987 resultados para Siccità Infoworks PRV saracinesche riduzione delle pressioni
Resumo:
La presente dissertazione illustra lo studio, svolto in ambito di Tesi di Laurea Specialistica, della difesa delle aree di pianura prospicienti il tratto medio inferiore del Fiume Po dalle cosiddette piene al limite della prevedibilità, ovvero quelle aventi intensità al di sopra della quale le procedure di stima statistica perdono di significato a causa della mancanza di eventi osservati confrontabili (Majone, Tomirotti, 2006). In questo contesto si è definito come evento di piena al limite della prevedibiltà un evento con tempo di ritorno pari a cinquecento anni. Lo studio ha necessariamente preso in considerazione e riprodotto attraverso una schematizzazione concettuale le esondazioni all'esterno delle arginature maestre che si verificherebbero in conseguenza ad un evento estremo, quale quello preso in esame, nei comparti idraulici prospicienti l'asta fluviale. Detti comparti sono costituiti dalle zone di pianura latistanti l’asta fluviale, classificate dall'Autorità di Bacino come Fascia C e suddivise in base alla presenza degli affluenti principali del fiume Po e delle principali infrastrutture viarie e ferroviarie situate in tale fascia. Il presente studio persegue l’obiettivo di analizzare alcune politiche di intervento per la mitigazione del rischio alluvionale alternative al sovralzo e ringrosso arginale e ricade all'interno delle linee strategiche individuate dall' AdB-Po per la mitigazione del rischio residuale, ossia quello che permane anche in presenza di opere di difesa progettate e verificate con riferimento ad un ben preciso tempo di ritorno (nel caso in esame Trit = 200 anni). Questa linea di intervento si traduce praticamente individuando sul territorio aree meno "sensibili", in virtù del minor valore o dell'inferiore vulnerabilità dei beni in esse presenti, e dunque adatte ad accogliere i volumi di piena esondabili in occasione di quegli eventi di piena incompatibili con i presidi idraulici preesistenti, le sopra richiamate piene al limite della prevedibilità. L'esondazione controllata dei volumi di piena in tali aree avrebbe infatti il fine di tutelare le aree di maggior pregio, interessate da centri abitati, infrastrutture e beni di vario tipo; tale controllo è da considerarsi auspicabile in quanto sedici milioni di persone abitano la zona del bacino del Po e qui sono concentrati il 55% del patrimonio zootecnico italiano, il 35% della produzione agricola e il 37% delle industrie le quali però sostengono il 46% dei posti di lavoro (fonte AdB-Po). Per questi motivi il Po e il suo bacino sono da considerare come zone nevralgiche per l’intera economia italiana e una delle aree europee con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali. Dal punto di vista economico, l’area è strategica per il Paese garantendo un PIL che copre il 40% di quello nazionale, grazie alla presenza di grandi industrie e di una quota rilevante di piccole e medie imprese, nonché d’attività agricole e zootecniche diffuse. Il punto di partenza è stato il modello numerico quasi-bidimensionale precedentemente sviluppato dal DISTART nel 2008 con il software HEC-RAS, la cui schematizzazione geometrica copriva unicamente l'alveo del Fiume (Fasce A e B secondo la denominazione adottata dall'AdB-Po) e le cui condizioni iniziali e al contorno rispecchiavano un evento con tempo di ritorno pari a duecento anni. Si è proceduto dunque alla definizione di nuove sollecitazioni di progetto, volte a riprodurre nelle sezioni strumentate del Po gli idrogrammi sintetici con tempo di ritorno di cinquecento anni messi a punto dal D.I.I.A.R. (Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Ambientale e del Rilevamento, DIIAR, 2001) del Politecnico di Milano. Il modello stesso è stato poi aggiornato e considerevolmente modificato. Il risultato consiste in un nuovo modello matematico idraulico di tipo quasi-bidimensionale che, attraverso una schematizzazione concettuale, riproduce il comportamento idraulico in occasione di eventi di piena al limite della prevedibilità per tutte e tre le Fasce Fluviali considerate nel Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico redatto dall'AdB-Po (Fasce A, B C, v. PAI, 1999). I diversi comparti idraulici in cui può essere suddivisa la Fascia C sono stati inseriti nel modello e geometricamente descritti in termini di curve di riempimento, ricavate a partire dal DTM del Bacino del Po attraverso opportune elaborazioni in ambiente GIS (Geographic Information System). Una volta predisposto il modello sono state condotte due tipologie di simulazioni. Una prima serie è stata volta alla definizione in maniera iterativa dei punti critici degli argini maestri, ovvero quelli nei quali si prevedeva avvenisse la tracimazione, e alla modellazione in essi della formazione di brecce, decisive per una corretta riproduzione del fenomeno di esondazione all'esterno delle arginature maestre nell'attuale configurazione; bisogna infatti considerare che le arginature maestre vengono comunemente progettate con il solo fine di contenere le portate di piena in alveo, e che dunque un’eventuale tracimazione induce fenomeni erosivi che solitamente portano all'apertura di una breccia nel manufatto (rotta arginale). Un'ulteriore simulazione ha permesso di valutare l'evoluzione del fenomeno sotto l'ipotesi di un intervento di consolidamento degli argini maestri nei tratti critici (interessati dai sormonti) e quindi di rotta arginale impedita. Il confronto dei risultati ottenuti ha evidenziato i benefici associati ad una laminazione controllata dell'evento di piena all'esterno delle arginature. In questo contesto il termine "controllata" è esclusivamente associato al fenomeno di rotta arginale, come detto inibita per lo scenario ipotetico. I benefici di tale controllo si hanno in termini di volumi, di portate esondate e di tiranti attesi nei comparti idraulici. Lo strumento modellistico predisposto nell’ambito della Tesi di Laurea Specialistica si presta ad essere utilizzato a supporto dell’identificazione su ampia scala delle zone della Fascia C meno “sensibili”, in quanto meno vulnerabili ai fenomeni di allagamento. Questo ulteriore passaggio costituisce il punto di partenza per delineare le strategie ottimali di laminazione controllata in Fascia C degli eventi al limite della prevedibilità al fine della riduzione del rischio idraulico nelle aree di pianura prospicienti il Po, aspetto che verrà affrontato in sviluppi successivi del presente lavoro.
