988 resultados para Harnack Moser-Harnack operatore ellittico laplaciano funzione armonica formula di media


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In questa tesi viene presentato il modello di Keller-Segel per la chemiotassi, un sistema di tipo parabolico-ellittico che appare nella descrizione di molti fenomeni in ambito biologico e medico. Viene mostrata l'esistenza globale della soluzione debole del modello, per dati iniziali sufficientemente piccoli in dimensione N>2. La scelta di dati iniziali abbastanza grandi invece può causare il blow-up della soluzione e viene mostrato sotto quali condizioni questo si verifica. Infine il modello della chemiotassi è stato applicato per descrivere una fase della malattia di Alzheimer ed è stata effettuata un'analisi di stabilità del sistema.

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Lo scopo di questo studio sperimentale è stato quello di determinare l’effetto dell’aggiunta di piccole quantità (1wt%) di grafene e ossido di grafene al poli(1-trimetilsilil-1-propino) (PTMSP). Il PTMSP è uno dei polimeri più promettenti per la separazione di gas tramite membrane polimeriche grazie al suo elevato volume libero (26%). Sono state studiate sia membrane spesse (60-180 micron) preparate per solvent casting che sottili (2-10 micron) preparate per spin coating supportate su un film poroso di polipropilene commerciale. L’ossido di grafene aumenta la permeabilità del PTMSP, mentre il grafene ha mostrato un comportamento variabile in funzione del protocollo di preparazione che è risultato dipendere fortemente dalla velocità di evaporazione del solvente. Le membrane così ottenute sono state testate al permeometro. È stata osservata una dipendenza della permeabilità in funzione dello spessore del film e del grado di invecchiamento. In particolare, la presenza di nanofiller riduce il grado di invecchiamento dei film di PTMSP. Nel caso specifico della coppia di gas permeanti He/CO2, i campioni hanno mostrato un comportamento intercambiabile di selettività all’He o alla CO2, modulabile in funzione della temperatura tra 30-60°C e del filler utilizzato.

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Grazie al continuo affinamento dell'elettronica di consumo e delle tecnologie di telecomunicazione, ad oggi sempre più "cose" sono dotate di capacità sensoriali, computazionali e comunicative, si parla così di Internet delle cose e di oggetti "smart". Lo scopo di questo elaborato è quello di approfondire e illustrare questo nuovo paradigma nell'ambito dell'automotive, evidenziandone caratteristiche, potenzialità e limiti. Ci riferiremo quindi più specificatamente al concetto di Internet dei veicoli per una gestione ottimale della mobilità su strada. Parleremo di questa tecnologia non solo per il supporto che può dare alla guida manuale, ma anche in funzione del concetto di guida autonoma, di come quest'ultima beneficerà di un'interconnessione capillare di tutti gli utenti, i veicoli e le infrastrutture presenti sulla strada, il tutto in un'ottica cooperativa. Illustreremo quali sono le principali sfide per raggiungere uno scenario del genere e quali potrebbero essere le implicazioni più rilevanti.

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Le celle solari a film sottile sono tra le alternative più promettenti nel campo fotovoltaico. La ricerca di materiali non tossici ed economici per la passivazione delle superfici è di fondamentale importanza. Il presente è uno studio sulla morfologia di film sottili di ZnS. I campioni analizzati sono stati cresciuti tramite DC sputtering a diversa potenza (range 50-150W) per studiare le connessioni tra condizioni di deposizione e proprietà strutturali. Lo studio è stato condotto mediante acquisizione di mappe AFM. E' stata effettuata un'analisi dei buchi (dips) in funzione della potenza di sputtering, per individuare il campione con la minore densità di dips in vista di applicazioni in celle solari a film sottile. I parametri strutturali, quali la rugosità superficiale e la lunghezza di correlazione laterale sono stati determinati con un'analisi statistica delle immagini. La densità e dimensione media dei grani sono state ricavate da una segmentazione delle immagini. Le analisi sono state svolte su due campioni di ZnO per fini comparativi. Tramite EFM sono state ottenute mappe di potenziale di contatto. Tramite KPFM si è valutata la differenza di potenziale tra ZnS e un layer di Al depositato sulla superficie. La sheet resistance è stata misurata con metodo a quattro punte. Dai risultati la potenza di sputtering influenza la struttura superficiale, ma in maniera non lineare. E' stato individuato il campione con la minore rugosità e densità di dips alla potenza di 75 W. Si è concluso che potenze troppo grandi o piccole in fase di deposizione promuovono il fenomeno di clustering dei grani e di aumentano la rugosità e densità di dips. E' emersa una corrispondenza diretta tra morfologia e potenziale di contatto alla superficie. La differenza di potenziale tra Al e ZnS è risultata inferiore al valore noto, ciò può essere dovuto a stati superficiali indotti da ossidi. Il campione risulta totalmente isolante.

