927 resultados para test referido a un criterio
Resumo:
Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)
Resumo:
[ES] En este trabajo proponemos un nuevo modelo para el cálculo de la disparidad y la reconstrucción 3-D a partir de un sistema estéreo compuesto por 2 imágenes en color. Proponemos un nuevo modelo para el cálculo de la disparidad basado en un criterio de energía. Para calcular los mínimos de este funcional de energía utilizamos la ecuación en derivadas parciales de Euler-Langrage asociada. Este modelo es una extensión a imágenes color del modelo desarrollado en "L. Alvarez, R. Deriche, J. Sánchez and J. Weickert, Dense disparity map estimation respecting image discontinuities : A PDE and Scale-Space Based Approach. INRIA Rapport de Recherche Nº 3874, 2000". Con algunos cambios en la estrategia parav evitar caer en mínimos locales de la energía. Por último presentamos algunas experiencias numéricas de la reconstrucción 3-D obtenida con este método en algunos pares estéreos de imágenes reales.
Resumo:
E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.
Resumo:
Il mio lavoro di tesi è partito da uno studio approfondito del contesto in cui si trova la Darsena di Ravenna, la mia area di progetto. Tutta la storia dell’evoluzione di Ravenna è legata soprattutto a due fattori principali: la necessità di difendersi dalle incursioni esterne e il continuo adattarsi alle trasformazioni del territorio soprattutto per quanto riguarda la linea di costa e il corso dei due fiumi che la circondano, il Ronco e il Montone. Questi due fattori hanno fatto si che Ravenna sia apparsa, sin dai primi secoli d. C., una città cinta da grandi mura, circondate da fiumi. Il Ronco e il Montone, sono poi diventati, a metà del XVI sec. i protagonisti principali della storia di Ravenna. I diversi progetti che si sono susseguiti nel tempo per cercare di deviarli e allontanarli dalla città, dato che ormai rappresentavano solo un grosso pericolo di alluvione, hanno determinato l’abbandono del primo porto della città, voluto dall’imperatore Augusto e la nascita dell’attuale canale Candiano. Fin dall’inizio il nuovo porto di Ravenna ha presentato una serie di problemi legati alla scarsa profondità del fondale e ai costi di manutenzione, a tal punto che le attività del porto sono sempre state molto limitate. Oggi la Darsena di città è caratterizzata da una moltitudine di edifici di archeologia industriale, risalenti al boom economico degli anni ’50, che risultano per la maggior parte, in uno stato di degrado e abbandono, incominciato con la crisi petrolifera degli anni ’70. A partire dal P.R.G. del 1993, si sono messi in atto una serie di iniziative atte a rivitalizzare e reintegrare quest’area all’interno della città storica, in modo che non sembri più un’entità separata ma che possa diventare un grande potenziale di sviluppo per la città stessa. La politica di riqualificazione del waterfront non riguarda solo Ravenna, ma è una strategia che molte città del modo hanno adottato negli ultimi decenni per ridare lustro alla città stessa e, allo stesso tempo recuperare zone spesso lasciate al loro destino. Fra queste città ho scelto di approfondirne cinque, Baltimora, Barcellona, Genova, Amburgo e Bilbao, evidenziando le diverse situazioni ma soprattutto le diverse motivazioni che le hanno spinte a raggiungere la medesima conclusione, quella che l’area portuale rappresenta un grande fattore di sviluppo. La mia attenzione poi si è spostata su quale attività potesse essere più adatta ad assolvere questo obiettivo. Ho pensato di progettare un museo e una serie di edifici ad esso collegati, come un centro di ricerca con residenze annesse e una torre belvedere, che dessero all’area la possibilità di essere vissuta in tutto l’arco della giornata e per tutto l’anno. Prima di affrontare direttamente la parte progettuale ho cercato di capire quale fosse la tipologia di museo e quali fossero i principali elementi indispensabili che caratterizzano questi edifici. Durante lo studio di questi casi ho classificato i musei secondo 5 categorie diverse, la galleria, la rotonda, la corte, la spirale e la pianta libera, che rispecchiano anche lo sviluppo storico di questa particolare tipologia architettonica. In base a tutte queste considerazioni ho affrontato il mio progetto. L’area presa in esame è caratterizzata da un’ampia superficie su cui insistono tre imponenti edifici di archeologia industriale molto degradati e utilizzati come magazzini dalla società proprietaria dell’area. Due di questi presentano un orientamento parallelo alla tessitura dei campi, il terzo invece segue un orientamento proprio. Oltre a queste due trame nell’area se ne può rilevare una terza legata all’andamento del