Resumo:
Con il presente lavoro, che ha ad oggetto l’istituto dello scioglimento anticipato delle Camere nell’ordinamento costituzionale italiano, il candidato si propone tre obiettivi. Il primo è quello della ricostruzione dogmatica dell’istituto che sconta inevitabilmente un grosso debito nei confronti della vasta letteratura giuridica che si è sviluppata nel corso dei decenni. Il secondo obiettivo è quello, ben più originale, dell’indagine sulla prassi che ha contraddistinto il ricorso allo scioglimento nella peculiare realtà italiana. In questo modo si viene colmando uno spazio di ricerca diretto a leggere gli avvenimenti e a ricondurli in un quadro costituzionale sistematico, anche al fine di ricavare utili riflessioni circa la conformità della prassi stessa al dato normativo, nonché sulle modalità di funzionamento concreto dell'istituto. Il terzo obiettivo, quello più ambizioso, è utilizzare le considerazioni così sviluppate per ricercare soluzioni interpretative adeguate all’evoluzione subita dall’assetto politico-istituzionale italiano negli ultimi due decenni. Quanto al metodo, la scelta del candidato è stata quella di ricorrere ad uno strumentario che pone in necessaria sequenza logica: a) i presupposti storici/comparatistici e il dibattito in Assemblea costituente, utili per l’acquisizione del patrimonio del parlamentarismo europeo del tempo e per la comprensione del substrato su cui si costruisce l’edificio costituzionale; b) il testo costituzionale, avvalendosi anche delle importanti considerazioni svolte dalla dottrina più autorevole; c) la prassi costituzionale, consistente nella fase di implementazione concreta del disposto normativo. La finalità che il candidato si pone è dimostrare la possibilità di configurare lo scioglimento secondo un modello di tipo “primoministeriale”. Per quanto riguarda la prima parte della ricerca, dalla pur sintetica descrizione dei precedenti storici (sia rispetto alle realtà europee, inglese e francese in primis, che al periodo prerepubblicano) si trae conferma che l’operatività dell’istituto è intrinsecamente influenzata dalla forma di governo. Una prima indicazione che emerge con forza è come la strutturazione del sistema partitico e il grado di legame tra Assemblea rappresentativa e Gabinetto condizionino la ratio del potere di scioglimento, la sua titolarità ed il suo effettivo rendimento. Infatti, in presenza di regimi bipartitici e di impianti istituzionali che accentuano il raccordo fiduciario, il Capo dello Stato tende all’emarginazione, e lo scioglimento acquisisce carattere di automaticità tutte le volte in cui si verificano crisi ministeriali (eventualità però piuttosto rara); più consueto è invece lo scioglimento primoministeriale libero, come arma politica vera e propria attraverso cui il Governo in carica tende a sfruttare il momento migliore per ricercare il giudizio del popolo. Al contrario, dove il sistema politico è più dinamico, e il pluralismo sociale radicalizzato, il Capo dello Stato interferisce fortemente nella vita istituzionale e, in particolare, nella formazione dell’indirizzo politico: in quest’ottica lo scioglimento viene da questi inglobato, ed il suo ricorso subordinato ad esigenze di recupero della funzionalità perduta; soprattutto, quando si verificano crisi ministeriali (invero frequenti) il ricorso alle urne non è conseguenza automatica, ma semmai gli viene preferita la via della formazione di un Gabinetto poggiante su una maggioranza alternativa. L’indagine svolta dal candidato sui lavori preparatori mostra come il Costituente abbia voluto perseguire l'obiettivo di allargare le maglie della disciplina costituzionale il più possibile, in modo da poter successivamente ammettere più soluzioni interpretative. Questa conclusione è il frutto del modo in cui si sono svolte le discussioni. Le maggiori opzioni prospettate si collocavano lungo una linea che aveva ad un estremo una tassativa preordinazione delle condizioni legittimanti, ed all’altro estremo l’esclusiva e pressoché arbitraria facoltà decisionale dello scioglimento nelle mani del Capo dello Stato; in mezzo, la via mediana (e maggiormente gradita) del potere sì presidenziale, benché circondato da tutta una serie di limiti e garanzie, nel quadro della costruzione di una figura moderatrice dei conflitti tra Esecutivo e Legislativo. Ma non bisogna tralasciare che, seppure rare, diverse voci propendevano per la delineazione di un potere governativo di scioglimento la quale impedisse che la subordinazione del Governo al Parlamento si potesse trasformare in degenerazione assemblearista. Quindi, il candidato intende sottolineare come l’adamantina prescrizione dell’art. 88 non postuli, nell’ambito dell’interpretazione teleologica che è stata data, alcuno specifico indirizzo interpretativo dominante: il che, in altri termini, è l’ammissione di una pluralità di concezioni teoricamente valide. L'analisi del dettato costituzionale non ha potuto prescindere dalla consolidata tripartizione delle teorie interpretative. Dall'analisi della letteratura emerge la preferenza per la prospettiva dualistica, anche in virtù del richiamo che la Costituzione svolge nei confronti delle competenze sia del Presidente della Repubblica (art. 88) che del Governo (art. 89), il che lo convince dell’inopportunità di imporre una visione esclusivista, come invece sovente hanno fatto i sostenitori della tesi presidenziale. Sull’altro versante ciò gli permette di riconferire una certa dignità alla tesi governativa, che a partire dal primo decennio repubblicano era stata accantonata in sede di dibattito dottrinario: in questo modo, entrambe le teoriche fondate su una titolarità esclusiva assumono una pari dignità, benchè parimenti nessuna delle due risulti persuasiva. Invece, accedere alla tesi della partecipazione complessa significa intrinsecamente riconoscere una grande flessibilità nell’esercizio del potere in questione, permettendo così una sua più adeguata idoneità a mutare le proprie sembianze in fase applicativa e a calarsi di volta in volta nelle situazioni contingenti. Questa costruzione si inserisce nella scelta costituente di rafforzare le garanzie, ed il reciproco controllo che si instaura tra Presidente e Governo rappresenta la principale forma di tutela contro potenziali abusi di potere. Ad ognuno dei due organi spettano però compiti differenti, poiché le finalità perseguite sono differenti: come l’Esecutivo agisce normalmente secondo canoni politici, in quanto principale responsabile dell’indirizzo politico, al Capo dello Stato si addice soprattutto il compito di sorvegliare il regolare svolgimento dei meccanismi istituzionali, in posizione di imparzialità. Lo schema costituzionale, secondo il candidato, sembra perciò puntare sulla leale collaborazione tra i poteri in questione, senza però predefinire uno ruolo fisso ed immutabile, ma esaltando le potenzialità di una configurazione così eclettica. Assumendo questa concezione, si ha buon gioco a conferire piena cittadinanza costituzionale all’ipotesi di scioglimento disposto su proposta del Presidente del Consiglio, che si può ricavare in via interpretativa dalla valorizzazione dell’art. 89 Cost. anche secondo il suo significato letterale. Al discorso della titolarità del potere di scioglimento, il candidato lega quello circa i presupposti legittimanti, altro nodo irrisolto. La problematica relativa alla loro definizione troverebbe un decisivo ridimensionamento nel momento in cui si ammette la compartecipazione di Governo e Presidente della Repubblica: il diverso titolo con il quale essi cooperano consentirebbe di prevenire valutazioni pretestuose circa la presenza delle condizioni legittimanti, poichè è nel reciproco controllo che entrambi gli organi individuano i confini entro cui svolgere le rispettive funzioni. Si giustificano così sia ragioni legate ad esigenze di funzionalità del sistema (le più ricorrenti in un sistema politico pluripartitico), sia quelle scaturenti dalla divaricazione tra orientamento dei rappresentati e orientamento dei rappresentanti: purchè, sottolinea il candidato, ciò non conduca il Presidente della Repubblica ad assumere un ruolo improprio di interferenza con le prerogative proprie della sfera di indirizzo politico. Il carattere aperto della disciplina costituzionale spinge inevitabilmente il candidato ad approfondire l'analisi della prassi, la cui conoscenza costituisce un fondamentale modo sia per comprendere il significato delle disposizioni positive che per apprezzare l’utilità reale ed il rendimento sistemico dell’istituto. Infatti, è proprio dall'indagine sulla pratica che affiorano in maniera prepotente le molteplici virtualità dello strumento dissolutorio, con modalità operative che, a seconda delle singole fasi individuate, trovano una strutturazione casistica variabile. In pratica: nel 1953 e nel 1958 è l'interesse del partito di maggioranza relativa ad influenzare il Governo circa la scelta di anticipare la scadenza del Senato; nel 1963 e nel 1968 