94 resultados para Culex (Melanoconion)


Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Eleven mosquito species, namely Aedes hastatus, Ae. fulvus, Coquillettidia albicosta, Cq. juxtamansonia, Culex aliciae, Cx. delpontei, Cx. oedipus, Cx. pedroi, Mansonia flaveola, Uranotaenia leucoptera, and Wyeomyia oblita, are recorded for the first time from northwestern Argentina. In addition, 3 species, Cx. brethesi, Limatus durhami, and Ur. nataliae, are reported for the first time from Salta Province. These records extend the geographical distribution of these 3 species to Salta Province. This study also extends the geographical distributions of Cq. nigricans, Cx. chidesteri, and Ma. humeralis to Jujuy Province and of Ae. meprai, Ae. milleri, Ae. oligopistus, Cx. brethesi, Cx. fernandezi, and Cx. tatoi to Tucuman Province.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

We undertook geometric morphometric analysis of wing venation to assess this character's ability to distinguish Anopheles darlingi Root populations and to test the hypothesis that populations from coastal areas of the Brazilian Atlantic Forest differ from those of the interior Atlantic Forest, Cerrado, and the regions South and North of the Amazon River. Results suggest that populations from the coastal and interior Atlantic Forest are more similar to each other than to any of the other regional populations. Notably, the Cerrado population was more similar to that from north of the Amazon River than to that collected of south of the River. thus showing no correlation with geographical distances. We hypothesize that environmental and ecological factors may affect wing evolution in An. darlingi. Although it is premature to associate environmental and ecological determinants with wing features and evolution of the species, investigations on this field are promising. (C) 2012 Elsevier B.V. All rights reserved.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Plant extracts represent a great source of molecules, with insecticidal activity, which are used for pest control in several crop production systems. This work aimed to evaluate the toxicity of an aqueous extract of leaves of castor bean against larvae of Spodoptera frugiperda (Smith) (Lepidoptera: Noctuidae) in search for different classes of molecules with insecticidal activities by using in vitro assays. The effects of the castor bean leaf extract on the food utilization, development, and survival of S. frugiperda larvae was evaluated by feeding the larvae an artificial diet supplemented with different concentrations of the extract (0%, 1%, 2.5%, 5%, and 10% w/v). The effects observed were dose-dependent, and the highest concentration evaluated (10% w/v) was the one the most affected food utilization by altering the nutritional indices, as well as larval weight gain, development time, and survivorship. In vitro assays to detect saponins, lectins, and trypsin inhibitors in the castor bean leaf extract were performed, but only trypsin inhibitors were detected. No preference for the diet source was detected in S. frugiperda by feeding the larvae in choice experiments with diets containing different concentrations of the castor bean extract tested. The data obtained indicate the existence of a potential molecule in the tested extract of castor bean to be used as an alternative insecticide to be integrated in the management of S. frugiperda.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Da 25 anni la letteratura scientifica internazionale riporta studi su varie specie di microcrostacei copepodi ciclopoidi dei generi Macrocyclops, Megacyclops e Mesocyclops predatori di larve di 1a e 2a età di culicidi. Si tratta di prove di predazione in laboratorio e in pieno campo, in diverse aree del pianeta nessuna delle quali riguarda l’Italia o il resto d’Europa, contro principalmente Aedes aegypti (L.), Ae. albopictus (Skuse) e altre specie del genere Anopheles e Culex. L’allevamento massale di copepodi ciclopoidi appare praticabile e questo, assieme alle buone prestazioni predatorie, rende tali ausiliari candidati assai interessanti contro le due principali specie di zanzare, Culex pipiens L. e Ae. albpopictus, che nelle aree urbane e periurbane italiane riescono a sfruttare raccolte d’acqua artificiali di volume variabile e a regime idrico periodico o permanente. Pertanto lo scopo