115 resultados para Déversement simulé


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Con il presente lavoro, che ha ad oggetto l’istituto dello scioglimento anticipato delle Camere nell’ordinamento costituzionale italiano, il candidato si propone tre obiettivi. Il primo è quello della ricostruzione dogmatica dell’istituto che sconta inevitabilmente un grosso debito nei confronti della vasta letteratura giuridica che si è sviluppata nel corso dei decenni. Il secondo obiettivo è quello, ben più originale, dell’indagine sulla prassi che ha contraddistinto il ricorso allo scioglimento nella peculiare realtà italiana. In questo modo si viene colmando uno spazio di ricerca diretto a leggere gli avvenimenti e a ricondurli in un quadro costituzionale sistematico, anche al fine di ricavare utili riflessioni circa la conformità della prassi stessa al dato normativo, nonché sulle modalità di funzionamento concreto dell'istituto. Il terzo obiettivo, quello più ambizioso, è utilizzare le considerazioni così sviluppate per ricercare soluzioni interpretative adeguate all’evoluzione subita dall’assetto politico-istituzionale italiano negli ultimi due decenni. Quanto al metodo, la scelta del candidato è stata quella di ricorrere ad uno strumentario che pone in necessaria sequenza logica: a) i presupposti storici/comparatistici e il dibattito in Assemblea costituente, utili per l’acquisizione del patrimonio del parlamentarismo europeo del tempo e per la comprensione del substrato su cui si costruisce l’edificio costituzionale; b) il testo costituzionale, avvalendosi anche delle importanti considerazioni svolte dalla dottrina più autorevole; c) la prassi costituzionale, consistente nella fase di implementazione concreta del disposto normativo. La finalità che il candidato si pone è dimostrare la possibilità di configurare lo scioglimento secondo un modello di tipo “primoministeriale”. Per quanto riguarda la prima parte della ricerca, dalla pur sintetica descrizione dei precedenti storici (sia rispetto alle realtà europee, inglese e francese in primis, che al periodo prerepubblicano) si trae conferma che l’operatività dell’istituto è intrinsecamente influenzata dalla forma di governo. Una prima indicazione che emerge con forza è come la strutturazione del sistema partitico e il grado di legame tra Assemblea rappresentativa e Gabinetto condizionino la ratio del potere di scioglimento, la sua titolarità ed il suo effettivo rendimento. Infatti, in presenza di regimi bipartitici e di impianti istituzionali che accentuano il raccordo fiduciario, il Capo dello Stato tende all’emarginazione, e lo scioglimento acquisisce carattere di automaticità tutte le volte in cui si verificano crisi ministeriali (eventualità però piuttosto rara); più consueto è invece lo scioglimento primoministeriale libero, come arma politica vera e propria attraverso cui il Governo in carica tende a sfruttare il momento migliore per ricercare il giudizio del popolo. Al contrario, dove il sistema politico è più dinamico, e il pluralismo sociale radicalizzato, il Capo dello Stato interferisce fortemente nella vita istituzionale e, in particolare, nella formazione dell’indirizzo politico: in quest’ottica lo scioglimento viene da questi inglobato, ed il suo ricorso subordinato ad esigenze di recupero della funzionalità perduta; soprattutto, quando si verificano crisi ministeriali (invero frequenti) il ricorso alle urne non è conseguenza automatica, ma semmai gli viene preferita la via della formazione di un Gabinetto poggiante su una maggioranza alternativa. L’indagine svolta dal candidato sui lavori preparatori mostra come il Costituente abbia voluto perseguire l'obiettivo di allargare le maglie della disciplina costituzionale il più possibile, in modo da poter successivamente ammettere più soluzioni interpretative. Questa conclusione è il frutto del modo in cui si sono svolte le discussioni. Le maggiori opzioni prospettate si collocavano lungo una linea che aveva ad un estremo una tassativa preordinazione delle condizioni legittimanti, ed all’altro estremo l’esclusiva e pressoché arbitraria facoltà decisionale dello scioglimento nelle mani del Capo dello Stato; in mezzo, la via mediana (e maggiormente gradita) del potere sì presidenziale, benché circondato da tutta una serie di limiti e garanzie, nel quadro della costruzione di una figura moderatrice dei conflitti tra Esecutivo e Legislativo. Ma non bisogna tralasciare che, seppure rare, diverse voci propendevano per la delineazione di un potere governativo di scioglimento la quale impedisse che la subordinazione del Governo al Parlamento si potesse trasformare in degenerazione assemblearista. Quindi, il candidato intende sottolineare come l’adamantina prescrizione dell’art. 88 non postuli, nell’ambito dell’interpretazione teleologica che è stata data, alcuno specifico indirizzo interpretativo dominante: il che, in altri termini, è l’ammissione di una pluralità di concezioni teoricamente valide. L'analisi del dettato costituzionale non ha potuto prescindere dalla consolidata tripartizione delle teorie interpretative. Dall'analisi della letteratura emerge la preferenza per la prospettiva dualistica, anche in virtù del richiamo che la Costituzione svolge nei confronti delle competenze sia del Presidente della Repubblica (art. 88) che del Governo (art. 89), il che lo convince dell’inopportunità di imporre una visione esclusivista, come invece sovente hanno fatto i sostenitori della tesi presidenziale. Sull’altro versante ciò gli permette di riconferire una certa dignità alla tesi governativa, che a partire dal primo decennio repubblicano era stata accantonata in sede di dibattito dottrinario: in questo modo, entrambe le teoriche fondate su una titolarità esclusiva assumono una pari dignità, benchè parimenti nessuna delle due risulti persuasiva. Invece, accedere alla tesi della partecipazione complessa significa intrinsecamente riconoscere una grande flessibilità nell’esercizio del potere in questione, permettendo così una sua più adeguata idoneità a mutare le proprie sembianze in fase applicativa e a calarsi di volta in volta nelle situazioni contingenti. Questa costruzione si inserisce nella scelta costituente di rafforzare le garanzie, ed il reciproco controllo che si instaura tra Presidente e Governo rappresenta la principale forma di tutela contro potenziali abusi di potere. Ad ognuno dei due organi spettano però compiti differenti, poiché le finalità perseguite sono differenti: come l’Esecutivo agisce normalmente secondo canoni politici, in quanto principale responsabile dell’indirizzo politico, al Capo dello Stato si addice soprattutto il compito di sorvegliare il regolare svolgimento dei meccanismi istituzionali, in posizione di imparzialità. Lo schema costituzionale, secondo il candidato, sembra perciò puntare sulla leale collaborazione tra i poteri in questione, senza però predefinire uno ruolo fisso ed immutabile, ma esaltando le potenzialità di una configurazione così eclettica. Assumendo questa concezione, si ha buon gioco a conferire piena cittadinanza costituzionale all’ipotesi di scioglimento disposto su proposta del Presidente del Consiglio, che si può ricavare in via interpretativa dalla valorizzazione dell’art. 89 Cost. anche secondo il suo significato letterale. Al discorso della titolarità del potere di scioglimento, il candidato lega quello circa i presupposti legittimanti, altro nodo irrisolto. La problematica relativa alla loro definizione troverebbe un