invece si fa strada l'idea del consenso diffuso allo scioglimento, seppure nel primo caso l'anticipo valga ancora una volta per il solo Senato, e nel secondo ci si trovi di fronte all'unica ipotesi di fine naturale della legislatura; nel 1972, nel 1976, nel 1979, nel 1983 e nel 1987 (con una significativa variante) si manifesta con tutta la sua forza la pratica consociativa, figlia della degenerazione partitocratica che ha svuotato le istituzioni giuridiche (a partire dal Governo) e cristallizzato nei partiti politici il centro di gravità della vita pubblica; nel 1992, a chiusura della prima epoca repubblicana, caratterizzata dal dominio della proporzionale (con tutte le sue implicazioni), si presentano elementi atipici, i quali vanno a combinarsi con le consolidate tendenze, aprendo così la via all'incertezza sulle tendenze future. È con l'avvento della logica maggioritaria, prepotentemente affacciatasi per il tramite dei referendum elettorali, a sconvolgere il quadro delle relazioni fra gli organi costituzionali, anche per quanto concerne ratio e caratteristiche del potere di scioglimento delle Camere. Soprattutto, nella fase di stretta transizione che ha attraversato il quadriennio 1992-1996, il candidato mette in luce come i continui smottamenti del sistema politico abbiano condotto ad una fase di destabilizzazione anche per quanto riguarda la prassi, incrinando le vecchie regolarità e dando vita a potenzialità fino allora sconosciute, addirittura al limite della conformità a Costituzione. La Presidenza Scalfaro avvia un processo di netta appropriazione del potere di scioglimento, esercitandolo in maniera esclusiva, grazie anche alla controfirma offerta da un Governo compiacente (“tecnicco”, perciò debitore della piena fiducia quirinalizia). La piena paternità presidenziale, nel 1994, è accompagnata da un altro elemento di brusca rottura con il passato, ossia quello della ragione legittimante: infatti, per la prima volta viene addotta palesemente la motivazione del deficit di rappresentatività. Altro momento ad aver costituito da spartiacque nell’evoluzione della forma di governo è stato il mancato scioglimento a seguito della crisi del I Governo Berlusconi, in cui forti erano state le pressioni perché si adeguasse il parlamentarismo secondo i canoni del bipolarismo e del concetto di mandato di governo conferito direttamente dagli elettori ad una maggioranza (che si voleva predefinita, nonostante essa in verità non lo fosse affatto). Dopo questa parentesi, secondo il candidato la configurazione dello strumento dissolutorio si allinea su ben altri binari. Dal punto di vista della titolarità, sono i partiti politici a riprendere vigorosamente un certo protagonismo decisionale, ma con una netta differenza rispetto al passato consociativo: ora, il quadro politico pare saldamente attestato su una dinamica bipolare, per cui anche in relazione all’opzione da adottare a seguito di crisi ministeriale sono le forze della maggioranza che decidono se proseguire la legislatura (qualora trovino l’accordo tra di loro) o se sciogliere (allorchè invece si raggiunga una sorta di maggioranza per lo scioglimento). Dal punto di vista dei presupposti, sembra consolidarsi l’idea che lo scioglimento rappresenti solo l’extrema ratio, chiamando gli elettori ad esprimersi solo nel momento in cui si certifica l’assoluta impossibilità di ripristinare la funzionalità perduta. Conclusioni. Il rafforzamento della prospettiva bipolare dovrebbe postulare una riconfigurazione del potere di scioglimento tesa a valorizzare la potestà decisionale del Governo. Ciò discenderebbe dal principio secondo cui il rafforzamento del circuito che unisce corpo elettorale, maggioranza parlamentare e Governo, grazie al collante di un programma politico condiviso, una coalizione che si presenta alle elezioni ed un candidato alla Presidenza del Consiglio che incarna la perfetta sintesi di tutte queste istanze, comporta che alla sua rottura non si può che tornare al giudizio elettorale: e quindi sciogliere le Camere, evitando la composizione di maggioranze che non rappresentano la diretta volontà popolare. Il candidato però non ritiene auspicabile l’adozione di un automatismo analogo alla regola dell'aut simul stabunt aut simul cadent proprio dell’esperienza regionale post 1999, perché soluzione eccessivamente rigida, che ingesserebbe in maniera inappropriata una forma parlamentare che comunque richiede margini di flessiblità. La proposta è invece di rileggere il testo costituzionale, rebus sic stantibus, nel senso di far prevalere un potere libero di proposta da parte del Governo, cui il Capo dello Stato non potrebbe non consentire, salvo svolgere un generale controllo di costituzionalità volto ad accertare l’insussistenza di alcuna forma di abuso. Su queste conclusioni il lavoro esprime solo prime idee, che meritano di essere approfondite. Come è da approfondire un tema che rappresenta forse l’elemento di maggiore originalità: trattasi della qualificazione e descrizione di un mandato a governare, ossia della compatibilità costituzionale (si pensi, in primis, al rapporto con il divieto di mandato imperativo di cui all’art. 67 Cost.) di un compito di governo che, tramite le elezioni, gli elettori affidano ad una determinata maggioranza, e che va ad arricchire il significato del voto rispetto a quello classico della mera rappresentanza delle istanze dei cittadini (e propria del parlamentarismo ottocentesco): riflessi di tali considerazioni si avrebbero inevitabilmente anche rispetto alla concezione del potere di scioglimento, che in siffatta maniera verrebbe percepito come strumento per il ripristino del “circuito di consonanza politica” che in qualche modo si sarebbe venuto a rompere. Ad ogni buon conto, già emergono dei riflessi in questo senso, per cui la strada intrapresa dal candidato pare quella giusta affinchè l’opera risulti completa, ben argomentata ed innovativa.
Resumo:
Il presente studio, per ciò che concerne la prima parte della ricerca, si propone di fornire un’analisi che ripercorra il pensiero teorico e la pratica critica di Louis Marin, mettendone in rilievo i caratteri salienti affinché si possa verificare se, nella loro eterogenea interdisciplinarità, non emerga un profilo unitario che consenta di ricomprenderli in un qualche paradigma estetico moderno e/o contemporaneo. Va innanzitutto rilevato che la formazione intellettuale di Marin è avvenuta nell’alveo di quel montante e pervasivo interesse che lo strutturalismo di stampo linguistico seppe suscitare nelle scienze sociali degli anni sessanta. Si è cercato, allora, prima di misurare la distanza che separa l’approccio di Marin ai testi da quello praticato dalla semiotica greimasiana, impostasi in Francia come modello dominante di quella svolta semiotica che ha interessato in quegli anni diverse discipline: dagli studi estetici all’antropologia, dalla psicanalisi alla filosofia. Si è proceduto, quindi, ad un confronto tra l’apparato concettuale elaborato dalla semiotica e alcune celebri analisi del nostro autore – tratte soprattutto da Opacité de la peinture e De la représentation. Seppure Marin non abbia mai articolato sistematicametne i principi teorici che esplicitassero la sua decisa contrapposizione al potente modello greimasiano, tuttavia le reiterate riflessioni intorno ai presupposti epistemologici del proprio modo di interpretare i testi – nonché le analisi di opere pittoriche, narrative e teoriche che ci ha lasciato in centinaia di studi – permettono di definirne una concezione estetica nettamente distinta dalla pratica semio-semantica della scuola di A. J. Greimas. Da questo confronto risulterà, piuttosto, che è il pensiero di un linguista sui generis come E. Benveniste ad avere fecondato le riflessioni di Marin il quale, d’altra parte, ha saputo rielaborare originalmente i contributi fondamentali che Benveniste diede alla costruzione della teoria dell’enunciazione linguistica. Impostando l’equazione: enunciazione linguistica=rappresentazione visiva (in senso lato), Marin diviene l’inventore del dispositivo concettuale e operativo che consentirà di analizzare l’enunciazione visiva: la superficie di rappresentazione, la cornice, lo sguardo, l’iscrizione, il gesto, lo specchio, lo schema prospettico, il trompe-l’oeil, sono solo alcune delle figure in cui Marin vede tradotto – ma in realtà immagina ex novo – quei dispositivi enunciazionali che il linguista aveva individuato alla base della parole come messa in funzione della langue. Marin ha saputo così interpretare, in modo convincente, le opere e i testi della cultura francese del XVII secolo alla quale sono dedicati buona parte dei suoi studi: dai pittori del classicismo (Poussin, Le Brun, de Champaigne, ecc.) agli eruditi della cerchia di Luigi XIV, dai filosofi (soprattutto Pascal), grammatici e logici di Port-Royal alle favole di La Fontaine e Perrault. Ma, come si evince soprattutto da testi come Opacité de la peinture, Marin risulterà anche un grande interprete