130 resultados para Photogrammetric


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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The aim of this study was to investigate the influence of image resolution manipulation on the photogrammetric measurement of the rearfoot static angle. The study design was that of a reliability study. We evaluated 19 healthy young adults (11 females and 8 males). The photographs were taken at 1536 pixels in the greatest dimension, resized into four different resolutions (1200, 768, 600, 384 pixels) and analyzed by three equally trained examiners on a 96-pixels per inch (ppi) screen. An experienced physiotherapist marked the anatomic landmarks of rearfoot static angles on two occasions within a 1-week interval. Three different examiners had marked angles on digital pictures. The systematic error and the smallest detectable difference were calculated from the angle values between the image resolutions and times of evaluation. Different resolutions were compared by analysis of variance. Inter- and intra-examiner reliability was calculated by intra-class correlation coefficients (ICC). The rearfoot static angles obtained by the examiners in each resolution were not different (P > 0.05); however, the higher the image resolution the better the inter-examiner reliability. The intra-examiner reliability (within a 1-week interval) was considered to be unacceptable for all image resolutions (ICC range: 0.08-0.52). The whole body image of an adult with a minimum size of 768 pixels analyzed on a 96-ppi screen can provide very good inter-examiner reliability for photogrammetric measurements of rearfoot static angles (ICC range: 0.85-0.92), although the intra-examiner reliability within each resolution was not acceptable. Therefore, this method is not a proper tool for follow-up evaluations of patients within a therapeutic protocol.

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Our understanding of the climate of northern Sweden during the late Holocene is largely dependent on proxy-data series. These datasets remain spatially and temporally sparse and instrumental series are rare prior to the mid 19th century. Nevertheless, the glaciology and paleo-glaciology of the region has a strong potential significance for the exploration of climate change scenarios, past and future. The aim of this thesis is to investigate the 19th and 20th century climate in the northern Swedish mountain range. This provides a good opportunity to analyse the natural variability of the climate before the onset of the industrial epoch. Developing a temporal understanding of fluctuations in glacier front positions and glacier mass balance that is linked to a better understanding of their interaction and relative significance to climate is fundamental in the assessment of past climate. I have chosen to investigate previously unexplored temperature data from northern Sweden from between 1802 and 1860 and combined it with a temperature series from a synoptic station in Haparanda, which began operation in 1859, in order to create a reliable long temperature series for the period 1802 to 2002. I have also investigated two different glaciers, Pårteglaciären and Salajekna, which are located in different climatic environments. These glaciers have, from a Swedish perspective, long observational records. Furthermore, I have investigated a recurring jökulhlaup at the glacier Sälkaglaciären in order to analyse glacier-climate relationships with respect to the jökulhlaups. A number of datasets are presented, including: glacier frontal changes, in situ and photogrammetric mass balance data, in situ and satellite radar interferometry measurements of surface velocity, radar measurements, ice volume data and a temperature series. All these datasets are analysed in order to investigate the response of the glaciers to climatic stimuli, to attribute specific behaviour to particular climates and to analyse the 19th and 20th century glacier/climate relationships in northern Sweden. The 19th century was characterized by cold conditions in northern Sweden, particularly in winter. Significant changes in the amplitude of the annual temperature cycle are evident. Through the 19th century there is a marked decreasing trend in the amplitude of the data, suggesting a change towards a prevalence of maritime (westerly) air masses, something which has characterised the 20th century. The investigations on Salajekna support the conclusion that the major part of the 19th century was cold and dry. The 19th century advance of Salajekna was probably caused by colder climate in the late 18th and early 19th centuries, coupled with a weakening of the westerly airflow. The investigations on Pårteglaciären show that the glacier has a response time of ~200 years. It also suggests that there was a relatively high frequency of easterly winds providing the glacier with winter precipitation during the 19th century. Glaciers have very different response times and are sensitive to different climatic parameters. Glaciers in rather continental areas of the Subarctic and Arctic can have very long response times because of mass balance considerations and not primarily the glacier dynamics. This is of vital importance for analyzing Arctic and Subarctic glacier behaviour in a global change perspective. It is far from evident that the behaviour of the glacier fronts today reflects the present climate.

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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.