dello studio è stato quello di arrivare a selezionare una o più specie di copepodi candidati per la lotta biologica e valutarne la possibilità applicativa nell’ambito dei programmi di controllo delle zanzare nocive dell’ambiente urbano. L’argomento del tutto nuovo per il nostro paese, è stato sviluppato attraverso varie fasi ciascuna delle quali propedeutica a quella successiva. •Indagine faunistica nell’area di pianura e costiera sulle specie di ciclopoidi associate a varie tipologie di raccolte d’acqua naturali e artificiali (fossi, scoline, canali, risaie e pozze temporanee). I campionamenti sono stati condotti con l’obiettivo di ottenere le specie di maggiori dimensioni (≥1 mm) in ristagni con diverse caratteristiche in termini di qualità dell’acqua e complessità biocenotica. •Prove preliminari di predazione in laboratorio con alcune specie rinvenute negli ambienti campionati, nei confronti delle larve di Ae. albopictus e Cx. pipiens. Le prestazioni di predazione sono state testate sottoponendo ai copepodi larve giovani di zanzare provenienti da allevamento e calcolato il numero giornaliero di larve attaccate. •Implementazione di un allevamento pilota della specie valutata più interessante, Macrocyclops albidus (Jurine) (Cyclopoida, Cyclopidae, Eucyclopinae), per i risultati ottenuti in laboratorio in termini di numero di larve predate/giorno e per le caratteristiche biologiche confacenti agli ambienti potenzialmente adatti ai lanci. Questa parte della ricerca è stata guidata dalla finalità di mettere a punto una tecnica di allevamento in scala in modo da disporre di stock di copepodi dalla primavera, nonchè da criteri di economicità nell’impianto e nella sua gestione. •Prove di efficacia in condizioni di semicampo e di campo in raccolte d’acqua normalmente colonizzate dai culicidi in ambito urbano: bidoni per lo stoccaggio di acqua per l’irrigazione degli orti e tombini stradali. In questo caso l’obiettivo principale è stato quello di ottenere dati sull’efficienza del controllo di M. albidus nei confronti della popolazione culicidica selvatica e sulla capacità del copepode di colonizzare stabilmente tali tipologie di focolai larvali. Risultati e conclusioni Indagine faunistica e prove di predazione in laboratorio L’indagine faunistica condotta nell’area costiera ferrarese, in quella ravennate e della pianura bolognese ha portato al rinvenimento di varie specie di ciclopoidi mantenuti in laboratorio per la conduzione delle prove di predazione. Le specie testate sono state: Acanthocyclops robustus (G. O. Sars), Macrocyclops albidus (Jurine), Thermocyclops crassus (Fischer), Megacyclops gigas (Claus). La scelta delle specie da testare è stata basata sulla loro abbondanza e frequenza di ritrovamento nei campionamenti nonché sulle loro dimensioni. Ciascuna prova è stata condotta sottoponendo a un singolo copepode, oppure a gruppi di 3 e di 5 esemplari, 50 larve di 1a età all’interno di contenitori cilindrici in plastica con 40 ml di acqua di acquedotto declorata e una piccola quantità di cibo per le larve di zanzara. Ciascuna combinazione “copepode/i + larve di Ae. albopictus”, è stata replicata 3-4 volte, e confrontata con un testimone (50 larve di Ae. albopictus senza copepodi). A 24 e 48 ore sono state registrate le larve sopravvissute. Soltanto per M. albidus il test di predazione è stato condotto anche verso Cx. pipiens. Messa a punto della tecnica di allevamento La ricerca è proseguita concentrando l’interesse su M. albidus, che oltre ad aver mostrato la capacità di predare a 24 ore quasi 30 larve di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, dalla bibliografia risulta tollerare ampi valori di temperatura, di pH e alte concentrazioni di vari inquinanti. Dalla ricerca bibliografica è risultato che i ciclopoidi sono facilmente allevabili in contenitori di varia dimensione e foggia somministrando agli stadi di preadulto alghe unicellulari (Chlorella, Chilomonas), protozoi ciliati (Paramecium, Euplotes), rotiferi e cladoceri. Ciò presuppone colture e allevamenti in purezza di tali microrganismi mantenuti in parallelo, da utilizzare come inoculo e da aggiungere periodicamente nell’acqua di allevamento dei ciclopoidi. Nel caso di utilizzo di protozoi ciliati, occorre garantirne lo sviluppo che avviene a carico di flora batterica spontanea a sua volta cresciuta su di un substrato organico