canale. Queste grandi cattedrali del lavoro mi hanno fatto subito pensare di poterle utilizzare come spazi espositivi per mostre permanenti e temporanee, mantenendo intatta la loro struttura portante. Ho deciso di immergere l’edificio più imponente dei tre, che si trova in asse con la strada veicolare di accesso dalla città, in una grande corte verde delimitata ai lati da due nuovi edifici a L adibiti a veri e propri musei. Se da una parte questi musei costituiscono i limiti della corte, dall’altra rappresentano le quinte sceniche di aree completamenti differenti. Il museo adiacente al canale si affaccia su una grande piazza pavimentata dove troneggia l’edificio di archeologia industriale più simile ad una basilica e che accoglie i visitatori che arrivano tramite la navetta costiera; l’altro invece guarda verso il centro di ricerca e le residenze universitarie legati tra loro da un grande campo lungo completamente verde. A concludere la composizione ho pensato ad una torre belvedere dalla pianta circolare che potesse assorbire tutte le diverse direzioni e che si trova proprio in asse con il terzo edificio di archeologia industriale e a contatto con l’acqua. Per quanto riguarda l’organizzazione interna dei musei ho scelto di proporre due sezioni dello stesso museo con caratteristiche ben distinte. Il primo museo riguarda la storia della civiltà marinara di Ravenna ed è caratterizzato da ambienti conclusi lungo un percorso prestabilito che segue un criterio cronologico, il secondo invece presenta una pianta abbastanza libera dove i visitatori possono scegliere come e su cosa indirizzare la propria visita. Questa decisione è nata dalla volontà di soddisfare le esigenze di tutta l’utenza, pensando soprattutto alla necessità di coinvolgere persone giovani e bambini. Il centro di ricerca è organizzato planimetrica mente come una grande C, dove le due ali più lunghe ospitano i laboratori mentre l’ala più corta rappresenta l’ingresso sottolineato da un portico aggettante sulla corte. Simmetricamente si trovano i sette volumi delle residenze. Ognuno di questi può alloggiare sei studenti in altrettanti monolocali con servizi annessi, e presenta al piano terra aree di relax e sale lettura comuni. La torre belvedere invece riveste un ruolo più commerciale ospitando negozi, uffici per le varie associazioni legate al mare e un ristorante su più livelli, fino ad arrivare alla lanterna, che, come il faro per le navi, diventa un vero segno di riconoscimento e di orientamento dell’area sia dal mare che dalla città.
Resumo:
Si mostrano i passi seguiti nello sviluppo di un modello matematico e simulativo che mira a ricostruire il campo di flusso veicolare della rete stradale della regione Emilia Romagna. Si descrivono le fonti di dati utilizzate per la ricostruzione: dispositivi GPS a bassa capillarità e spire induttive su strada; si discute delle caratteristiche dei dati e dei problemi intrinseci e contingenti da cui sono affetti, nonché delle metodologie adottate nel tentativo di risolvere questi problemi. Si illustra l’idea centrale alla base delle ricostruzioni, e si descrive un criterio di validazione del modello. Si mostrano i risultati dei vari algoritmi ideati, ognuno affiancato dal parametro di validità, evidenziando quale metodo produca risultati migliori. Si conclude discutendo delle potenzialità del modello in termini di applicabilità in altre regioni o zone geografiche.
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In questa tesi si affronta la problematica di determinare l'orientazione della superficie di faglia che sarà interessata da scorrimento relativo, assegnato un certo sforzo tettonico Sigma in base ad un criterio di massima energia rilasciata. Dapprima, introdotte le nozioni di base della meccanica dei continui, si studia il criterio di fagliazione dato dalla teoria di Anderson. In seguito, una volta acquisito questo primo risultato, si applica la teoria delle dislocazioni elastiche, per studiare dal punto di vista energetico la stessa faglia, situata in un semispazio elastico. Assumendo che la faglia massimizzante l'energia rilasciata in seguito alla frattura del mezzo continuo, assegnati i dati del problema, sia quella che più probabilmente sarà soggetta ad attivazione e scorrimento, si confronta quanto ottenuto con i risultati della teoria della fagliazione di Anderson. Entrambi gli approcci presentano conclusioni simili, gli angoli di orientamento infatti sono compresi tra 1/2atan1/f e pi/4 con l'orientazione che tende a pi/4 diminuendo l'influenza dell'attrito o viceversa aumentando lo sforzo applicato sulla superficie di faglia. Tuttavia i due approcci presentano significative differenze quando l'energia rilasciata è molto maggiore di zero.