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Il territorio italiano presenta una grandissima ricchezza nel campo dei Beni Culturali, sia mobili che immobili; si tratta di un patrimonio di grande importanza che va gestito e tutelato nel migliore dei modi e con strumenti adeguati, anche in relazione ai problemi ad esso legati in termini di manutenzione e di salvaguardia dai fattori di rischio a cui può essere esposto. Per una buona conoscenza del Patrimonio Culturale, è fondamentale un’acquisizione preliminare di informazioni condotte in modo sistematico e unitario, che siano diffuse ed organiche, ma anche utili ad una valutazione preventiva e ad una successiva programmazione degli interventi di restauro di tipo conservativo. In questo ambito, l'impiego delle tecniche e tecnologie geomatiche nel campo dei Beni Culturali, può fornire un valido contributo, che va dalla catalogazione e documentazione del bene culturale al suo controllo e monitoraggio. Oggigiorno il crescente sviluppo di nuove tecnologie digitali, accompagnato dai notevoli passi avanti compiuti dalle discipline della geomatica (in primo luogo topografiche e fotogrammetriche), rende possibile una efficace integrazione tra varie tecniche, favorita anche dalla diffusione di soluzioni per l’interscambio dati e per la comunicazione tra differenti dispositivi. Lo studio oggetto della presente tesi si propone, di approfondire gli aspetti legati all’uso delle tecniche e tecnologie della Geomatica, per mettere in risalto le condizioni di un bene ed il suo stato di degrado. Per la gestione e la salvaguardia di un bene culturale , si presenta il SIT Carta del Rischio che evidenzia le pericolosità legate al patrimonio, e come esse sommate alla vulnerabilità di un singolo bene, contribuiscano all’individuazione del grado di rischio. di approfondire gli aspetti legati all’uso delle tecniche e tecnologie delle Geomatica, per mettere in risalto le condizioni di un bene ed il suo stato di degrado.

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La ricerca ha preso in esame l’analisi archeologica di un territorio medievale e la sperimentazione di strumenti informatici per la gestione e l’analisi dei dati prodotti dalla ricerca stessa. Il Montalbano, oggetto della ricerca, è una microregione caratterizzata da elementi che la rendono molto interessante. Si tratta di una catena submontana che divide la piana di Firenze-Prato-Pistoia dal Valdarno inferiore. Questa posizione di frontiera ne ha fatto l’oggetto di mire espansionistiche da parte delle principali famiglie signorili prima, dei comuni poi. In una prima fase sono stati censiti i siti attestati dalle fonti documentarie e materiali per capire le dinamiche insediative del popolamento medievale e le strategie di controllo di un territorio caratterizzato dall’assenza di un’egemonia da parte di un solo potere (almeno fino a metà ‘300). L’analisi stratigrafica si è poi concentrata sulle strutture architettoniche religiose, in quanto offrono la maggior quantità di dati dal punto di vista documentario e archeologico. È stato così possibile ottenere un quadro delle tecniche costruttive medievali e delle influenze culturali che lo hanno prodotto. I dati archeologici sono stati gestiti attraverso una piattaforma gis sviluppata all’interno del Laboratorio di Archeologia Medievale dell’Università di Firenze in collaborazione con il laboratorio LSIS del CNRS di Marsiglia. Questa è stata appositamente strutturata secondo le procedure di raccolta e organizzazione dati utilizzate durante l’analisi archeologica. Le singole strutture indagate sono inoltre state oggetto di un rilievo 3d fotogrammetrico che in alcuni casi studio è stato anche utilizzato come base di accesso ai dati derivanti dall’analisi stratigrafica, all’interno di un’applicazione gis 3d (Arpenteur). Questo ha permesso di connettere all’interno di un’unica piattaforma i dati geometrici ed archeometrici con quelli archeologici, utilizzando i primi come interfaccia di accesso ai secondi.

