103 resultados para mandioquinha-salsa


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A espécie vegetal, Petroselinum sativum Hoff, conhecida como salsa, é amplamente utilizada na medicina popular brasileira como diurético. O objetivo desse estudo é verificar se o uso brasileiro do extrato aquoso da salsa tem efeitos semelhantes com investigações que mostram o efeito diurético da P. sativum em ratos. MÉTODOS: 19 Ratos foram anestesiados e canulamos a traquéia, artéria carótida esquerda (para a medição da pressão arterial) e bexiga urinária (para coletar urina). Depois de 40 minutos para adaptação das condições cirúrgicas, ratos anestesiados foram administrados de acordo com seus grupos: controle (CON), administração oral com 1.0 mL de água filtrada, e grupo tratado (AE), administração oral com extrato aquoso de sementes de salsa 20% (AE). Urina foi coletada três vezes (de 30 em 30 minutos) e então esse material foi utilizado para determinações de sódio e potássio, para avaliar a quantidade excretada desses íons. Pressão arterial foi medida pelo manômetro de mercúrio por 9 vezes. Todos os dados foram estatisticamente avaliados. RESULTADOS E CONCLUSÃO: nos parâmetros anestesiados, o grupo CON não mostrou nenhuma diferença; mas o grupo AE mostrou um aumento do fluxo urinário e da quantidade excretada de sódio e potássio, e também uma diminuição da pressão arterial. Todos os parâmetros apresentaram essas modificações após 30 minutos de administração do AE (p<0,05). Esses resultados mostram que o tratamento com o AE leva a efeitos natriurético e hipotensor em ratos Wistar anestesiados, confirmando o uso da população brasileira dessa erva como diurético.

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E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.

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Tesi interdisciplinare che coniuga due importanti ambiti della Matematica: il Calcolo Numerico e la Didattica della Matematica. Alcuni algoritmi utilizzati per il web information retrieval sono stati introdotti all'interno di due classi di scuola superiore avvalendosi del programma di calcolo Matlab.

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Amyloids and prion proteins are clinically and biologically important beta-structures, whose supersecondary structures are difficult to determine by standard experimental or computational means. In addition, significant conformational heterogeneity is known or suspected to exist in many amyloid fibrils. Recent work has indicated the utility of pairwise probabilistic statistics in beta-structure prediction. We develop here a new strategy for beta-structure prediction, emphasizing the determination of beta-strands and pairs of beta-strands as fundamental units of beta-structure. Our program, BETASCAN, calculates likelihood scores for potential beta-strands and strand-pairs based on correlations observed in parallel beta-sheets. The program then determines the strands and pairs with the greatest local likelihood for all of the sequence's potential beta-structures. BETASCAN suggests multiple alternate folding patterns and assigns relative a priori probabilities based solely on amino acid sequence, probability tables, and pre-chosen parameters. The algorithm compares favorably with the results of previous algorithms (BETAPRO, PASTA, SALSA, TANGO, and Zyggregator) in beta-structure prediction and amyloid propensity prediction. Accurate prediction is demonstrated for experimentally determined amyloid beta-structures, for a set of known beta-aggregates, and for the parallel beta-strands of beta-helices, amyloid-like globular proteins. BETASCAN is able both to detect beta-strands with higher sensitivity and to detect the edges of beta-strands in a richly beta-like sequence. For two proteins (Abeta and Het-s), there exist multiple sets of experimental data implying contradictory structures; BETASCAN is able to detect each competing structure as a potential structure variant. The ability to correlate multiple alternate beta-structures to experiment opens the possibility of computational investigation of prion strains and structural heterogeneity of amyloid. BETASCAN is publicly accessible on the Web at http://betascan.csail.mit.edu.

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Enterotoxigenic Escherichia coli (ETEC) causes significant morbidity and mortality in infants of developing countries and is the most common cause of diarrhea in travelers to these areas. Enterotoxigenic Escherichia coli infections are commonly caused by ingestion of fecally contaminated food. A timely method for the detection of ETEC in foods would be important in the prevention of this disease. A multiplex polymerase chain reaction (PCR) assay which has been successful in detecting the heat-labile and heat-stable toxins of ETEC in stool was examined to determine its utility in foods. This PCR assay, preceded by a glass matrix and chaotropic DNA extraction, was effective in detecting high numbers of ETEC in a variety of foods. Ninety percent of 121 spiked food samples yielded positive results. Samples of salsa from Guadalajara, Mexico and Houston, Texas were collected and underwent DNA extraction and PCR. All samples yielded negative results for both the heat-labile and heat-stable toxins. Samples were also subjected to oligonucleotide probe analysis and resulted in 5 samples positive for ETEC. Upon dilution testing, it was found that positive PCR results only occurred when 12,000 to 1,000,000 bacteria were present in 200 mg of food. Although the DNA extraction and PCR method has been shown to be both sensitive and specific in stool, similar results were not obtained in food samples. ^