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Le formiche svolgono un importante ruolo all’interno degli ecosistemi ed alcune specie sono considerate keystone in quanto in grado di modificare la componente biotica e/o abiotica dell’ecosistema stesso. Sono animali ubiquitari che hanno colonizzato molteplici ambienti, compresi gli agroecosistemi. Negli agroecosistemi spesso svolgono un ruolo impattante determinando la diffusione o il regresso di specie di artropodi, alcune delle quali dannose alle colture. La presente ricerca tiene conto di un’ampia visione dei rapporti ecoetologici intercorrenti tra le formiche e la componente biotica di un ecosistema, utilizzando il concetto di rete multitrofica. In quest’ottica, si è pensato di costruire un sistema multitrofico costituito da una specie vegetale di interesse agrario (Cucumis sativus), dai suoi fitofagi naturali, divisi in fitomizi (afidi) (Aphis gossypii e Myzus persicae) e fitofagi masticatori (bruchi del lepidottero Mamestra brassicae), formiche (Formica pratensis) e predatori afidofagi (Aphidolets aphidimyza). Il sistema multitrofico è stato utilizzato sia per studiare l’aggressività delle formiche, sia per verificare l’esistenza di una comunicazione interspecifica tra le formiche e le piante (allelochimici). Gli studi sull’aggressività sono consistiti nel: • Verificare il livello di aggressività delle formiche nei confronti di un fitofago masticatore, competitore degli afidi nello sfruttare la pianta ospite. • Verificare se la presenza di afidi mutualisti fa variare il livello di aggressività delle formiche verso il competitore. • Verificare se esiste aggressività verso un predatore di afidi, i quali, secondo il paradigma della trofobiosi, dovrebbero essere difesi dalle formiche in cambio della melata. • Verificare se il predatore ha evoluto strategie volte ad eludere il controllo delle formiche sugli insetti che si approcciano alla colonia di afidi. Gli studi sui rapporti piante-formiche sono stati effettuati mediante olfattometro, osservando la risposta delle formiche alle sostanze volatili provenienti da piante infestate in modo differente con i fitofagi del sistema. Attraverso il trappolaggio e l’analisi gas-cromatografica delle sostanze prodotte dalle piante oggetto di studio abbiamo quindi individuato tipo e quantità di ogni composto volatile. Oltre alle piante di cetriolo, per questi esperimenti sono state utilizzate anche piante di patata (Solanum tuberosum). Dagli esperimenti sull’aggressività è risultato che le formiche manifestano un elevato potenziale predatorio, eradicando completamente la presenza dei bruchi sulle piante. Questo livello di aggressività tuttavia non cresce con la presenza degli afidi mutualisti che dovrebbero essere difesi dai competitori. Le formiche inoltre non sono in grado di sopprimere i predatori afidofagi che ipotizziamo riescano ad effettuare un camuffamento chimico, assumendo gli odori degli afidi dei quali si nutrono. I risultati degli esperimenti in olfattometro mostrano una chiara risposta positiva delle formiche verso gli odori di alcune delle piante infestate. Vi sono delle differenze nella risposta in funzione della specie di fitofago presente e della specie di pianta utilizzata. Nei trattamenti in cui erano presenti le piante di C. sativus, gli esperimenti in olfattometro hanno mostrato che le formiche rispondono in modo significativo agli odori emessi dalle piante in cui vi era la presenza del fitofago masticatore M. brassicae, solo o in associazione con A. gossypii. La presenza dei soli afidi, sia mutualisti (A. gossypii) sia non mutualisti (M. persicae), non ha invece indotto una risposta significativa nelle formiche rispetto agli odori delle piante non infestate. Nei trattamenti in cui erano presenti le piante di S. tuberosum la scelta delle formiche è stata significativa verso gli odori emessi dalle piante infestate con ciascuna delle singole specie di erbivori rispetto alle piante non infestate. Gli esperimenti sull’analisi delle sostanze volatili emesse dalle piante hanno confermato che gli organismi vegetali sono una vera centrale di produzione biochimica, infatti ben 91 composti volatili diversi sono stati individuati dall’analisi gas-cromatografica delle piante di cetriolo e 85 in quelle di patata. Dalle elaborazioni effettuate, rispettivamente 27 e 4 di essi sono prodotti esclusivamente dalle piante attaccate dai fitofagi. In generale, il cambiamento più consistente è dato dalla quantità di alcune sostanze volatili emesse dalle piante infestate rispetto a quelle integre che determina un cambiamento nei rapporti tra le sostanze che compongono i volatiles. E’ probabile che l’effetto attrattivo esercitato sulle formiche sia dato da un Blend di sostanze più che dai singoli composti presenti

