976 resultados para Vega, Lope de, 1562- 1635-Exequias


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El treball té per marc precís els anys 1635-37. El seu objecteés la transferència de Barcelona a Girona de la plana major deles institucions virregnals de Catalunya (la Reial Audiència, laBatllia General, l’ofici del mestre racional...) i el seu personal.

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Collection : Collection de documents inédits sur l'histoire de France

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Aquesta unitat didàctica desenvolupada durant el Màster de Professorat de Secundària està pensada per ser impartida a l’assignatura Física i Química de 4t d’ESO, més concretament a la part de física, com introducció a la Dinàmica. Es parteix de les idees prèvies de l’alumnat sobre situacions quotidianes on hi actuen forces. Es contrasten aquestes amb una posada en comú i amb l’explicació del professor, que va introduint progressivament conceptes nous com l’equilibri o els vectors, a mesura que es fan necessaris. En les sessions posteriors s’insisteix en el caràcter vectorial de les forces i es centra l’atenció en dos casos particulars: la força de fregament i la força elàstica. Sobre aquestes dues es treballa resolent un cas i fent una experiència pràctica, fomentant la competència comunicativa. La finalitat de la metodologia és acabar construint les Lleis de Newton, les quals hauran d’exposar en una presentació al final de la unitat.

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Contient : I Recherche de la noblesse de la Généralité de Caen, par d'Aligre (1634-1635) ; II Recherche de la noblesse de la Généralité de Rouen, par Jacques Barin, marquis de La Galissonnière (1666-1682)

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La tesi di Dottorato, condotta in accordo di colutela tra l'Università di Roma Tor Vergata e l'UNIL di Losanna, ha affrontato l'analisi di un gruppo di undici disegni custodia presso la National Gallery of Scotland di Edimburgo, copie di alcuni dei più significativi mosaici medioevali delle chiese di Roma, ricostruendone la genesi, quindi le vicende legate alla committenza, e il percorso collezionistico. I disegni scozzesi, oggetto di un importante articolo di Julian Gardner pubblicato sul Burlington Magatine nel 1973, furono commissionati intorno agli anni Settanta del XVII secolo dall'antiquario romano Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698) in connessione alla stesura della sua opera di erudizione più avvertita e famosa: i Vetera Mommenta in' quibus praecipue Musiva Opera, sacrarum, profanan,mque, Aedìum structura, ac nonnulli antiqui ritus dissertationibus iconìbusque illustrantur. La composizione dei Vetera Mommenta - un'opera riccamente illustrata che nasce per rispondere alle esigenze della ideologia della Chiesa di Roma in un momento di rinnovata crisi del sistema - impone a Ciampini di porsi da un lato nella prospettiva della più alta tradizione antiquaria cinque e seicentesca, di cui recupera i metodi di lettura e di analisi applicati allo studio delle monete e dei monumenti antichi interpretati quali prove per la ricostruzione storica, e dall'altra, come è emerso dalle mie ricerche, lo pone immediatamente in contatto con gli avamposti del più moderno metodo di indagine storica e filologica applicato alle fonti e ai documenti della storia ecclesiastica, inaugurato dall'ambiente bollandista e inaurino. I monumenti paleocristiani e medioevali assumono in quest'ottica lo status di 'fatti incontestabili', le fonti primarie attraverso le quali Ciampini ricuce le tappe salienti della storia della Chiesa, da Costantino fino al XV secolo. Nel 1700 le copie di Edimburgo arrivano nelle mani del mercante e connoisseur milanese il padre oratoriano Sebastiano Resta (1635-1714), di stanza a Roma presso la Chiesa Nuova della Vallicella dal 1660, che decide di rilegarle tutte insieme in un volume da donare al suo maggiore acquirente e patrono, il vescovo di Arezzo Giovanni Matteo Marchetti. Come spiega Resta in alcune sue lettere, il presente avrebbe dovuto costituire insieme una curiosità ed offrire un confronto: infatti «le copie delli mosaici di Roma che erano di Monsignor Ciampini» - afferma Resta - avrebbero mostrato al Marchetti «le maniere di que' tempi gottici, barbari e divoti de cristiani e [fatto] spiccare i secoli seguenti». Questa indagine infatti ha fatto riemergere aspetti della precoce attenzione di Sebastiano Resta per l'arte dei "secoli bassi", mai debitamente affrontata dagli studi. E' infatti sulla scorta di una profonda conoscenza dei testi della letteratura artistica, e in connessione alla esplosione vivacissima della controversia Malvasia/Baldinucci sul primato del risorgere delle arti in Toscana, che Sebastiano a partire dagli anni Ottanta del Seicento comincia a meditare sul Medioevo artistico con il fine di spiegare l'evoluzione del linguaggio tecnico e formale che ha condotto alla perfezione dell'atte moderna. In questa prospettiva ι disegni del XIV e XV secolo che egli riuscì ad intercettare sul mercato valgono quali testimonianze delle maniere degli artefici più antichi e sono imbastiti nei molteplici album che Resta compone nel rispetto della successione cronologica dei presunti autori, e ordinati in base alle scuole pittoriche di pertinenza. La tesi permette perciò di descrivere nelle loro diverse specificità: da un lato il modo dei conoscitori come Resta, interessati nell'opera al dato stilistico, con immediate e sensibili ricadute sul mercato, e disposti anche con passione a ricercare i documenti relativi all'opera in quanto pressati dall'urgenza di collocarla nella sequenza cronologica dello sviluppo del linguaggio formale e tecnico; dall'altro gli antiquari come Ciampini e come Bianchini, per i quali le opere del passato valgono come prove irrefutabili della ricostruzione storica, e divengono quindi esse stesse, anche nel loro statuto di copia, documento della stona. Sono due approcci che si manifestano nel Seicento, e talvolta in una medesima persona, come mostra il caso anche per questo cruciale di Giovati Pietro Bellori, ma che hanno radici cinquecentesche, di cui i protagonisti di queste vicende sono ben consapevoli: e se dietro Resta c'è palesemente Vasari, dietro Ciampini e soprattutto Bianchini c'è la più alta tradizione antiquaria del XVI secolo, da Antonio Augustin a Fulvio Orsini.