decisivo ridimensionamento nel momento in cui si ammette la compartecipazione di Governo e Presidente della Repubblica: il diverso titolo con il quale essi cooperano consentirebbe di prevenire valutazioni pretestuose circa la presenza delle condizioni legittimanti, poichè è nel reciproco controllo che entrambi gli organi individuano i confini entro cui svolgere le rispettive funzioni. Si giustificano così sia ragioni legate ad esigenze di funzionalità del sistema (le più ricorrenti in un sistema politico pluripartitico), sia quelle scaturenti dalla divaricazione tra orientamento dei rappresentati e orientamento dei rappresentanti: purchè, sottolinea il candidato, ciò non conduca il Presidente della Repubblica ad assumere un ruolo improprio di interferenza con le prerogative proprie della sfera di indirizzo politico. Il carattere aperto della disciplina costituzionale spinge inevitabilmente il candidato ad approfondire l'analisi della prassi, la cui conoscenza costituisce un fondamentale modo sia per comprendere il significato delle disposizioni positive che per apprezzare l’utilità reale ed il rendimento sistemico dell’istituto. Infatti, è proprio dall'indagine sulla pratica che affiorano in maniera prepotente le molteplici virtualità dello strumento dissolutorio, con modalità operative che, a seconda delle singole fasi individuate, trovano una strutturazione casistica variabile. In pratica: nel 1953 e nel 1958 è l'interesse del partito di maggioranza relativa ad influenzare il Governo circa la scelta di anticipare la scadenza del Senato; nel 1963 e nel 1968 invece si fa strada l'idea del consenso diffuso allo scioglimento, seppure nel primo caso l'anticipo valga ancora una volta per il solo Senato, e nel secondo ci si trovi di fronte all'unica ipotesi di fine naturale della legislatura; nel 1972, nel 1976, nel 1979, nel 1983 e nel 1987 (con una significativa variante) si manifesta con tutta la sua forza la pratica consociativa, figlia della degenerazione partitocratica che ha svuotato le istituzioni giuridiche (a partire dal Governo) e cristallizzato nei partiti politici il centro di gravità della vita pubblica; nel 1992, a chiusura della prima epoca repubblicana, caratterizzata dal dominio della proporzionale (con tutte le sue implicazioni), si presentano elementi atipici, i quali vanno a combinarsi con le consolidate tendenze, aprendo così la via all'incertezza sulle tendenze future. È con l'avvento della logica maggioritaria, prepotentemente affacciatasi per il tramite dei referendum elettorali, a sconvolgere il quadro delle relazioni fra gli organi costituzionali, anche per quanto concerne ratio e caratteristiche del potere di scioglimento delle Camere. Soprattutto, nella fase di stretta transizione che ha attraversato il quadriennio 1992-1996, il candidato mette in luce come i continui smottamenti del sistema politico abbiano condotto ad una fase di destabilizzazione anche per quanto riguarda la prassi, incrinando le vecchie regolarità e dando vita a potenzialità fino allora sconosciute, addirittura al limite della conformità a Costituzione. La Presidenza Scalfaro avvia un processo di netta appropriazione del potere di scioglimento, esercitandolo in maniera esclusiva, grazie anche alla controfirma offerta da un Governo compiacente (“tecnicco”, perciò debitore della piena fiducia quirinalizia). La piena paternità presidenziale, nel 1994, è accompagnata da un altro elemento di brusca rottura con il passato, ossia quello della ragione legittimante: infatti, per la prima volta viene addotta palesemente la motivazione del deficit di rappresentatività. Altro momento ad aver costituito da spartiacque nell’evoluzione della forma di governo è stato il mancato scioglimento a seguito della crisi del I Governo Berlusconi, in cui forti erano state le pressioni perché si adeguasse il parlamentarismo secondo i canoni del bipolarismo e del concetto di mandato di governo conferito direttamente dagli elettori ad una maggioranza (che si voleva predefinita, nonostante essa in verità non lo fosse affatto). Dopo questa parentesi, secondo il candidato la configurazione dello strumento dissolutorio si allinea su ben altri binari. Dal punto di vista della titolarità, sono i partiti politici a riprendere vigorosamente un certo protagonismo decisionale, ma con una netta differenza rispetto al passato consociativo: ora, il quadro politico pare saldamente attestato su una dinamica bipolare, per cui anche in relazione all’opzione da adottare a seguito di crisi ministeriale sono le forze della maggioranza che decidono se proseguire la legislatura (qualora trovino l’accordo tra di loro) o se sciogliere (allorchè invece si raggiunga una sorta di maggioranza per lo scioglimento). Dal punto di vista dei presupposti, sembra consolidarsi l’idea che lo scioglimento rappresenti solo l’extrema ratio, chiamando gli elettori ad esprimersi solo nel momento in cui si certifica l’assoluta impossibilità di ripristinare la funzionalità perduta. Conclusioni. Il rafforzamento della prospettiva bipolare dovrebbe postulare una riconfigurazione del potere di scioglimento tesa a valorizzare la potestà decisionale del Governo. Ciò discenderebbe dal principio secondo cui il rafforzamento del circuito che unisce corpo elettorale, maggioranza parlamentare e Governo, grazie al collante di un programma politico condiviso, una coalizione che si presenta alle elezioni ed un candidato alla Presidenza del Consiglio che incarna la perfetta sintesi di tutte queste istanze, comporta che alla sua rottura non si può che tornare al giudizio elettorale: e quindi sciogliere le Camere, evitando la composizione di maggioranze che non rappresentano la diretta volontà popolare. Il candidato però non ritiene auspicabile l’adozione di un automatismo analogo alla regola dell'aut simul stabunt aut simul cadent proprio dell’esperienza regionale post 1999, perché soluzione eccessivamente rigida, che ingesserebbe in maniera inappropriata una forma parlamentare che comunque richiede margini di flessiblità. La proposta è invece di rileggere il testo costituzionale, rebus sic stantibus, nel senso di far prevalere un potere libero di proposta da parte del Governo, cui il Capo dello Stato non potrebbe non consentire, salvo svolgere un generale controllo di costituzionalità volto ad accertare l’insussistenza di alcuna forma di abuso. Su queste conclusioni il lavoro esprime solo prime idee, che meritano di essere approfondite. Come è da approfondire un tema che rappresenta forse l’elemento di maggiore originalità: trattasi della qualificazione e descrizione di un mandato a governare, ossia della compatibilità costituzionale (si pensi, in primis, al rapporto con il divieto di mandato imperativo di cui all’art. 67 Cost.) di un compito di governo che, tramite le elezioni, gli elettori affidano ad una determinata maggioranza, e che va ad arricchire il significato del voto rispetto a quello classico della mera rappresentanza delle istanze dei cittadini (e propria del parlamentarismo ottocentesco): riflessi di tali considerazioni si avrebbero inevitabilmente anche rispetto alla concezione del potere di scioglimento, che in siffatta maniera verrebbe percepito come strumento per il ripristino del “circuito di consonanza politica” che in qualche modo si sarebbe venuto a rompere. Ad ogni buon conto, già emergono dei riflessi in questo senso, per cui la strada intrapresa dal candidato pare quella giusta affinchè l’opera risulti completa, ben argomentata ed innovativa.

