215 resultados para MEDIOEVO
Resumo:
La ricerca ha come oggetto l’edizione critica di circa tremila regesti di documenti di area bolognese datati al X-XII secolo. I documenti sono stati trascritti tra il XVII e XVIII secolo in undici cartulari ecclesiastici, conservati presso l’Archivio di Stato di Bologna. Il lavoro s’inserisce nel progetto di edizione delle carte bolognesi di epoca medievale in corso presso la cattedra di Paleografia latina e Diplomatica dell’Università di Bologna, attualmente incentrata sull’edizione delle carte del secolo XII. La ricerca si propone come strumento di supporto a tale progetto e come completamento delle carte già pubblicate: i cartulari, infatti, offrono spesso copie di documenti mancanti dell’originale o in cattivo stato di conservazione, e costituiscono l’unica traccia di una memoria storica altrimenti perduta. Le raccolte esaminate si collocano a ridosso del periodo napoleonico, quando la maggior parte degli enti ecclesiastici venne soppressa e i loro beni incamerati dallo Stato; esse quindi rispecchiano la condizione dei principali archivi ecclesiastici cittadini dei primi secoli del Medioevo bolognese. La ricerca è strutturata in una prima parte volta a definire in termini storico-diplomatistici la tipologia di fonte esaminata: oggi i cartulari non sono più intesi come semplici raccoglitori di documenti, ma come sistema organico di fonti in grado di far luce su aspetti importanti della storia dell’ente che li ha prodotti. L’indagine del loro contesto di produzione permette di comprenderne meglio le finalità, la forma e il valore giuridico. Parte della ricerca è stata poi incentrata sullo studio delle ragioni che hanno portato gli istituti religiosi bolognesi alla redazione dei cartulari: a tal fine è stata esaminata la legislazione ecclesiastica cinque-settecentesca in materia di conservazione della documentazione e il rapporto della legislazione stessa con la prassi archivistica. Infine è stata realizzata l’edizione critica vera e propria dei regesti, mirante a descrivere le caratteristiche principali di ciascun cartulario.
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Nel 1932 Ernst Robert Curtius pubblica il pamphlet politico culturale Deutscher Geist in Gefahr nel quale chiarisce il suo pensiero di fronte alla grave crisi in cui versa la Germania. Egli si schiera contro le posizioni di destra del suo tempo, delle quali critica apertamente la boria nazionalista, il rozzo antisemitismo e la creazione di un mito nazionale elaborato come strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Ritiene inoltre inaccettabili le posizioni rivoluzionarie, tanto di destra quanto di sinistra, che vogliono liberarsi della tradizione umanistica europea e disprezzano la Zivilisation francese; allo stesso modo rifiuta l’ideale di un germanesimo eroico avulso dalla storia europea e respinge infine tutte le forme di nichilismo che si risolvono in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della realtà, dei valori e della storia. Curtius accetta il sistema democratico come unica soluzione e ritiene che le decisioni politiche debbano mirare al bene di tutti i ceti sociali indipendentemente dagli interessi di partiti e di singoli gruppi. Rifiuta qualunque forma, anche culturale, di supremazia della Germania, aspira a un’Europa cosmopolita, le cui nazioni siano valorizzate nelle loro caratteristiche specifiche, ed è convinto che per la costruzione della pace gli europei debbano vivere, studiare e lavorare insieme imparando gli uni le lingue degli altri. Per Curtius l’Umanesimo della tradizione classica e la letteratura del Medioevo sono parte integrante della vita di ogni europeo e fonte di energie spirituali per affrontare in modo creativo il presente e il futuro.
