924 resultados para Communist Party


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Il primo capitolo della tesi verte sull’ultimo anno di vita del Partito d’Azione, sulle modalità di partecipazione di Lombardi allo scontro elettorale del 1948 nelle liste del Fronte democratico popolare, e sul breve periodo di direzione ‘centrista’ del Psi a cavallo tra il 1948 e il 1949, quando Lombardi, appena entratovi, fu magna pars nel gruppo dirigente del partito. Il secondo capitolo abbraccia il periodo in cui Lombardi agì all’interno del Psi ‘morandiano’, o frontista: si è cercato di dare ragione sia dell’inserimento di Lombardi nelle logiche del frontismo socialista, sia della peculiarità di quell’inserimento negli ambiti privilegiati della politica economica e della politica estera. Oggetto del terzo capitolo è il ruolo giocato da Lombardi nella definizione delle linee guida dell’autonomismo socialista, un ruolo fattosi via via più pregnante a partire dal 1956, che ebbe la sua massima consacrazione col XXXIV Congresso del Psi, celebrato a Milano nel 1961: centrale in questo periodo la riflessione lombardiana sulle «riforme di struttura», un argomento che ci si è sforzati di inquadrare storicamente, sfuggendo dai luoghi comuni storiografici di cui spesso – con lodevoli eccezioni – è caduto vittima. Tali «riforme di struttura» Lombardi avrebbe voluto alla base dei governi di centro-sinistra. La tesi si chiude con un ultimo capitolo dedicato ad illustrare l’apporto di Lombardi al quarto Governo Fanfani e al primo Governo Moro, il ruolo da lui giocato nella loro nascita e il suo progressivo allontanamento da quell’esperimento che era stato, in gran parte, sua creatura.

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La ricerca analizza la relazione che intercorre tra la linea politica del Pci e il modo in cui tale linea viene interpretata dalla base del partito in Emilia-Romagna negli anni Settanta.

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Il problema storico che è al centro di questo progetto di ricerca può essere così riassunto: in che modo viene selezionata la classe dirigente comunista nell’Italia repubblicana? Ovvero, detto in altri termini, in che misura le nomine dipendevano dal centro, per cooptazione, secondo la tradizione del modello di partito centralizzato, e quanto, invece, costituivano una ratifica alta di processi di selezione che si sviluppavano in periferia? Quanto contava, insomma, l’aver avuto lo scettro del comando nei territori di provenienza per ricoprire incarichi direttivi nel partito a livello nazionale? La nostra ricerca vuole quindi verificare la validità di alcuni paradigmi interpretativi, scaturiti da un’analisi complessiva della politica comunista, prendendo in esame un caso di studio locale, quello di una regione «rossa» per antonomasia come la Toscana. Tenendo conto, contestualmente, della realtà nazionale e di quella locale, cercheremo di analizzare, le ricadute che processi di portata nazionale ebbero sulla realtà locale, e in particolare, sulle modalità che regolavano la selezione della classe dirigente, dando alla ricerca un taglio prosopografico.

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La tesi è una ricerca di storia politica che affianca due diverse “storie” di centro-sinistra, quella nazionale e quella che vide protagonista la Democrazia Cristiana del Trentino. Lo studio analizza i fatti attraverso il filtro delle DC come se quello trentino e quello nazionale fossero due partiti, per poi tentare di capire ciò che accadeva alla loro sinistra alla ricerca dei diversi pesi e dei differenti equilibri che al centro e alla periferia si manifestavano nei rapporti con il PSI e con il PCI, e per osservare le reazioni della Chiesa così da valutare se le gerarchie romane e quelle trentine interagirono in modo differente sugli sviluppi delle rispettive esperienze politiche di quegli anni. Il testo è organizzato in quattro capitoli. Il primo e il secondo (speculari e dedicati allo stesso lustro: 1955-1960) rappresentano un confronto tra i differenti iter d’avvicinamento al centro-sinistra che la politica nazionale e quella trentina sperimentarono nella seconda metà degli anni Cinquanta. Nel terzo capitolo (1960-1964) e nel quarto (1964-1968) le vicende nazionali e quelle locali sono invece raccontate in modo intrecciato, ripercorrendo le diverse fasi dell’alleanza tra Democrazia Cristiana e Partito Socialista, e nel contempo dando conto della trasformazione del Trentino da una realtà di tipo agricolo ad una di tipo industriale, del passaggio da una comunità di tipo cattolico tradizionale ad una che si accinge a vivere in un contesto secolarizzato, e da una società che si autopercepisce come periferica ad una che ospita una delle contestazioni studentesche più peculiari, incisive e note d’Italia.