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Il fenomeno del collegamento contrattuale prevede la presenza di due o più contratti, diversi e distinti, che, pur caratterizzati dagli elementi e dalla disciplina propri di ognuno, risultano coordinati teleologicamente da un nesso di reciproca dipendenza, in modo che le vicende dell’uno si trasmettono all’altro, influenzandone la validità e l’efficacia. Tale nozione è il frutto dell’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, poiché la disciplina positiva difetta di previsioni recanti la definizione di operazioni in cui si ricorra all’impiego di più contratti in vista di uno scopo economico unitario. Fra le molteplici classificazioni realizzate in relazione a tale strumento, la tipologia che è oggetto di analisi nel presente lavoro è espressione dell’autonomia contrattuale dei contraenti che istituiscono fra i negozi un nesso bilaterale, funzionale e volontario. I presupposti del fenomeno de quo sono, allora, rappresentati dalla necessaria intenzione delle parti di attuare il collegamento, del vincolo che viene creato in concreto e, soprattutto, dal fine pratico unitario ed ulteriore, che esse intendono perseguire coordinando i vari atti. Da qui, l’inquadramento di siffatta figura di collegamento nel fenomeno dell’atipicità contrattuale, frutto dell’attività creativa dei privati di autoregolamentazione dei propri interessi. Dottrina e giurisprudenza, in particolare, reputano il collegamento un meccanismo che agisce sul piano degli effetti dei contratti. Infatti, ogni negozio coinvolto, pur conservando una causa autonoma, è finalizzato ad un unico regolamento di interessi, di talché le vicende che investono uno dei negozi possono ripercuotersi sull’altro (che in sé considerato è immune da vizi) e, pertanto, tutti i contratti simul stabunt simul cadent. In definitiva, così opinando, le patologie che riguardano un atto finiscono per condizionare non solo l’esecuzione, ma anche la validità dell’altro. Successivamente, l’indagine si incentra sull’esegesi dei rari interventi normativi, quasi esclusivamente ascrivibili alla legislazione speciale, che trattano del meccanismo de quo e che si pongono nel solco di quanto affermato dagli interpreti. Muovendo, poi, dal presupposto che l’ordinamento riconosce ai contraenti il potere di dar vita ad autodeterminazioni strutturalmente semplici ovvero come in tal caso più articolate, si cerca di dimostrare che in tali fattispecie l’apprezzamento non va condotto sul singolo contratto, bensì sull’operazione economica unitariamente considerata, come risultante dal collegamento fra più contratti. Infatti, una volta accertata l’interdipendenza funzionale delle diverse prestazioni, l’analisi su di esse assume un rilievo diverso se è compiuta per valutare l’assetto complessivo dell’intera operazione giuridico-economica posta in essere dalle parti: solo a fronte di una valutazione globale dei diritti e degli obblighi, anche in termini economici, si può appurare la reale portata giuridico-economica dell’affare. In forza di tali premesse può, quindi, procedersi ad un compiuto approfondimento del possibile ruolo svolto dalle clausole generali di buona fede ed equilibrio, quali strumenti di garanzia della giustizia negli scambi. Ne consegue l’abbandono di una prospettiva atomistica e, tenendo conto dell’unicità degli interessi perseguiti che vanno oltre le cause proprie dei singoli contratti collegati, si tenta di superare l’assunto per il quale il difetto che inficia uno dei contratti comporti l’automatica caducazione dell’altro. In una visione complessiva dell’operazione, la verifica attinente all’equilibrio tra i singoli atti nei quali essa si svolge ed alla sua possibile alterazione a causa di circostanze sopravvenute o originarie potrebbe sovvertire le certezze interpretative sotto il profilo della disciplina del collegamento, degli effetti dello stesso e delle patologie.

