958 resultados para Geomorfologia climàtica


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Pós-graduação em Geociências e Meio Ambiente - IGCE

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[ES] Hoy en día es incuestionable que la actividad humana está induciendo perturbaciones climáticas con importantes consecuencias para la integridad del planeta. Cada hora emitimos a la atmósfera dos millones de toneladas de CO2, favoreciendo el calentamiento gradual de la Tierra. Los océanos constituyen uno de los principales destinos finales de este carbono antropogénico y la reserva más importante de carbono activo del planeta. Absorben cerca del 25% del CO2 emitido y almacenan inmensas cantidades de calor y humedad, amortiguando los cambios climáticos pero prolongándolos en el tiempo una vez que se producen; es decir, actúan como la memoria del planeta, con un efecto retardado pero continuo. Como impacto de esta actividad, las aguas de los océanos están aumentando en temperatura y acidez y disminuyendo en concentración de oxígeno. El océano captura y transfiere CO2 desde la atmósfera al océano profundo (donde el carbono puede quedar almacenado durante cientos de años) por medio de dos procesos fundamentales: por diferencias en la presión parcial del CO2 entre la atmósfera y la superficie del mar, en función de la solubilidad del gas en el agua (bomba física o de solubilidad), y por captación de CO2 , debida a la fotosíntesis de los productores primarios (esencialmente el fitoplancton microscópico) y su transformación en materia orgánica y transporte al fondo del océano (bomba biológica). La bomba física contribuye en un 30-40% a los valores de CO2 en el agua, mientras que el resto se debe a la bomba biológica. Sin embargo, el análisis de series recientes (últimos 50 años) parece indicar que el océano está perdiendo eficiencia en la captura de CO2, lo que estaría acelerando su acumulación en la atmósfera. Una de las hipótesis postuladas para explicar esta pérdida de eficiencia es que la productividad marina global está disminuyendo, debido al aumento de estratificación en las aguas oceánicas. Esta hipótesis, no obstante, es controvertida, ya que algunos estudios recientes indican que la producción primaria marina se ha incrementado en las últimas décadas debido al forzamiento atmosférico (inducido por el calentamiento global), que ha favorecido un aumento de procesos de mezcla y afloramiento en las regiones de mayor productividad marina del planeta. En esta charla revisaremos los estudios más recientes sobre el impacto de las fluctuaciones multidecadales en la biomasa de fitoplancton, los cambios en sus grupos funcionales y su repercusión en la producción primaria. Revisaremos también los estudios sobre registros paleoclimáticos del fitoplancton, para analizar variaciones seculares en la productividad marina y poder extender los cambios contemporáneos a proyecciones futuras asociadas al cambio climático.

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La Piana di foce del Garigliano (al confine tra Lazio e Campania) è caratterizzata, fino ad epoche recenti, dalla presenza di aree palustri e umide. Lo studio in corso cerca di ricostruire l’evoluzione dell’ambiente costiero mettendolo in relazione alla presenza dell’uomo, alla gestione del territorio, alle vicende storiche e alle variazioni climatiche utilizzando molteplici metodologie tipiche della geoarcheologia. Si tratta di un approccio multidisciplinare che cerca di mettere insieme analisi tipiche dell’archeologia, della topografia antica, della geomorfologia, della geologia e della paleobotanica. Fino all’età del Ferro l’unica traccia di popolamento viene da Monte d’Argento, uno sperone roccioso isolato lungo la costa, posto al limite occidentale di un ambiente sottostante che sembra una palude chiusa e isolata da apporti sedimentari esterni. Con il passaggio all’età del ferro si verifica un mutamento ambientale con la fine della grande palude e la formazione di una piccola laguna parzialmente comunicante con il mare. L’arrivo dei romani alla fine del III secolo a.C. segna la scomparsa dei grandi centri degli Aurunci e la deduzione di tre colonie (Sessa Aurunca, Sinuessa, Minturno). Le attività di sistemazione territoriale non riguardarono però le aree umide costiere, che non vennero bonificate o utilizzate per scopi agricoli, ma mantennero la loro natura di piccoli laghi costieri. Quest’epoca è dunque caratterizzata da una diffusione capillare di insediamenti, basati su piccole fattorie o installazioni legate allo sfruttamento agricolo. Poche sono le aree archeologiche che hanno restituito materiali successivi al II-III secolo d.C. La città resta comunque abitata fino al VI-VII secolo, quando l’instabilità politica e l’impaludamento dovettero rendere la zona non troppo sicura favorendo uno spostamento verso le zone collinari. Un insediamento medievale è attestato solo a Monte d’Argento e una frequentazione saracena dell’inizio del IX secolo è riportata dalle fonti letterarie, ma non vi è ancora nessuna documentazione archeologica.