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Lo sviluppo di un incendio all’interno di depositi di liquidi infiammabili costituisce uno scenario particolarmente critico a causa della rilevanza delle conseguenze che ne possono scaturire. L’incendio causato dalla formazione di grandi pozze sviluppatesi a seguito di forature dei contenitori e il rapido coinvolgimento di tutto lo stoccaggio rappresentano uno scenario di incendio tipico di queste realtà. Si ha quindi la necessità di adottare provvedimenti atti a garantire specifici obiettivi di sicurezza tramite l’introduzione di misure antincendio. La prevenzione incendi, sino al 2007, era basata esclusivamente su norme di tipo prescrittivo, in base alle quali si definivano le misure di sicurezza secondo un criterio qualitativo. Successivamente l’ingegneria antincendio si è sempre più caratterizzata da approcci basati su analisi di tipo prestazionale, in grado di dimostrare il raggiungimento dell’obiettivo di sicurezza sulla base del comportamento reale d’incendio ottenuto mediante un’accurata simulazione del fuoco che ragionevolmente può prodursi nell'attività. La modellazione degli incendi è divenuta possibile grazie allo sviluppo di codici di fluidodinamica computazionale (CFD), in grado di descrivere accuratamente l’evoluzione delle fiamme. Il presente studio si inserisce proprio nell’ambito della modellazione CFD degli incendi, eseguita mediante il software Fire Dynamics Simulator (FDS). L’obiettivo dell’elaborato è studiare l’azione dell’impianto di spegnimento a schiuma sullo sviluppo di un incendio di pozza in un deposito di liquidi infiammabili, in termini di riduzione della potenza termica rilasciata dal fuoco, al fine di determinare le temperature massime raggiunte, in corrispondenza delle quali valutare il comportamento di resistenza strutturale degli edifici. Il presente lavoro è articolato in 6 capitoli. Dopo il Capitolo 1, avente carattere introduttivo, vengono richiamati nel Capitolo 2 i principali concetti della chimica e fisica degli incendi. Nel Capitolo 3 vengono esaminate le normative intese ad unificare l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. Il Capitolo 4 fornisce una dettagliata descrizione del software di calcolo, FDS - Fire Dynamics Simulator, adoperato per la modellazione dell’incendio. Nel Capitolo 5 si procede alla progettazione prestazionale che conduce alla determinazione della curva naturale d'incendio in presenza degli impianti di spegnimento automatici. Infine nel Capitolo 6 si riportano le considerazioni conclusive.
Resumo:
Il lavoro descrive la progettazione, implementazione e test sperimentale di un meccanismo, integrato nel kernel linux 4.0, dedicato al riconoscimento delle perdite dei frame Wi-Fi.
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El objetivo de este trabajo fue evaluar la altura media dominante (AMD) y su estabilidad en 15 clones de álamos de 5 años de edad, implantados en tres ambientes diferentes de la pampa ondulada, Argentina. Los sitios fueron: Teodelina (Sitios 1 y 2), Santa Fe (34° 12' LS; 61° 43' W; 90 msnm) y Alberti (Sitio 3), Buenos Aires (34° 50' LS; 60° 30' W; 55 msnm) y se caracterizaron en base a variables de clima y suelo. Se realizaron los análisis de la varianza del conjunto de clones entre sitios y entre los clones por sitio. La comparación de AMD se realizó aplicando el test de Tukey. Se analizó la interacción clon-sitio. Se construyó un criterio de elección basado en parámetros genéticos de estabilidad sobre el carácter (AMD), estimándose la ganancia genética al seleccionar los mejores clones. Se realizaron los cálculos de heredabilidad en sentido amplio. Los posicionamientos en AMD fueron significativos entre clones por sitio y entre sitios. La interacción clon sitio fue significativa. Los valores de AMD y los de ecovalencia permitieron seleccionar genomas con mayor amplitud de adaptación y consecuentemente conciliar la producción con la plasticidad dentro de la disimilitud de los sitios evaluados.