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Creatinine levels in blood serum are typically used to assess renal function. Clinical determination of creatinine is often based on the Jaffe reaction, in which creatinine in the serum reacts with sodium picrate, resulting in a spectrophotometrically quantifiable product. Previous work from our lab has introduced an electrophoretically mediated initiation of this reaction, in which nanoliter plugs of individual reagent solutions can be added to the capillary and then mixed and reacted. Following electrophoretic separation of the product from excess reactant(s), the product can be directly determined on column. This work aims to gain a detailed understanding of the in-capillary reagent mixing dynamics, in-line reaction yield, and product degradation during electrophoresis, with an overall goal of improving assay sensitivity. One set of experiments focuses on maximizing product formation through manipulation of various conditions such as pH, voltage applied, and timing of the applied voltage, in addition to manipulations in the identity, concentration, and pH of the background electrolyte. Through this work, it was determined that dramatic changes in local voltage fields within the various reagent zones lead to ineffective reagent overlapping. Use of the software simulation program Simul 5 enabled visualization of the reaction dynamics within the capillary, specifically the wide variance between the electric field intensities within the creatinine and picrate zones. Because of this simulation work, the experimental method was modified to increase the ionic strength of the creatinine reagent zone to lower the local voltage field, thus producing more predictable and effective overlap conditions for the reagents and allowing the formation of more Jaffe product. As second set of experiments focuses on controlling the post-reaction product degradation. In that vein, we have systematically explored the importance of the identity, concentration, and pH of the background electrolyte on the post-reaction degradation rate of the product. Although prior work with borate background electrolytes indicated that product degradation was probably a function of the ionic strength of the background electrolyte, this work with a glycine background electrolyte demonstrates that degradation is in fact not a function of ionic strength of the background electrolyte. As the concentration and pH of the glycine background increased, the rate of degradation of product did not change dramatically, whereas in borate-buffered systems, the rate of Jaffe product degradation increased linearly with background electrolyte concentration above 100.0 mM borate. Similarly, increasing pH of the glycine background electrolyte did not result in a corresponding increase in product degradation, as it had with the borate background electrolyte. Other general trends that were observed include: increasing background electrolyte concentration increases peak efficiency and higher pH favors product formation; thus, it appears that use of a background electrolyte other than borate, such as glycine, the rate of degradation of the Jaffe product can be slowed, increasing the sensitivity of this in-line assay.

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The separation of small molecules by capillary electrophoresis is governed by a complex interplay among several physical effects. Until recently, a systematic understanding of how the influence of all of these effects is observed experimentally has remained unclear. The work presented in this thesis involves the use of transient isotachophoretic stacking (tITP) and computer simulation to improve and better understand an in-capillary chemical assay for creatinine. This assay involves the use of electrophoretically mediated micro-analysis (EMMA) to carry out the Jaffé reaction inside a capillary tube. The primary contribution of this work is the elucidation of the role of the length and concentration of the hydroxide plug used to achieve tITP stacking of the product formed by the in-capillary EMMA/Jaffé method. Computer simulation using SIMUL 5.0 predicts that a 3-4 fold gain in sensitivity can be recognized by timing the tITP stacking event such that the Jaffé product peak is at its maximum height as that peak is electrophoresing past the detection window. Overall, the length of the hydroxide plug alters the timing of the stacking event and lower concentration plugs of hydroxide lead to more rapidly occurring tITP stacking events. Also, the inclusion of intentional tITP stacking in the EMMA/Jaffé method improves the sensitivity of the assay, including creatinine concentrations within the normal biological range. Ultimately, improvement in assay sensitivity can be rationally designed by using the length and concentration of the hydroxide plug to engineer the timing of the tITP stacking event such that stacking occurs as the Jaffé product is passing the detection window.

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In this work electrophoretically mediated micro-analysis (EMMA) is used in conjunction with short end injection to improve the in-capillary Jaffé assay for creatinine. Key advances over prior work include (i) using simulation to ensure intimate overlap of reagent plugs, (ii) using OH- to drive the reaction, (iii) using short-end injection to minimize analysis time and in-line product degradation. The potential-driven overlapping time with the EMMA approach, as well as the borate buffer background electrolyte (BGE) concentration and pH are optimized with the short end approach. The best conditions for short-end analyses would not have been predicted by the prior long end work, owing to a complex interplay of separation time and product degradation rates. Raw peak areas and flow-adjusted peak areas for the Jaffé reaction product (at 505 nm) are used to assess the sensitivity of the short-end EMMA approach. Optimal overlap conditions depend heavily on local conductivity differences within the reagent zone(s), as these differences cause dramatic voltage field differences, which effect reagent overlap dynamics. Simul 5.0, a dynamic simulation program for capillary electrophoresis (CE) systems, is used to understand the ionic boundaries and profiles that give rise to the experimentally obtained data for EMMA analysis. Overall, fast migration of hydroxide ions from the picrate zone makes difficult reagent overlap. In addition, the challenges associated with the simultaneous overlapping of three reagent zones are considered, and experimental results validate the predictions made by the simulation. With one set of “optimized” conditions including OH- (253 mM) as the third reagent zone the response was linear with creatinine concentration (R2 = 0.998) and reproducible over the clinically relevant range (0.08 to 0.1 mM) of standard creatinine concentrations. An LOD (S/N = 3) of 0.02 mM and LOQ (S/N=10) of 0.08 mM were determined. A significant improvement (43%) in assay sensitivity was obtained compared to prior work that considered only two reagents in the overlap.

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Para obtener información respecto de los posibles recorridos que realiza un flujo de agua y su distribución espacial bajo la labor de escarificado en siembra directa y comprobar su persistencia al 1 ½ año de haber sido efectuada, se realizó un ensayo en Zavalla, Santa Fe (60° 53' O y 33° 01' S) en un Argiudol vértico bajo cultivo de Medicago sativa. T0 fue siembra directa sin escarificar, T1 escarificado antes de sembrar y T2 escarificado al año de la siembra de la alfalfa. Se simuló la lluvia irrigando con una solución de 1g.l-1 de azul de metileno. Se fotografiaron perfiles sucesivos en cada tratamiento. Los sectores coloreados de las fotografías fueron delimitados, digitalizados y medidas las áreas y longitudes verticales. El movimiento descendente tuvo lugar mayoritariamente como flujos preferenciales que fueron iniciados por las fisuras, las raíces creciendo dentro y fuera del área removida y las grietas del suelo. En todos los tratamientos los flujos atravesaron el límite A / B1, pero en ningún caso alcanzaron el B2. La configuración de los patrones de distribución permitió comprobar la mayor capacidad de conducción hidráulica y persistencia de la labor de escarificado sobre siembra directa.

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This paper concentrates on the Early Oligocene palaeoclimate of the southern part of Eastern and Central Europe and gives a detailed climatological analysis, combined with leaf-morphological studies and modelling of the palaeoatmospheric CO2 level using stomatal and d13 C data. Climate data are calculated using the Coexistence Approach for Kiscellian floras of the Palaeogene Basin (Hungary and Slovenia) and coeval assemblages from Central and Southeastern Europe. Potential microclimatic or habitat variations are considered using morphometric analysis of fossil leaves from Hungarian, Slovenian and Italian floras. Reconstruction of CO2 is performed by applying a recently introduced mechanistic model. Results of climate analysis indicate distinct latitudinal and longitudinal climate patterns for various variables which agree well with reconstructed palaeogeography and vegetation. Calculated climate variables in general suggest a warm and frost-free climate with low seasonal variation of temperature. A difference in temperature parameters is recorded between localities from Central and Southeastern Europe, manifested mainly in the mean temperature of the coldest month. Results of morphometric analysis suggest microclimatic or habitat difference among studied floras. Extending the scarce information available on atmospheric CO2 levels during the Oligocene, we provide data for a well-defined time-interval. Reconstructed atmospheric CO2 levels agree well with threshold values for Antarctic ice sheet growth suggested by recent modelling studies. The successful application of the mechanistic model for the reconstruction of atmospheric CO2 levels raises new possibitities for future climate inference from macro-flora studies.

