La drammatizzazione della storia. Uno studio del secondo Novecento attraverso i racconti del teatro di narrazione.

Sorto alla fine degli anni ottanta del Novecento, il teatro di narrazione ha raggiunto un notevole successo di pubblico a partire dagli anni Novanta. I suoi legami con il giornalismo d'inchiesta hanno condotto questo genere teatrale verso la narrazione di alcuni tra gli eventi pi controversi della storia dell'Italia repubblicana; eventi non ancora risolti sul piano processuale o al centro di una memoria storica fortemente divisa. Marco Baliani, Marco Paolini e Ascanio Celestini sono i tre autori che abbiamo scelto per affrontare un'analisi delle loro narrazioni in merito, rispettivamente, all'omicidio di Aldo Moro, alla strage di Ustica e all'eccidio delle Fosse Ardeatine. Oggetto della ricerca l'analisi dell'utilizzo delle fonti da dichiarate o comunque utilizzate dai narratori per la costruzione delle loro performances la loro selezione, la loro interpretazione e la loro disposizione nel testo e la messa in evidenza del problema della verità e del suo rapporto con il verosimile nelle narrazioni teatrali di eventi storici. Particolare attenzione viene inoltre posta al grande dibattito internazionale tra storia e fiction, alle strategie di coinvolgimento dell'opinione pubblica su temi morali e politici nonché all'analisi dei fattori economici e delle committenze che sono alla base di tali narrazioni.

Tra pacifismo e ambientalismo: il Nuclear Freeze Movement e la risposta dell'amministrazione Reagan

Negli anni Ottanta si assiste tanto nel vecchio quanto nel nuovo continente alla rinascita del movimento antinucleare. Mentre in Europa l’origine di questa ondata di proteste antinucleari è collegata alla “doppia decisione” NATO del 1979, negli Stati Uniti la genesi si colloca nel contesto dalla mobilitazione dei gruppi ambientalisti in seguito all’incidente alla centrale nucleare di Three Mile Island. Dopo l’elezione di Ronald Reagan, alle proteste contro le applicazioni pacifiche dell’atomo si affiancarono quelle contro la politica nucleare del Paese. La retorica di Reagan, il massiccio piano di riarmo, unitamente al rinnovato deteriorarsi delle relazioni tra USA e URSS contribuirono a diffondere nell’opinione pubblica la sensazione che l’amministrazione Reagan, almeno da un punto di vista teorico, non avesse escluso dalle sue opzioni il ricorso alle armi nucleari nel caso di un confronto con l’URSS. I timori legati a questa percezione produssero una nuova ondata di proteste che assunsero dimensioni di massa grazie alla mobilitazione provocata dalla Nuclear Weapons Freeze Campaign (NWFC). Il target della NWFC era l’ampio programma di riarmo nucleare sostenuto da Reagan, che secondo gli attivisti nucleari, in un quadro di crescenti tensioni internazionali, avrebbe fatto aumentare le possibilità di uno scontro atomico. Per evitare lo scenario dell’olocausto nucleare, la NWFC proponeva «un congelamento bilaterale e verificabile del collaudo, dell’installazione e della produzione di armi nucleari». L’idea del nuclear freeze, che era concepito come un passo per fermare la spirale del riarmo e tentare successivamente di negoziare riduzioni negli arsenali delle due superpotenze, riscosse un tale consenso nell’opinione pubblica americana da indurre l’amministrazione Reagan a formulare una risposta specifica. Durante la primavera del 1982 fu, infatti, creato un gruppo interdipartimentale ad hoc, l’Arms Control Information Policy Group, con il compito di arginare l’influenza della NWFC sull’opinione pubblica americana e formulare una risposta coerente alle critiche del movimento antinucleare.