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La noción de trauma psíquico ha adquirido especial importancia como categoría diagnóstica en el campo de la Salud Mental contemporánea, en una extensión cada vez mayor que permite vincularlo con distintos tipos de acontecimientos ante los que el sujeto agota su capacidad de respuesta y dificulta la elaboración psíquica. Este trabajo intenta establecer la pertinencia psicoanalítica de este concepto, así como sus límites. Intentaremos vislumbrar de qué manera el trauma, analizado por Freud, pese a haber sido cuestionado en su realidad fáctica y redefinido en sus características principales, permaneció siempre vigente en su obra hasta el final de la misma. En esta perspectiva interrogaremos las razones de su permanencia. El concepto de trauma aparece en la obra mencionada desde sus inicios. íntimamente ligada a un factor cuantitativo, esta noción se inserta en el marco teórico propuesto por Freud, coherente con su contexto histórico y científico, el positivismo. Nociones como pulsión, diques anímicos, represión y libido, nos hablan de la importancia de lo económico, de la idea de una fuerza y energía en juego que recorren, de modo permanente, las definiciones freudianas. A medida que el padre del psicoanálisis fue avanzando en el estudio de las neurosis, este término fue modificándose, variando su estatuto e importancia. Sin embargo, el trauma siguió jugando un factor fundamental en sus escritos, no llegando nunca a eliminarlo de sus tesis. El concepto que nos convoca será abordado desde un criterio que permitirá ordenar nuestra propuesta, diferenciando su aparición en determinados períodos de la obra freudiana. Ésta puede ser dividida en tres momentos diferenciados por el modo en el que Freud articula los dos órdenes heterogéneos de la causa de los síntomas neuróticos: etiología sexual y mecanismo psíquico (momentos causales). En un primer momento Freud se sirve de la Teoría de la Seducción para desde allí dar cuenta de la cuestión etiológica. En ese período, el trauma era entendido como un hecho realmente acaecido, hallándose en el origen de toda neurosis. En un segundo momento, tras definir las psiconeurosis a partir de la defensa y de la idea de conflicto, vislumbra que el acontecimiento traumático que las pacientes le relataban correspondía en verdad a una realidad psíquica, perteneciente al plano de la fantasía. Es así que Freud introduce la sexualidad infantil y junto con ella la función de las fantasías en la formación de síntomas. Es hacia 1920, en el último momento de su obra, cuando se produce un giro radical: reformula la teoría de la angustia y redefine la etiología sexual y su articulación con la represión a la luz del complejo de castración. Allí el trauma será definido a partir de los nuevos descubrimientos clínicos con los que se encuentra. Para lograr nuestro objetivo, retomaremos los textos freudianos pertenecientes a cada momento causal, delimitando el concepto referido. Nos orientarán en este recorrido dos ejes fundamentales: el etiológico y el terapéutico, es decir, cómo a partir del valor causal que Freud atribuyó al trauma, propuso desde allí una determinada concepción y dirección de la cura analítica. Esta articulación apunta a la relación intrínseca entre la teoría y la clínica que atraviesa toda la obra del fundador del psicoanálisis
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La noción de trauma psíquico ha adquirido especial importancia como categoría diagnóstica en el campo de la Salud Mental contemporánea, en una extensión cada vez mayor que permite vincularlo con distintos tipos de acontecimientos ante los que el sujeto agota su capacidad de respuesta y dificulta la elaboración psíquica. Este trabajo intenta establecer la pertinencia psicoanalítica de este concepto, así como sus límites. Intentaremos vislumbrar de qué manera el trauma, analizado por Freud, pese a haber sido cuestionado en su realidad fáctica y redefinido en sus características principales, permaneció siempre vigente en su obra hasta el final de la misma. En esta perspectiva interrogaremos las razones de su permanencia. El concepto de trauma aparece en la obra mencionada desde sus inicios. íntimamente ligada a un factor cuantitativo, esta noción se inserta en el marco teórico propuesto por Freud, coherente con su contexto histórico y científico, el positivismo. Nociones como pulsión, diques anímicos, represión y libido, nos hablan de la importancia de lo económico, de la idea de una fuerza y energía en juego que recorren, de modo permanente, las definiciones freudianas. A medida que el padre del psicoanálisis fue avanzando en el estudio de las neurosis, este término fue modificándose, variando su