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One of the most abrupt and yet unexplained past rises in atmospheric CO2 (10 p.p.m.v. in two centuries) occurred in quasi-synchrony with abrupt northern hemispheric warming into the Bølling/Allerød, 14,600 years ago. Here we use a U/Th-dated record of atmospheric D14C from Tahiti corals to provide an independent and precise age control for this CO2 rise. We also use model simulations to show that the release of old (nearly 14C-free) carbon can explain these changes in CO2 and D14C. The D14C record provides an independent constraint on the amount of carbon released (125 Pg C). We suggest, in line with observations of atmospheric CH4 and terrigenous biomarkers, that thawing permafrost in high northern latitudes could have been the source of carbon, possibly with contribution from flooding of the Siberian continental shelf during meltwater pulse 1A. Our findings highlight the potential of the permafrost carbon reservoir to modulate abrupt climate changes via greenhouse-gas feedbacks.

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El uso de refuerzos NSM‐FRP en estructuras de hormigón armado se ha incrementado considerablemente en los últimos años como método de refuerzo estructural. Los ensayos de arrancamiento en viga de los refuerzos NSM‐FRP permiten el estudio del comportamiento de la unión pegada. El principal objetivo del presente trabajo aborda la simulación numérica de este tipo de ensayos, con el propósito de caracterizar correctamente la adherencia entre las barras de NSM‐FRP y el hormigón. En una fase inicial se simuló un modelo bidimensional para conseguir evaluar y verificar el comportamiento de los elementos cohesivos y ver su comportamiento primero ante diferentes modelos de material y segundo ante un modo mixto de fallo, debido a la aplicación simultanea de carga axial y carga cortante. En una segunda fase se creó un modelo tridimensional para estudiar el arrancamiento de una barra de material compuesto insertada en hormigón, creando un modelo de material de hormigón y viendo el comportamiento cualitativo del sistema ante variaciones en los parámetros de los diferentes materiales. En la tercera fase, la más importante del presente trabajo, se abordó la simulación numérica del ensayo de arrancamiento en viga. Se simularon todos los componentes del ensayo y se evaluaron diferentes alternativas para representar la interfase NSM‐FRP ‐ hormigón, usando elementos cohesivos y diferentes distribuciones de los mismos en la interfase. Para conseguir representar lo más fielmente posible las condiciones del ensayo, se diseñó también un controlador PID que permite realizar las simulaciones numéricas mediante un control en desplazamientos, lo cual permite capturar más correctamente el comportamiento de reblandecimiento de la unión pegada. El controlador PID aplica técnicas de ingeniería de control para conseguir calcular a priori la amplitud necesaria del desplazamiento impuesto que provoque una evolución establecida en una variable interna del sistema. La variable usada para correlacionar los ensayos es la diferencia en desplazamientos entre dos puntos y se escoge una evolución lineal de la misma, pero en la tesis también se exponen los resultados de escoger otras posibles variables internas con diferentes evoluciones. Se compararon las simulaciones numéricas con resultados de mediciones experimentales previamente publicadas. Los resultados carga‐deslizamiento obtenidos encajan bien con los datos experimentales. El modelo propuesto es también capaz de predecir el modo de fallo en la interfase NSM‐FRP ‐ hormigón. Finalmente, también se han llevado a cabo estudios paramétricos, para evaluar la influencia de cada parámetro en los resultados. También se realizó un estudio cualitativo de cómo se comporta la unión pegada en cada momento de la simulación, mediante el uso macros y gráficas tridimensionales, para conseguir una mejor visualización y facilitar el análisis de los resultados. ABSTRACT The use of near‐surface mounted FRP reinforcement in reinforced concrete structures has seen a considerable increase in recent years as a strengthening method. Beam pull‐out tests for near‐surface reinforcement allow obtaining the local bond‐slip behavior of a bonded joint. The main objective of the current work deals with the three‐dimensional modeling of this kind of test with the purpose of characterizing suitably the mechanics of bond between FRP rods and concrete. In an initial stage, a two bidimensional in order to evaluate and to verify the behavior of the cohesive elements. Its behavior was evaluated first testing different material models and second testing the behavior when mixed mode failure appears, due to simultaneous axial and shear load. In a second stage a tridimensional model was created in order to study the pull‐out of an inserted beam of composite material in concrete. A concrete material model was created and the influence of each material parameter was studied qualitatively. The third part, the most relevant of the present work, the numerical simulation of the Beam Pull‐Out test was faced. All the parts of the Beam Pull‐Out test were included inthe simulation and different alternatives to represent the FRP bar – concrete interface have been evaluated, using cohesive elements and different distributions of them. In order to reproduce the test conditions more reliably, a PID controller has also been designed to conduct suitably the numerical tests in order to properly capture the softening branch of the load‐slip behaviour. The PID controller applies control techniques to calculate a priori the necessary amplitude of the load in order to achieve a given evolution through the simulation of an internal variable previously chosen. The variable used in order to correlate the simulation with the test results is the difference in displacements between two points and a linear evolution was chosen, but in the thesis the results of choosing other possible internal variables with different evolutions are also shown. The numerical FE simulations were compared with experimental measurements previously published. Load‐slip predictions compare well with the corresponding experimental data. The proposed model is also able to predict the failure mode at the FRP‐concrete interface. Some parametric studies have also been carried out, in order to evaluate the influence of each material parameter in the results. A qualitative study of the behaviour of the joint was also performed, using the results of the numeric simulations and through the use of macros and 3D graphs, the tensional state of each point of the joint can be visualized in each moment of the simulation.