Il cambiamento climatico in Italia. Istituzioni scientifiche, politica e discorso pubblico (1988-2012)

La tesi di dottorato ivi presentata si pone come obbiettivo la ricostruzione come questo sapere scientifico (la scoperta del cambiamento climatico antropico sostanziata dalla comunità scientifica di 190 paesi) ha influenzato la ricerca, la politica e il discorso pubblico nel nostro paese, l'italia. Il titolo è indicativo quando riassuntivo: Il cambiamento climatico in Italia. Istituzioni scientifiche, politica e discorso pubblico (1988-2012). Esso definisce in maniera puntuale i temi che si tratteranno: una genealogia di fenomeni storici, politici, culturali nati in nuce alla scoperta di questo cambiamento che influenzerà in maniera determinante il modo in cui viviamo, l'ambiente intorno a noi, i modelli di sviluppo, la sicurezza del nostro abitare, la forma delle nostre città. In ogni paese questa complessa scoperta ha avuto impatti differenti, un portato differente sulla ricerca e sullo sviluppo economico. Quello che in queste pagine si tenta di analizzare è come l'Italia ha assimilato il discorso del cambiamento climatico , in continua evoluzione date le sue infinite ramificazioni, e come ha reagito a livello politico e di ricerca.

Einstellungen zur Demokratie in Kambodscha : Niveau und Determinanten der Demokratieunterstützung

Die vorliegende Arbeit beschäftigt sich mit der Frage, wie stark die Unterstützung eines demokratischen politischen Systems in der kambodschanischen Bevölkerung ist und welche Faktoren auf der Mikroebene die Demokratieunterstützung in Kambodscha beeinflussen. Hierfür werden das Unterstützungsmodell von Dieter Fuchs und die Modernisierungstheorie von Seymour Lipset für die Analyse von Einstellungen in einem autoritären politischen System modifiziert und entsprechend angepasste Hypothesen [zum Einfluss der Modernisierungsfaktoren auf die Demokratieunterstützung] formuliert. Nachdem die im Datensatz vorhandenen Einzelindikatoren zu Faktoren verdichtet und Probleme des Demokratieverständnisses und der Item-Nonresponse diskutiert wurden, werden Daten der zweiten Welle der Asian Barometer Survey 2008 analysiert. Die empirischen Ergebnisse zeigen zwar, dass eine substantielle Minderheit das autoritäre Regime des Landes und seine Entscheidungsträger kritisch betrachtet, die Bindung an liberal-demokratische Werte aber eher schwach ausgeprägt ist. Bi- und multivariate Analysen deuten auf einen Einfluss von Faktoren wie Bildung, Einkommen und Wohnort hin und bestätigen somit weitgehend die Modernisierungstheorie, allerdings mit einer bedeutsamen Abweichung: Größere Zufriedenheit mit der eigenen wirtschaftlichen Lage führt zwar zu einer stärkeren Bindung an demokratische Werte, gleichzeitig aber auch zu einer größeren Unterstützung des autoritären Regimes und seiner Entscheidungsträger.

Il discorso politico culturale del Deutscher Geist in Gefahr di Ernst Robert Curtius

Nel 1932 Ernst Robert Curtius pubblica il pamphlet politico culturale Deutscher Geist in Gefahr nel quale chiarisce il suo pensiero di fronte alla grave crisi in cui versa la Germania. Egli si schiera contro le posizioni di destra del suo tempo, delle quali critica apertamente la boria nazionalista, il rozzo antisemitismo e la creazione di un mito nazionale elaborato come strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Ritiene inoltre inaccettabili le posizioni rivoluzionarie, tanto di destra quanto di sinistra, che vogliono liberarsi della tradizione umanistica europea e disprezzano la Zivilisation francese; allo stesso modo rifiuta l’ideale di un germanesimo eroico avulso dalla storia europea e respinge infine tutte le forme di nichilismo che si risolvono in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della realtà, dei valori e della storia. Curtius accetta il sistema democratico come unica soluzione e ritiene che le decisioni politiche debbano mirare al bene di tutti i ceti sociali indipendentemente dagli interessi di partiti e di singoli gruppi. Rifiuta qualunque forma, anche culturale, di supremazia della Germania, aspira a un’Europa cosmopolita, le cui nazioni siano valorizzate nelle loro caratteristiche specifiche, ed è convinto che per la costruzione della pace gli europei debbano vivere, studiare e lavorare insieme imparando gli uni le lingue degli altri. Per Curtius l’Umanesimo della tradizione classica e la letteratura del Medioevo sono parte integrante della vita di ogni europeo e fonte di energie spirituali per affrontare in modo creativo il presente e il futuro.

