tra loro. Tale processo assume il nome di “Rescaling Process”. I meccanismi neurali che operano nel cervello allo scopo di garantire Rescaling Process restano ancora largamente sconosciuti. Perciò, lo scopo del mio progetto di tesi è stato quello di realizzare un modello di rete neurale che simulasse gli aspetti riguardanti la percezione tattile, l’illusione orientazione-dipendente e il processo di rescaling avanzando possibili ipotesi circa i meccanismi neurali che concorrono alla loro realizzazione. Il modello computazionale si compone di due diversi layers neurali che processano l’informazione tattile. Uno di questi rappresenta un’area corticale di più basso livello (chiamata Area1) nella quale una prima e distorta rappresentazione tattile è realizzata. Per questo, tale layer potrebbe rappresentare un’area della corteccia primaria somatosensoriale, dove la rappresentazione della distanza tattile è significativamente distorta a causa dell’anisotropia dei campi recettivi e della magnificazione corticale. Il secondo layer (chiamato Area2) rappresenta un’area di più alto livello che riceve le informazioni tattili dal primo e ne riduce la loro distorsione mediante Rescaling Process. Questo layer potrebbe rappresentare aree corticali superiori (ad esempio la corteccia parietale o quella temporale) adibite anch’esse alla percezione di distanze tattili ed implicate nel Rescaling Process. Nel modello, i neuroni in Area1 ricevono informazioni dagli stimoli esterni (applicati sulla cute) inviando quindi informazioni ai neuroni in Area2 mediante sinapsi Feed-forward eccitatorie. Di fatto, neuroni appartenenti ad uno stesso layer comunicano fra loro attraverso sinapsi laterali aventi una forma a cappello Messicano. E’ importante affermare che la rete neurale implementata è principalmente un modello concettuale che non si preme di fornire un’accurata riproduzione delle strutture fisiologiche ed anatomiche. Per questo occorre considerare un livello astratto di implementazione senza specificare un’esatta corrispondenza tra layers nel modello e regioni anatomiche presenti nel cervello. Tuttavia, i meccanismi inclusi nel modello sono biologicamente plausibili. Dunque la rete neurale può essere utile per una migliore comprensione dei molteplici meccanismi agenti nel nostro cervello, allo scopo di elaborare diversi input tattili. Infatti, il modello è in grado di riprodurre diversi risultati riportati negli articoli di Green e Longo & Haggard.

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Il lavoro svolto in questa tesi verte sullo sviluppo e l'integrazione del modello teorico conosciuto come Biochemical Tuple Spaces for Self-Organizing Coordination, in breve BTSSOC, in una piattaforma completa, chiamata BTSSOC-Cellulat, per la simulazione di sistemi biochimici, sviluppata utilizzando i linguaggi Java, Prolog, TuCSoN e ReSpecT.

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Al fine di studiare la richiesta di energia imposta dall’esercizio per mantenere l’omeostasi dell’adenosina trifosfato o ATP a livello cellulare, è stato sviluppato e applicato con successo un modello matematico del sistema biologico, che descrive l’interazione tra il trasporto di ossigeno (per convezione e diffusione) e i meccanismi del metabolismo energetico cellulare, che avvengono nel muscolo scheletrico durante l’esercizio.