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GaN y AlN son materiales semiconductores piezoeléctricos del grupo III-V. La heterounión AlGaN/GaN presenta una elevada carga de polarización tanto piezoeléctrica como espontánea en la intercara, lo que genera en su cercanía un 2DEG de grandes concentración y movilidad. Este 2DEG produce una muy alta potencia de salida, que a su vez genera una elevada temperatura de red. Las tensiones de puerta y drenador provocan un stress piezoeléctrico inverso, que puede afectar a la carga de polarización piezoeléctrica y así influir la densidad 2DEG y las características de salida. Por tanto, la física del dispositivo es relevante para todos sus aspectos eléctricos, térmicos y mecánicos. En esta tesis se utiliza el software comercial COMSOL, basado en el método de elementos finitos (FEM), para simular el comportamiento integral electro-térmico, electro-mecánico y electro-térmico-mecánico de los HEMTs de GaN. Las partes de acoplamiento incluyen el modelo de deriva y difusión para el transporte electrónico, la conducción térmica y el efecto piezoeléctrico. Mediante simulaciones y algunas caracterizaciones experimentales de los dispositivos, hemos analizado los efectos térmicos, de deformación y de trampas. Se ha estudiado el impacto de la geometría del dispositivo en su auto-calentamiento mediante simulaciones electro-térmicas y algunas caracterizaciones eléctricas. Entre los resultados más sobresalientes, encontramos que para la misma potencia de salida la distancia entre los contactos de puerta y drenador influye en generación de calor en el canal, y así en su temperatura. El diamante posee une elevada conductividad térmica. Integrando el diamante en el dispositivo se puede dispersar el calor producido y así reducir el auto-calentamiento, al respecto de lo cual se han realizado diversas simulaciones electro-térmicas. Si la integración del diamante es en la parte superior del transistor, los factores determinantes para la capacidad disipadora son el espesor de la capa de diamante, su conductividad térmica y su distancia a la fuente de calor. Este procedimiento de disipación superior también puede reducir el impacto de la barrera térmica de intercara entre la capa adaptadora (buffer) y el substrato. La muy reducida conductividad eléctrica del diamante permite que pueda contactar directamente el metal de puerta (muy cercano a la fuente de calor), lo que resulta muy conveniente para reducir el auto-calentamiento del dispositivo con polarización pulsada. Por otra parte se simuló el dispositivo con diamante depositado en surcos atacados sobre el sustrato como caminos de disipación de calor (disipador posterior). Aquí aparece una competencia de factores que influyen en la capacidad de disipación, a saber, el surco atacado contribuye a aumentar la temperatura del dispositivo debido al pequeño tamaño del disipador, mientras que el diamante disminuiría esa temperatura gracias a su elevada conductividad térmica. Por tanto, se precisan capas de diamante relativamente gruesas para reducer ele efecto de auto-calentamiento. Se comparó la simulación de la deformación local en el borde de la puerta del lado cercano al drenador con estructuras de puerta estándar y con field plate, que podrían ser muy relevantes respecto a fallos mecánicos del dispositivo. Otras simulaciones se enfocaron al efecto de la deformación intrínseca de la capa de diamante en el comportamiento eléctrico del dispositivo. Se han comparado los resultados de las simulaciones de la deformación y las características eléctricas de salida con datos experimentales obtenidos por espectroscopía micro-Raman y medidas eléctricas, respectivamente. Los resultados muestran el stress intrínseco en la capa producido por la distribución no uniforme del 2DEG en el canal y la región de acceso. Además de aumentar la potencia de salida del dispositivo, la deformación intrínseca en la capa de diamante podría mejorar la fiabilidad del dispositivo modulando la deformación local en el borde de la puerta del lado del drenador. Finalmente, también se han simulado en este trabajo los efectos de trampas localizados en la superficie, el buffer y la barrera. Las medidas pulsadas muestran que tanto las puertas largas como las grandes separaciones entre los contactos de puerta y drenador aumentan el cociente entre la corriente pulsada frente a la corriente continua (lag ratio), es decir, disminuir el colapse de corriente (current collapse). Este efecto ha sido explicado mediante las simulaciones de los efectos de trampa de superficie. Por su parte, las referidas a trampas en el buffer se enfocaron en los efectos de atrapamiento dinámico, y su impacto en el auto-calentamiento del dispositivo. Se presenta también un modelo que describe el atrapamiento y liberación de trampas en la barrera: mientras que el atrapamiento se debe a un túnel directo del electrón desde el metal de puerta, el desatrapamiento consiste en la emisión del electrón en la banda de conducción mediante túnel asistido por fonones. El modelo también simula la corriente de puerta, debida a la emisión electrónica dependiente de la temperatura y el campo eléctrico. Además, también se ilustra la corriente de drenador dependiente de la temperatura y el campo eléctrico. ABSTRACT GaN and AlN are group III-V piezoelectric semiconductor materials. The AlGaN/GaN heterojunction presents large piezoelectric and spontaneous polarization charge at the interface, leading to high 2DEG density close to the interface. A high power output would be obtained due to the high 2DEG density and mobility, which leads to elevated lattice temperature. The gate and drain biases induce converse piezoelectric stress that can influence the piezoelectric polarization charge and further influence the 2DEG density and output characteristics. Therefore, the device physics is relevant to all the electrical, thermal, and mechanical aspects. In this dissertation, by using the commercial finite-element-method (FEM) software COMSOL, we achieved the GaN HEMTs simulation with electro-thermal, electro-mechanical, and electro-thermo-mechanical full coupling. The coupling parts include the drift-diffusion model for the electron transport, the thermal conduction, and the piezoelectric effect. By simulations and some experimental characterizations, we have studied the device thermal, stress, and traps effects described in the following. The device geometry impact on the self-heating was studied by electro-thermal simulations and electrical characterizations. Among the obtained interesting results, we found that, for same power output, the distance between the gate and drain contact can influence distribution of the heat generation in the channel and thus influence the channel temperature. Diamond possesses high thermal conductivity. Integrated diamond with the device can spread the generated heat and thus potentially reduce the device self-heating effect. Electro-thermal simulations on this topic were performed. For the diamond integration on top of the device (top-side heat spreading), the determinant factors for the heat spreading ability are the diamond thickness, its thermal conductivity, and its distance to the heat source. The top-side heat spreading can also reduce the impact of thermal boundary resistance between the buffer and the substrate on the device thermal behavior. The very low electrical conductivity of diamond allows that it can directly contact the gate metal (which is very close to the heat source), being quite convenient to reduce the self-heating for the device under pulsed bias. Also, the diamond coated in vias etched in the substrate as heat spreading path (back-side heat spreading) was simulated. A competing mechanism influences the heat spreading ability, i.e., the etched vias would increase the device temperature due to the reduced heat sink while the coated diamond would decrease the device temperature due to its higher thermal conductivity. Therefore, relative thick coated diamond is needed in order to reduce the self-heating effect. The simulated local stress at the gate edge of the drain side for the device with standard and field plate gate structure were compared, which would be relevant to the device mechanical failure. Other stress simulations focused on the intrinsic stress in the diamond capping layer impact on the device electrical behaviors. The simulated stress and electrical output characteristics were compared to experimental data obtained by micro-Raman spectroscopy and electrical characterization, respectively. Results showed that the intrinsic stress in the capping layer caused the non-uniform distribution of 2DEG in the channel and the access region. Besides the enhancement of the device power output, intrinsic stress in the capping layer can potentially improve the device reliability by modulating the local stress at the gate edge of the drain side. Finally, the surface, buffer, and barrier traps effects were simulated in this work. Pulsed measurements showed that long gates and distances between gate and drain contact can increase the gate lag ratio (decrease the current collapse). This was explained by simulations on the surface traps effect. The simulations on buffer traps effects focused on illustrating the dynamic trapping/detrapping in the buffer and the self-heating impact on the device transient drain current. A model was presented to describe the trapping and detrapping in the barrier. The trapping was the electron direct tunneling from the gate metal while the detrapping was the electron emission into the conduction band described by phonon-assisted tunneling. The reverse gate current was simulated based on this model, whose mechanism can be attributed to the temperature and electric field dependent electron emission in the barrier. Furthermore, the mechanism of the device bias via the self-heating and electric field impact on the electron emission and the transient drain current were also illustrated.