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Questa Tesi si occupa di una derivazione di un meccanismo con amplificazione inerziale per lo smorzamento delle vibrazioni, il quale è stato usato come un meccanismo costituente di un oscillatore semplice, ovvero di un modello matematico fondamentale su cui è basata la dinamica strutturale, aumentandogli notevolmente la sua complessità geometrica. Viene studiata la risposta dinamica ottenuta dall’analisi armonica, in quanto lo stesso è soggetto alla forzante passiva. Lo studio del comportamento dinamico ingloba un percorso, il quale parte dalla descrizione matematica dell’equilibrio dinamico, nonché delle condizioni al contorno, tramite l’uso di analisi matriciale delle strutture e del calcolo complesso, e si conclude, derivando le grandezze cinematiche e dinamiche, necessarie affinché si possa determinare, in un modo chiaro e privo di ambiguità, lo stato del sistema dinamico. Il passo successivo risiede nell’analisi analitica e numerica dei risultati ottenuti e anche della visualizzazione grafica ed interpretazione degli stessi. Affinché i risultati possano essere considerati validi, occorre che gli stessi passino la procedura di validazione tramite l’uso degli esempi numerici. Successivamente, i risultati validati vengono confrontati con la stessa tipologia dei risultati derivati per gli oscillatori classici o gli oscillatori di riferimento, il quale comportamento è già noto nell’ambito della dinamica strutturale. La Tesi procede con l’applicazione pratica degli oscillatori per lo smorzamento delle vibrazioni. In particolare si studia la loro capacità di alterare la risposta dinamica complessiva del sistema di cui fanno parte, rispetto al caso in cui la stessa struttura è priva di essi. In fine la Tesi si conclude, mettendo in evidenza i vantaggi e gli svantaggi dell’oscillatore dotato di un meccanismo con amplificazione inerziale rispetto agli altri oscillatori classici.

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La trattazione che segue fornisce un'introduzione agli operatori lineari. Il primo capitolo contiene dei cenni sugli spazi di Hilbert di dimensione infinita, in modo da poter lavorare con operatori definiti non solo su spazi finito dimensionali, che sono generalmente rappresentati da matrici. Nel secondo capitolo si prosegue con lo studio degli operatori lineari limitati, proponendo come esempio l'operatore di proiezione. Viene definito anche l'importante concetto di operatore aggiunto, generalizzato nel capitolo successivo. Il capitolo finale tratta gli operatori non limitati, che possono essere analizzati con più facilità se soddisfano una proprietà topologica, che è la chiusura. Si affronta anche il concetto di spettro di un operatore, soprattutto nel caso di un operatore autoaggiunto, concludendo con l' esempio di un importante operatore, cioè l'operatore differenziale, fondamentale in meccanica quantistica.