del rinascimento italiano. In secondo luogo si è cercato di interpretare Le portrait du Roi, il testo forse più celebre dell’autore, sulla scorta dell’ontologia dell’immagine che Gadamer elabora nel suo Verità e metodo, non certo per praticare una riduzione acritica di due concezioni che partono da presupposti divergenti – lo strutturalismo e la critica d’arte da una parte, l’ermeneutica filosofica dall’altra – ma per rilevare che entrambi ricorrono al concetto di rappresentazione intendendolo non tanto come mimesis ma soprattutto, per usare il termine di Gadamer, come repraesentatio. Sia Gadamer che Marin concepiscono la rappresentazione non solo come sostituzione mimetica del rappresentato – cioè nella direzione univoca che dal rappresentato conduce all’immagine – ma anche come originaria duplicazione di esso, la quale conferisce al rappresentato la sua legittimazione, la sua ragione o il suo incremento d’essere. Nella rappresentazione in quanto capace di legittimare il rappresentato – di cui pure è la raffigurazione – abbiamo così rintracciato la cifra comune tra l’estetica di Marin e l’ontologia dell’immagine di Gadamer. Infine, ci è sembrato di poter ricondurre la teoria della rappresentazione di Marin all’interno del paradigma estetico elaborato da Kant nella sua terza Critica. Sebbene manchino in Marin espliciti riferimenti in tal senso, la sua teoria della rappresentazione – in quanto dire che mostra se stesso nel momento in cui dice qualcos’altro – può essere intesa come una riflessione estetica che trova nel sensibile la sua condizione trascendentale di significazione. In particolare, le riflessioni kantiane sul sentimento di sublime – a cui abbiamo dedicato una lunga disamina – ci sono sembrate chiarificatrici della dinamica a cui è sottoposta la relazione tra rappresentazione e rappresentato nella concezione di Marin. L’assolutamente grande e potente come tratti distintivi del sublime discusso da Kant, sono stati da noi considerati solo nella misura in cui ci permettevano di fare emergere la rappresentazione della grandezza e del potere assoluto del monarca (Luigi XIV) come potere conferitogli da una rappresentazione estetico-politica costruita ad arte. Ma sono piuttosto le facoltà in gioco nella nostra più comune esperienza delle grandezze, e che il sublime matematico mette esemplarmente in mostra – la valutazione estetica e l’immaginazione – ad averci fornito la chiave interpretativa per comprendere ciò che Marin ripete in più luoghi citando Pascal: una città, da lontano, è una città ma appena mi avvicino sono case, alberi, erba, insetti, ecc… Così abbiamo applicato i concetti emersi nella discussione sul sublime al rapporto tra la rappresentazione e il visibile rappresentato: rapporto che non smette, per Marin, di riconfigurarsi sempre di nuovo. Nella seconda parte della tesi, quella dedicata all’opera di Bernard Stiegler, il problema della comprensione delle immagini è stato affrontato solo dopo aver posto e discusso la tesi che la tecnica, lungi dall’essere un portato accidentale e sussidiario dell’uomo – solitamente supposto anche da chi ne riconosce la pervasività e ne coglie il cogente condizionamento – deve invece essere compresa proprio come la condizione costitutiva della sua stessa umanità. Tesi che, forse, poteva essere tematizzata in tutta la sua portata solo da un pensatore testimone delle invenzioni tecnico-tecnologiche del nostro tempo e del conseguente e radicale disorientamento a cui esse ci costringono. Per chiarire la propria concezione della tecnica, nel I volume di La technique et le temps – opera alla quale, soprattutto, sarà dedicato il nostro studio – Stiegler decide di riprendere il problema da dove lo aveva lasciato Heidegger con La questione della tecnica: se volgiamo coglierne l’essenza non è più possibile pensarla come un insieme di mezzi prodotti dalla creatività umana secondo un certi fini, cioè strumentalmente, ma come un modo di dis-velamento della verità dell’essere. Posto così il problema, e dopo aver mostrato come i sistemi tecnici tendano ad evolversi in base a tendenze loro proprie che in buona parte prescindono dall’inventività umana (qui il riferimento è ad autori come F. Gille e G. Simondon), Stiegler si impegna a riprendere e discutere i contributi di A. Leroi-Gourhan. È noto come per il paletnologo l’uomo sia cominciato dai piedi, cioè dall’assunzione della posizione eretta, la quale gli avrebbe permesso di liberare le mani prima destinate alla deambulazione e di sviluppare anatomicamente la faccia e la volta cranica quali ondizioni per l’insorgenza di quelle capacità tecniche e linguistiche che lo contraddistinguono. Dei risultati conseguiti da Leroi-Gourhan e consegnati soprattutto in Le geste et la parole, Stiegler accoglie soprattutto l’idea che l’uomo si vada definendo attraverso un processo – ancora in atto – che inizia col primo gesto di esteriorizzazione dell’esperienza umana nell’oggetto tecnico. Col che è già posta, per Stiegler, anche la prima forma di simbolizzazione e di rapporto al tempo che lo caratterizzano ancora oggi. Esteriorità e interiorità dell’uomo sono, per Stiegler, transduttive, cioè si originano ed evolvono insieme. Riprendendo, in seguito, l’anti-antropologia filosofica sviluppata da Heidegger nell’analitica esistenziale di Essere e tempo, Stiegler dimostra che, se si vuole cogliere l’effettività della condizione dell’esistenza umana, è necessaria un’analisi degli oggetti tecnici che però Heidegger relega nella sfera dell’intramondano e dunque esclude dalla temporalità autentica dell’esser-ci. Se è vero che l’uomo – o il chi, come lo chiama Stiegler per distinguerlo dal che-cosa tecnico – trova nell’essere-nel-mondo la sua prima e più fattiva possibilità d’essere, è altrettanto verò che questo mondo ereditato da altri è già strutturato tecnicamente, è già saturo della temporalità depositata nelle protesi tecniche nelle quali l’uomo si esteriorizza, e nelle quali soltanto, quindi, può trovare quelle possibilità im-proprie e condivise (perché tramandate e impersonali) a partire dalle quali poter progettare la propria individuazione nel tempo. Nel percorso di lettura che abbiamo seguito per il II e III volume de La technique et le temps, l’autore è impegnato innanzitutto in una polemica serrata con le analisi fenomenologiche che Husserl sviluppa intorno alla coscienza interna del tempo. Questa fenomenologia del tempo, prendendo ad esame un oggetto temporale – ad esempio una melodia – giunge ad opporre ricordo primario (ritenzione) e ricordo secondario (rimemorazione) sulla base dell’apporto percettivo e immaginativo della coscienza nella costituzione del fenomeno temporale. In questo modo Husserl si preclude la possibilità di cogliere il contributo che l’oggetto tecnico – ad esempio la registrazione analogica di una melodia – dà alla costituzione del flusso temporale. Anzi, Husserl esclude esplicitamente che una qualsiasi coscienza d’immagine – termine al quale Stiegler fa corrispondere quello di ricordo terziario: un testo scritto, una registrazione, un’immagine, un’opera, un qualsiasi supporto memonico trascendente la coscienza – possa rientrare nella dimensione origianaria e costitutiva di tempo. In essa può trovar posto solo la coscienza con i suo vissuti temporali percepiti, ritenuti o ricordati (rimemorati). Dopo un’attenta rilettura del testo husserliano, abbiamo seguito Stiegler passo a passo nel percorso di legittimazione dell’oggetto tecnico quale condizione costitutiva dell’esperienza temporale, mostrando come le tecniche di registrazione analogica di un oggetto temporale modifichino, in tutta evidenza, il flusso ritentivo della coscienza – che Husserl aveva supposto automatico e necessitante – e con ciò regolino, conseguente, la reciproca permeabilità tra ricordo primario e secondario. L’interpretazione tecnica di alcuni oggetti temporali – una foto, la sequenza di un film – e delle possibilità dispiegate da alcuni dispositivi tecnologici – la programmazione e la diffusione audiovisiva in diretta, l’immagine analogico-digitale – concludono questo lavoro richiamando l’attenzione sia sull’evidenza prodotta da tali esperienze – evidenza tutta tecnica e trascendente la coscienza – sia sul sapere tecnico dell’uomo quale condizione – trascendentale e fattuale al tempo stesso – per la comprensione delle immagini e di ogni oggetto temporale in generale. Prendendo dunque le mosse da una riflessione, quella di Marin, che si muove all’interno di una sostanziale antropologia filosofica preoccupata di reperire, nell’uomo, le condizioni di possibilità per la comprensione delle immagini come rappresentazioni – condizione che verrà reperità nella sensibilità o nell’aisthesis dello spettatore – il presente lavoro passerà, dunque, a considerare la riflessione tecno-logica di Stiegler trovando nelle immagini in quanto oggetti tecnici esterni all’uomo – cioè nelle protesi della sua sensibilità – le condizioni di possibilità per la comprensione del suo rapporto al tempo.