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El agua de riego en España se ha reducido del 80 % al 70% tras la rehabilitación de los sistemas tradicionales de riego y el incremento de riegos a presión. La política española ha favorecido la creación de nuevos regadíos con fines sociales, para asentar a la población rural en zonas con disponibilidad de recursos hídricos. Este contexto es aplicable a la Comunidad de Regantes “Rio Adaja” (CCRR), que comenzó a funcionar en 2010 por lo que se la ha elegido para evaluar el uso y productividad del agua y manejo del riego en CCRR modernizadas de la cuenca del Duero. El estudio del manejo del riego se realizó con evaluaciones de campo, el primer año de funcionamiento, en una muestra de sistemas de riego (pivotes centrales, ramales de avance frontal, cobertura total) representativa de los sistemas predominantes en la CCRR. Además, se analizó la carta de riego propuesta por el fabricante de los pivotes centrales, considerando una distribución de caudal continua a lo largo del ramal, y se propuso una nueva carta con emisores de riego que mejoraban la uniformidad de aplicación del agua. El uso del agua en la CCRR se evaluó considerando tanto los indicadores de eficiencia del riego: suministro relativo de riego (anual relative irrigation supply, ARIS), suministro relativo del agua (anual relativewater supply, ARWS), suministro relativo de precipitación (rainfall relative supply, RRS) como los de productividad: productividad del agua (water productivity, WP) productividad del agua de riego (irrigation water productivity, IWP) y productividad de la evapotranspiración (evapotranspiration water productivity, ETWP). Primero, se determinaron: las necesidades hídricas de los cultivos para mantener un contenido de humedad óptimo en su zona radical, el coeficiente dual del cultivo, el agua disponible total (ADP) y agua fácilmente aprovechable (AFA). Después, se estimaron las necesidades hídricas de los cultivos considerando tres años tipo: húmedo, normal y seco correspondientes a la probabilidad de disponibilidad de la precipitación del 20, 50 y 80%, respectivamente. Así mismo, se realizó una encuesta a los regantes de la CCRR para conocer la dosis de riego y rendimiento anual de los cultivos principales durante sus tres años de funcionamiento: 2010-2011, 2011-2012 y 2012-2013.Finalmente, se simuló el efecto del riego y su manejo en la producción de los cultivos y en la productividad del agua. Además, el modelo de simulación AQUACROP (Geerts et al., 2010) se ha utilizado para estudiar la mejora del uso del agua de los cultivos de la CCRR. Dado que este modelo requiere de calibración específica para cada cultivo y cada zona y dado que, de todos los cultivos de la CCRR, sólo el girasol cumplía el requisito, este cultivo fue elegido para estudiar si la estrategia de riego deficitario mejoraría el uso del agua. Los resultados obtenidos indican que el 90% de los sistemas de riego evaluados distribuye el agua con una uniformidad adecuada (CUC≥75%). La simulación de la distribución del agua con las cartas de riego propuestas por el fabricante en pivotes centrales resultó en coeficientes CUC< 75% y sus valores mejoraban al eliminar el aspersor distal. La uniformidad del riego mejoraría si se trabajase con la carta de riego propuesta y que se compone por emisores de riego seleccionados en este estudio. En la mayoría de los cultivos, se aplicó riegos deficitarios (ARIS < 1 en los dos primeros años de funcionamiento de la CCRR y riegos excedentarios (ARIS > 1) el tercer año siendo significativas las diferencias observadas. El manejo del riego fue bueno (0,9 ≤ ARWS ≤1,2) en la mayoría de los cultivos. Así mismo, los indicadores de productividad del agua (WP e IWP (€.m-3)) varió entre cultivos y años estudiados y, destacan los valores observados en: cebolla, patata, zanahoria y cebada. En general, la productividad del agua en los riegos deficitarios fue mayor observándose además, que los índices de productividad mayores correspondieron al año con precipitación mayor aunque, las diferencias entre sus valores medios no fueron significativas en las tres campañas de riego estudiadas. Los resultados apuntan a que la metodología del balance hídrico y las herramientas presentadas en este trabajo (uniformidad de distribución de agua, indicadores de eficiencia del uso de agua y de su productividad) son adecuadas para estudiar el manejo del agua en CCRR. En concreto, la uniformidad en la aplicación del agua de la CCRR mejoraría seleccionando emisores de riego que proporcionen una mayor uniformidad de distribución del agua, lo que conllevaría a cambiar el diámetro de la boquilla de los emisores y/o eliminar el aspersor distal. Así mismo, puede ser de interés adoptar estrategias de riego deficitario para incrementar la productividad en el uso del agua, y las rentas de los regantes, para lo cual se propone utilizar un patrón de cultivos de referencia. Finalmente, el riego deficitario puede ser una estrategia para mejorar la eficiencia y productividad en el uso del agua de la CCRR siempre que lleve asociado un manejo del riego adecuado que resulta, relativamente, más fácil cuando se dispone de sistemas de riego con una uniformidad de aplicación alta. Sin embargo su aplicación no sería aconsejable en los cultivos de remolacha azucarera, regado con sistemas de riego con un coeficiente de uniformidad de Christiansen CUC < 75%, y maíz, regado con sistemas de riego con un coeficiente de uniformidad de Christiansen CUC < 65%. ABSTRACT The irrigation scheme modernization and the increase of sprinkler irrigation area have reduced the irrigation water use from 80 to 70%. The national irrigation policy favored the creation of new irrigation schemes with the purpose to settle the rural population in areas with availability in water resources. Within this context, the irrigation district “Río Adaja” (CCRR) started in 2010 so, it has been chosen as a case study to evaluate the water use and the irrigation management in a modernized CCRR. Several field evaluations were carried out during the first operation year, in a sample of irrigation systems (center pivot, moving lateral and solid set) selected among all the systems in the CCRR. Likewise, the manufacturer irrigation chart for the center pivot systems has been considered and the pressure and discharge distribution along the pivot have been estimated, assuming a continuous flow along the pipe. Then; the sprinkler nozzles were selected order to increase the uniformity on water application. The water use in the CCRR has been assessed by considering the water use efficiency indicators: annual relative irrigation supply (ARIS), annual relative water supply (ARWS), relative rainfall supply (RRS) and also the productivity indicators: water productivity (WP), irrigation water productivity (IWP) and evapotranspiration water productivity (ETWP). On the one hand, it has been determined the crop water requirement (to maintain the optimal soil water content in the rooting zone), the dual crop coefficient, the total available water and the readily available water. The crop water requirement was estimated by considering the typical wet, normal and dry years which correspond to the probability of effective precipitation exceedance of 20, 50 and 80%, respectively. On the other hand, the irrigation depth and crop yield by irrigation campaign have been considered for the main crops in the area. This information was obtained from a farmer’s survey in 2010-2011, 2011-2012 and 2012-2013. For sunflower, the irrigation effect and its management on the crop yield and water productivity have been simulated. Also a deficit irrigation strategy, which improves the water resources, has been determined by means of AQUACROP (FAO). The results showed that 90% of the evaluated irrigation systems have adequate irrigation water application uniformity (CUC ≥ 75%). The CUC values in center pivots, which were calculated using the manufacturer irrigation chart, are below < 75% . However, these values would increase with the change of emitter nozzle to the proposed nozzles selection. The results on water use showed a deficit irrigation management (ARIS < 1), in most of crops during the first two operation years, and an excess in irrigation for the third year (ARIS > 1) although non-significant difference was observed. In most cases, the management of irrigation is adequate (0,9≤ ARWS≤ 1,2) although there are differences among crops. Likewise, the productivity indicators (WP and IWP (€.m-3)) varied among crops and with irrigation events. The highest values corresponded to onion, potato, carrot and barley. The values for deficit irrigation were the highest and the productivity indicators increased the year with the highest effective precipitation. Nevertheless, the differences between the average values of these indicators by irrigation campaign were non-significant. This study highlights that the soil water balance methodology and other tools used in the methodology are adequate to study the use and productivity of water in the irrigation district. In fact, the water use in this CCRR can be improved if the irrigation systems were designed with higher water distribution uniformity what would require the change of sprinkler nozzles and/or eliminate the end gun. Likewise, it is advisable to set up deficit irrigation strategies to increase the water productivity taking into account certain limits on water application uniformities. In this respect, a reference cropping pattern has been proposed and the limits for water uniformity have been calculated for several crops.