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L’Arco d’Augusto di Rimini rappresenta da sempre il monumento simbolo della città; ha visto ogni periodo storico, dei quali riporta tuttora i segni in modo visibile. L’alto valore storico, culturale ed artistico che l’Arco porta con se merita di essere valorizzato, conservato e studiato. E’ stato realizzato un rilievo fotogrammetrico del monumento romano e una successiva analisi strutturale mediante la tecnica F.E.M. Il rilievo è stato eseguito con la moderna tecnica digitale non convenzionale, la quale ha permesso di comprendere quanto essa sia in grado di soddisfare le varie esigenze di rilievo nell’ambito dei Beni Culturali. Nel primo capitolo si affrontano le tematiche relative al rilievo dei Beni Culturali, si concentra poi l’attenzione sul settore della fotogrammetria digitale. Il secondo capitolo è dedicato interamente alla storia dell’Arco d’Augusto, riportando tutti i rilievi dell’Arco realizzati dal Medioevo ad oggi. Il terzo capitolo riporta la serie di restauri che l’Arco riminese ha subito nel corso dei secoli, fra cui i due grandi interventi di restauro: il primo eseguito nel 1947 dall’Ing. Rinaldi G., il secondo nel 1996-98 per opera dell’Arch. Foschi P.L. Nel quarto capitolo si parla di come la tecnica fotogrammetrica si presti molto bene all’analisi e al controllo delle deformazioni strutturali. Il capitolo cinque è dedicato al rilievo topo-fotogrammetrico dell’oggetto, affrontato in tutte le sue fasi: ricognizione preliminare,progettazione ed esecuzione delle prese. Il sesto capitolo affronta l’elaborazione dei dati mediante il software PhotoModeler Pro 5. Nel settimo capitolo si confronta il presente rilievo con l’ortofoto realizzata nel 1982 dall’Arch. Angelini R. Il capitolo otto riporta alcune informazioni al riguardo della geomorfologia della zona limitrofa all’Arco. Nell’ultimo capitolo si descrive l’impiego del software agli elementi finiti Straus7 per creare ed elaborare il modello numerico dell’Arco.
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Ho deciso di documentarmi e di scrivere riguardo la traduzione del Corano e la sua storia in Occidente, in particolare in Italia, per poter comprendere meglio la cultura e il punto di vista di un popolo tanto simile quanto diverso dal mio. In seguito alla mia esperienza personale in Giordania e agli studi svolti fin’ora, mi sono resa conto di come la conoscenza di questo testo, anche se parziale, sia indispensabile per chiunque desideri entrare in contatto col mondo arabo. Riconoscendo le mie lacune in materia e intenzionata a proseguire con lo studio della lingua araba, ho deciso di rimediare scrivendo una tesi che potesse essere uno strumento utile per me, ma anche per tutti gli studenti futuri che, come me, desidereranno approfondire lo studio della cultura araba, oltre a quello della lingua. Dopo una breve introduzione sulla struttura e sulle origini storico-religiose del testo maomettano, proseguirò dunque la mia tesi sulla traduzione del Corano, concentrandomi sulle primissime versioni tradotte in Occidente e, in particolare, sulla prima traduzione italiana del testo sacro all’Islam. Fondamentale per lo studio del Corano e della sua traduzione è stato lo studio della storia, specialmente l’analisi del XVI secolo. Il passaggio dalla fine del Medioevo all’inizio dell’Età moderna porta infatti una serie di cambiamenti, rivoluzioni tecnologiche e filosofiche uniche nella storia europea e mondiale. Oltre ad aver ricercato la storia e tutte le informazioni utili sulle prime traduzioni del Corano in Europa, mi sono anche documentata sulle versioni più moderne, citando sia quelle di traduttori europei in generale, che quelle di autori italiani. Infine ho confrontato le due versioni de ‘Il Corano’ tradotte in lingua italiana da Bausani e Riccardo Hamza Piccardo: il primo studioso attento e traduttore esperto, il secondo religioso che rifiuta la traduzione classica per la traduzione interpretativa.
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Nel 1919 l'arabista spagnolo Miguel Asín Palacios dà alle stampe La Escatologìa musulmana en la Divina, in cui, attraverso una serie impressionante di analogie, dimostra l'esistenza di un rapporto «modello-copia» tra le narrazioni musulmane del viaggio ultraterreno di Maometto e la Divina Commedia. Questa controversa opera sarà la scintilla di una polemica, che ancora oggi, a distanza di cento anni rimane aperta e sconosciuta ai più. Questo è il motivo che mi ha spinta a trattare questo argomento nel presente elaborato: il mio scopo è quello di fornire una sintesi della Questione delle fonti islamiche della Divina Commedia, mostrare una panoramica dell'evoluzione del dibattito e dimostrare come, quelle che nell'opera di Palacios erano solo ipotesi, si siano rivelate essere, entro certi limiti, una realtà. Che il Medioevo europeo fosse saturo di pensiero e di arte islamica è innegabile: affermare che Dante, con la sua universale curiositas, si astenne completamente da questi influssi sembra indicare soltanto un certo disagio dei critici italiani nei confronti di questo mondo, a cui l'Europa guarda spesso solo attraverso eventi quali la guerra santa, la sottomissione della donna e il fanatismo. Proprio in un epoca come la nostra, in cui le barbare follie del fondamentalismo ci spingono a temere l'altro, questi studi assumono nuovo valore: la presenza di un'influenza islamica non rende meno grande il genio dantesco, anzi ne allarga gli orizzonti e rende la sua opera un esempio di interculturalità e di apertura profondamente attuale.