estatuto e importancia. Sin embargo, el trauma siguió jugando un factor fundamental en sus escritos, no llegando nunca a eliminarlo de sus tesis. El concepto que nos convoca será abordado desde un criterio que permitirá ordenar nuestra propuesta, diferenciando su aparición en determinados períodos de la obra freudiana. Ésta puede ser dividida en tres momentos diferenciados por el modo en el que Freud articula los dos órdenes heterogéneos de la causa de los síntomas neuróticos: etiología sexual y mecanismo psíquico (momentos causales). En un primer momento Freud se sirve de la Teoría de la Seducción para desde allí dar cuenta de la cuestión etiológica. En ese período, el trauma era entendido como un hecho realmente acaecido, hallándose en el origen de toda neurosis. En un segundo momento, tras definir las psiconeurosis a partir de la defensa y de la idea de conflicto, vislumbra que el acontecimiento traumático que las pacientes le relataban correspondía en verdad a una realidad psíquica, perteneciente al plano de la fantasía. Es así que Freud introduce la sexualidad infantil y junto con ella la función de las fantasías en la formación de síntomas. Es hacia 1920, en el último momento de su obra, cuando se produce un giro radical: reformula la teoría de la angustia y redefine la etiología sexual y su articulación con la represión a la luz del complejo de castración. Allí el trauma será definido a partir de los nuevos descubrimientos clínicos con los que se encuentra. Para lograr nuestro objetivo, retomaremos los textos freudianos pertenecientes a cada momento causal, delimitando el concepto referido. Nos orientarán en este recorrido dos ejes fundamentales: el etiológico y el terapéutico, es decir, cómo a partir del valor causal que Freud atribuyó al trauma, propuso desde allí una determinada concepción y dirección de la cura analítica. Esta articulación apunta a la relación intrínseca entre la teoría y la clínica que atraviesa toda la obra del fundador del psicoanálisis
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La noción de trauma psíquico ha adquirido especial importancia como categoría diagnóstica en el campo de la Salud Mental contemporánea, en una extensión cada vez mayor que permite vincularlo con distintos tipos de acontecimientos ante los que el sujeto agota su capacidad de respuesta y dificulta la elaboración psíquica. Este trabajo intenta establecer la pertinencia psicoanalítica de este concepto, así como sus límites. Intentaremos vislumbrar de qué manera el trauma, analizado por Freud, pese a haber sido cuestionado en su realidad fáctica y redefinido en sus características principales, permaneció siempre vigente en su obra hasta el final de la misma. En esta perspectiva interrogaremos las razones de su permanencia. El concepto de trauma aparece en la obra mencionada desde sus inicios. íntimamente ligada a un factor cuantitativo, esta noción se inserta en el marco teórico propuesto por Freud, coherente con su contexto histórico y científico, el positivismo. Nociones como pulsión, diques anímicos, represión y libido, nos hablan de la importancia de lo económico, de la idea de una fuerza y energía en juego que recorren, de modo permanente, las definiciones freudianas. A medida que el padre del psicoanálisis fue avanzando en el estudio de las neurosis, este término fue modificándose, variando su estatuto e importancia. Sin embargo, el trauma siguió jugando un factor fundamental en sus escritos, no llegando nunca a eliminarlo de sus tesis. El concepto que nos convoca será abordado desde un criterio que permitirá ordenar nuestra propuesta, diferenciando su aparición en determinados períodos de la obra freudiana. Ésta puede ser dividida en tres momentos diferenciados por el modo en el que Freud articula los dos órdenes heterogéneos de la causa de los síntomas neuróticos: etiología sexual y mecanismo psíquico (momentos causales). En un primer momento Freud se sirve de la Teoría de la Seducción para desde allí dar cuenta de la cuestión etiológica. En ese período, el trauma era entendido como un hecho realmente acaecido, hallándose en el origen de toda neurosis. En un segundo momento, tras definir las psiconeurosis a partir de la defensa y de la idea de conflicto, vislumbra que el acontecimiento traumático que las pacientes le relataban correspondía en verdad a una realidad psíquica, perteneciente al plano de la fantasía. Es así que Freud introduce la sexualidad infantil y junto con ella la función de las fantasías en la formación de síntomas. Es hacia 1920, en el último momento de su obra, cuando se produce un giro radical: reformula la teoría de la angustia y redefine la etiología sexual y su articulación con la represión a la luz del complejo de castración. Allí el trauma será definido a partir de los nuevos descubrimientos clínicos con los que se encuentra. Para lograr nuestro objetivo, retomaremos los textos freudianos pertenecientes a cada momento causal, delimitando el concepto referido. Nos orientarán en este recorrido dos ejes fundamentales: el etiológico y el terapéutico, es decir, cómo a partir del valor causal que Freud atribuyó al trauma, propuso desde allí una determinada concepción y dirección de la cura analítica. Esta articulación apunta a la relación intrínseca entre la teoría y la clínica que atraviesa toda la obra del fundador del psicoanálisis