quale latte, cariossidi bollite di grano o soia, foglie di lattuga, paglia di riso bollita con cibo secco per pesci, lievito di birra. Per evitare il notevole impegno organizzativo e di manodopera nonché il rischio continuo di perdere la purezza della colonia degli organismi da utilizzare come cibo, le prove comparative di allevamento hanno portato ad un protocollo semplice ed sufficientemente efficiente in termini di copepodi ottenibili. Il sistema messo a punto si basa sull’utilizzo di una popolazione mista di ciliati e rotiferi, mantenuti nell'acqua di allevamento dei copepodi mediante la somministrazione periodica di cibo standard e pronto all’uso costituito da cibo secco per gatti. Prova di efficacia in bidoni da 220 l di capacità La predazione è stata studiata nel biennio 2007-2008 in bidoni da 220 l di capacità inoculati una sola volta in aprile 2007 con 100 e 500 esemplari di M. albidus/bidone e disposti all’aperto per la libera ovideposizione della popolazione culicidica selvatica. L’infestazione preimmaginale culicidica veniva campionata ogni due settimane fino ad ottobre, mediante un retino immanicato a maglia fitta e confrontata con quella dei bidoni testimone (senza copepodi). Nel 2007 il tasso di riduzione medio delle infestazioni di Ae. albopictus nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è del 99,90% e del 100,00% rispettivamente alle dosi iniziali di inoculo di 100 e 500 copepodi/bidone; per Cx. pipiens L. tale percentuale media è risultata di 88,69% e di 84,65%. Similmente, nel 2008 si è osservato ad entrambe le dosi iniziali di inoculo una riduzione di Ae. albopictus del 100,00% e di Cx. pipiens del 73,3%. La dose di inoculo di 100 copepodi per contenitore è risultata sufficiente a garantire un rapido incremento numerico della popolazione che ha raggiunto la massima densità in agosto-settembre e un eccellente controllo delle popolazioni di Ae. albopictus. Prova di efficacia in campo in serbatoi per l’acqua irrigua degli orti La prova è stata condotta a partire dalla metà di agosto 2008 interessando 15 serbatoi di varia foggia e capacità, variabile tra 200 e 600 l, utilizzati per stoccare acqua orti famigliari nel comune di Crevalcore (BO). Ai proprietari dei serbatoi era chiesto di gestire il prelievo dell’acqua e i rifornimenti come da abitudine con l’unica raccomandazione di non svuotarli mai completamente. In 8 contenitori sono stati immessi 100 esemplari di M.albidus e una compressa larvicida a base di Bacillus thuringiensis var. israelensis (B.t.i.); nei restanti 7 è stata soltanto immessa la compressa di B.t.i.. Il campionamento larvale è stato settimanale fino agli inizi di ottobre. Dopo l’introduzione in tutti i serbatoi sono stati ritrovati esemplari di copepodi, nonostante il volume di acqua misurato settimanalmente sia variato da pochi litri, in qualche bidone, fino a valori della massima capacità, per effetto del prelievo e dell’apporto dell’acqua da parte dei gestori degli orti. In post-trattamento sono state osservate differenze significative tra le densità larvali nelle due tesi solo al 22 settembre per Ae.albopictus Tuttavia in termini percentuali la riduzione media di larve di 3a-4a età e pupe nei bidoni con copepodi, rispetto al testimone, è stata de 95,86% per Ae. albopictus e del 73,30% per Cx. pipiens. Prova di efficacia in tombini stradali Sono state condotte due prove in due differenti località, interessando 20 tombini (Marano di Castenaso in provincia di Bologna nel 2007) e 145 tombini (San Carlo in provincia di Ferrara nel 2008), quest’ultimi sottoposti a spurgo e pulizia completa nei precedenti 6 mesi l’inizio della prova. L’introduzione dei copepodi nei tombini è stata fatta all’inizio di luglio nella prova di Marano di Castenaso e alla fine di aprile e giugno in quelli di San Carlo, a dosi di 100 e 50 copepodi/tombino. Prima dell’introduzione dei copepodi e successivamente ogni 2 settimane per due mesi, in ogni tombino veniva campionata la presenza culicidica e dei copepodi con dipper immanicato. Nel 2007 dopo l’introduzione dei copepodi e per tutto il periodo di studio, mediamente soltanto nel 77% dei tombini i copepodi sono sopravvissuti. Nel periodo di prova le precipitazioni sono state scarse e la causa della rarefazione dei copepodi fino alla loro scomparsa in parte dei tombini è pertanto da ricercare non nell’eventuale dilavamento