La strage di Ustica nell'opinione pubblica italiana (1980-1992): analisi di un caso politico e mediatico

Questa ricerca indaga come il “caso Ustica” si è articolato nell’opinione pubblica italiana negli anni compresi tra il 1980 e il 1992. Con l'espressione “caso Ustica” ci si riferisce al problema politico determinato dalle vicende legate all’abbattimento dell’aereo civile DC-9 dell’Itavia, avvenuto il 27 giugno 1980 in circostanze che, come noto, furono chiarite solamente a distanza di molti anni dal fatto. L’analisi intende cogliere le specificità del processo che ha portato la vicenda di Ustica ad acquisire rilevanza politica nell’ambito della sfera pubblica italiana, in particolare prendendo in considerazione il ruolo svolto dall’opinione pubblica in un decennio, quale quello degli anni ’80 e dei primi anni ’90 italiani, caratterizzato da una nuova centralità dei media rispetto alla sfera politica. Attraverso l’analisi di un’ampia selezione di fonti a stampa (circa 1500 articoli dei principali quotidiani italiani e circa 700 articoli tratti dagli organi dei partiti politici italiani) si sono pertanto messe in luce le dinamiche mediatiche e politiche che hanno portato alla tematizzazione di una vicenda che era rimasta fino al 1986 totalmente assente dall’agenda politica nazionale. L’analisi delle fonti giudiziarie ha permesso inoltre di verificare come la politicizzazione del caso Ustica, costruita intorno alla tensione opacità/trasparenza del potere politico e all’efficace quanto banalizzante paradigma delle “stragi di Stato”, sia risultata funzionale al raggiungimento, dopo il 1990, dei primi elementi di verità sulla tragedia e all’ampiamento del caso a una dimensione internazionale.

Mercato dell'informazione, posizionamento dei media e distorsioni: Un'analisi attraverso l'algoritmo Wordfish

Una stampa libera e plurale è un elemento fondante di ogni sistema democratico ed è fondamentale per la creazione di un’opinione pubblica informata e in grado di esercitare controllo e pressione sulle classi dirigenti. Dal momento della loro creazione i giornali si sono imposti come un’importantissima fonte di informazione per l’opinione pubblica. La seconda metà del Novecento, inoltre, ha conosciuto innovazioni tecnologiche che hanno portato grandi cambiamenti nel ruolo della carta stampata come veicolo di trasmissione delle notizie. Partendo dalla diffusione della televisione fino ad arrivare alla rivoluzione digitale degli anni ’90 e 2000, la velocità di creazione e di trasmissione delle informazioni è aumentata esponenzialmente, i costi di produzione e di acquisizione delle notizie sono crollati e una quantità enorme di dati, che possono fornire moltissime informazioni relative alle idee e ai contenuti proposti dai diversi autori nel corso del tempo, è ora a disposizione di lettori e ricercatori. Tuttavia, anche se grazie alla rivoluzione digitale i costi materiali dei periodici si sono notevolmente ridotti, la produzione di notizie comporta altre spese e pertanto si inserisce in un contesto di mercato, sottoposto alle logiche della domanda e dell'offerta. In questo lavoro verrà analizzato il ruolo della domanda e della non perfetta razionalità dei lettori nel mercato delle notizie, partendo dall’assunto che la differenza di opinioni dei consumatori spinge le testate a regolare l’offerta di contenuti, per venire incontro alla domanda di mercato, per verificare l’applicabilità del modello utilizzato (Mullainhatan e Shleifer, 2005) al contesto italiano. A tale scopo si è analizzato il comportamento di alcuni quotidiani nazionali in occasione di due eventi che hanno profondamente interessato l'opinione pubblica italiana: il fenomeno dei flussi migratori provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo nel mese di ottobre 2013 e l'epidemia di influenza H1N1 del 2009.