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En la actualidad, el interés por las plantas de potencia de ciclo combinado de gas y vapor ha experimentado un notable aumento debido a su alto rendimiento, bajo coste de generación y rápida construcción. El objetivo fundamental de la tesis es profundizar en el conocimiento de esta tecnología, insuficientemente conocida hasta el momento debido al gran número de grados de libertad que existen en el diseño de este tipo de instalaciones. El estudio se realizó en varias fases. La primera consistió en analizar y estudiar las distintas tecnologías que se pueden emplear en este tipo de centrales, algunas muy recientes o en fase de investigación, como las turbinas de gas de geometría variable, las turbinas de gas refrigeradas con agua o vapor del ciclo de vapor o las calderas de paso único que trabajan con agua en condiciones supercríticas. Posteriormente se elaboraron los modelos matemáticos que permiten la simulación termodinámica de cada uno de los componentes que integran las plantas, tanto en el punto de diseño como a cargas parciales. Al mismo tiempo, se desarrolló una metodología novedosa que permite resolver el sistema de ecuaciones que resulta de la simulación de cualquier configuración posible de ciclo combinado. De esa forma se puede conocer el comportamiento de cualquier planta en cualquier punto de funcionamiento. Por último se desarrolló un modelo de atribución de costes para este tipo de centrales. Con dicho modelo, los estudios se pueden realizar no sólo desde un punto de vista termodinámico sino también termoeconómico, con lo que se pueden encontrar soluciones de compromiso entre rendimiento y coste, asignar costes de producción, determinar curvas de oferta, beneficios económicos de la planta y delimitar el rango de potencias donde la planta es rentable. El programa informático, desarrollado en paralelo con los modelos de simulación, se ha empleado para obtener resultados de forma intensiva. El estudio de los resultados permite profundizar ampliamente en el conocimiento de la tecnología y, así, desarrollar una metodología de diseño de este tipo de plantas bajo un criterio termoeconómico. ABSTRACT The growing energy demand and the need of shrinking costs have led to the design of high efficiency and quick installation power plants. The success of combined cycle gas turbine power plants lies on their high efficiency, low cost and short construction lead time. The main objective of the work is to study in detail this technology, which is not thoroughly known owing to the great number of degrees of freedom that exist in the design of this kind of power plants. The study is divided into three parts. Firstly, the different technologies and components that could be used in any configuration of a combined cycle gas turbine power plant are studied. Some of them could be of recent technology, such as the variable inlet guide vane compressors, the H-technology for gas turbine cooling or the once-through heat recovery steam generators, used with water at supercritical conditions. Secondly, a mathematical model has been developed to simulate at full and part load the components of the power plant. At the same time, a new methodology is proposed in order to solve the equation system resulting for any possible power plant configuration. Therefore, any combined cycle gas turbine could be simulated at any part load condition. Finally a themoeconomic model is proposed. This model allows studying the power plant not only from a thermodynamic point of view but also from a thermoeconomic one. Likewise, it allows determining the generating costs or the cash flow, thus achieving a trade off between efficiency and cost. Likewise, the model calculates the part load range where the power plant is profitable. Once the thermodynamic and thermoeconomic models are developed, they are intensively used in order to gain knowledge in the combined cycle gas turbine technology and, in this way, to propose a methodology aimed at the design of this kind of power plants from a thermoeconomic point of view.