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The research aims at developing a framework for semantic-based digital survey of architectural heritage. Rooted in knowledge-based modeling which extracts mathematical constraints of geometry from architectural treatises, as-built information of architecture obtained from image-based modeling is integrated with the ideal model in BIM platform. The knowledge-based modeling transforms the geometry and parametric relation of architectural components from 2D printings to 3D digital models, and create large amount variations based on shape grammar in real time thanks to parametric modeling. It also provides prior knowledge for semantically segmenting unorganized survey data. The emergence of SfM (Structure from Motion) provides access to reconstruct large complex architectural scenes with high flexibility, low cost and full automation, but low reliability of metric accuracy. We solve this problem by combing photogrammetric approaches which consists of camera configuration, image enhancement, and bundle adjustment, etc. Experiments show the accuracy of image-based modeling following our workflow is comparable to that from range-based modeling. We also demonstrate positive results of our optimized approach in digital reconstruction of portico where low-texture-vault and dramatical transition of illumination bring huge difficulties in the workflow without optimization. Once the as-built model is obtained, it is integrated with the ideal model in BIM platform which allows multiple data enrichment. In spite of its promising prospect in AEC industry, BIM is developed with limited consideration of reverse-engineering from survey data. Besides representing the architectural heritage in parallel ways (ideal model and as-built model) and comparing their difference, we concern how to create as-built model in BIM software which is still an open area to be addressed. The research is supposed to be fundamental for research of architectural history, documentation and conservation of architectural heritage, and renovation of existing buildings.

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Wearable inertial and magnetic measurements units (IMMU) are an important tool for underwater motion analysis because they are swimmer-centric, they require only simple measurement set-up and they provide the performance results very quickly. In order to estimate 3D joint kinematics during motion, protocols were developed to transpose the IMMU orientation estimation to a biomechanical model. The aim of the thesis was to validate a protocol originally propositioned to estimate the joint angles of the upper limbs during one-degree-of-freedom movements in dry settings and herein modified to perform 3D kinematics analysis of shoulders, elbows and wrists during swimming. Eight high-level swimmers were assessed in the laboratory by means of an IMMU while simulating the front crawl and breaststroke movements. A stereo-photogrammetric system (SPS) was used as reference. The joint angles (in degrees) of the shoulders (flexion-extension, abduction-adduction and internal-external rotation), the elbows (flexion-extension and pronation-supination), and the wrists (flexion-extension and radial-ulnar deviation) were estimated with the two systems and compared by means of root mean square errors (RMSE), relative RMSE, Pearson’s product-moment coefficient correlation (R) and coefficient of multiple correlation (CMC). Subsequently, the athletes were assessed during pool swimming trials through the IMMU. Considering both swim styles and all joint degrees of freedom modeled, the comparison between the IMMU and the SPS showed median values of RMSE lower than 8°, representing 10% of overall joint range of motion, high median values of CMC (0.97) and R (0.96). These findings suggest that the protocol accurately estimated the 3D orientation of the shoulders, elbows and wrists joint during swimming with accuracy adequate for the purposes of research. In conclusion, the proposed method to evaluate the 3D joint kinematics through IMMU was revealed to be a useful tool for both sport and clinical contexts.

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In many cases, it is not possible to call the motorists to account for their considerable excess in speeding, because they deny being the driver on the speed-check photograph. An anthropological comparison of facial features using a photo-to-photo comparison can be very difficult depending on the quality of the photographs. One difficulty of that analysis method is that the comparison photographs of the presumed driver are taken with a different camera or camera lens and from a different angle than for the speed-check photo. To take a comparison photograph with exactly the same camera setup is almost impossible. Therefore, only an imprecise comparison of the individual facial features is possible. The geometry and position of each facial feature, for example the distances between the eyes or the positions of the ears, etc., cannot be taken into consideration. We applied a new method using 3D laser scanning, optical surface digitalization, and photogrammetric calculation of the speed-check photo, which enables a geometric comparison. Thus, the influence of the focal length and the distortion of the objective lens are eliminated and the precise position and the viewing direction of the speed-check camera are calculated. Even in cases of low-quality images or when the face of the driver is partly hidden, good results are delivered using this method. This new method, Geometric Comparison, is evaluated and validated in a prepared study which is described in this article.