Resumo:
Benessere delle popolazioni, gestione sostenibile delle risorse, povertà e degrado ambientale sono dei concetti fortemente connessi in un mondo in cui il 20% della popolazione mondiale consuma più del 75% delle risorse naturali. Sin dal 1992 al Summit della Terra a Rio de Janeiro si è affermato il forte legame tra tutela dell’ambiente e riduzione della povertà, ed è anche stata riconosciuta l’importanza di un ecosistema sano per condurre una vita dignitosa, specialmente nelle zone rurali povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. La natura infatti, soprattutto per le popolazioni rurali, rappresenta un bene quotidiano e prezioso, una forma essenziale per la sussistenza ed una fonte primaria di reddito. Accanto a questa constatazione vi è anche la consapevolezza che negli ultimi decenni gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana: consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di “metabolizzare” i nostri scarti. Allo stesso modo aumenta la povertà: attualmente ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, mentre circa metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno (UN). La connessione tra povertà ed ambiente non dipende solamente dalla scarsità di risorse che rende più difficili le condizioni di vita, ma anche dalla gestione delle stesse risorse naturali. Infatti in molti paesi o luoghi dove le risorse non sono carenti la popolazione più povera non vi ha accesso per motivi politici, economici e sociali. Inoltre se si paragona l’impronta ecologica con una misura riconosciuta dello “sviluppo umano”, l’Indice dello Sviluppo Umano (HDI) delle Nazioni Unite (Cfr. Cap 2), il rapporto dimostra chiaramente che ciò che noi accettiamo generalmente come “alto sviluppo” è molto lontano dal concetto di sviluppo sostenibile accettato universalmente, in quanto i paesi cosiddetti “sviluppati” sono quelli con una maggior impronta ecologica. Se allora lo “sviluppo” mette sotto pressione gli ecosistemi, dal cui benessere dipende direttamente il benessere dell’uomo, allora vuol dire che il concetto di “sviluppo” deve essere rivisitato, perché ha come conseguenza non il benessere del pianeta e delle popolazioni, ma il degrado ambientale e l’accrescimento delle disuguaglianze sociali. Quindi da una parte vi è la “società occidentale”, che promuove l’avanzamento della tecnologia e dell’industrializzazione per la crescita economica, spremendo un ecosistema sempre più stanco ed esausto al fine di ottenere dei benefici solo per una ristretta fetta della popolazione mondiale che segue un modello di vita consumistico degradando l’ambiente e sommergendolo di rifiuti; dall’altra parte ci sono le famiglie di contadini rurali, i “moradores” delle favelas o delle periferie delle grandi metropoli del Sud del Mondo, i senza terra, gli immigrati delle baraccopoli, i “waste pickers” delle periferie di Bombay che sopravvivono raccattando rifiuti, i profughi di guerre fatte per il controllo delle risorse, gli sfollati ambientali, gli eco-rifugiati, che vivono sotto la soglia di povertà, senza accesso alle risorse primarie per la sopravvivenza. La gestione sostenibile dell’ambiente, il produrre reddito dalla valorizzazione diretta dell’ecosistema e l’accesso alle risorse naturali sono tra gli strumenti più efficaci per migliorare le condizioni di vita degli individui, strumenti che possono anche garantire la distribuzione della ricchezza costruendo una società più equa, in quanto le merci ed i servizi dell’ecosistema fungono da beni per le comunità. La corretta gestione dell’ambiente e delle risorse quindi è di estrema importanza per la lotta alla povertà ed in questo caso il ruolo e la responsabilità dei tecnici ambientali è cruciale. Il lavoro di ricerca qui presentato, partendo dall’analisi del problema della gestione delle risorse naturali e dal suo stretto legame con la povertà, rivisitando il concetto tradizionale di “sviluppo” secondo i nuovi filoni di pensiero, vuole suggerire soluzioni e tecnologie per la gestione sostenibile delle risorse naturali che abbiano come obiettivo il benessere delle popolazioni più povere e degli ecosistemi, proponendo inoltre un metodo valutativo per la scelta delle alternative, soluzioni o tecnologie più adeguate al contesto di intervento. Dopo l’analisi dello “stato del Pianeta” (Capitolo 1) e delle risorse, sia a livello globale che a livello regionale, il secondo Capitolo prende in esame il concetto di povertà, di Paese in Via di Sviluppo (PVS), il concetto di “sviluppo sostenibile” e i nuovi filoni di pensiero: dalla teoria della Decrescita, al concetto di Sviluppo Umano. Dalla presa di coscienza dei reali fabbisogni umani, dall’analisi dello stato dell’ambiente, della povertà e delle sue diverse facce nei vari paesi, e dalla presa di coscienza del fallimento dell’economia della crescita (oggi visibile più che mai) si può comprendere che la soluzione per sconfiggere la povertà, il degrado dell’ambiente, e raggiungere lo sviluppo umano, non è il consumismo, la produzione, e nemmeno il trasferimento della tecnologia e l’industrializzazione; ma il “piccolo e bello” (F. Schumacher, 1982), ovvero gli stili di vita semplici, la tutela degli ecosistemi, e a livello tecnologico le “tecnologie appropriate”. Ed è proprio alle Tecnologie Appropriate a cui sono dedicati i Capitoli successivi (Capitolo 4 e Capitolo 5). Queste sono tecnologie semplici, a basso impatto ambientale, a basso costo, facilmente gestibili dalle comunità, tecnologie che permettono alle popolazioni più povere di avere accesso alle risorse naturali. Sono le tecnologie che meglio permettono, grazie alle loro caratteristiche, la tutela dei beni comuni naturali, quindi delle risorse e dell’ambiente, favorendo ed incentivando la partecipazione delle comunità locali e valorizzando i saperi tradizionali, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori, al basso costo, alla sostenibilità ambientale, contribuendo all’affermazione dei diritti umani e alla salvaguardia dell’ambiente. Le Tecnologie Appropriate prese in esame sono quelle relative all’approvvigionamento idrico e alla depurazione dell’acqua tra cui: - la raccolta della nebbia, - metodi semplici per la perforazione di pozzi, - pompe a pedali e pompe manuali per l’approvvigionamento idrico, - la raccolta dell’acqua piovana, - il recupero delle sorgenti, - semplici metodi per la depurazione dell’acqua al punto d’uso (filtro in ceramica, filtro a sabbia, filtro in tessuto, disinfezione e distillazione solare). Il quinto Capitolo espone invece le Tecnolocie Appropriate per la gestione dei rifiuti nei PVS, in cui sono descritte: - soluzioni per la raccolta dei rifiuti nei PVS, - soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti nei PVS, - semplici tecnologie per il riciclaggio dei rifiuti solidi. Il sesto Capitolo tratta tematiche riguardanti la Cooperazione Internazionale, la Cooperazione Decentrata e i progetti di Sviluppo Umano. Per progetti di sviluppo si intende, nell’ambito della Cooperazione, quei progetti che hanno come obiettivi la lotta alla povertà e il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità beneficiarie dei PVS coinvolte nel progetto. All’interno dei progetti di cooperazione e di sviluppo umano gli interventi di tipo ambientale giocano un ruolo importante, visto che, come già detto, la povertà e il benessere delle popolazioni dipende dal benessere degli ecosistemi in cui vivono: favorire la tutela dell’ambiente, garantire l’accesso all’acqua potabile, la corretta gestione dei rifiuti e dei reflui nonché l’approvvigionamento energetico pulito sono aspetti necessari per permettere ad ogni individuo, soprattutto se vive in condizioni di “sviluppo”, di condurre una vita sana e produttiva. È importante quindi, negli interventi di sviluppo umano di carattere tecnico ed ambientale, scegliere soluzioni decentrate che prevedano l’adozione di Tecnologie Appropriate per contribuire a valorizzare l’ambiente e a tutelare la salute della comunità. I Capitoli 7 ed 8 prendono in esame i metodi per la valutazione degli interventi di sviluppo umano. Un altro aspetto fondamentale che rientra nel ruolo dei tecnici infatti è l’utilizzo di un corretto metodo valutativo per la scelta dei progetti possibili che tenga presente tutti gli aspetti, ovvero gli impatti sociali, ambientali, economici e che si cali bene alle realtà svantaggiate come quelle prese in considerazione in questo lavoro; un metodo cioè che consenta una valutazione specifica per i progetti di sviluppo umano e che possa permettere l’individuazione del progetto/intervento tecnologico e ambientale più appropriato ad ogni contesto specifico. Dall’analisi dei vari strumenti valutativi si è scelto di sviluppare un modello per la valutazione degli interventi di carattere ambientale nei progetti di Cooperazione Decentrata basato sull’Analisi Multi Criteria e sulla Analisi Gerarchica. L’oggetto di questa ricerca è stato quindi lo sviluppo di una metodologia, che tramite il supporto matematico e metodologico dell’Analisi Multi Criteria, permetta di valutare l’appropriatezza, la sostenibilità degli interventi di Sviluppo Umano di carattere ambientale, sviluppati all’interno di progetti di Cooperazione Internazionale e di Cooperazione Decentrata attraverso l’utilizzo di Tecnologie Appropriate. Nel Capitolo 9 viene proposta la metodologia, il modello di calcolo e i criteri su cui si basa la valutazione. I successivi capitoli (Capitolo 10 e Capitolo 11) sono invece dedicati alla sperimentazione della metodologia ai diversi casi studio: - “Progetto ambientale sulla gestione dei rifiuti presso i campi Profughi Saharawi”, Algeria, - “Programa 1 milhão de Cisternas, P1MC” e - “Programa Uma Terra e Duas Águas, P1+2”, Semi Arido brasiliano.