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La ricerca affronta il rapporto tra il Partito comunista italiano e le organizzazioni della sinistra extraparlamentare nate nel biennio 1968-1969. Sulla base di documentazione d’archivio e fonti a stampa, vengono ricostruite ed analizzate le relazioni tra questi due soggetti nel periodo compreso tra la fine degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo, quando i principali gruppi politici della sinistra extraparlamentare si dotarono di una struttura organizzativa più stabile che segnava una discontinuità con l’esperienza precedente. Nel corso della prima metà degli anni Settanta, i rapporti tra il PCI e queste organizzazioni furono complessi e talvolta contraddittori. Il conflitto si consumò prevalentemente sulla reciproca pretesa di possedere l’esclusiva rappresentanza politica del fermento sociale che attraversava il paese in quegli anni: il PCI rappresentando se stesso come l’unica forza politica capace di mediare tra movimenti sociali e istituzioni; i gruppi della sinistra parlamentare come «avanguardie» di un irrealizzabile progetto «rivoluzionario».

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Anche se la politica editoriale comunista rappresenta un campo di indagine fondamentale nella ricerca sul Pci, la sua attività editoriale è caduta in un oblio storico. Assumendo il libro come supporto materiale e veicolo della cultura politica comunista, e la casa editrice come canale di socializzazione, questa ricerca s’interroga sui suoi processi di costruzione e di diffusione. La ricerca si muove in due direzioni. Nel primo capitolo si è tentato di dare conto delle ragioni metodologiche dell’indagine e della messa a punto delle ipotesi di ricerca sul “partito editore”, raccogliendo alcune sfide poste alla storia politica da altri ambiti disciplinari, come la sociologia e la scienza politica, che rappresentano una vena feconda per la nostra indagine. La seconda direzione, empirica, ha riguardato la ricognizione delle fonti e degli strumenti di analisi per ricostruire le vicende del “partito editore” dal 1944 al 1956. La suddivisione della ricerca in due parti – 1944-1947 e 1947-1956 – segue a grandi linee la periodizzazione classica individuata dalla storiografia sulla politica culturale del Pci, ed è costruita su quattro fratture storiche – il 1944, con la “svolta di Salerno”; il 1947, con la “svolta cominformista”; il 1953, con la morte di Stalin e il disgelo; il 1956, con il XX Congresso e i fatti d’Ungheria – che sono risultate significative anche per la nostra ricerca sull’editoria comunista. Infine, il presente lavoro si basa su tre livelli di analisi: l’individuazione dei meccanismi di decisione politica e dell’organizzazione assunta dall’editoria comunista, esaminando gli scopi e i mutamenti organizzativi interni al partito per capire come i mutamenti strategici e tattici si sono riflessi sull’attività editoriale; la ricostruzione della produzione editoriale comunista; infine, l’identificazione dei processi di distribuzione e delle politiche per la lettura promosse dal Pci.

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Zarycki studied the political map of Central Europe today on the basis of results of recent parliamentary and/or presidential elections in the Czech Republic, Hungary, L8ithuania, Poland, Slovakia and Ukraine. He identified first the structure of regional political cleavages, then the spatial patterns emerging in different countries. He also considered the significance and eventual regional differentiation of various possible influences on these patterns, including urbanisation, historical heritage, ethnic factors, population movements, economic differentiation, the effects of the transformation, demographic factors, education and religion. Virtually all the countries showed a cleavage between more traditional, anti (or non-) communist regions and secular areas with higher post-communist support. Except in Ukraine and the Czech Republic, the post-communist party is dominated by the direct heirs of the former communist parties transformed into moderate left parties. The second major class of cleavages was typical of the Visegrad countries, i.e. the conflict between liberal, mostly metropolitan, regions and a different periphery, usually with a strong populist or anti-liberal appeal. This usually depends on the existence of a sizeable well-educated class, usually pro-market and pro-Western, and on the resolution of the conflict between post and anti-Communists. The third type of cleavage is based on ethnic factors and is clearest in Lithuania and Slovakia, where there are large ethnic minorities. Of factors influencing political behaviour, the two major ones identified were the historical heritage and urbanisation.

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El presente proyecto de investigación analiza la relación entre sociedad y política en la Argentina entre 1955 y 1976. Se trata de un período signado por una aguda crisis socio-política, una profunda pérdida de legitimidad de las instituciones y el Estado y en que la acelerada modernización socio-cultural posterior a 1955 se combinó rápidamente con una tendencia a la radicalización política. Uno de los primeros efectos de este proceso fue la recomposición de la izquierda. Del seno de sus partidos "tradicionales" (el Partido Comunista y Socialista) surgieron diversas formaciones de la "nueva izquierda", mientras que rupturas y transformaciones similares se verificaban en sectores nacionalistas, peronistas y cristianos. Estos nuevos actores sociales y políticos solieron orientarse hacia objetivos que proclamaron la "liberación nacional" y el "socialismo" y hacia estrategias revolucionarias. Nuestro trabajo se interesa centralmente en reconstruir los orígenes de las nuevas prácticas y organizaciones surgidas por entonces así como las formas de articulación entre demandas sociales y propuestas políticas, y entre elencos dirigentes y sectores populares. A su vez, examina una multiplicidad de "casos" que formaron parte de este social y políticamente variado campo, sin subsumirlo exclusivamente al accionar de las organizaciones armadas.