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OBJECTIVES Optical scanners combined with computer-aided design and computer-aided manufacturing (CAD/CAM) technology provide high accuracy in the fabrication of titanium (TIT) and zirconium dioxide (ZrO) bars. The aim of this study was to compare the precision of fit of CAD/CAM TIT bars produced with a photogrammetric and a laser scanner. METHODS Twenty rigid CAD/CAM bars were fabricated on one single edentulous master cast with 6 implants in the positions of the second premolars, canines and central incisors. A photogrammetric scanner (P) provided digitized data for TIT-P (n=5) while a laser scanner (L) was used for TIT-L (n=5). The control groups consisted of soldered gold bars (gold, n=5) and ZrO-P with similar bar design. Median vertical distance between implant and bar platforms from non-tightened implants (one-screw test) was calculated from mesial, buccal and distal scanning electron microscope measurements. RESULTS Vertical microgaps were not significantly different between TIT-P (median 16μm; 95% CI 10-27μm) and TIT-L (25μm; 13-32μm). Gold (49μm; 12-69μm) had higher values than TIT-P (p=0.001) and TIT-L (p=0.008), while ZrO-P (35μm; 17-55μm) exhibited higher values than TIT-P (p=0.023). Misfit values increased in all groups from implant position 23 (3 units) to 15 (10 units), while in gold and TIT-P values decreased from implant 11 toward the most distal implant 15. SIGNIFICANCE CAD/CAM titanium bars showed high precision of fit using photogrammetric and laser scanners. In comparison, the misfit of ZrO bars (CAM/CAM, photogrammetric scanner) and soldered gold bars was statistically higher but values were clinically acceptable.

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Jakobshavns Isbrae (69 degrees 10'N, 49 degrees 5'W) drains about 6.5% of the Greenland ice sheet and is the fastest ice stream known. The Jakobshavns Isbrae basin of about 10 000 km(2) was mapped photogrammetrically from four sets of aerial photography, two taken in July 1985 and two in July 1986. Positions and elevations of several hundred natural features on the ice surface were determined for each epoch by photogrammetric block-aerial triangulation, and surface velocity vectors were computed from the positions. The two flights in 1985 yielded the best results and provided most common points (716) for velocity determinations and are therefore used in the modeling studies. The data from these irregularly spaced points were used to calculate ice elevations and velocity vectors at uniformly spaced grid paints 3 km apart by interpolation. The field of surface strain rates was then calculated from these gridded data and used to compute the field of surface deviatoric stresses, using the flow law of ice, for rectilinear coordinates, X, Y pointing eastward and northward. and curvilinear coordinates, L, T pointing longitudinally and transversely to the changing ice-flow direction. Ice-surface elevations and slopes were then used to calculate ice thicknesses and the fraction of the ice velocity due to basal sliding. Our calculated ice thicknesses are in fair agreement with an ice-thickness map based on seismic sounding and supplied to us by K. Echelmeyer. Ice thicknesses were subtracted from measured ice-surface elevations to map bed topography. Our calculation shows that basal sliding is significant only in the 10-15 km before Jakobshavns Isbrae becomes afloat in Jakobshavns IsfJord.

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This paper describes a general workflow for the registration of terrestrial radar interferometric data with 3D point clouds derived from terrestrial photogrammetry and structure from motion. After the determination of intrinsic and extrinsic orientation parameters, data obtained by terrestrial radar interferometry were projected on point clouds and then on the initial photographs. Visualisation of slope deformation measurements on photographs provides an easily understandable and distributable information product, especially of inaccessible target areas such as steep rock walls or in rockfall run-out zones. The suitability and error propagation of the referencing steps and final visualisation of four approaches are compared: (a) the classic approach using a metric camera and stereo-image photogrammetry; (b) images acquired with a metric camera, automatically processed using structure from motion; (c) images acquired with a digital compact camera, processed with structure from motion; and (d) a markerless approach, using images acquired with a digital compact camera using structure from motion without artificial ground control points. The usability of the completely markerless approach for the visualisation of high-resolution radar interferometry assists the production of visualisation products for interpretation.

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The Vernagtferner in the Ötztaler Alps (Tirol) has been mapped after terrestrial-photogrammetric surveying by Sebastian Finsterwalder in 1889, Otto von Gruber in 1912, and Heinrich Schatz in 1938. The new, four-colored map in the scale 1: 10.000 enclosed in this issue was composed from aerial photographs of 1969. It was conceived as topographicaI map with additional geodetic and glaciological content. The methods of survey are explained and the means of cartographic representation are discussed.