da parte della pioggia, quanto dalle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua. Tra queste innanzitutto la concentrazione di ossigeno che è sempre stata molto bassa (0÷1,03 mg/l) per tutta la durata del periodo di studio. Inoltre, a questo fattore probabilmente è da aggiungere l’accumulo, a concentrazioni tossiche per M. albidus, di composti organici e chimici dalla degradazione e fermentazione dell’abbondante materiale vegetale (soprattutto foglie) in condizioni di ipossia o anossia. Nel 2008, dopo il primo inoculo di M. albidus la percentuale di tombini che al campionamento presentano copepodi decresce in modo brusco fino a raggiungere il 6% a 2 mesi dall’introduzione dei copepodi. Dopo 40 giorni dalla seconda introduzione, la percentuale di tombini con copepodi è del 6,7%. Nell’esperienza 2008 è le intense precipitazioni hanno avuto probabilmente un ruolo determinante sul mantenimento dei copepodi nei tombini. Nel periodo della prova infatti le piogge sono state frequenti con rovesci in varie occasioni di forte intensità per un totale di 342 mm. Sotto questi livelli di pioggia i tombini sono stati sottoposti a un continuo e probabilmente completo dilavamento che potrebbe aver impedito la colonizzazione stabile dei copepodi. Tuttavia non si osservano influenze significative della pioggia nella riduzione percentuale dei tombini colonizzati da copepodi e ciò fa propendere all’ipotesi che assieme alla pioggia siano anche le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua a impedire una colonizzazione stabile da parte di M. albidus. In definitiva perciò si è dimostrato che i tombini stradali sono ambienti ostili per la sopravvivenza di M. albidus, anche se, dove il ciclopoide si è stabilito permanentemente, ha dimostrato un certo impatto nei confronti di Ae. albopictus e di Cx. pipiens, che tuttavia è risultato non statisticamente significativo all’analisi della varianza. Nei confronti delle larve di Culex pipiens il copepode non permette livelli di controllo soddisfacente, confermando i dati bibliografici. Nei confronti invece di Ae. albopictus la predazione raggiunge buoni livelli; tuttavia ciò non è compensato dalla percentuale molto alta di tombini che, dopo periodi di pioggia copiosa o singoli episodi temporaleschi o per le condizioni di anossia rimangono senza i copepodi. Ciò costringerebbe a ripetute introduzioni di copepodi i cui costi attualmente non sono inferiori a quelli per trattamenti con prodotti larvicidi. In conclusione la ricerca ha portato a considerare Macrocyclops albidus un interessante ausiliario applicabile anche nelle realtà urbane del nostro paese nell’ambito di programmi integrati di contrasto alle infestazioni di Aedes albopictus. Tuttavia il suo utilizzo non si presta a tutti i focolai larvali ma soltanto a raccolte di acqua artificiali di un certo volume come i bidoni utilizzati per stoccare acqua da impiegare per l’orto e il giardino familiare nelle situazioni in cui non è garantita la copertura ermetica, lo svuotamento completo settimanale o l’utilizzo di sostanze ad azione larvozanzaricida.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

This study used canine sentinel surveillance and collected a sample of adult mosquitoes to investigate the potential impact of West Nile virus (WNV) in human populations in the Rio Grande Valley along the Texas-Mexico border. Samples for this study were collected from juvenile dogs two months to one year of age in animal shelters located in the Rio Grande Valley. The sample was comprised of stray dogs in order to include animals with maximum nighttime exposures to Culex mosquitoes. Serum samples were collected following the 2007 WNV transmission season and were tested for IgG antibodies against WNV. Evidence of antibodies to WNV was found in 35.1% of the sample population consisting of 74 dogs. During this same time period, mosquitoes in Brownsville were trapped and morphologically identified to develop greater understanding of the mosquito populations in the region and to further understand other potential mosquito vectors for disease transmission. The vast majority of mosquitoes living in this area were Aedes albopictus (47.6%), Culex quinquefasciatus (23.7%), and Aedes aegypti (20.1%). This study shows that WNV and the vector responsible for WNV transmission are active in the Rio Grande Valley and pose a threat to the human and animal populations. ^