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Nella valle del Marzeno, posta su un’altura che domina e protegge la città, si trova la rocca di Modigliana, una costruzione antica, che si configura come una preziosa occasione per poter leggere e comprendere la storia di un luogo. È infatti un delicato palinsesto, una testimonianza fisica di complesse trasformazioni storiche e sociali, accumulate nel tempo. La cittadina di Modigliana sorge in una posizione geografica di natura strategica, vicina all’attuale confine tra Emilia Romagna e Toscana, teatro di numerosi conflitti e contese politiche nel corso della storia. La rocca viene costruita alla fine del IX secolo, come torre residenziale dei Conti Guidi, una potente famiglia a cui va attribuito un ruolo politico decisivo nell’Italia centrale del medioevo. Sotto il dominio dei Guidi,durato circa quattro secoli, Modigliana diventa capitale del feudo romagnolo e la rocca un palatium, emblema del forte potere politico e militare che i conti detenevano sul territorio. Nel 1377 il Comune di Modigliana viene annesso alla Repubblica Fiorentina e la rocca subisce importanti trasformazioni, perdendo la propria funzione palaziale e acquistando quella militare difensiva, fino ad un definitivo abbondono nel XVI secolo. La rocca, definita ‘Roccaccia’ per la propria imponenza, è divenuta simbolo e identità della cittadina nella percezione collettiva locale. In seguito al crollo di una parte del mastio, la rocca presenta un suggestivo spaccato, visibile da tutto il paese, che permette di osservare l’interno dell’antica costruzione. Purtroppo la mancata attuazione di un progetto di conservazione della rocca, ha lasciato la rovina in uno stato di totale degrado, pericolosità e inaccessibilità, portandola ad un lento declino. Il progetto si pone innanzitutto l’obiettivo di conservare e valorizzare il manufatto, permettendo l’accessibilità e la fruizione della rocca, senza stravolgerne i caratteri naturali e accettando i limiti imposti dal luogo. Sfruttando i percorsi storici e gli spazi esistenti, il progetto è pensato con l’intento di rendere conoscibile la composizione delle parti del manufatto e il suo funzionamento. Queste volontà progettuali hanno portato a maturare l’idea di voler restituire alla città di Modigliana un luogo, che il degrado e l’incuria stanno rubando al tempo.
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El presente libro busca que el lector comprenda comprender la realidad histórico-social como un proceso complejo y dinámico. A su vez, estimula la profundización de una perspectiva histórica en la que se pueda observar la complejidad de los procesos históricos, y reconocer los cambios y continuidades significativos en las sociedades de los tiempos antiguos, medievales, contemporáneos y su incidencia en las sociedades actuales. Finalmente, adopta un modelo de comprensión que tiene como eje la relación entre las instituciones y la sociedad y sus transformaciones en los procesos históricos correspondientes a la Antigüedad Clásica, el Medioevo, la Modernidad y lo Contemporáneo. Se editó como material de aprendizaje destinado al personal de seguridad pública de la Provincia de Mendoza en el marco del proyecto pedagógico con modalidad a distancia para la terminalidad de estudios de EGB3 y Educación Polimodal –EDITEP–, implementado a partir de la firma del Convenio entre la Universidad Nacional de Cuyo y el Gobierno de la Provincia de Mendoza, en octubre de 2003.
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Nuestro objetivo es encontrar en algunos autores del medioevo-monacal, signos en su obra que justifiquen el “darse vuelta" de una revisión, más allá de las estabilidades conceptuales y metodológicas preexistentes. Tal vez su fecundidad se reconozca y por lo tanto se justifique una tarea hermenéutica, en la experiencia de lo Absoluto y su apoyatura en los vínculos fraternos. Leída con las presiciones lingüísticas contemporáneas, mostraría de una nueva manera el eterno presente de una Presencia.