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In questa tesi viene elaborata un'applicazione ultra-low power (ULP) basata su microcontrollore, per implementare la procedura di controllo di diversi circuiti di un tag RFID. Il tag preso in considerazione è pensato per lavorare in assenza di batteria, da cui la necessita' di ridurre i consumi di potenza. La sua attivazione deve essere inoltre comandata attraverso un'architettura Wake up Radio (WuR), in cui un segnale di controllo radio indirizza e attiva il circuito. Nello specifico, la rete di decodifica dell'indirizzo è stata realizzata mediante il modulo di comunicazione seriale del microcontrollore. Nel Capitolo 1 verrà introdotto il tema dell'Energy Harvesting. Nel Capitolo 2 verrà illustrata l'architettura del sistema nel suo complesso. Nel Capitolo 3 verrà spiegato dettagliatamente il funzionamento del microcontrollore scelto. Il Capitolo 4 sarà dedicato al firmware implementato per svolgere le operazioni fondamentali imputate al micro per i compiti di controllo. Verrà inoltre introdotto il codice VHDL sviluppato per emulare l'output del modulo WuR mediante un FPGA della famiglia Cyclone II. Nel Capitolo 5 verrà presentata una stima dei consumi del microcontrollore in funzione dei parametri di configurazione del sistema. Verrà inoltre effettuato un confronto con un altro microcontrollore che in alcune condizioni potrebbe rappresentare iun'alternativa valida di progetto. Nei Capitoli 6 e 7 saranno descritti possibili sviluppi futuri e conclusioni del progetto. Le specifiche di progetto rilevanti della tesi sono: 1. minimo consumo energetico possibile del microcontrollore ULP 2. elevata rapididi risposta per la ricezione dei tag, per garantire la ricezione di un numero maggiore possibile di indirizzi (almeno 20 letture al secondo), in un range di tempo limitato 3. generazione di un segnale PWM a 100KHz di frequenza di commutazione con duty cycle 50% su cui basare una modulazione in back-scattering.

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La presente trattazione descrive l’ottimizzazione del prototipo di un generatore termoelettrico da integrare in caldaie a biomassa. La tecnologia termoelettrica consente di generare potenza elettrica a partire da un flusso di calore. Sebbene tale tecnologia presenti caratteristiche di elevata affidabilità e silenziosità, essa richiede ulteriori sforzi tecnologici nella ricerca dell’integrazione ottimale con un impianto termico, ed è inoltre necessaria una progettazione accurata dell’elettronica di controllo. Nella prima sezione del testo vengono descritti i principi fisici alla base di questa tecnologia e le tecniche per la conversione della potenza generata dai moduli termoelettrici (o ad effetto Seebeck) al fine di renderla fruibile da una tipica utenza domestica. Nel secondo capitolo si riporta lo stato dell’arte dell’applicazione della tecnologia termoelettrica in caldaie a biomassa e alcuni casi di implementazione recenti, sottolineando le configurazioni utilizzate, i principali problemi riscontrati nello sviluppo e nella sperimentazione, e le modifiche conseguentemente adottate per superarli. Il terzo capitolo analizza il prototipo sviluppato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna e descrive il processo di dimensionamento dei componenti meccanici e le proposte di ottimizzazione a seguito dei risultati dei primi collaudi. Viene infine sviluppato un modello matematico per confrontare, in funzione dei costi di produzione e di esercizio, le possibilità di sostituzione dei metodi di generazione di energia elettrica convenzionali con l’impianto di cogenerazione termoelettrica realizzato, considerando anche aspetti di impatto ambientale. Tali analisi e ottimizzazioni consistono in un primo miglioramento necessario a rendere la tecnologia termoelettrica applicabile alle caldaie a biomassa stand-alone e a permettere una generazione continua di energia elettrica nelle regioni in cui le infrastrutture sono poco affidabili.