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

West Nile Virus (WNV) is an arboviral disease that has affected hundreds of residents in Harris County, Texas since its introduction in 2002. Persistent infection, lingering sequelae and other long-term symptoms of patients reaffirm the need for prevention of this important vector-borne disease. This study aimed to determine if living within 400m of a water body increases one’s odds of infection with WNV. Additionally, we wanted to determine if one’s proximity to a particular water type or water body source increased one’s odds of infection with WNV.^ 145 cases’ addresses were abstracted from the initial interview and consent records from a cohort of patients (Epidemiology of Arboviral Encephalitis in Houston study, HSC-SPH-03-039). After applying inclusion criteria, 140 cases were identified for analysis. 140 controls were selected for analysis using a population proportionate to size model and US Census Bureau data. MapMarker USA v14 was used to geocode the cases’ addresses. Both cases’ and controls’ coordinates were uploaded onto a Harris County water shapefile in MapInfo Professional v9.5.1. Distance in meters to the closest water source, closest water source type, and closest water source name were recorded.^ Analysis of Variance (p=0.329, R2 = 0.0034) indicated no association between water body distance and risk of WNV disease. Living near a creek (x2 = 11.79, p < 0.001), or the combined group of creek and gully (x 2 = 14.02, p < 0.001) were found to be strongly associated with infection of WNV. Living near Cypress Creek and its feeders (x2 = 15.2, p < 0.001) was found to be strongly associated with WNV infection. We found that creek and gully habitats, particularly Cypress Creek, were preferential for the local disease transmitting Culex quinquefasciatus and reservoir avian population.^

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

The exon theory of genes proposes that the introns of protein-encoding nuclear genes are remnants of the DNA spacers between ancient minigenes. The discovery of an intron at a predicted position in the triose-phosphate isomerase (EC 5.3.1.1) gene of Culex mosquitoes has been hailed as an evidential pillar of the theory. We have found that that intron is also present in Aedes mosquitoes, which are closely related to Culex, but not in the phylogenetically more distant Anopheles, nor in the fly Calliphora vicina, nor in the moth Spodoptera littoralis. The presence of this intron in Culex and Aedes is parsimoniously explained as the result of an insertion in a recent common ancestor of these two species rather than as the remnant of an ancient intron. The absence of the intron in 19 species of very diverse organisms requires at least 10 independent evolutionary losses in order to be consistent with the exon theory.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Includes index.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Volume 1-3 paged continuously.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Ochlerotatus notoscriptus (Skuse) (Diptera: Culicidae) is the predominant peridomestic mosquito in Australia where it is the primary vector of dog heartworm, Dirofilaria immitis (Leidy), and a potentially important vector of arboviruses (Barmah Forest, Ross River) with geographical variation of vector competence. Although widespread, Oc. notoscriptus has low dispersal ability, so it may have isolated subpopulations. The identification of gene flow barriers may assist in understanding arbovirus epidemiology and disease risk, and for developing control strategies for this species. We investigated the population structure of Oc. notoscriptus from 17 sites around Australia, using up to 31 putative allozyme loci, 11 of which were polymorphic. We investigated the effect of larval environment and adult morphology on genetic variation. At least five subpopulations were found, four in New South Wales (NSW) and one unique to Darwin. Perth samples appear to be a product of recent colonization from the Australian east coast. For NSW sites, a Mantel test revealed an isolation by distance effect and spatial autocorrelation analysis revealed an area of effective gene flow of 67 km, which is high given the limited dispersal ability of this species. No consistent difference was observed between 'urban' and 'sylvan' habitats, which suggests frequent movement between these sites. However, a finer-scaled habitat study at Darwin revealed small but significant allele frequency differences, including for Gpi. No fixed allozyme differences were detected for sex, size, integument colour or the colour of species-diagnostic pale scales on the scutum. The domestic habit of Oc. notoscriptus and assisted dispersal have helped to homogenize this species geographically but population structure is still detectable on several levels associated with geographical variation of vector competence.