Resumo:
Trent’anni or sono il concetto di ottimalità venne formulato in senso teorico da Lévy, ma solo un decennio dopo Lamping riesce a darne elegante implementazione algoritmica. Realizza un sistema di riduzione su grafi che si scoprirà poi avere interessanti analogie con la logica lineare presentata nello stesso periodo da Girard. Ma l’ottimalità è davvero ottimale? In altre parole, l’implementazione ottimale del λ calcolo realizzata attraverso i grafi di condivisione, è davvero la migliore strategia di riduzione, in termini di complessità? Dopo anni di infondati dubbi e di immeritato oblìo, alla conferenza LICS del 2007, Baillot, Coppola e Dal Lago, danno una prima risposta positiva, seppur parziale. Considerano infatti il caso particolare delle logiche affini elementare e leggera, che possiedono interessanti proprietà a livello di complessità intrinseca e semplificano l’arduo problema. La prima parte di questa tesi presenta, in sintesi, la teoria dell’ottimalità e la sua implementazione condivisa. La seconda parte affronta il tema della sua complessità, a cominciare da una panoramica dei più importanti risultati ad essa legati. La successiva introduzione alle logiche affini, e alle relative caratteristiche, costituisce la necessaria premessa ai due capitoli successivi, che presentano una dimostrazione alternativa ed originale degli ultimi risultati basati appunto su EAL e LAL. Nel primo dei due capitoli viene definito un sistema intermedio fra le reti di prova delle logiche e la riduzione dei grafi, nel secondo sono dimostrate correttezza ed ottimalità dell’implementazione condivisa per mezzo di una simulazione. Lungo la trattazione sono offerti alcuni spunti di riflessione sulla dinamica interna della β riduzione riduzione e sui suoi legami con le reti di prova della logica lineare.
Resumo:
Lo scopo della seguente trattazione, è quello di introdurre il concetto di efficienza energetica all’interno delle aziende, qualunque sia il loro campo d’applicazione. Per far ciò l’ISO ha emanato una nuova normativa a livello internazionale che ha il compito di aiutare le imprese ad implementare un corretto Sistema di Gestione dell’Energia. Dopo una breve introduzione sul panorama energetico nazionale, nel secondo capitolo verranno introdotte le due normative energetiche e verranno spiegate e commentate. Successivamente ci si concentrerà, a partire dal terzo capitolo, sulla grande distribuzione organizzata, la quale è stata analizzata come caso applicativo; in prima analisi verranno introdotti gli impianti presenti all’interno dei supermercati e che maggiormente impattano sul consumo energetico, in secondo analisi verranno analizzate alcune soluzioni che se correttamente implementate potrebbero portare miglioramenti in termini energetici ed economici all’interno delle GDO. Nell’ultimo capitolo si affronterà una vera e propria diagnosi energetica relativa ad un punto vendita nel quale è stato effettuato un sopralluogo per la raccolta dei dati e si analizzerà l’andamento dei consumi energetici e si introdurranno degli indici di performance appositamente pensati per un monitoraggio efficiente dei consumi energetici, infine si proporranno soluzioni espressamente pensate per il suddetto punto vendita. L’intero lavoro è stato svolto in collaborazione con una società di consulenza, la NIER Ingegneria; una società di servizi che ha come scopo la ricerca delle soluzioni più idonee a problemi di carattere prevalentemente organizzativo e tecnologico in riferimento ai settori ambiente, qualità, sicurezza, energia. Fondata nel 1977, il primo ambito lavorativo fu l’Energia: effettuò ricerche, realizzò simulazioni e banche dati, come la prima Banca Dati Metereologica italiana (su base oraria) e il calcolo dei gradi giorno per tutti i Comuni italiani. Caso raro in Italia, sono rimasti impegnati anche nel Nucleare occupandosi, prima, di sicurezza di reattori a fusione, poi di affidabilità e sicurezza della nuova macchina a fusione, l'ambizioso progetto internazionale Net/Iter. Negli anni '80, dal nucleare si sono allargati al settore dei Rischi e Incidenti rilevanti in campo industriale fornendo assistenza alle imprese e alla pubblica amministrazione e, successivamente, negli anni '90, alle attività di Analisi ambientali e di sicurezza con la produzione di piani di emergenza, manuali operativi, corsi di formazione e strategie di comunicazione ambientale. Infine, l’ Ambiente nelle sue molteplici articolazioni. Acqua, aria, suolo e sottosuolo sono stati oggetto di studi, ricerche e progetti svolti per Autorità Pubbliche, Enti di Ricerca e industrie nella direzione di uno sviluppo durevole e sostenibile. In ambito energetico si occupano di • Diagnosi e certificazioni energetiche • ISO 50001:2011 - Sistema di gestione per l'energia • Piani energetici ambientali • Simulazioni dinamiche di edifici ed impianti • Energie rinnovabili • Risparmio energetico • Attività di ricerca
Resumo:
I sistemi mobili rappresentano una classe di sistemi distribuiti caratterizzata dalla presenza di dispositivi portatili eterogenei quali PDA, laptop e telefoni cellulari che interagiscono tra loro mediante una rete di interconnessione wireless. Una classe di sistemi mobili di particolare interesse è costituita dai sistemi basati sul modello di interazione publish/subscribe. Secondo tale schema, i nodi all'interno di una rete possono assumere due ruoli differenti: i produttori di informazione, chiamati publisher, ed i consumatori di informazione, chiamati subscriber. Tipicamente, l'interazione tra essi è mediata da un gestore di eventi che indirizza correttamente le informazioni ricevute dai publisher verso i subscriber interessati, sulla base degli interessi espressi da questi ultimi tramite sottoscrizioni. Nella progettazione di sistemi mobili, a differenza di quelli tradizionali basati su nodi fissi, bisogna tenere conto di problemi quali la scarsa capacità computazionale dei dispositivi e la limitata larghezza di banda delle reti wireless. All'interno di tale ambito, stanno recentemente assumendo sempre maggiore importanza i sistemi context-aware, ovvero sistemi mobili che sfruttano i dati provenienti dall'ambiente circostante e dai dispositivi stessi per adattare il proprio comportamento e notificare agli utenti la presenza di informazioni potenzialmente utili. Nello studio di questi sistemi, si è notato che i nodi che si trovano nella stessa area geografica generano tipicamente delle sottoscrizioni che presentano tra loro un certo grado di similarità e coperture parziali o totali. Il gruppo di ricerca del DEIS dell’Università di Bologna ha sviluppato un'infrastruttura di supporto per sistemi mobili context-aware, chiamata SALES. Attualmente il sistema progettato non considera le similarità delle sottoscrizioni e quindi non