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L’intento dell’elaborato è quello di ricavare i limiti teorici ai quali è soggetta l’intensità del campo magnetico delle pulsar. Troveremo due relazioni: una che esprime il valore massimo dell’intensità del campo magnetico per una pulsar, e una che ne esprime il valore minimo. Combineremo infine i nostri due risultati in una disequazione, nella quale l'intensità del campo magnetico di una pulsar è minorata e maggiorata dai due termini trovati. Il valore massimo che può assumere l’intensità del campo magnetico di una pulsar verrà derivato dalla condizione di stabilità espressa dal teorema del viriale per un sistema sferico rotante in presenza di un campo magnetico. Enunceremo inizialmente il teorema del viriale nella sua forma generale, dopodiché ne presenteremo l'espressione in un caso statico in presenza di un campo magnetico. Abbandoneremo poi il caso statico per includere l'effetto della rotazione, non trascurabile nel caso delle pulsar. Dopo aver adattato la condizione di stabilità derivante dal teorema del viriale al nostro modello di pulsar, ricaveremo il valore massimo dell'intensità del campo magnetico. Il valore minimo che può assumere l’intensità del campo magnetico di una pulsar verrà ricavato uguagliando la potenza emessa dalla pulsar mentre ruota (approssimata ad un dipolo rotante) con la perdita di energia rotazionale che si osserva normalmente per questi oggetti. Otterremo alla fine due termini che delimitano i valori che può assumere l’intensità del campo magnetico per una pulsar. Sostituendo alla relazione trovata i valori di raggio e massa tipici per una pulsar, saremo in grado di riscrivere tale relazione unicamente in funzione del periodo di rotazione della pulsar e della sua derivata rispetto al tempo. Sostituiremo i valori di periodo e derivata temporale del periodo di una pulsar esistente per avere un’idea del range di valori sotteso dai due termini trovati.

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All'interno della mia tesi verrà introdotta la teoria delle funzioni in R^{n} a variazione limitata (BV), seguendo le presentazioni di Lawrence C.Evans e Ronald F.Gariepy nel libro Measure Theory and Fine Properties of Functions e di Enrico Giusti nell'opera Minimal Surfaces and Functions of Bounded Variation. Le funzioni BV sono funzioni le cui derivate prime deboli sono misure di Radon, ossia misure di Borel regolari finite sui compatti. In particolare verranno anche analizzati gli insiemi E che hanno perimetro finito, ossia tali che la funzione indicatrice dell’insieme E sia una funzione BV. Nello specifico, nel primo capitolo verranno date le definizioni di funzioni BV e insiemi di perimetro finito, sia in una versione globale che in una locale, verrà enunciato un primo importante teorema per le funzioni BV e verrà analizzata la relazione tra funzioni di Sobolev e funzioni BV. Nel secondo capitolo, invece, verranno analizzate la semicontinuità inferiore, l'approssimazione con funzioni lisce e la compattezza di funzioni BV, mentre nel terzo capitolo verranno elencati alcuni risultati sulle funzioni BV riguardanti la Traccia, l'Estensione e la formula di Coarea. Infine, nel quarto ed ultimo capitolo, verranno studiate le disuguaglianze di Sobolev e Poincaré e le disuguaglianze isoperimetriche per funzioni BV.

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Le apparecchiature di manovra tramite isolamento a gas (GIS) sono in funzione da più di 45 anni e hanno dimostrato un alto livello di affidabilità, con tassi di difetto molto bassi. Tuttavia, il riscontro pratico indica che alcuni dei guasti che si verificano durante il servizio sono legati a difetti del sistema di isolamento. Molti di questi difetti possono essere rilevati tramite diagnostica con scariche parziali (PD). Per la rilevazione PD, viene utilizzato il metodo UHF perché meno sensibile ai disturbi e quindi più facile da gestire in confronto al metodo convenzionale secondo IEC 60270. Un rapporto di Electra pubblicato nel 1999 dal CIGRE Task Force 15/33.03.05 descrive la procedura in due fasi per la verifica della sensibilità del sistema UHF in modo molto generale. Dopo 15 anni dalla sua applicazione, è diventata necessaria una descrizione più dettagliata, sia su misure necessarie al test di laboratorio (Passaggio 1) che sul test in loco (Passaggio 2).