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Adult mosquitoes (Diptera: Culicidae) were collected in January and February 2000 from Saibai Island in the Torres Strait of northern Australia, and processed for arbovirus isolation during a period of Japanese encephalitis (JE) virus activity on nearby Badu Island. A total of 84 2 10 mosquitoes were processed for virus isolation, yielding six flavivirus isolates. Viruses obtained were single isolates of JE and Kokobera (KOK) and four of Kunjin (KUN). All virus isolates were from members of the Culex sitiens Weidemann subgroup, which comprised 53.1 % of mosquitoes processed. Nucleotide sequencing and phylogenetic analysis of the pre-membrane region of the genome of JE isolate TS5313 indicated that it was closely related to other isolates from a sentinel pig and a pool of Cx. gelidus Theobald from Badu Island during the same period. Also molecular analyses of part of the envelope gene of KUN virus isolates showed that they were closely related to other KUN virus strains from Cape York Peninsula. The results indicate that flaviviruses are dynamic in the area, and suggest patterns of movement south from New Guinea and north from the Australian mainland.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Ross River virus (RE) is a mosquito-borne arbovirus responsible for outbreaks of polyarthritic disease throughout Australia. To better understand human and environmental factors driving such events, 57 historical reports oil RR Outbreaks between 1896 and 1998 were examined collectively. The magnitude, regularity, seasonality, and locality of outbreaks were found to be wide ranging; however, analysis of climatic and tidal data highlighted that environmental conditions let differently ill tropical, arid, and temperate regions. Overall, rainfall seems to be the single most important risk factor, with over 90% of major outbreak locations receiving higher than average rainfall in preceding mouths. Many temperatures were close to average, particularly in tropical populations; however, in arid regions, below average maximum temperatures predominated, and ill southeast temperate regions, above average minimum temperatures predominated. High spring tides preceded coastal Outbreaks, both in the presence and absence of rainfall, and the relationship between rainfall and the Southern Oscillation Index and Lit Nina episodes suggest they may be useful predictive tools, but only ill southeast temperate regions. Such heterogeneity predisposing outbreaks supports the notion that there are different RE epidemiologies throughout Australia but also Suggests that generic parameters for the prediction and control of outbreaks are of limited use at a local level.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Ross River virus is a common mosquito-borne arbovirus responsible for outbreaks of polyarthritic disease throughout Australia. To better understand climatic factors preceding outbreaks, we compared seasonal and monthly rainfall and temperature trends in outbreak and nonoutbreak years at four epidemic-prone locations. Our analyses showed that rainfall in outbreak years tended to be above average and higher than rainfall in nonoutbreak years. Overall temperatures were warmer during outbreak years. However, there were a number of distinct deviations in temperature, which seem to play a role in either promoting or inhibiting outbreaks. These preliminary findings show that climatic differences occur between outbreak and nonoutbreak years; however, seasonal and monthly trends differed across geo-climatic regions of the country. More detailed research is imperative if we are to optimize the surveillance and control of epidemic polyarthritic disease in Australia.