sfrutta opportunamente tale informazione. In questo contesto si rende necessario l'adozione di opportune tecniche di aggregazione delle sottoscrizioni atte ad alleggerire la computazione dei nodi mobili e le comunicazioni tra loro. Il lavoro presentato in questa tesi sarà finalizzato alla ricerca, all'adattamento ed all'implementazione di una tecnica di aggregazione delle sottoscrizioni. Tale tecnica avrà lo scopo di rilevare e sfruttare le similarità delle sottoscrizioni ricevute dal sistema al fine di ridurne il numero; in questo modo, quando un nodo riceverà un dato, il processo di confronto tra l'insieme delle sottoscrizioni memorizzate e il dato ricevuto sarà più leggero, consentendo un risparmio di risorse computazionali. Inoltre, adattando tali tecniche, sarà possibile modulare anche il traffico dati scaturito dalle risposte alle sottoscrizioni. La struttura di questa tesi prevede un primo capitolo sui sistemi context-aware, descrivendone le principali caratteristiche e mettendo in luce le problematiche ad essi associate. Il secondo capitolo illustra il modello di comunicazione Publish/Subscribe, modello di riferimento per i moderni sistemi context-aware e per i sistemi mobili in generale. Il terzo capitolo descrive l'infrastruttura SALES sulla quale si è progettata, implementata e testata la soluzione proposta in questa tesi. Il quarto capitolo presenta le principali tecniche di aggregazione delle sottoscrizioni e spiega come possono essere adattate al contesto di questa tesi. Il quinto capitolo effettua l'analisi dei requisiti per comprendere meglio il comportamento della soluzione; seguono la progettazione e l’implementazione della soluzione su SALES. Infine, il sesto capitolo riporta in dettaglio i risultati ottenuti da alcuni degli esperimenti effettuati e vengono messi a confronto con quelli rilevati dal sistema di partenza.
Resumo:
Il presente studio si concentra sulle diverse applicazioni del telerilevamento termico in ambito urbano. Vengono inizialmente descritti la radiazione infrarossa e le sue interazioni con l’atmosfera terrestre, le leggi principali che regolano lo scambio di calore per irraggiamento, le caratteristiche dei sensori e le diverse applicazioni di termografia. Successivamente sono trattati nel dettaglio gli aspetti caratteristici della termografia da piattaforma satellitare, finalizzata principalmente alla valutazione del fenomeno dell'Urban Heat Island; vengono descritti i sensori disponibili, le metodologie di correzione per gli effetti atmosferici, per la stima dell'emissività delle superfici e per il calcolo della temperatura superficiale dei pixels. Viene quindi illustrata la sperimentazione effettuata sull'area di Bologna mediante immagini multispettrali ASTER: i risultati mostrano come sull'area urbana sia riscontrabile la presenza dell'Isola di Calore Urbano, anche se la sua quantificazione risulta complessa. Si procede quindi alla descrizione di potenzialità e limiti della termografia aerea, dei suoi diversi utilizzi, delle modalità operative di rilievo e degli algoritmi utilizzati per il calcolo della temperatura superficiale delle coperture edilizie. Tramite l’analisi di alcune esperienze precedenti vengono trattati l’influenza dell’atmosfera, la modellazione dei suoi effetti sulla radianza rilevata, i diversi metodi per la stima dell’emissività. Viene quindi introdotto il progetto europeo Energycity, finalizzato alla creazione di un sistema GeoWeb di supporto spaziale alle decisioni per la riduzione di consumi energetici e produzione di gas serra su sette città dell'Europa Centrale. Vengono illustrate le modalità di rilievo e le attività di processing dei datasets digitali per la creazione di mappe di temperatura superficiale da implementare nel sistema SDSS. Viene infine descritta la sperimentazione effettuata sulle immagini termiche acquisite nel febbraio 2010 sulla città di Treviso, trasformate in un mosaico georiferito di temperatura radiometrica tramite correzioni geometriche e radiometriche; a seguito della correzione per l’emissività quest’ultimo verrà trasformato in un mosaico di temperatura superficiale.
Resumo:
La ricerca è mirata a valutare come l’attuazione delle politiche ambientali di Sviluppo Rurale possa contribuire al miglioramento del paesaggio, analizzando i suoi effetti territoriali. Nell’ambito del caso di studio della Regione Emilia-Romagna vengono analizzate le misure agro-ambientali e di forestazione agricola dal 1994 al 2011, comprendendo gli interventi realizzati con i Regolamenti (CEE) 2078/1992, 2080/1992 e dai Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) 2000-2006 e 2007-2013. In particolare, sono approfonditi i fattori che determinano la partecipazione territoriale delle misure agro-ambientali, individuate a livello aziendale le motivazioni alla partecipazione per le azioni con effetto diretto sul paesaggio, valutati i conseguenti effetti tecnico-economici e analizzati gli impatti degli interventi sul paesaggio a livello territoriale, in funzione del contesto ambientale. I risultati hanno consentito di approfondire quanto già riportato nelle valutazioni istituzionali dei PSR e in letteratura scientifica, individuando i fattori determinanti della partecipazione a livello regionale. A questo scopo sono state utilizzate analisi di econometria spaziale che hanno permesso di evidenziare effetti di concentrazione territoriale delle superfici sotto impegno, in funzione delle priorità della misura e degli ordinamenti produttivi dei beneficiari. Sono stati inoltre analizzati gli impatti paesaggistici in un’area di studio ristretta a livello territoriale e aziendale: gli interventi specifici, in alcuni contesti territoriali dove è stata raggiunta una certa concentrazione delle superfici sotto impegno, hanno modificato il paesaggio rurale, differenziandolo rispetto alla matrice agricola intensiva in cui sono stati inseriti. A livello aziendale sono stati rilevati effetti significativi sull’economia dei beneficiari che scelgono di aderire a tali misure, con un diffuso effetto di riduzione della redditività. I contributi compensano in maniera differenziata i costi legati all’implementazione degli interventi in funzione della tipologia di intervento e delle scelte tecniche aziendali adottate per la loro gestione.
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L'elaborato si propone di esplorare e mettere a punto metodi di filtraggio del rumore nelle misure di deformazione tramite correlazione digitale di immagini. Tali strategie vengono perseguite inizialmente tramite filtraggio delle immmagini in ingresso, successivamente tramite filtraggio nel dominio delle frequenze spaziali delle distribuzioni di deformazione ed infine tramite filtraggio nel dominio temporale di immagini e distribuzioni di deformazione.