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En esta Tesis Doctoral se aborda la utilización de filtros de difusión no lineal para obtener imágenes constantes a trozos como paso previo al proceso de segmentación. En una primera parte se propone un formulación intrínseca para la ecuación de difusión no lineal que proporcione las condiciones de diseño necesarias sobre los filtros de difusión. A partir del marco teórico propuesto, se proporciona una nueva familia de difusividades; éstas son obtenidas a partir de técnicas de difusión no lineal relacionadas con los procesos de difusión regresivos. El objetivo es descomponer la imagen en regiones cerradas que sean homogéneas en sus niveles de grises sin contornos difusos. Asimismo, se prueba que la función de difusividad propuesta satisface las condiciones de un correcto planteamiento semi-discreto. Esto muestra que mediante el esquema semi-implícito habitualmente utilizado, realmente se hace un proceso de difusión no lineal directa, en lugar de difusión inversa, conectando con proceso de preservación de bordes. Bajo estas condiciones establecidas, se plantea un criterio de parada para el proceso de difusión, para obtener imágenes constantes a trozos con un bajo coste computacional. Una vez aplicado todo el proceso al caso unidimensional, se extienden los resultados teóricos, al caso de imágenes en 2D y 3D. Para el caso en 3D, se detalla el esquema numérico para el problema evolutivo no lineal, con condiciones de contorno Neumann homogéneas. Finalmente, se prueba el filtro propuesto para imágenes reales en 2D y 3D y se ilustran los resultados de la difusividad propuesta como método para obtener imágenes constantes a trozos. En el caso de imágenes 3D, se aborda la problemática del proceso previo a la segmentación del hígado, mediante imágenes reales provenientes de Tomografías Axiales Computarizadas (TAC). En ese caso, se obtienen resultados sobre la estimación de los parámetros de la función de difusividad propuesta. This Ph.D. Thesis deals with the case of using nonlinear diffusion filters to obtain piecewise constant images as a previous process for segmentation techniques. I have first shown an intrinsic formulation for the nonlinear diffusion equation to provide some design conditions on the diffusion filters. According to this theoretical framework, I have proposed a new family of diffusivities; they are obtained from nonlinear diffusion techniques and are related with backward diffusion. Their goal is to split the image in closed contours with a homogenized grey intensity inside and with no blurred edges. It has also proved that the proposed filters satisfy the well-posedness semi-discrete and full discrete scale-space requirements. This shows that by using semi-implicit schemes, a forward nonlinear diffusion equation is solved, instead of a backward nonlinear diffusion equation, connecting with an edgepreserving process. Under the conditions established for the diffusivity and using a stopping criterion I for the diffusion time, I have obtained piecewise constant images with a low computational effort. The whole process in the one-dimensional case is extended to the case where 2D and 3D theoretical results are applied to real images. For 3D, develops in detail the numerical scheme for nonlinear evolutionary problem with homogeneous Neumann boundary conditions. Finally, I have tested the proposed filter with real images for 2D and 3D and I have illustrated the effects of the proposed diffusivity function as a method to get piecewise constant images. For 3D I have developed a preprocess for liver segmentation with real images from CT (Computerized Tomography). In this case, I have obtained results on the estimation of the parameters of the given diffusivity function.
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The aim of this thesis is the subjective and objective evaluation of angledependent absorption coefficients. As the assumption of a constant absorption coefficient over the angle of incidence is not always held, a new model acknowledging an angle-dependent reflection must be considered, to get a more accurate prediction in the sound field. The study provides information about the behavior of different materials in several rooms, depending on the reflection modeling of incident sound waves. An objective evaluation was run for an implementation of angle-dependent reflection factors in the image source and ray tracing simulation models. Results obtained were analysed after comparison to diffuse-field averaged data. However, changes in acoustic characteristics of a room do not always mean a variation in the listener’s perception. Thus, additional subjective evaluation allowed a comparison between the different results obtained with the computer simulation and the response from the individuals who participated in the listening test. The listening test was designed following a three-alternative forced-choice (3AFC) paradigm. In each interaction asked to the subjects a sequence of either three pink noise bursts or three natural signals was alternated. These results were supposed to show the influence and perception of the two different ways to implement surface reflection –either with diffuse or angle-dependent absorption properties. Results show slightly audible effects when material properties were exaggerated. El objetivo de este trabajo es la evaluación objetiva y subjetiva del coeficiente de absorción en función del ángulo de incidencia de la onda de sonido. La suposición de un coeficiente de absorción constante con respecto al ángulo de incidencia no siempre se sostiene. Por ello, un nuevo modelo considerando la reflexión dependiente del ángulo se debe tener en cuenta para obtener predicciones más certeras en el campo del sonido. El estudio proporciona información sobre el comportamiento de diferentes materiales en distintos recintos, dependientes del modelo