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In prospective studies it is essential that the study sample accurately represents the target population for meaningful inferences to be drawn. Understanding why some individuals do not participate, or fail to continue to participate, in longitudinal studies can provide an empirical basis for the development of effective recruitment and retention strategies to improve response rates. This study examined the influence of social connectedness and self-esteem on long-term retention of participants, using secondary data from the “San Antonio Longitudinal Study of Aging” (SALSA), a population-based study of Mexican Americans (MAs) and European Americans (EAs) aged over 65 years residing in San Antonio, Texas. We tested the effect of social connectedness, self-esteem and socioeconomic status on participant retention in both ethnic groups. In MAs only, we analyzed whether acculturation and assimilation moderated these associations and/or had a direct effect on participant retention. ^ Low income, low frequency of social contacts and length of recruitment interval were significant predictors of non-completer status. Participants with low levels of social contacts were almost twice as likely as those with high levels of social contacts to be non-completers, even after adjustment for age, sex, ethnic group, education, household income, and recruitment interval (OR = 1.95, 95% CI: 1.26–3.01, p = 0.003). Recruitment interval consistently and strongly predicted non-completer status in all the models tested. Depending on the model, for each year beyond baseline there was a 25–33% greater likelihood of non-completion. The only significant interaction, or moderating, effect observed was between social contacts and cultural values among MAs. Specifically, MAs with both low social contacts and low acculturation on cultural values (i.e., placed high value on preserving Mexican cultural origins) were three and half times more likely to be non-completers compared with MAs in other subgroups comprised of the combination of these variables, even after adjustment for covariates. ^ Long term studies with older and minority participants are challenging for participant retention. Strategies can be designed to enhance retention by paying special attention to participants with low social contacts and, in MAs, participants with both low social contacts and low acculturation on cultural values. Minimizing the time interval between baseline and follow-up recruitment, and maintaining frequent contact with participants during this interval should also be is integral to the study design.^

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Because fruit and vegetable intake remains low in low-income populations, the attention of public health researchers has focused on different strategies to reach this population. One possible method of reaching low income populations is through government food assistance programs like the WIC's Farmers Market Nutrition Program (FMNP). This program provides vouchers to WIC recipients that are redeemable only at farmers' markets. In the summer of 2010, two farm stands near WIC clinics in Austin were surveyed in order to establish socio-demographic characteristics of the clientele of the markets. The overall purpose of this pilot study was to describe the clientele of the markets and to examine associations between food insecurity, acculturation, socio-demographic factors, and farmers' market participants' fruit and vegetable intake. The sample was a convenience sample of farmers' market customers. One hundred study participants completed self-administered surveys. Independent t-tests were used to explore the differences in means of fruit and vegetable intake according to acculturation and food insecurity levels. The overall mean (SD) of daily fruit and vegetable intake was 4.20±2.69 for customers of both markets. Significant differences were reported between the two markets in overall fruit and vegetable intake and specifically in the following: 100% juice (P=.023), fruit consumption (P=.028), green salad (P=.003), and salsa (P=.044). The differences showed that customers at the market in a more busy location were on average reporting eating more fruits and vegetables than customers at another market that was located in a more secluded location. When examined by level of food security, individuals who were more food secure consumed more fruit (P=.016). When examined by level of acculturation, the overall fruit and vegetable intake was not significantly different between levels of acculturation. The overall findings in this report suggest that the population at these markets consists of individuals who are food insecure and on government assistance programs. While there were no significant differences between fruit and vegetable intake, acculturation and food insecurity, this report suggests the need for culturally tailored interventions that serve the Hispanic population and would assist this population to become more food secure.^