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As advanced Cloud services are becoming mainstream, the contribution of data centers in the overall power consumption of modern cities is growing dramatically. The average consumption of a single data center is equivalent to the energy consumption of 25.000 households. Modeling the power consumption for these infrastructures is crucial to anticipate the effects of aggressive optimization policies, but accurate and fast power modeling is a complex challenge for high-end servers not yet satisfied by analytical approaches. This work proposes an automatic method, based on Multi-Objective Particle Swarm Optimization, for the identification of power models of enterprise servers in Cloud data centers. Our approach, as opposed to previous procedures, does not only consider the workload consolidation for deriving the power model, but also incorporates other non traditional factors like the static power consumption and its dependence with temperature. Our experimental results shows that we reach slightly better models than classical approaches, but simul- taneously simplifying the power model structure and thus the numbers of sensors needed, which is very promising for a short-term energy prediction. This work, validated with real Cloud applications, broadens the possibilities to derive efficient energy saving techniques for Cloud facilities.

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Las hortalizas mínimamente procesadas (MP) son productos frescos, higienizados, que sufren alteraciones físicas durante el proceso de elaboración que afectan a su metabolismo, determinando incrementos en la tasa respiratoria y producción de etileno. Los daños que se originan por las operaciones físicas, vuelven a estos productos más susceptibles a la colonización de microorganismos, inducen procesos de cicatrización de heridas y afectan su calidad organoléptica y funcional. Por ello en estos productos es especialmente crítico el aseguramiento de las condiciones de refrigeración desde el productor hasta el consumidor. En este estudio se presenta el análisis de las temperaturas registradas en Santiago (Chile) durante la cadena de producción y distribución de lechugas baby leaf MP tipo Salanova®, monitorizadas mediante sensores de temperatura y humedad relativa (I-Buttons®) y tarjetas RFID con sensor de temperatura (TurboTag®), colocados en el interior de las bolsas de lechuga y en el exterior de las cajas de agrupación. El objetivo del presente trabajo es generar información sobre el historial térmico de estos productos desde la huerta a la nevera del consumidor, así como optimizar los protocolos de colocación de dispositivos y sistematizar procedimientos de análisis de datos espacio-temporales. Con los datos registrados, se simuló la cadena de producción, distribución y venta, realizando un seguimiento de la calidad comercial del producto, evaluándose la tasa respiratoria y las características sensoriales sin degustación. Se observó que no solo se producen saltos térmicos discretos, sino que las lechugas estuvieron durante gran parte de su vida útil en condiciones sub-óptimas de temperatura, comprometiéndose su calidad sensorial.

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"Accedit Triduum sacrum, omnium, præcipue religiosorum, usui accommodatum, una cum facili methodo expeditè meditandi."

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Mode of access: Internet.