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La piattaforma continentale della Sardegna nord-orientale si sviluppa sul margine passivo del bacino tirrenico di retroarco. Tramite i dati forniti da strumenti geofisici, quali l’ecoscandaglio a fascio multiplo (Multibeam) e i profili sismici Chirp Sub-bottom, è stato possibile lo studio di piattaforma, a profondità compresa tra 10 m e 135 m, ed interpretare la genesi di morfologie riferibili a processi sedimentari o strutture al di sotto del fondale marino. La piattaforma è stata tripartita in interna, centrale ed esterna e suddivisa in due aree (Area 1 e Area 2), per garantire una descrizione più dettagliata. La parte interna della piattaforma è la più ricca di elementi geomorfologici quali sistemi barriera-laguna, corpi sedimentari interpretati come frecce litorali (spit) sommersi, che si presentano singole o come sequenze che tendono a migrare verso l’attuale linea di costa della Sardegna. La porzione di piattaforma centrale ed esterna, invece, presenta una quantità modesta di morfologie. Nell’Area 2, la più meridionale, è stata individuata un’antica valle fluviale collegata alla sua estremità con quello che era il corrispondente delta o paleo-delta. Tramite i profili sismici CHIRP è stato osservato il basamento affiorante sul fondale marino ricondotto con il basamento ercinico che affiora nella zona a terra della Sardegna nord-orientale. Nell’insieme, tutti gli elementi interpretati, sono stati ricondotti a una piattaforma relitta costituita da antichi sistemi costieri oramai sommersi, sviluppati durante l’ultima trasgressione. In particolare nella zona più interna si è osservata una correlazione tra lo sviluppo di estesi sistemi costieri e i periodi di rallentamento della risalita del livello marino durante l’Olocene.

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In questo studio vengono misurati e descritti nel dettaglio i canali sottomarini che si sviluppano sulle testate dei canyon presenti nella Baia di Milazzo (NE Sicilia) attraverso sezioni sismiche a riflessione e dati batimetrici di tipo Multibeam. In base alla creazione della carta geomorfologica della piattaforma continentale che copre l'intera area di studio (31 km2) ed alla correlazione dei profili sismici è stato possibile formulare ipotesi sulle dinamiche in atto nell'evoluzione geomorfologica delle testate dei canyon dell'area. L'evoluzione e la posizione attuale delle testate dei canyon sono condizionate dall'intensa attività tettonica della Sicilia nord-orientale caratterizzata da un forte uplift. Sono anche state descritte le relazioni tra l'assetto tettonico e le dinamiche fluviali poiché queste contribuiscono ai fenomeni osservati in ambiente sottomarino. Si è visto infine che le testate dei canyon sono in arretramento e che ciò produce un forte disequilibrio nel bilancio sedimentario delle spiagge dell'area causandone l'erosione.

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In 2011 the GSB/USB caving group of Bologna has discovered, in the southern fossil branches of Govjestica cave (Valle di Praça, Bosnia) a fossil deposit of vertebrates containing bones of Ursus spelaeus, Capra ibex, Cricetulus migratorius and Microtus. On the basis of the U/Th ages of the bones, teeth and carbonate flowstone covering the fossils (60 ka), datings carried out in the laboratories of U-Series at Bologna, and on the disposition of the bones, a past connection between Govjestica and the nearby Banja Stjena cave is hypothesised. The closure of this passage has occurred suddenly through a collapse that has forced the last cave bears awakened from their winter sleep to stay blocked in Govjestica, and die. The connecting passage has later been covered with calcite flowstones and is no longer visible. This hypothesis is sustained by the rather scarce number of skeletons of cave bears found in Govjestica (a dozen of skulls against the often large amounts of cave bears found in similar caves): Govjestica cave, and especially the Room of the Bones in its southern part, has been used by cave bears only for a couple of centuries before these parts became inaccessible. Furthermore, the entrance of Banja Stjena cave was probably located close to or at the level of the Praça river, that has excavated its thalweg for around 20 metres in the last 60 ka.

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Este artículo indaga acerca de qué elementos de análisis están presentes en las estrategias de los agricultores de las pampas argentinas a la hora de tomar decisiones de producción considerando el factor climático. El énfasis está puesto en cómo perciben la variabilidad climática y qué información manejan acerca de sus perspectivas a mediano plazo. Durante 2005 se entrevistaron a 60 productores, seleccionados de dos zonas pampeanas de diferentes características físicas. 30 personas correspondieron al área central húmeda y 30 personas a un área marginal semiárida. Los resultados del estudio apuntan a caracterizar los esquemas decisionales presentes en las percepciones de los individuos, teniendo en cuenta que su actividad supone una exposición al riesgo. El objetivo de fondo del trabajo de investigación es proponer acciones de comunicación que ayuden a un mejor uso de la información climática, considerando que se trata de una herramienta disponible con gran potencial para dar un soporte más científico a los procedimientos de los agentes productivos y mejorar su rentabilidad económica.

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Este artículo indaga acerca de qué elementos de análisis están presentes en las estrategias de los agricultores de las pampas argentinas a la hora de tomar decisiones de producción considerando el factor climático. El énfasis está puesto en cómo perciben la variabilidad climática y qué información manejan acerca de sus perspectivas a mediano plazo. Durante 2005 se entrevistaron a 60 productores, seleccionados de dos zonas pampeanas de diferentes características físicas. 30 personas correspondieron al área central húmeda y 30 personas a un área marginal semiárida. Los resultados del estudio apuntan a caracterizar los esquemas decisionales presentes en las percepciones de los individuos, teniendo en cuenta que su actividad supone una exposición al riesgo. El objetivo de fondo del trabajo de investigación es proponer acciones de comunicación que ayuden a un mejor uso de la información climática, considerando que se trata de una herramienta disponible con gran potencial para dar un soporte más científico a los procedimientos de los agentes productivos y mejorar su rentabilidad económica.