de reflexión de las ondas de sonido incidentes. Debido a las dificultades a la hora de realizar las medidas y, por lo tanto, a la falta de datos, los coeficientes de absorción dependientes del ángulo a menudo no se tienen en cuenta a la hora de realizar las simulaciones. Hoy en día, aún no hay una tendencia de aplicar el coeficiente de absorción dependiente del ángulo para mejorar los modelos de reflexión. Por otra parte, para una medición satisfactoria de la absorción dependiente del ángulo, sólo hay unos pocos métodos. Las técnicas de medición actuales llevan mucho tiempo y hay algunos materiales, condiciones y ángulos que no pueden ser reproducidos y, por lo tanto, no es posible su medición. Sin embargo, en el presente estudio, los ángulos de incidencia de las ondas de sonido son conocidos y almacenados en una de base de datos para cada uno de los materiales, de modo que los coeficientes de absorción para el ángulo dado pueden ser devueltos siempre que sean requeridos por el usuario. Para realizar el estudio se llevó a cabo una evaluación objetiva, por medio de la implementación del factor de reflexión dependiente del ángulo en los modelos de fuentes imagen y trazado de rayos. Los resultados fueron analizados después de ser comparados con el promedio de los datos obtenidos en medidas en el campo difuso. La simulación se hizo una vez se configuraron un número de materiales creados por el autor, a partir de los datos existentes en la literatura y los catálogos de fabricantes. Los modelos de Komatsu y Mechel sirvieron como referencia para los materiales porosos, configurando la resistividad al aire o el grosor, y para los paneles perforados, introduciendo el radio de los orificios y la distancia entre centros, respectivamente. Estos materiales se situaban en la pared opuesta a la que se consideraba que debía alojar a la fuente sonora. El resto de superficies se modelaban con el mismo material, variando su coeficiente de absorción y/o de dispersión. Al mismo tiempo, una serie de recintos fueron modelados para poder reproducir distintos escenarios de los que obtener los resultados. Sin embargo, los cambios en las características acústicas de un recinto no significan variaciones en la percepción por parte del oyente. Por ello, una evaluación subjetiva adicional permitió una comparación entre los diferentes resultados obtenidos mediante la simulación informática y la respuesta de los individuos que participaron en la prueba de escucha. Ésta fue diseñada bajo las pautas del modelo de test three-alternative forced-choice (3AFC), con treinta y dos preguntas diferentes. En cada iteración los sujetos fueron preguntados por una secuencia alterna entre tres señales, siendo dos de ellas iguales. Éstas podían ser tanto ráfagas de ruido rosa como señales naturales, en este test se utilizó un fragmento de una obra clásica interpretada por un piano. Antes de contestar al cuestionario, los bloques de preguntas eran ordenados al azar. Para cada ensayo, la mezcla era diferente, así los sujetos no repetían la misma prueba, evitando un sesgo por efectos de aprendizaje. Los bloques se barajaban recordando siempre el orden inicial, para después almacenar los resultados reordenados. La prueba de escucha fue realizada por veintitrés personas, toda ellas con conocimientos dentro del campo de la acústica. Antes de llevar a cabo la prueba de escucha en un entorno adecuado, una hoja con las instrucciones fue facilitada a cada persona. Los resultados muestran la influencia y percepción de las dos maneras distintas de implementar las reflexiones de una superficie –ya sea con respecto a la propiedad de difusión o de absorción dependiente del ángulo de los materiales. Los resultados objetivos, después de ejecutar las simulaciones, muestran los datos medios obtenidos para comprender el comportamiento de distintos materiales de acuerdo con el modelo de reflexión utilizado en el caso de estudio. En las tablas proporcionadas en la memoria se muestran los valores del tiempo de reverberación, la claridad y el tiempo de caída temprana. Los datos de las características del recinto obtenidos en este análisis tienen una fuerte dependencia respecto al coeficiente de absorción de los diferentes materiales que recubren las superficies del cuarto. En los resultados subjetivos, la media de percepción, a la hora de distinguir las distintas señales, por parte de los sujetos, se situó significativamente por debajo del umbral marcado por el punto de inflexión de la función psicométrica. Sin embargo, es posible concluir que la mayoría de los individuos tienden a ser capaces de detectar alguna diferencia entre los estímulos presentados en el 3AFC test. En conclusión, la hipótesis de que los valores del coeficiente de absorción dependiente del ángulo difieren es contrastada. Pero la respuesta subjetiva de los individuos muestra que únicamente hay ligeras variaciones en la percepción si el coeficiente varía en intervalos pequeños entre los valores manejados en la simulación. Además, si los parámetros de los materiales acústicos no son exagerados, los sujetos no perciben ninguna variación. Los primeros resultados obtenidos, proporcionando información respecto a la dependencia del ángulo, llevan a una nueva consideración en el campo de la acústica, y en la realización de nuevos proyectos en el futuro. Para futuras líneas de investigación, las simulaciones se deberían realizar con distintos tipos de recintos, buscando escenarios con geometrías irregulares. También, la implementación de distintos materiales para obtener resultados más certeros. Otra de las fases de los futuros proyectos puede realizarse teniendo en cuenta el coeficiente de dispersión dependiente del ángulo de incidencia de la onda de sonido. En la parte de la evaluación subjetiva, realizar una serie de pruebas de escucha con distintos individuos, incluyendo personas sin una formación relacionada con la ingeniería acústica.