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Pese a los indicios que podrían encontrarse en la filosofía griega, la noción de persona es de origen netamente cristiano y no pudo haber sido formulada sino dentro de ese horizonte de pensamiento. El hombre ha sido creado a imagen de Dios y es persona porque, en primer término, Dios lo es. Aquí se enlazan, durante el medioevo, las cuestiones antropológicas y teológicas (trinitarias y cristológicas). Un ejemplo paradigmático se encuentra en las Sentencias de Pedro Lombardo y sus comentadores, entre los que hemos reparado especialmente en Tomás de Aquino. En este contexto, “naturaleza" (divina o humana) y “persona" son nociones íntimamente vinculadas, pues es propio de tales naturalezas el existir y manifestarse como seres personales. Esa relación, sin embargo, se pierde durante la modernidad, época en que persona y naturaleza se vuelven términos antagónicos. Martin Heidegger, agudo crítico de esa transformación en la historia del pensar, propone una concepción de lo humano que, no obstante su “ateísmo metodológico", finalmente parece aproximarse a la noción cristiana de persona.
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Es un hecho que recién después del conocimiento del texto de los libri morales de Aristóteles el medioevo tuvo acceso a una clara formulación conceptual de nuevos temas de teoría política. La influencia de Aristóteles no fue excluyente, pero sí relevante en relación con la incorporación de esos nuevos temas al repertorio de las ideas políticas medievales. Con todo, esa influencia debe ser revisada, pues al mismo tiempo que el modelo aristotélico inspira a los autores de textos políticos medievales, éstos reformularon el modelo aristotélico a la luz de ideas políticas protomodernas. Este artículo examina la coexistencia de una vertiente clásica-aristotélica con una vertiente protomoderna en el tratado De potestate regia et papali de Juan Quidort de Paris. Esa coexistencia pone en evidencia un distanciamiento respecto del ideal ético-político de Aristóteles, y en lugar de consolidar la presencia del paradigma ético-político clásico en la teoría política medieval, anuncia la irrupción en ella del ámbito de lo privado. Ello produce colisiones entre la eticidad de lo público —propia de la teoría política aristotélica— y los nuevos temas que irrumpen en la teoría política medieval delatando el comienzo de la fractura de la monolítica unidad de la pólis como orden político equivalente al espacio público.
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La percepción de lo bello, algo que alcanza al hombre como totalidad, se inicia en los sentidos, entre los cuales Tomás de Aquino ha privilegiado a la vista y al oído. Este hecho pone a la luz dos aspectos que el presente trabajo quiere destacar: por una parte, el respeto que el Aquinate ha mostrado a una tradición que, originada en Platón y comunicada por Agustín al medioevo, hace de la vista y el oído los únicos sentido capaces de percibir la belleza. Por otra parte, destaca que los análisis elaborados por Tomás sobre el tema constituyen un aporte a la especulación tradicional. Así, esta ponencia se ocupará de la vinculación entre lo bello, la vista y el oído, tanto en sus fuentes cuanto en las contribuciones efectuadas por el Aquinate.
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SCRIPTA MEDIAEVALIA nace como una publicación institucional del Centro de Estudios Filosóficos medievales dependiente del Instituto de Filosofía de la Facultad de Filosofía y Letras de la Universidad Nacional de Cuyo que fuera fundado en el año 2001, y que reúne a estudiosos del pensamiento y de la filosofía medieval pertenencientes a la UNCuyo y a otras universidades del país y del exterior. En él se han desarrollado proyectos de investigación que ha dado como resultado publicaciones en editoriales argentinas y del extranjero. Además se organizan encuentros científicos sobre temáticas medievales, particularmente las Jornadas Internacionales de Pensamiento Medieval, en las que participan anualmente, desde 2003, investigadores de la filosofía de la Edad Media de la Argentina, España y otros países iberoamericanos. SCRIPTA MEDIAEVALIA es reseñada e indexada en: International Medieval Bibliography, Repertorio de Medievalismo Hispánico y Medioevo Latino. Este volumen se publica gracias a un subsidio de la Secretaría de Ciencia y Técnica de la Universidad Nacional de Cuyo.