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OBJECTIVES: We developed a population model that describes the ocular penetration and pharmacokinetics of penciclovir in human aqueous humour and plasma after oral administration of famciclovir. METHODS: Fifty-three patients undergoing cataract surgery received a single oral dose of 500 mg of famciclovir prior to surgery. Concentrations of penciclovir in both plasma and aqueous humour were measured by HPLC with fluorescence detection. Concentrations in plasma and aqueous humour were fitted using a two-compartment model (NONMEM software). Inter-individual and intra-individual variabilities were quantified and the influence of demographics and physiopathological and environmental variables on penciclovir pharmacokinetics was explored. RESULTS: Drug concentrations were fitted using a two-compartment, open model with first-order transfer rates between plasma and aqueous humour compartments. Among tested covariates, creatinine clearance, co-intake of angiotensin-converting enzyme inhibitors and body weight significantly influenced penciclovir pharmacokinetics. Plasma clearance was 22.8 ± 9.1 L/h and clearance from the aqueous humour was 8.2 × 10(-5) L/h. AUCs were 25.4 ± 10.2 and 6.6 ± 1.8 μg · h/mL in plasma and aqueous humour, respectively, yielding a penetration ratio of 0.28 ± 0.06. Simulated concentrations in the aqueous humour after administration of 500 mg of famciclovir three times daily were in the range of values required for 50% growth inhibition of non-resistant strains of the herpes zoster virus family. CONCLUSIONS: Plasma and aqueous penciclovir concentrations showed significant variability that could only be partially explained by renal function, body weight and comedication. Concentrations in the aqueous humour were much lower than in plasma, suggesting that factors in the blood-aqueous humour barrier might prevent its ocular penetration or that redistribution occurs in other ocular compartments.

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O trabalho que ora se apresenta centra-se nas Práticas de Avaliação do Ensino da Língua Portuguesa, numa escola secundária de Cabo Verde. Com este estudo procura-se compreender que práticas avaliativas são propostas pelos professores de Língua Portuguesa, no ensino secundário, com vista à melhoria da aprendizagem, de modo a privilegiar uma avaliação ao serviço da aprendizagem e do desenvolvimento intelectual dos alunos, como alternativa a uma avaliação meramente classificativa. Assim, optámos pela realização de um estudo de caso de natureza quanti-qualitativa, através da aplicação de um questionário a todos os docentes de Língua Portuguesa (n = 13), em exercício de funções numa escola secundária da Cidade da Praia, em Cabo Verde. Posteriormente, com os dados recolhidos e analisados, entrevistámos quatro professores da mesma área disciplinar da escola onde o estudo foi levado a cabo, a fim de que estes comentassem os dados recolhidos através do questionário, e descrevessem de forma mais detalhada as suas práticas avaliativas. Os resultados permitiram-nos concluir que, apesar de haver algumas práticas pedagógicas e avaliativas numa perspectiva inovadora e menos tradicional, ainda continuam a prevalecer modelos de avaliação mais orientados para a classificação em detrimento de práticas de avaliação mais formativa, que visem a melhoria das aprendizagens dos alunos. Verificámos, também, que o discurso da maior parte dos professores inquiridos nem sempre corresponde a práticas formativas, baseadas na interacção pedagógica. O professor preocupa-se sobretudo com a realização de testes sumativos e a classificação dos alunos, com vista ao cumprimento dos normativos que estão consignados no Sistema de Avaliação do Ensino Secundário de Cabo Verde, mesmo sendo da opinião que esses normativos devem ser revistos. Embora reconheçam que todos os domínios do ensino-aprendizagem e avaliação da língua portuguesa são igualmente importantes em Cabo Verde, no que diz respeito à avaliação desses domínios verifica-se que há uma fraca capacidade de construção e uso de instrumentos de recolha de informações, mais na perspectiva formativa, nomeadamente de fichas de auto-avaliação, dada a pouca formação que têm neste domínio. Com este estudo que, por meio dos seus procedimentos metodológicos serviu, desde já para alertar os professores de Português da escola estudada, para aspectos relevantes da avaliação, espera-se que possa continuar a contribuir para o debate sobre os efeitos positivos que uma avaliação formativa certamente terá no ensino-aprendizagem da Língua Portuguesa.

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O trabalho ora a ser realizado tem como tema “O desenvolvimento da Capacidade de Expressão Oral na Aula de Língua Portuguesa: Um estudo na Escola Secundária Abílio Duarte”. Pensamos que no contexto sala de aula muitas vezes a expressão oral carece de ser mais desenvolvida, provavelmente, porque a maior parte dos alunos habitualmente não se expressam em português, mas em crioulo o que acaba por interferir no seu desenvolvimento. É neste sentido que propomos trabalhar o tema já referido onde no desenrolar do nosso trabalho vamos abordar vários aspectos que fazem parte da expressão oral. Talvez haja necessidade de dotar os professores de um conjunto de estratégias que possibilitem o desenvolvimento da expressão oral na língua portuguesa. Isto porque, parece também que as actividades que os professores realizam, muitas vezes não contribuem ou não motivam os alunos a exercitarem a prática da oralidade na mesma.