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Il progetto di ricerca si situa nell’ambito dell’informatica giudiziaria settore che studia i sistemi informativi implementati negli uffici giudiziari allo scopo di migliorare l’efficienza del servizio, fornire una leva per la riduzione dei lunghi tempi processuali, al fine ultimo di garantire al meglio i diritti riconosciuti ai cittadini e accrescere la competitività del Paese. Oggetto di studio specifico del progetto di ricerca è l’utilizzo delle ICT nel processo penale. Si tratta di una realtà meno studiata rispetto al processo civile, eppure la crisi di efficienza del processo non è meno sentita in tale area: l’arretrato da smaltire al 30 giugno del 2011 è stato quantificato in 3,4 milioni di processi penali, e il tempo medio di definizione degli stessi è di quattro anni e nove mesi. Guardare al processo penale con gli occhi della progettazione dei sistemi informativi è vedere un fluire ininterrotto di informazioni che include realtà collocate a monte e a valle del processo stesso: dalla trasmissione della notizia di reato alla esecuzione della pena. In questa prospettiva diventa evidente l’importanza di una corretta gestione delle informazioni: la quantità, l’accuratezza, la rapidità di accesso alle stesse sono fattori così cruciali per il processo penale che l’efficienza del sistema informativo e la qualità della giustizia erogata sono fortemente interrelate. Il progetto di ricerca è orientato a individuare quali siano le condizioni in cui l’efficienza può essere effettivamente raggiunta e, soprattutto, a verificare quali siano le scelte tecnologiche che possono preservare, o anche potenziare, i principi e le garanzie del processo penale. Nel processo penale, infatti, sono coinvolti diritti fondamentali dell’individuo quali la libertà personale, la dignità, la riservatezza, diritti fondamentali che vengono tutelati attraverso un ampia gamma di diritti processuali quali la presunzione di innocenza, il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio, la finalità di rieducazione della pena.
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Lo studio effettuato pone le sue basi sulla ricerca di materiali stradali che combinino ad elevati standard prestazionali, la riduzione dell’impatto ambientale in fase realizzativa e manutentiva. In particolare il seguente lavoro si occupa dello studio di 7 leganti modificati con polimeri ed additivati con cere. I primi infatti conferiscono alla miscela maggiore elastoplasticità, incrementandone la durabilità e la resistenza a fatica. Nei secondi la presenza del materiale paraffinico contribuisce a ridurre la viscosità del bitume, consentendo un notevole abbassamento della temperatura di produzione e stesa della miscela. Numerosi studi hanno dimostrato che le caratteristiche meccaniche della pavimentazione sono fortemente influenzate dal grado di ossidazione delle componenti organiche del bitume, ovvero dal fenomeno dell’invecchiamento o aging. Pertanto allo studio reologico del bitume, si sono affiancate prove di simulazione dell’ invecchiamento nel breve e lungo termine. In fase di ricerca sperimentale si sono analizzati i leganti modificati ed additivati secondo la teoria della viscoelasticità, simulando le reali condizioni di carico ed invecchiamento alle quali il bitume è sottoposto. Tutte le prove di caratterizzazione reologica avanzata sono state effettuate mediante l’utilizzo del DSR (Dynamic Shear Rheometer - UNI EN 14770 ) in varie configurazioni di prova e l’invecchiamento a breve termine è stato simulato mediante RTFOT (Rolling thin film oven test -UNI EN 12607-1). Si è proposto inoltre una nuova procedura di aging invecchiando il bitume alla temperatura di Twork, ovvero a quel valore della temperatura tale per cui, in fase di messa in opera, si avrà una distribuzione molecolare omogenea del modificante all’interno del bitume.
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Il documento descrive un profilo d'integrazione sviluppato da IHE(Integrating Health Enterprise) con lo scopo di diminuire il rischio clinico nel caso delle terapie infusionali. Vengono descritte nel dettaglio l'organizzazione IHE e la sua struttura, la gestione del rischio, il reparto di terapia intensiva, le pompe infusionali e gli errori ad esse relativi. Tema centrale è l'analisi approfondita del framework IPEC(Infusion Pump Event Communication).
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La tesi affronta il tema della neuromatematica della visione, in particolare l’integrazione di modelli geometrici di percezione visiva con tecniche di riduzione di dimensionalità. Dall’inizio del secolo scorso, la corrente ideologica della Gestalt iniziò a definire delle regole secondo le quali stimoli visivi distinti tra loro possono essere percepiti come un’unica unità percettiva, come ad esempio i principi di prossimità, somiglianza o buona continuazione. Nel tentativo di quantificare ciò che gli psicologi avevano definito in maniera qualitativa, Field, Hayes e Hess hanno descritto, attraverso esperimenti psicofisiologici, dei campi di associazione per stimoli orientati, che definiscono quali caratteristiche due segmenti dovrebbero avere per poter essere associati allo stesso gruppo percettivo. Grazie alle moderne tecniche di neuroimaging che consentono una mappatura funzionale dettagliata della corteccia visiva, è possibile giustificare su basi neurofisiologiche questi fenomeni percettivi. Ad esempio è stato osservato come neuroni sensibili ad una determinata orientazione siano preferenzialmente connessi con neuroni aventi selettività in posizione e orientazione coerenti con le regole di prossimità e buona continuazione. Partendo dal modello di campi di associazione nello spazio R^2xS^1 introdotto da Citti e Sarti, che introduce una giustificazione del completamento percettivo sulla base della funzionalità della corteccia visiva primaria (V1), è stato possibile modellare la connettività cellulare risolvendo un sistema di equazioni differenziali stocastiche. In questo modo si sono ottenute delle densità di probabilità che sono state interpretate come probabilità di connessione tra cellule semplici in V1. A queste densità di probabilità è possibile collegare direttamente il concetto di affinità tra stimoli visivi, e proprio sulla costruzione di determinate matrici di affinità si sono basati diversi metodi di riduzione di dimensionalità. La fenomenologia del grouping visivo descritta poco sopra è, di fatto, il risultato di un procedimento di riduzione di dimensionalità. I risultati ottenuti da questa analisi e gli esempi applicativi sviluppati si sono rivelati utili per comprendere più nel dettaglio la possibilità di poter riprodurre, attraverso l’analisi spettrale di matrici di affinità calcolate utilizzando i modelli geometrici di Citti-Sarti, il fenomeno percettivo di grouping nello spazio R^2xS^1.
Resumo:
Le alterazioni della funzionalità mitocondriale detengono un ruolo cruciale nella patogenesi della malattia di Alzheimer (AD), sostenendo il processo neurodegenerativo attraverso meccanismi quali la riduzione della disponibilità energetica e la iperproduzione di ROS. Alle numerose ipotesi di patogenesi dell’AD, si è recentemente affiancata la cosiddetta ipotesi vascolare. Nei soggetti AD è stata riscontrata una significativa riduzione della disponibilità di ossigeno a livello neuronale (ipossia neuronale). Da numerosi studi è poi emerso che l’ipossia gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’AD contribuendo a più vie patogenetiche contemporaneamente. Tuttavia, non sono stati ancora chiariti tutti i meccanismi attraverso cui l’ipossia esplica la sua azione di danno. Lo scopo di questo studio è stato quello di contribuire a chiarire il ruolo patologico dell’ipossia nell’AD, analizzando principalmente le alterazioni della funzionalità mitocondriale indotte dalla riduzione della disponibilità di ossigeno. Nella prima fase dello studio cellule PC12 sono state coltivate in presenza di β-amiloide e ipossia. In questo modello abbiamo osservato un potenziamento dei fenomeni di deplezione dell’ATP e di generazione delle ROS indotti dalla Aβ quando anche l’ipossia era presente come fonte di danno cellulare, ipotizzando per i due fattori un effetto congiunto di tipo additivo. Nella seconda fase abbiamo esposto all’ipossia fibroblasti prelevati da pazienti AD portatori di mutazioni a carico dei geni APP e PSEN. La presenza di mutazioni predisponenti ad un fenotipo AD era in grado di determinare un danno bioenergetico e ossidativo. Le alterazioni bioenergetiche riscontrate in normossia risultavano ulteriormente potenziate quando i fibroblasti erano coltivati in ipossia, mentre lo stato di stress ossidativo veniva evidenziato solo in condizioni ipossiche. Sulla base dei risultati finora conseguiti si può ipotizzare che uno dei meccanismi attraverso cui l’ipossia esplica la sua azione di danno nella AD, possa essere dovuto alla capacità di potenziare ulteriormente le alterazioni della funzionalità mitocondriale.