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Aquí se analiza una de las estrategias de integración política del Partido Comunista Argentino hacia las obreras de la industria textil: la de la organización de las mujeres. Para analizar las relaciones de género dentro de la clase obrera se desarrolló una metodología específica que consiste en examinar las relaciones intra e intersexo-género/clase. Como resultado de esta investigación se advirtió que esta política implementada por el comunismo influyó en el aumento de la militancia femenina en la Unión Obrera Textil durante la década del treinta y la primera mitad de los cuarenta

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La intención de nuestro trabajo es recuperar la experiencia impulsada por el Partido Comunista (PC) a partir de su creación y hasta la irrupción del peronismo en la organización del movimiento obrero en los sitios de producción. Durante años la creencia extendida en la historiografía asociaba la militancia en los espacios de base con el modelo sindical peronista y la instalación de las comisiones internas. Recientes investigaciones demostraron el extenso entramado organizacional de base generado por el proletariado fabril en las décadas anteriores a 1943. En dicho proceso coadyuvaron las corrientes de izquierda y en particular el PC que enarboló una política específica para su inserción en las fábricas y empresas. Los ejes que guían nuestra pesquisa son variados: las formas que adquirió esta militancia de base, el impacto de las líneas estratégicas partidarias, entre otros.

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La intención de nuestro trabajo es recuperar la experiencia impulsada por el Partido Comunista (PC) a partir de su creación y hasta la irrupción del peronismo en la organización del movimiento obrero en los sitios de producción. Durante años la creencia extendida en la historiografía asociaba la militancia en los espacios de base con el modelo sindical peronista y la instalación de las comisiones internas. Recientes investigaciones demostraron el extenso entramado organizacional de base generado por el proletariado fabril en las décadas anteriores a 1943. En dicho proceso coadyuvaron las corrientes de izquierda y en particular el PC que enarboló una política específica para su inserción en las fábricas y empresas. Los ejes que guían nuestra pesquisa son variados: las formas que adquirió esta militancia de base, el impacto de las líneas estratégicas partidarias, entre otros.

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Aquí se analiza una de las estrategias de integración política del Partido Comunista Argentino hacia las obreras de la industria textil: la de la organización de las mujeres. Para analizar las relaciones de género dentro de la clase obrera se desarrolló una metodología específica que consiste en examinar las relaciones intra e intersexo-género/clase. Como resultado de esta investigación se advirtió que esta política implementada por el comunismo influyó en el aumento de la militancia femenina en la Unión Obrera Textil durante la década del treinta y la primera mitad de los cuarenta

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La intención de nuestro trabajo es recuperar la experiencia impulsada por el Partido Comunista (PC) a partir de su creación y hasta la irrupción del peronismo en la organización del movimiento obrero en los sitios de producción. Durante años la creencia extendida en la historiografía asociaba la militancia en los espacios de base con el modelo sindical peronista y la instalación de las comisiones internas. Recientes investigaciones demostraron el extenso entramado organizacional de base generado por el proletariado fabril en las décadas anteriores a 1943. En dicho proceso coadyuvaron las corrientes de izquierda y en particular el PC que enarboló una política específica para su inserción en las fábricas y empresas. Los ejes que guían nuestra pesquisa son variados: las formas que adquirió esta militancia de base, el impacto de las líneas estratégicas partidarias, entre otros.

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El presente proyecto de investigación analiza la relación entre sociedad y política en la Argentina entre 1955 y 1976. Se trata de un período signado por una aguda crisis socio-política, una profunda pérdida de legitimidad de las instituciones y el Estado y en que la acelerada modernización socio-cultural posterior a 1955 se combinó rápidamente con una tendencia a la radicalización política. Uno de los primeros efectos de este proceso fue la recomposición de la izquierda. Del seno de sus partidos "tradicionales" (el Partido Comunista y Socialista) surgieron diversas formaciones de la "nueva izquierda", mientras que rupturas y transformaciones similares se verificaban en sectores nacionalistas, peronistas y cristianos. Estos nuevos actores sociales y políticos solieron orientarse hacia objetivos que proclamaron la "liberación nacional" y el "socialismo" y hacia estrategias revolucionarias. Nuestro trabajo se interesa centralmente en reconstruir los orígenes de las nuevas prácticas y organizaciones surgidas por entonces así como las formas de articulación entre demandas sociales y propuestas políticas, y entre elencos dirigentes y sectores populares. A su vez, examina una multiplicidad de "casos" que formaron parte de este social y políticamente variado campo, sin subsumirlo exclusivamente al accionar de las organizaciones armadas.