Understanding Economic Biases in Representation: Income, Resources, and Policy Representation in the 110th House

This article explores the extent, and possible causes, of income-based biases in representation of citizens by members of the 110th Congress. The author finds that the preferences of wealthier citizens are modestly but significantly better reflected in the choices of their congressional representatives than are the preferences of poorer citizens. More importantly, the author shows that education, political sophistication, political engagement, ethnicity, and other sociodemographic factors can explain only a small part of this representation gap. Biases in representation across income lines appear to be driven by income alone, or at least not by politically relevant factors correlated with income.

The Tea Party and Social Movements

The recent rise of the Tea Party movement has added a new dimension to our discussion of domestic politics. The main question is: what effect will the Tea Party have on the political landscape? The best way to answer this question is to place the Tea Party in historical and theoretical context, in order to discuss what type of social movement the Tea Party is and what impact it might have. To this end, I will define and discuss the two major literatures in socialmovement theory: Issue Evolution and Political Process theory. This theoretical framework will provide the basis for a more concrete definition of the Tea Party movement itself. I will attemptto define the Tea Party movement based on its demographics, goals and political successes and will discuss it within the context of this theoretical framework. In addition, I will discuss four landmark social movements within our country’s history through the lens of the theoretical framework. I have found that successful movements rely on a combination of internal organizations and networks and external political opportunities to achieve and maintain nationalrelevance. In the end, I will come to the conclusion that the Tea Party will not likely have a major lasting impact on the political arena. It lacks key parts of the internal structure that makes some movements, such as the Civil Rights movement, so influential. But in the short term it will succeed in pushing the Republican Party towards a more fiscally conservative position.

Slovak Policy, 1956-1960

The project looked at crucial political events in Slovakia between 1956 and 1960. 1956 saw the first attempt by Slovak intellectuals to reform the communist regime by increasing the degree of democracy and 1960 was the culmination of the strengthening of the political persecution that began after 1957. The period was characterised by the partial replacement of the informal-political instruments of control over society by formal measures, and the gradual weakening of the role of terror in people's daily life. Marusiak studied the gradual accommodation of the communist regime by the people, analysing the social and political history against the background of political development and of specific aspects such as the conflict of youth and intellectuals with the regime, the collectivisation of agriculture and the liquidation of the rest of the private sector in the economy, public opinion and the changes in the political system, the relations between state and churches, and ethnic problems in Czechoslovakia. He concludes that there was a continuity between the aims and methods used by the communist regime before and after 1953 (or 1956) and that the communist regime in this period remained fundamentally totalitarian.

The Position of Russian Provinical Officialdom in the Middle of the 19th Century: Law and Life

The study considered the discrepancy between the official status and real position of Russian provincial officialdom in the middle of the 19th century. The law was not entirely coherent in all aspects of the officials' life and activity, with ordinary deviations from the law being adopted in practice and accepted, albeit not openly, by the public and sometimes even by the authorities. The main law determining the rights and duties of governors was never followed to the letter and in reality governors' activities were determined by the common (unwritten) law existing in the governmental sphere. The volume and nature of the governors' rights depended on a range of factors, with specific regional features and the governor's personal qualities having a particular significance. The standard of living of government clerks was much higher than their official salary would permit and Matkhanova studied the most widespread cases of abuse, identifying those positions in the administration which offered the most opportunities for such abuses. At the start of the period and on the eve of the reforms public opinion towards the bribery of officials underwent a change. From the late 1850s onwards, there appeared among provincial officials a group of young well-educated clerks with liberal ideas and a new system of moral values which did not allow them to accept bribes or infringe the law in any way. There was also a non-official hierarchy side by side with the legally existing one. A significant role in governing the region, and one which has been underestimated by historians, was played by the head of the governor's office, but the reforms of the 1860s contributed to changing this state of affairs.