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Purpose of the Study: This study evaluated the prevalence of periodontal disease between Mexican American elderly and European American elderly residing in three socio-economically distinct neighborhoods in San Antonio, Texas. ^ Study Group: Subjects for the original protocol were participants of the Oral Health: San Antonio Longitudinal Study of Aging (OH: SALSA), which began with National Institutes of Health (NIH) funding in 1993 (M.J. Saunders, PI). The cohort in the study was the individuals who had been enrolled in Phases I and III of the San Antonio Heart Study (SAHS). This SAHS/SALSA sample is a community-based probability sample of Mexican American and European American residents from three socio-economically distinct San Antonio neighborhoods: low-income barrio, middle-income transitional, and upper-income suburban. The OH: SALSA cohort was established between July 1993 and May 1998 by sampling two subsets of the San Antonio Heart Study (SAHS) cohort. These subsets included the San Antonio Longitudinal Study of Aging (SALSA) cohort, comprised of the oldest members of the SAHS (age 65+ yrs. old), and a younger set of controls (age 35-64 yrs. old) sampled from the remainder of the SAHS cohort. ^ Methods: The study used simple descriptive statistics to describe the sociodemographic characteristics and periodontal disease indicators of the OH: SALSA participants. Means and standard deviations were used to summarize continuous measures. Proportions were used to summarize categorical measures. Simple m x n chi square statistics was used to compare ethnic differences. A multivariable ordered logit regression was used to estimate the prevalence of periodontal disease and test ethnic group and neighborhood differences in the prevalence of periodontal disease. A multivariable model adjustment for socio-economic status (income and education), gender, and age (treated as confounders) was applied. ^ Summary: In the unadjusted and adjusted model, Mexican American elderly demonstrated the greatest prevalence for periodontitis, p < 0.05. Mexican American elderly in barrio neighborhoods demonstrated the greatest prevalence for severe periodontitis, with unadjusted prevalence rates of 31.7%, 22.3%, and 22.4% for Mexican American elderly barrio, transitional, and suburban neighborhoods, respectively. Also, Mexican American elderly had adjusted prevalence rates of 29.4%, 23.7%, and 20.4% for barrio, transitional, and suburban neighborhoods, respectively. ^ Conclusion: This study indicates that the prevalence of periodontal disease is an important oral health issue among the Mexican American elderly. The results suggest that the socioeconomic status of the residential neighborhood increased the risk for severe periodontal disease among the Mexican American elderly when compared to European American elderly. A viable approach to recognizing oral health disparities in our growing population of Mexican American elderly is imperative for the provision of special care programs that will help increase the quality of care in this minority population.^

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We formed an academic-community partnership with the Salsa Caliente program to undertake a project to better understand how Latina women with cardiovascular disease (CVD) or at risk of CVD view and understand CVD. This study's research question examines the sociocultural factors that influence and inform Latino women's perceptions and beliefs about CVD. Seven out the eleven participants in the Salsa Caliente program consented to be interviewed. The data was collected through recorded interviews, which were transcribed and then analyzed for common themes found among all the participants' narratives. The content analysis looking into common themes yielded four: 1) increased awareness of CVD, 2) trust in doctor, 3) delay in doctor visits, and 4) awareness of health. Implications for interventions and further research are discussed.^

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We studied two deep-sea cores from the Scotia Sea to reconstruct past atmospheric circulation in the southern hemisphere and to resolve a long-standing debate on the interpretation of magnetic susceptibility (MS) records in Southern Ocean (SO) sediment. High-sedimentation sites MD07-3134 (0.2 - 1.2 m/kyr) and MD07-3133 (0.3 - 2 m/kyr) cover the last 92.5 kyr and 36 kyr, respectively. Both exhibit a one-to-one coupling of the MS and Ca2+ signal to the non-sea salt (nss) Ca2+ signal of the EDML ice core, clearly identifying atmospheric circulation as means of distribution. Comparison of additional proxies also excludes major influence by volcanic sources, sea-ice, icebergs, or oceanic current transport. The close resemblance of the dust proxies over the last glacial cycle, in turn, allows for the establishment of an age model of unprecedented resolution and precision for SO deep-sea sediment because atmospheric transport involves no major leads or lags. This is of particular importance because MS is routinely measured on deep-sea cores in the SO but the sediments usually lack biogenic carbonate and therefore had only limited stratigraphic control so far. Southern South America (SSA) is the likely source of eolian material because Site MD07-3133, located closer to the continent, has slightly higher MS values than Site MD07-3134, and also the MS record of Patagonian Site SALSA shows comparable variability. Patagonia was the dust source for both the Scotia Sea and East Antarctica. Dust fluxes were several times higher during glacial times, when atmospheric circulation was either stronger or shifted in latitude, sea level was lowered, shelf surfaces were exposed, and environmental conditions in SSA were dominated by glaciers and extended outwash plains. Hence, MS records of SO deep-sea sediment are reliable tracers of atmospheric circulation, allowing for chronologically-constrained reconstructions of the circum Antarctic paleoclimate history.