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Lo studio svolto si propone di stabilire quali sono le condizioni di gestione ottimale del sistema di depurazione dei fumi dell’impianto di termovalorizzazione di Rimini, situato nel comune di Coriano e gestito da Herambiente, una società nata nel 2009 nell'ambito del Gruppo Hera, una delle più importanti multiutility italiane che opera nei servizi dell’ambiente, dell’acqua e dell’energia. Il sistema di depurazione dell’impianto è composto da un doppio stadio di abbattimento a secco in cui si dosa calce (Ca(OH)2), al primo stadio, e bicarbonato di sodio (NaHCO3), al secondo. Rispetto alla calce, il bicarbonato garantisce una migliore efficienza di abbattimento dei gas acidi (HCl, SO2, HF), ma ha un prezzo d’acquisto maggiore. Da tale considerazione ha origine il problema di ottimizzazione economica: è necessario individuare una soluzione che consenta di ridurre il consumo e la spesa dei reagenti utilizzati senza alterare le emissioni di inquinanti a camino. I costi operativi legati alla gestione del sistema di depurazione, inoltre, devono tenere in considerazione anche la produzione dei residui solidi generati nei due stadi di abbattimento. Il calcolo di ottimizzazione è stato eseguito utilizzando un modello matematico in grado di prevedere il comportamento dei sistemi reagenti nei due stadi di abbattimento tramite la conoscenza di un parametro empirico. Dopo aver calibrato il modello con i dati di funzionamento dell’impianto, è possibile procedere alla sua implementazione al fine di valutare, in diversi periodi dell’anno 2015, come variano i costi operativi totali in funzione della conversione di HCl (gas acido più critico) al primo stadio di abbattimento e individuare quindi la migliore condizione economico-operativa per ciascun periodo considerato.

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La tesi in oggetto è stata svolta presso la Galletti spa. L'obiettivo iniziale era quello di studiare un percorso all'interno dello stabilimento produttivo al fine di enfatizzare le peculiarità della produzione tenendo conto dei fattori riguardanti la sicurezza. E' stata inoltre realizzata, con l'aiuto di una agenzia di comunicazione, una piattaforma di comunicazione. Analizzando il processo produttivo è emersa un'ulteriore problematica: l'elevata quantità di work in progress stoccati a bordo linea. In particolare, in questa tesi è stata fatta un'analisi preliminare circa una linea di produzione. Sono stati analizzati, in termini di quantità, i prodotti che vengono assemblati in essa, e i codici dei semilavorati utili. In seguito sono state studiate le operazioni che vengono svolte in ogni postazione di lavoro e, in funzione del ciclo di lavoro gli sono stati assegnati i codici dei semilavorati. L'analisi si è conclusa studiando i consumi medi. Le prossime fasi dell'analisi prevedono lo studio dei volumi dei codici e di conseguenza la definizione delle aree di stoccaggio e lo studio dei lotti di produzione.

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Il danno da perdita di chance rappresenta la categoria giuridica di cui la giurisprudenza si serve per ampliare i confini della tutela risarcitoria, in diversi casi in cui, alla stregua dell’impostazione dogmatica tradizionale, non potrebbe dirsi configurabile un danno-conseguenza (né sotto forma di danno emergente, né sotto forma di lucro cessante). Lo studio, una volta delimitato il campo dell’indagine e dato conto delle opinioni dottrinali sulla ricostruzione della figura, ha preso le mosse dall’illustrazione degli orientamenti della giurisprudenza, la quale, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, è andata via via applicando l’istituto nei settori del diritto del lavoro, della responsabilità professionale (in particolare dell’avvocato), e del danno alla persona (nel quale ultimo si è messo in luce come il danno da perdita di chance possa rivestire funzione unicamente descrittiva di tipologie di pregiudizio riconducibili alle “tradizionali” voci di danno). Nel secondo capitolo si è analiticamente esaminata la fattispecie del danno da perdita di chance, alla luce delle categorie e dei principi generali della responsabilità civile, vagliando i margini di “armonizzabilità” dell’istituto rispetto alle classificazioni in termini di danno emergente/lucro cessante, danno presente/futuro, danno-evento/danno-conseguenza, nonché rispetto alle regole sulla causalità, al requisito dell’ingiustizia del danno, e alle tecniche di liquidazione del danno. Nell’ultimo capitolo, si è proceduto, poi, a “calare” l’istituto del danno da perdita di chance nel “sottosettore” della responsabilità sanitaria, sottoponendo a verifica la “tenuta teorica” della sua “variante” non patrimoniale al cospetto della recente novella legislativa rappresentata dalla l. n. 24/17, nonché degli orientamenti giurisprudenziali che, negli ultimi due anni, hanno interessato i temi dell’onere della prova del nesso causale e dello stesso danno da perdita di chance non patrimoniale. A conclusione dello studio, si sono svolte, infine, alcune considerazioni sulle criticità che precludono un’armonica “riconduzione a sistema” dell’istituto, consigliandone il definitivo abbandono.