The Presidential Institution in Bulgaria, Albania and Romani: An Attempt at Comparison"

Bulgaria, Albania and Romania are all parliamentary republics with a president as head of state. Although the Albanian president is elected by Parliament, he is arguably the strongest of the three, both in terms of the powers allowed by the provisional constitution and of Mr. Berisha's political practice. The constitutional reform underway in the country will however change the status quo. In Bulgaria and Romania the presidents are elected directly by popular vote, but their powers are relatively small as compared to the democratic legitimisation implied by direct elections. Actual presidential powers should however be assessed with caution as some of them are set by law or interpretations of constitutional texts, rather than by the constitutions themselves. There is also variation in the degree to which the presidents in office have exploited their constitutional powers or taken their role as non-aligned political brokers seriously. Mr. Berisha, in particular, was in control of party politics throughout his presidency and was one of the most polarising influences on public opinion. The excessive political polarisation in all three countries has however its own logic and power. Thus Mr. Zhelev invariably supported the emergence of a political centre in Bulgaria, but this did not succeed and the policy was as damaging to his political career as the fight with would-be centrists was to Berisha's. Political practice in all three countries seems to need a presidential figure. This adds flexibility to a situation governed by hostile and mutually suspicious parties, stuck parliaments and weak or inexperienced governments. The presidents also command considerable influence on public opinion. Public opinion in Bulgaria, for example, largely supports the idea of greater power for the president, in contrast with the opinions of constitutionalists and other law-makers in the country. Under the legacy of the past, the people have a love-hate relationship with such paternalist figures. Presidents personalise politics in the public mind, but they can also become scapegoats for political failures.

Development of Socio-Economic Behaviour and Attitudes of Baltic Nationalities: Perspectives for Integration with Europe

This project is the third stage of a comparative research project, The New Baltic Barometer, which was carried out simultaneously with the "New Democracies Barometer" of the Paul Lazerfeld Society (Vienna) and The Russian Barometer. It studied the opinion and behaviour of the largest Baltic ethnic groups (Estonians, Latvians, Lithuanians). The main focus was on the attitudes of Baltic residents towards the changes in the economic and political system, attitudes towards political values, political trust, and attitudes to the Baltic countries joining the European Union. An analysis of macroeconomic indicators of the Baltic states made it possible to deduce the link between the country's economic development, and satisfaction with the political regime and attitudes towards democratic values. The study analysed the conditions for the democratisation of society, i.e. the development of culture and public opinion in the Baltic states. Attention was also paid to the development of a social network of individuals, showing the transition from informal networks to impersonal institutions. The group concluded that the participation of residents in formal organisations, NGOs in particular, considerably fosters political trust and also increases political efficacy. Participation in formal organisations also reduces the importance of esteem for an authoritarian leader.

Scientific Institutions in a Society of Transition: Strategies of Modernisation

Kristina Petkova (Group Leader), Tzocho Boyadgiev, Galin Gornev, Ivan Tcholakov (Bulgaria), Martin Bauer (Switzerland). Scientific Institutions in a Society of Transition: Strategies of Modernisation. Ms. Petkova is involved in teaching and research in the Institute of Sociology of the Bulgarian Academy of Science and led this project, which was carried out between July 1995 and June 1997. The aims of this project were a) to outline the main adaptive strategies of scientific institutions in a situation of social transition, and b) to analyse the opportunities for mobilising public opinion in support scientific work. The group began from the assumption that the social representation of science reflects the historical development of society as a whole. They developed a theoretical model describing the position of science in the three main types of society in the world today (modern, post-modern, totalitarian) and carried out three types of investigation: a representative survey of the public understanding of scientific institutions in Bulgaria; an in-depth cross-national investigation (Bulgarian - Great Britain); and a content analysis of how science is represented in two national newspapers, the "Rabotnichesko Delo" and the "Daily Telegraph". The results showed that Bulgarian public opinion has a more standard view of science and a more optimistic vision of scientific development than do the British, but that there is a certain insensitivity to the risks of scientific results, etc. The group conclude that in order to survive, scientific institutions in Bulgaria should change their passive attitude and adopt active strategies in both their relationships with the state, and in their contacts with private business and with the institutions of civil society.